lunedì 21 marzo 2016
venerdì 18 marzo 2016
VIVERE LA FEDE IN UN MONDO SCRISTIANIZZATO
TRA TENTAZIONE DI FUGA E RICERCA DI AUTENTICITA’
Presentazione di due
libri di Paolo Cugini usciti nelle Edizioni san Lorenzo (Reggio Emilia, 2015):
1.
Mondo moderno e religione. Introduzione al pensiero di Charles
Péguy
2.
La fuga di Elia. Riflessioni postmoderne sulla religione e il
senso della vita
In un
contesto socio-culturale che diviene giorno dopo giorno sempre più complesso e
indecifrabile, per chi desidera annunciare il Vangelo diviene urgente acquisire
strumenti per interpretare il mondo circostante. Che cosa significa dire Dio
nell’epoca delle appartenenze parziali? Come annunciare il Vangelo dell’amore
eterno manifestato in Gesù, nell’epoca delle scelte deboli, della difficoltà di
scelte durature nel tempo? Non si tratta solo di annunciare il Vangelo, ma di
viverlo. Come si fa, allora, a vivere la proposta del Signore in un contesto
culturale secolarizzato, svuotato dei significati che fondano il Vangelo? Come
rimanere fedeli alla proposta di Gesù in un contesto di minoranza e, spesso e
volentieri, di ostilità?
Già agli
inizi del secolo scorso il filosofo e poeta francese Charles
Péguy denunciava
il processo di scristianizzazione in atto nel mondo occidentale. La denuncia
aveva come punto di riferimento non solo i fenomeni esterni delle conseguenze
della scristianizzazione, come per esempio il peso sempre maggiore dato al
mondo del denaro, ma anche e soprattutto al mondo interno del cristianesimo. I
preti, la teologia scolastica sono, a detta di Péguy, i grandi responsabili di
un processo che, iniziato nell’800, si protrae e si afferma sempre di più. La
secolarizzazione, nel suo aspetto di svuotamento dei contenuti religiosi di una
società, con i crescenti rischi di una cultura che apre spazio e fonda il
proprio stile esclusivamente sulla materia, trova in Occidente la propria
matrice in un costante processo di addio al cristianesimo. C’è chi afferma che
non tutto il male viene per nuocere, perché quello che salutiamo
definitivamente non è tutto il cristianesimo, ma la particolare modalità con la
quale si è presentato al mondo Occidentale. Al cristianesimo della forza e del
potere, delle Cattedrali e dei sistemi teologici, l’Occidente secolarizzato può
ospitare un cristianesimo più umile e accogliente. Da un cristianesimo che
voleva contare e imprimere i propri valori nella società, è possibile passare
ad un cristianesimo che si lascia contaminare dalle culture circostanti, che
apre spazi di dialogo non tanto persuasivi, ma relazioni di ascolto, relazioni
capaci di cambiare prospettive, di modificare contenuti, di aprire nuovi
orizzonti. Dalla religione della ragione forte e chiara, nel mondo secolare si
può accedere con un cristianesimo umile, attento alle ricchezze delle persone
che incontra, per camminare con loro e non davanti a loro.
