UNITA’ PASTORALE PADRE MISERICORDIOSO E SANTA MARIA DEGLI ANGELI
I MARTEDÌ TEOLOGICI
Relatore: Maurizio Marcheselli
Sintesi: Paolo
Cugini
Discorso sul pane della vita. Gesù
come pane della vita. Non insisto sul carattere eucaristico del testo. Cerco di
riflettere su cosa dice questa immagine sulla persona di Gesù.
Il pane come simbolo. Un simbolo è un’immagine, un modo di utilizzare l’immagine. Non tutti i
modi di utilizzare le immagine nel parlare si equivalgono. Giovanni predilige
usare le immagini come simboli, cioè non come allegorie. Il simbolo presuppone
che avvicini due cose. Simbolo: comporre, cacciare insieme. Ci devono essere
due elementi. La prima è un’esperienza della vita ordinaria. Il secondo è un
plusvalore che fa riferimento a dinamiche spirituali. Se viene meno l’aspetto
concreto da cui io parto, non mi rimane niente. Un simbolo per funzionare ha
bisogno che rimanga vivo il significato dell’esperienza concreta nella vita
ordinaria. Il Gesù di Giovanni ama molto parlare con simboli. Qui abbiamo il
simbolo del pane. Dobbiamo conservare nella mente il mangiare se vogliamo
capire che cosa Gesù dice nel capitolo 6. Gesù in Giovanni predilige questo
simbolo base che è il mangiare. Che cos’è il cibo per la mia vita ordinaria? Il
mangiare, il cibo è essenziale per la vita. Gesù vuole offrire un significato
ulteriore a questo livello materiale che è il mangiare. C’è un cibo che non si
ricava dai cereali e che serve per vivere. Quale pane per quale vita? Gesù non
procede per contrapposizioni. Non si oppone nulla, anzi devo conservare nella
memoria l’esperienza gradevole del mangiare, per cogliere quello che Gesù mi
vuole fare intravvedere una realtà più profonda. L’avere bisogno di cibo
permette a Gesù di condurci verso il bisogno di un’altra vita. Se Dio esiste,
per definizione la sua vita non ha principio né fine. Gesù lavora sull’immagine
del pane, ne fa un simbolo. A Gesù piace partire sempre da qualcosa di
materiale, per condurci verso l’altrove. A partire da esperienze sensibili Gesù
ci vuole parlare di qualcosa di spirituale.
Il racconto del segno: Gv 6, 5-11. E’ il racconto più raccontato di tutti i vangeli.
Il modo in cui Gv racconta questo episodio ha alcune particolarità, che
veicolano il significato specifico che Gv ha visto in questo episodio. Gesù è
salito sul monte, alza gli occhi e vede una folla che viene a Lui. Nei
sinottici sono i discepoli che cominciano a preoccuparsi. Qui nessuno si
preoccupa. Tutta l’iniziativa è nelle mani di Gesù. E’ Gesù che fa la domanda.
E’ una caratteristica tipica della narrazione di Giovanni sui segni. Es. il
cieco nato. Se si ripete vuole dire che non è casuale. Nessuno può chiedere quel che
non conosce. E il dono che Gesù fa è qualcosa di inimmaginabile. Per
questo è Gesù che prende l’iniziativa. “Da dove”: il problema è l’origine.
Da dove prenderemo dei pani perché questi mangino. Nel Vangelo di Giovanni la
questione dell’origine è fondamentale. Da dove viene il pane che dobbiamo dare
loro? La questione del da dove è uno delle questioni cruciali del Vangelo di
Gv. L’origine
del donatore e l’origine del dono è la stessa. Quel da dove, quel luogo
da cui sta tirando fuori il pane, non è diverso dal luogo da dove Lui stesso è
venuto. In questo quadro ci vedo tutta la storia di Gesù. Il mistero di Dio
come mistero di Padre e Figlio era rimasto nascosto sino a quando Gesù non è
venuto in mezzo a noi. Dio dal suo monte, guardando le folle degli uomini, ha deciso
d’intervenire. Il dono è come il donatore. Vale anche nella nostra esperienza.
Quando si fa un regalo, il regalo è il riflesso di chi lo fa. Il dono ha le
caratteristiche del donatore. Il pane ha le caratteristiche del donatore.
Questo dono non è l’esisto di una domanda, ma il frutto di un’azione libera,
gratuita. Si capisce, allora l’ironia di Gv 6,7. Il pane che Gesù
sta per dare non si compra da nessuna parte. Diceva questo per metterlo alla prova. Quel pane si compra da
qualche parte? Abbiamo comprato Gesù? Quel pane fa pare di quelle cose che non
sono in commercio. Tutto parte da un’iniziativa gratuita di Gesù.
