Paolo Cugini
Dove il cristianesimo svanisce ritornano le forme
pagane (Chantal Delson).
Quali
sono gli elementi che ci possono indurre a pensare che l’epoca della
cristianità è finita? In primo luogo, il fatto che la Chiesa non incide più
nella società, non è più un tutt’uno con essa. La cristianità ha modellato per
secoli la società al punto che anche i riti religiosi erano parte del tessuto
sociale, che identificava un popolo. Oggi, chiaramente e, possiamo
tranquillamente dire, fortunatamente, non è più così, al punto che molti si
dichiarano atei. Anche coloro che si dichiarano credenti, hanno una scarsa partecipazione
alla vita religiosa. La cristianità è stata l’involucro che ha ricoperto dall’esterno
la cultura occidentale, ne ha plasmato anche alcuni valori, ne ha dato un’identità,
nel bene e nel male.
Com’è
potuto avvenire questo crollo epocale, questa fine di uno stile sociale così
significativo? Sono tanti i fattori che contribuiscono ad offrire elementi per
questa risposta. Si tratta, senza dubbio, di un cambio epocale, di un cambiamento
di paradigma che, per avvenire, necessita della convergenza di quei fattori che
l’avevano caratterizzata. La fine della cristianità porta via con sé un tipo di
cristianesimo, un modo di pensare e di vivere il rapporto con Dio. Dopo il IV
secolo d.C. la distanza dalle fonti della prima comunità cristiana segna il
passo dell’avvento della cristianità, che s’identifica progressivamente con una
forma politica e sociale: il Sacro romano Impero. Del cristianesimo primitivo,
cioè quello delle origini, rimangono i contorni esterni, assieme ad alcuni contenuti,
che acquisiscono significato per il servizio che offrono al mantenimento di una
specifica impostazione culturale.
I
temi del peccato, della salvezza, assieme a quelli del pentimento, della
conversione e della penitenza, temi evangelici ma svuotati del loro significato
profondo e, soprattutto, sganciati dal messaggio di misericordia di Gesù, sono
serviti per secoli a mantenere il popolo ignorante sottomesso al potere della
Chiesa. La cristianità è stata dunque una religione asservita al potere
politico, che ha creato un sistema di riti, una liturgia, una morale e una
teologia in grado di mantenere il popolo sottomesso, in perenne senso di colpa,
necessitato del perdono, che solo i funzionari della chiesa potevano elargire. Peccato,
colpa, penitenza, salvezza: sono i temi che hanno modellato la cristianità, la
sua struttura politico- sociale. Non è un caso che, una volta crollata l’impalcatura
esterna della cristianità, gli stessi contenuti da lei elaborati e propugnati,
si sono svuotati di significato e la gente si è allontanata da quella struttura,
che la teneva sottomessa.
Se
la cristianità come struttura sociale è svanita in poco tempo e nessuno ne
sente più la mancanza, ben diversa è la situazione sul piano prettamente religioso.
Secoli di riti, predicazioni, liturgie segnate dal tema del peccato e della paura
dell’inferno, hanno lasciato un segno profondo nella coscienza del popolo
religioso, hanno plasmato una mentalità. Non è bastato il Concilio Vaticano II
a scalfire il disastro spirituale perpetrato nel periodo della cristianità. Non
sono bastati i contributi delle più avanzate ricerche teologiche, esegetiche e
storiche, per dimostrare come tutto quello che era stato spacciato di cristiano,
in realtà non era altro che un grande inganno, una grande impostura, la grande
invenzione di una religione a servizio del potere. Secoli di inchini, di
turiboli, di culti dal linguaggio incomprensibile per la maggior parte, hanno
fatto credere in modo definitivo che la religione proposta dal Vangelo aveva quella
specifica forma. E così, mentre le cattedrali vengono chiuse e molte chiese
vendute perché i fedeli le hanno abbandonate, permane la religione che la
cristianità ha plasmato.
Basteranno
ancora pochi decenni per spazzare via i detriti di questa religiosità per fare
posto al Vangelo? La risposta non è facile. Di certo, quello che si vede oggi,
è la resistenza di coloro che non vogliono perdere la loro identità plasmata
dall’epoca della cristianità. Questo è il problema centrale. Chi identifica la proposta
di Gesù con quella specifica forma religiosa, non accetta il cambiamento. E
così, assistiamo al ritorno delle talari, delle liturgie pontificali, dei prelati
che con discorsi duri, dimostrano che vogliono ancora contare. In realtà,
questo stile religioso, non dice più nulla alla società, serve solo ai pochi
adepti, chiuso in loro stessi, per paura di quello che accade fuori. Ciò che
invece si sta delineando, è lo spazio per un nuovo modo di vivere il Vangelo ed
è proprio su questa nuova possibilità che va posta l’attenzione.
Ma? Spero anch'io che "Ciò che invece si sta delineando, è lo spazio per un nuovo modo di vivere il Vangelo ed è proprio su questa nuova possibilità che va posta l'attenzione" purtroppo oggi la mia realtà e quella descritta dall'articolo. Ed è davvero una croce faticosa da portare, perché la sento inutile.
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