In questa
prospettiva diviene importante provare a pensare la fede in un modo diverso,
lasciando che il nuovo contesto culturale offra i criteri di analisi e
contamini piste di riflessione nuove. E’ questo sforzo che ho tentato di
realizzare in LA FUGA DI ELIA. Lo
sgretolamento delle meta-narrazioni moderne con i relativi valori, ha reso il
mondo esistenziale più instabile. Se il contesto moderno aiutava le persone a
costruirsi un’identità forte, molto più difficile risulta oggi mantenersi
fedeli e stabili nelle sabbie mobili della cultura postmoderna. Come dire
allora, il Vangelo dell’amore che resistito sino alla croce in un contesto nel
quale l’amore va a braccetto con la passione e dura la stagione di un
sentimento? Come proporre un senso della vita, una finalità dell’esistenza
nell’epoca della fine del tempo, dello schiacciamento esistenziale nel tempo
presente? C’è ancora spazio per il Vangelo in una simile cultura? Domande
importante alle quali vale la pena tentare o perlomeno abbozzare delle
risposte. Il nuovo quadro culturale che si sta progressivamente strutturando in
Occidente esige per la comunità cristiana un ripensamento delle modalità di
approccio al mondo. Sulla strada aperta dal Concilio Vaticano II occorre
mantenere un dialogo costantemente aperto alle diversità di opinioni, di
sensibilità per inculturare il Vangelo affinché diventi fermento in una massa
che è notevolmente cambiata. C’è tutta una teologia che va ripensata, ma anche
i riti, vale a direi il modo di celebrare l’evento salvifico,
contestualizzandolo, cercando cammini nuovi. Anche in questa prospettiva il
Concilio Vaticano II aveva offerto stimoli interessanti e indicazioni precise
verso il cambiamento e il rinnovo della liturgia. Cambiare non significa
abbandonare, tagliare con il passato, ma rendere nuovo e comprensibile ai nuovi
uditori il Vangelo. Il nuovo contesto culturale esige, allora, non solo di
essere compreso, ma anche la creatività per cercare cammini nuovi di
evangelizzazione. E’ proprio questo l’intento di: LA FUGA DI ELIA.
martedì 8 marzo 2016
LEGALITÀ' E MISERICORDIA
Testimonianza di Vincenzo Linarello –
Veglia “Legalità e Misericordia”
1 marzo 2016 – Chiesa di Gualtieri
Grazie per l’invito. E’ veramente commovente e bello per noi che
quest’incontro avvenga il 1° marzo, che questa data sia rimasta nel cuore di
molti una data di memoria, di riscatto e liberazione.
Goel oggi è una realtà particolare e ci siamo sempre chiesti come
definirci. L’ultima attenzione che ci piace è “comunità di riscatto”. Essere
comunità, perché oggi Goel è composto da 10 cooperative sociali, due
associazioni di volontariato, 2 cooperative non di tipo sociale e 28 aziende
agricole, che operano in settori molto diversi: dai servizi sociali ai servizi
sanitari con persone che hanno disturbi mentali, dall’accoglienza dei migranti
ad attività di turismo responsabile; dall’aver messo in piedi una Cooperativa
di aziende agricole vittime di ‘ndrangheta, fino a creare un marchio di moda
per ridare lavoro e dignità alle tessitrici calabresi.
Sono settori molti diversi e da un po’ di tempo ci vediamo tutti
quanti insieme perché ci piace l’idea che alle tessitrici stia a cuore cosa
accade agli operatori sociali, che agli operatori sociali stia a cuore cosa
accade agli agricoltori, che agli agricoltori stia a cuore cosa accade agli
operatori turistici, e così via. E’ la faticosa costruzione di una comunità che
poggia su un progetto di riscatto. Da qui il nome che ci siamo dati, Goel, che
abbiamo scelto con grande attenzione quando nel 2003 ci costituimmo. Il Goel,
nell’antico Israele, era colui che pagava il prezzo del riscatto di chi era
caduto in schiavitù e lo restituiva, diremmo oggi, allo stato di “cittadino
libero”. E ci piaceva questa idea perché la consideriamo alla base di un
progetto di liberazione: tu che non sei vittima della schiavitù, che non hai
avuto una situazione negativa alle spalle, sei disponibile a pagare il prezzo
del riscatto dell’altro. Ed è così che si costruisce la “comunità di riscatto”.