Gv 6,11: che
curioso modo di raccontare! Perché Giovanni racconta in questo modo insistendo
sul rapporto immediato? Gesù prende il pane e lo dà. Cfr. Gv 10: nessuno mi toglie la vita, io la do da me
stessa. Ho il potere di darla e di prenderla di nuovo. In Gv c’è
un’insistenza fortissima sulla libertà con cui Gesù ha consegnato se stesso
alla morte. Gesù non si fa aiutare perché il pane che Gesù dà riflette l’atto
di dare la vita al mondo. Il Gesù che dà il pane ai 5 mila è l’immagine di Gesù
che consegna la sua vita e lo può fare solo Lui.
Due apici:
1.
Incarnazione: In Gv i gesti e le parole sono sempre
intrecciati. Gesù spiega il senso del pane che aveva distribuito il giorno
prima. A Cafarnao c’è una folla dai quali emergono i giudei. La folla
interviene 4 volte e Gesù risponde 4 volte. Il primo apice del discorso è quando
Gesù parla con la folla. Gv 6,35: Io sono il pane della vita. Gv 6,30: allora
gli dissero: quali segno tu compi? La folla vorrebbe un segno e ricorda alla
manna. Gesù interroga: chi diede?
Micca Mosè, ma Dio. Gesù puntualizza il soggetto. E poi passa dal passato al
presente. Non leggere diede, ma dà. La Scrittura parla di un pane che Dio dà
adesso. Qual è il pane di Dio? Il pane di Dio è quello che discende dal cielo.
Espressione che si apre a due possibili interpretazioni. Il greco è ambiguo e
consente le due letture. La folla capisce il pane e non la persona. Gesù non ha
ancora detto che è Lui quel pane. Solo dopo dice: io sono il pane della vita. Quel
pane che dà la vita coincide con la mia persona. Gv usa tre tipi di
parole per dire vita: Psychè (vita terrena); sarx (carne che è l’esistenza
umana che ha un inizio e una fine) e Zoè
(questa vita per Gv è la vita in senso assoluto, è la vita come Dio ce l’ha. Se
Dio esiste la sua vita è eterna). E’ la parola che c’è qui: il pane della vita.
Si parla di un pane che sostenta, alimenta in noi la vita stessa di Dio. Quel
pane è Gesù. E’ la sua persona che è alimento. La sua persona, il suo sé è il
pane che Dio ha disposto per avere la vita di Dio. La vita eterna comincia
adesso, quando accogliamo Gesù. L’equivalente del mangiare è credere. Mangiare
il pane ha come equivalente credere in Lui. La fede è l’atto con cui
metabolizzo il pane. Mangiare vuole dire il credere. Perché Gesù aggiunge al
mangiare il bere? Sino ad ora non aveva ancora parlato di bere. Is 55: o
voi tutti assettati… E’ molto simile a Gv 6: questa roba non si compra.
La cosa interessante è questa: che cos’è questo cibo e questa bevanda? Isaia
dice che mangerete cibi succulenti. Ascoltatemi e nella misura in cui
ascolterete mangerete. Ascoltami, perché se ascolti mangi. E’ come in
Gv 6: si mangia Gesù che è parola di Dio fatta carne. La Parola di Dio è il
vero pane. La prima fame che noi abbiamo è la fame di senso. Si muore di questa
fame. Cfr. Proverbi: Donna Sofia è la personificazione della Sapienza.
La Sapienza si è costruita la sua casa: ho imbandito la mia tavola. Gesù si sta
comportando come il profeta e come la Sapienza. Che cosa si mangia da donna
Sofia? Lei, la Sapienza. A coloro che sono stolti Sofia dà da mangiare la
Sapienza stessa. E’ pane di vita perché Gesù è Parola fatta carne. Come la
Bibbia diceva dei profeti re dei saggi, la Parola è il primo cibo che abbiamo
bisogno, perché la parola ci rivela il senso delle cose.
2.
Croce. Gv 6,48-51: Gesù in Gv è il
pane della vita. Il
secondo apice: il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. Il
pane è la mia carne. Il pane che darò per la vita del mondo. La
novità di questa frase è che qui parla della croce. Questo testo vuole
dire: la carne è la dimensione fisica, di essere umano. In che senso Lui è pane
in questo contesto? La sua esistenza di uomo Gesù la darà per, a vantaggio di.
La sua carne, la sua esistenza umana è per, a vantaggio di. E’
una carne per. Gesù sta pensando la sua morte. Gesù darà la sua carne
per, nella morte. In che senso la carne di Gesù, la sua umanità, consegnata
alla morte, è pane? Per Giovanni la croce è un momento di rivelazione suprema,
nella croce si è svelato il mistero, rivelazione dell’amore di Dio per il
mondo, che si manifesta con l’amore che Dio ha per noi. La croce è
l’espressione più estrema dell’amore di Dio per il mondo. La croce è l’icona
dell’amore. La fame più radicale che abbiamo è che qualcuno ci voglia bene, che
qualcuno ci ami. E’ la fame dell’essere voluti bene. E’ questo di cui abbiamo bisogno
di mangiare: l’amore di Cristo per noi. E’ questo il pane. Buon
appetito.
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