Paolo
Cugini
Nei
diari di Giovanni Keplero (1571-1630), il famoso matematico e astronomo tedesco
del XVII secolo, incontriamo narrato il cammino che lo studioso compì per
arrivare a descrivere in modo matematico, i movimenti dei pianeti, assiemi a
quelli del sole e della terra. Circa un secolo prima, Nicolò Copernico aveva
sostenuto che non era il sole a girare intorno alla terra, ma bensì il
contrario. Erano gli inizi di quel modo nuovo di vedere il cielo, che avrebbe
causato quello che in seguito è stata definita la rivoluzione copernicana. In
questa nuova visione del mondo l’uomo non è più il centro del cosmo, ma un
puntino nell’infinito. Si passa così, come ci ricorda il pensatore russo
naturalizzato francese Alexander Koyré, dal mondo chiuso all’universo infinito.
Come sappiamo ci sono voluti parecchi decenni prima di accettare questa nuova
visione del mondo. La difficoltà principale derivava dal fatto che si era
sempre pensato in un unico modo, rafforzato sia dalla lettura metafisica che la
filosofia aristotelica aveva proposto al sistema geocentrico, sia dall’interpretazione
della Chiesa che vedeva nel sistema geocentrico in riferimento alla posizione
astronomica proposta dal testo Sacro. In questa prospettiva, l’eliocentrismo di
Nicolò Copernico (1473-1543) sembrava un affronto sia all’autorità culturale da
tutti riconosciuta come infallibile, cioè Aristotele, ma soprattutto sembrava
un colpo basso nei confronti dell’autorità della Chiesa. Sappiamo quanto ha
sofferto Galileo Galilei (1564-1642), sostenitore della teoria eliocentrica di
Copernico, a causa delle accuse della Chiesa, che non s’importava della
metodologia sperimentale adottata da Galileo per dimostrare scientificamente le
sue posizioni, ma era tutta preoccupata di quello che comportava in fatto di
credibilità la nuova impostazione eliocentrica che contraddiceva quanto scritto
nella Bibbia.
Keplero
sin da giovane sosteneva la teoria eliocentrica di Copernico. Attraverso le su
osservazioni aveva intuito la presenza di una forza (di gravità) emanata dal
sole che attirava i pianeti e li manteneva nell’orbita. Nonostante avesse avuto
la possibilità di attingere ai calcoli astronomici del più importante astronomo
del tempo, vale a dire Tycho Brahe (1546-1601), non riusciva a far collimare
questi calcoli con le orbite circolari dei pianeti. Non riusciva, per sua
stessa ammissione, perché non riusciva a pensare queste orbite al di là dello
schema astronomico aristotelico, assimilato sin dall’infanzia e che durava da
quasi due millenni. Siamo agli inizi del 1600, il clima politico-religioso era
già piuttosto teso e sarebbe esploso nel 1610 nella guerra dei Trent’anni, una
delle guerre più lunghe e sanguinose della storia europea. Esporsi sul tema che
era divenuto così delicato come l’astronomia, significava schierarsi. Keplero
era protestante, Galileo cattolico: entrambi sostenevano la tesi copernicana.
Per loro l’autorità in campo scientifico e, quindi, l’ultima parola non doveva
essere lasciata all’autorità religiosa o alla Sacra Scrittura, ma al metodo
sperimentale che passava attraverso l’osservazione che comprovava o negava le
ipotesi.
Da
quello che lo stesso Keplero riporta nei diari, già all’inizio del 1600, l’astronomo
e matematico aveva intuito che la forma delle orbite non poteva essere
circolare, come da sempre si era pensato, ma qualcosa di differente, che andava
pensato. Questo era il problema: pensare qualcosa di diverso da quello che la
Tradizione da sempre pensava. Sarà solo verso il 1604 che Keplero avrà il
coraggio di pensare un movimento orbitale diverso da quello circolare: l’ellisse.
Per sua grande meraviglia ed enorme entusiasmo su questo nuovo modello geometrico
i conti matematici di Tycho Brahe tornavano a pennello. Interessante è annotare
che, lo stesso Tycho Brahe era contro la teoria eliocentrica di Copernico, come
del resto lo era il grande astronomo Michael Maestin (1550-1631), mentore di Keplero.
Viene da dire: era davvero difficile pensare in modo diverso in un mondo in cui
tutti pensavano allo stesso modo e pensare diversamente significava rischiare
la vita. Sappiamo, infatti come andò finire a Galileo Galilei che, per aver
sostenuto la tesi copernicana, finì per 16 lunghissimi anni nelle carceri vaticane.
Ci sarebbe da aprire una riflessione sul senso di un’istituzione religiosa che
si richiama al Vangelo e lo nega con delle scelte a dir poco discutibili. Lasciamo
perdere.
Perché
è importante questa storia? Perché ci fa capire la grande pressione che le idee
veicolate dal potere politico o religioso che sia, esercitano su di noi, al
punto da non permetterci di “vedere” la realtà così com’è, ma solo come appare
a chi ce la impone. Pensare in modo diverso, disobbedendo all’imposizione del
potere, non è facile: è qualcosa di geniale, come lo è stato Keplero o Galileo.
Per avere il colpo di Genio occorre avere il coraggio dia andare contro l’istituzione,
che farà di tutto per soffocare la diversità di opinione. Periste nella ribellione
solamente colui che ha capito che la verità sta altrove e che l’istituzione ha
paura della novità, perché può destabilizzarla. Continua il cammino solamente
chi ha intravisto la realtà e desidera comunicarla agli altri. Lotta contro l’istituzione
oppressiva solamente chi è sicuro di aver intravisto la verità come dato che si
trova agli antipodi della verità passata dalla Tradizione. Ci sono voluti quasi
due millenni per vedere in modo diverso il cielo, nonostante il grande
astronomo Aristarco (310-230 a.C.) lo avesse già affermato. Abbiamo bisogno del
coraggio e della spregiudicatezza di qualche genio per aiutarci a vedere le
cose così come sono e liberarci dalla schiavitù del pensiero unico che ci rende
ottusi e ciechi.
Nessun commento:
Posta un commento