Dentro questo tipo di percorso, l’idea di riscatto ovviamente
riguarda un territorio come quello della Calabria, con la disoccupazione, con
la violenza della ‘ndrangheta, con quel sistema di alleanza negativa tra la
‘ndrangheta e le massonerie deviate all’interno del territorio, quel modo di
ricattare nella quotidianità le persone, prenderle per il collo dei bisogni
quotidiani per riuscire ad asservirle, per riuscire a indirizzare i voti e il
consenso per assoggettare le persone. Ecco allora l’altro grande obiettivo: noi
dobbiamo tracciare un percorso di liberazione che ci consenta di rendere a
Cesare quel che di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Cosa vuol dire questo
nella nostra esperienza? Vuol dire avere la forza di restituire a quel Cesare
della ‘ndrangheta, a quel Cesare della massoneria deviata, a quel Cesare della
politica corrotta quelle logiche. Ci vuole coraggio per restituire a Cesare
quel che è di Cesare, perché rimandare al mittente la logica delle
raccomandazioni, del clientelismo, la logica del potere, la logica della
sopraffazione di cui tutti siamo pronti in qualche modo a denunciare quando
siamo le vittime, ma che poi con grande facilità relativizziamo quando siamo
noi a usufruirne direttamente. Allora quelle logiche vanno restituite, quella
forma di potere, di privilegio, di cui in qualche modo si può godere. Pensate
ai processi d’infiltrazione all’interno di questo territorio, una pesante
infiltrazione che la ‘ndrangheta sta portando avanti. Ma questa infiltrazione
porta dei soldi e questi soldi da qualche parte vengono spesi. Allora tutti
siamo sicuramente pronti a denunciare la presenza della mafia nel territorio,
ma chi è pronto a restituire i soldi ai mafiosi quando vengono a comprare nella
propria impresa, nel proprio esercizio commerciale quando in qualche modo ti
trovi nella “fortunata” situazione di bere quella bevanda avvelenata
dall’infiltrazione?
Allora capite la forza, la potenza di questa frase di Gesù: dare a
Cesare quel che è di Cesare. Non ci si può lamentare di alcune cose solo quando
queste ci danneggiano. Bisogna avere la forza e la coerenza di restituire al
mittente, anche quando questo ci potrebbe avvantaggiare. Dall’altro lato
bisogna restituire a Dio quello che è di Dio. Cosa vuol dire? A me piace
pensare alla logica della parabola dei talenti, dove il padrone consegna questi
talenti dicendo ai servi di investirli e di ridarglieli con gli interessi. Cosa
è di Dio? Cosa restituirgli? La vita, il creato, la nostra libertà. Bisogna avere
la capacità di prendere queste cose che ci ha dato Dio e restituirgliele con
gli interessi. Così anche la dignità, il non piegare mai la testa di fronte a
nessuno, perché il primo dei comandamenti dice “non avrai altro Dio all’infuori
di me”… Nessun mafioso, nessun massone, nessun potente e nessun politico è più
di Dio. Non piego la testa di fronte a nessuno, ma non perché sono superbo, ma
perché quella dignità originaria che mi ha dato Dio io la devo restituire
integra, non consumata, non svenduta, non messa sotto i piedi attraverso il
servilismo quotidiano di fronte a certe logiche di potere. E allora restituire
a Dio la libertà con gli interessi, la vita con gli interessi, restituire a Dio
il creato con gli interessi: capite la potenza di questa frase di Gesù.
Allora il ragionamento della misericordia, a mio avviso, assume un
volto nuovo. Una delle cose che ho imparato stando nella Locride, in Calabria,
incontrando anche quotidianamente le persone appartenenti alla ‘ndrangheta, è
che la vera misericordia nei loro confronti passa necessariamente attraverso il
coraggio. Io non posso essere misericordioso nei confronti delle persone che
temo. Prima devo avere la forza di guardare negli occhi il mafioso, di non
temerlo, di essere forte di fronte a lui, e solo dopo posso essere
misericordioso. Questa era la capacità di Gesù che, quando era assediato dal
potere, di fronte ai tentativi di metterlo a morte, di intrappolarlo, mostrava
grande dignità: non tremava di fronte al potere, di fronte ai “mafiosi”
dell’epoca.
I comportamenti della mafia fanno parte di ogni tempo: si
organizzavano, cospiravano allo stesso modo di come si organizzano oggi e
cercano di cospirare contro di noi. A fine ottobre è stato bruciato un intero
capannone di una nostra azienda agricola, colpita per la settima volta: circa
100mila euro di danni. Allora, come reagire? Quale è l’atteggiamento giusto?
Ricordo che quando andai da questa azienda, loro erano disperati, avevano
paura, erano sconfortati, non volevano andare avanti. Ma noi non siamo soli,
c’è la forza che ci viene da Dio. Allora gli ho detto: non vi preoccupate,
hanno fatto un grosso errore a mettersi contro Dio, e trasformeremo questa cosa
in una vittoria incredibile. Loro mi guardavano perplessi, a dire il vero,
quando dissi questo. Però di fatto che cosa è accaduto? È successo che grazie
alla solidarietà di tanti, alcuni presenti anche qui oggi, siamo riusciti in
tempo rapidissimo a raccogliere ben oltre 70.000 euro e abbiamo ricomprato il
trattore e ricostruito il capannone. Loro ci volevano depressi, ci volevano
rinunciatari, volevano che dichiarassimo alla stampa che in questa terra non si
riesce a fare più nulla, e invece noi abbiamo organizzato una festa. Il 19
dicembre abbiamo fatto la festa della ripartenza: siamo andati nei campi,
abbiamo inaugurato il capannone nuovo, il trattore, con centinaia di persone
venute insieme a noi, tra cui don
Matteo e alcuni di voi. E quell’azienda agricola quest’anno
ha venduto tutto, molto più dello scorso anno.
Il risultato dell’esperimento quale è stato? Che il male si è
trasformato in bene. Se tiriamo in ballo Dio, non solo vinciamo la paura, ma ritorciamo
contro il male, il male stesso. Ma rinunciare alla paura è la premessa alla
misericordia. Io non sono dell’idea che non bisogna parlare con i mafiosi. Io
con i mafiosi ci parlo, quando li incontro per strada in alcune situazioni mi
ci fermo a parlare, li guardo negli occhi, non ho timore a dirgli che per me è
totalmente sbagliato quello che fanno. E’ sbagliato per il territorio ed è
sbagliato per loro stessi. In diverse situazioni ho fatto notare ad alcuni
mafiosi, che quando loro si troveranno ad aver bisogno di essere ricoverati
all’ospedale, andranno a quello stesso ospedale che per colpa del clientelismo
e della raccomandazione probabilmente verrà guidato da persone inette; avranno,
sì, la forza della violenza per chiedere di essere accuditi meglio di altri, ma
chi li accudirà se coloro che sono stati selezionati magari sono il frutto di
una certa logica clientelare? Alla fine patiranno la malasanità, patiranno il
sistema che loro stessi hanno contribuito a creare.
Come Goel ci siamo detti che non dobbiamo vincere, noi dobbiamo
convincere, questa è la misericordia. Misericordia è dire: la giustizia è
questo, ed io sono così sicuro che la tua via è fallimentare che te lo dimostro
in modo chiaro ed inequivocabile. Allora convincere vuol dire due cose:
persuadere i mafiosi che la loro via è fallimentare. Chi di voi era a Locri
alla manifestazione del 1 marzo 2008, si ricorderà forse che noi dal palco
abbiamo detto: voi siete un’organizzazione che rovina il futuro dei suoi stessi
figli all’interno del territorio, noi stiamo seguendo una strada che sta
portando dignità e rispetto.
Allora convincere vuol dire persuasione, ma vuol dire anche avere
la capacità di raccogliere la sfida di dimostrare che il Vangelo incarnato
nella società è una risposta buona per tutti, anche per loro. Questo ci chiede
lo sforzo di spremere le meningi e di lavorare, di sudare sangue per trovare
soluzioni buone per tutti. Quando noi andiamo in alcuni paesini della Locride e
cominciamo a parlare di legalità, di valori, di giustizia, ci sono persone che
ti vomitano addosso la disoccupazione, l’abbandono. E sono cose vere, non sono
false. E quella sfida bisogna che noi abbiamo il coraggio di assumercela, di
prenderla sulle spalle e dargli una risposta. Una risposta è quella delle
aziende agricole di Goel Bio, che invece di farsi pagare le arance a 5
centesimi al chilo, le fanno pagare a 40 centesimi al chilo. E abbiamo
dimostrato che quelle aziende agricole vittime di ‘ndrangheta oggi ricevono il
giusto prezzo per il lavoro nei campi. E questa è la dimostrazione chiara che
si può far fronte a quelle ingiustizie, che poi sono l’humus su cui cresce la
mafia, grazie alla forza dello Spirito Santo, alla creatività che viene dallo
Spirito Santo, che ci porta a risolvere quei problemi, a dimostrare che il Vangelo
non solo è giusto, ma funziona. Il grande ministero dei laici è dimostrare che
il Vangelo funziona! Che funziona in economia, che funziona nella politica,
nella società.
Questa opera non si costruisce da soli, ma con l’aiuto dello
Spirito Santo, sudando e trovando soluzioni ai problemi. Solo così toglieremo
alla ‘ndrangheta ogni legittimazione, toglieremo alla ‘ndrangheta ogni scusa
perché la strada del Vangelo è una strada che funziona, su cui si possono
costruire alternative serie. Allora la misericordia assume un altro volto: tu
non neghi la relazione con il fratello che ha sbagliato, ma lo guardi negli
occhi e gli dici che non hai paura di lui, non lo odi, e hai un’alternativa
valida al fallimento totale che lui ha scelto. Il cuore della misericordia è
questo! Ed era l’atteggiamento di Gesù, che non ha mai avuto paura di entrare
nella casa dei pubblicani, dei farisei. Traduciamolo con il linguaggio di oggi…
E’ andato nella casa dei politici corrotti, è entrato nella casa delle persone
comuni, che non contavano nulla. Non ha mai avuto paura di confrontarsi con
altri, perché dentro aveva la sicurezza che il messaggio che stava portando che
gli veniva dal Padre, era un messaggio solido, che ha una risposta seria per
chi sta male.
Ovviamente questo ha delle conseguenze che bisogna essere disposti
a pagare. Però, credetemi, in questa battaglia non siamo da soli, e Dio è
veramente pronto a spendersi insieme a noi, ad aiutarci a trasformare il
territorio. Quindi, non tiratevi indietro, non giratevi dall’altro lato, non
abbiate paura: restituite a Cesare quel che è di Cesare, aprite gli occhi sul
territorio, impicciatevi di quello che accade, non cascate dalle nuvole e
abbiate il coraggio di affrontare senza odio, perché noi non vogliamo vincere
ma solo convincere, senza paura. Coraggio a tutti e facciamocela insieme.
martedì 1 marzo 2016
EVANGELIZZARE NELLE CRTICITA' DELL'UMANO
FACOLTÀ TEOLOGICA
DELL’EMILIA ROMAGNA
X CONVEGNO ANNUALE DI FACOLTÀ
EVANGELIZZARE NELLE CRITICITÀ DELL’UMANO
1-2 marzo 2016
IL CONTESTO
A- Una vita degna mediante
il lavoro
Rel: MATTEO PRODI
Sintesi: Paolo Cugini
Tre foto:
1. Precariato: un quarto della popolazione vive nel
precariato. Nel precariato esistono 4 cose: acredine, anomia, ansia,
alienazione. Frustrazione di trovarsi sempre dinanzi a porte chiuse. Anomia
sentimento di passività nato dalla disperazione. Ansia è uno stato d’insicurezza.
2. Disoccupazione: è un male peggiore del debito
pubblico. 25 milioni nell’UE. I neoliberali sostengono che esiste un passo
naturale di disoccupazione che consente all’inflazione di non crescere. La
piena occupazione è in conflitto con gli interessi dei capitalisti come classe.
3. La diseguaglianza. E’ parte integrante della dogmatica
neoliberale, è quindi necessaria. Teoria dello sgocciolamento: la ricchezza
sgocciola anche nelle parti più basse. Se volgiamo combattere la povertà non
possiamo tollerare la diseguaglianza e la distribuzione del reddito disuguale.
(La nuova ragione del mondo. Critica…). Il neoliberismo è una struttura
razionale che pensa la disuguaglianza come necessaria allo sviluppo. Il
neoliberalismo pensa la concorrenza come norma di comportamento. Nella UE la
politica la fa il capitale: Luciano Gallino. Finanziarizzazione: denaro che
genera denaro. Il capitalismo non sta più producendo merci ma rendite. Chi ha
soldi ne avrà sempre di più. Il capitalismo vende il futuro. L’homo
oeconomicus è divenuto una religione. C’è un’antropologia specifica che
sostiene un certo modo d’intendere l’economia come utilità personale. Noemi
Clein: siamo prigionieri. Marx: il grande paradosso è che gli uomini vengono
intesi come merci. Gramsci: l’uomo che viene prodotto in America è il gorilla
ammaestrato. Alternativa: è la costituzione italiana. L’Italia è una repubblica
democratica fondata sul lavoro. Ritornare alla persona: prospettiva
personalista. Il Jobs Act di Renzi: ha prodotto pochissimo. Occorre una nuova
antropologia. Homo responsus di Gen 2,20: l’uomo cerca un aiuto che gli
corrisponda. Un uomo che parta dal suo limite e cerca l’aiuto che lo porti alla
pienezza, reca in dono la propria pienezza anche all’altro. Antropologia che
tiene conto del limite. Ambiente limitato. Uomo limitato. Limite come occasione
per il dono di sé. Becchetti, Zamagni. Relazionalità nella vita economica è
decisiva. Relazionalità come cammino significativo nel percorso dell’uomo e
della donna. Riflessione sulla proprietà privata. Anche il cambiamento
climatico dev’essere un’opportunità per riscrivere l’economia mondiale. Matteo
20; 2 Tess 3,10. Francesco: superare l’assistenzialismo. Questa economia
uccide.
Proposte:
1. Il lavoro come fine
2. Riforma del lavoro
3. Fiscalità progressiva
4. Vera scuola e università
5. Stato sociale intelligente
6. Reddito di cittadinanza
7. Stili di vita
Più tempo per lo sviluppo dell’uomo. Laudato
Si,19.
PAOLO BOSCHINI – LUCA TENTORI
B-
INTERVISTA VISTUALE A UN UOMO
DIGITALE
Inter Mirifica 1963. Zootropolis
2016. Spesso sbagliamo i tempi e i linguaggi.
Chi è l’uomo digitale. Un uomo che h
preso sul serio la propria vulnerabilità.
Tutto si smaterializza: come vive la
realtà? E’ una
costruzione mai compiuta fatta d’immagini, gesti. E’ costruita da noi uomini.
La realtà è dentro e fuori di noi, è la nostra visione del mondo che
condividiamo con gli altri. La realtà è ordito di legami infiniti.
Come conosce la realtà e il mondo? Heidegger era pessimista sul mondo
della comunicazione. Accusava la tecnica di essere anti pensiero. L’uomo
digitale pensa e parla per immagini. La digitalizzazione non segna la fine del
pensiero, ma di un pensiero. Non abbiam mai smesso di pensare. Ci muoviamo
dentro una cornice che ci determina, ma interagendo con essa modifica il mondo
in cui facciamo parte. I digitali sono arredatori.
E’ possibile costruire la realtà
fuori dall’immaginazione.
L’immaginazione crea la realtà.
Produciamo delle immagini per interpretare quello che viviamo. Il sacro è il
simbolo che può interpretare quello che viviamo, un simbolo condiviso.
C’è un mondo oltre. Quando produciamo
la realtà a partire dalla nostra immaginazione, significa che creiamo un ponte
verso l’invisibile.
Meglio rivoluzionare l’immaginario.
Problema dell’umanesimo digitale.
Comunità analogiche sono fondate
sulla scrittura.
I nostri legami si fondano sul fatto
che ci scambiamo continuamente delle comunicazione. Flusso continuo delle
informazioni.
Sentimento di appartenenza: è stato
smarrito. Il sentimento di appartenenza ha prodotto le più grandi tragedie.
Appartenere è riga dritto. Occorre invece creare legami tra gli individui.
Molto interdipendenza e poca appartenenza. Apparteniamo a tante comunità senza
ingelosire nessuno.
Rischio dell’individualismo: c’era
già prima. E’ il male radicale del mondo moderno.
Il Vangelo è un’opinione tra le
tante? Un opinione non è negativa di per sé. Platone parla di opinione come
pisitis, come fiducia. L’opinione è il primo gradino della conoscenza della
verità. Nel mondo digitale si parte sempre dalle opinioni, che aspettano di
essere messere al vagli della discussione.
Oggi ci sono molti blog cristiani. Società
digitale mette alla prova la nostra capacità di dialogo. La comunicazione
digitale è una grande occasione del Vangelo. Tutti noi parliamo solo ai nostri.
Il Vangelo può ancora svegliare
l’uomo digitale? La corporeità è una corporeità trasfigurata. Gli uomini vi
hanno accesso attraverso un immagine, una parola. Mettere insieme una
comunicazione, un’immagine. Il linguaggio della chiesa è una corporeità
simbolica.
Mondo digitale: mondo di gratuità e
relazione.
ENRICO CASADEI
C-
LA VERITA’ SI TROVA AL POZZO
Chi sono io che parlo con te?
E’ un itinerario di fede.
Roberto Vignolo: l’incontro di un
uomo e di una donna la pozzo è impiegato come scena tipo in cui scaturisce un
matrimonio. Gen 24; 29; Es 2.
Dammi da bere. E’ una sete reale o
questo forestiero cerca altro? Che sete è?
Come mai? Gesù inverte i ruoli.
La donna provoca a sua volta.
Dammi di quest’acqua.
C’è un riferimento ad Osea. Osea 2:
lo sposo ferito ragiona su come reagire sull’infedeltà.
Dialogo personale e memoria: è la strategia di Dio. Gesù Sceglie
la stessa strategia del Padre. La verità di Dio si trova al pozzo in un
incontro che attiva la memoria. E’ Dio che cerca e provoca questo incontro. Il
mezzogiorno è l’orario per non trovare nessuno al pozzo: si trova Gesù.
Incontro che è anche dono. Sono doni
che Dio fa (Os 2) e che la sposa non ha. In Osea c’è una pluralità di doni.
PIER LUIGI CABRI
D-
VERITA’ E RELAZIONE
La verità ha a che fare con la
concretezza della relazione dell’altro. La verità si scopre nella relazione con
l’altro.
Paradosso: a fronte di un mondo
digitale aumenta la carta.
Fabris: il tempo esploso. Ferrarotti.
Nel nostro contesto occorre
ricuperare il fondamento, la filosofia.
1. Il dialogo al pozzo e l’incontro al
giardino. Gv 4. Bori mostra come Gv 4 ricorre con frequenza nella esegesi di
Tolstoj. La verità si raggiunge attraverso lo stare insieme agli altri uomini.
J.Nancy, non toccarmi. Essenziale all’immagine è non essere toccata. Non
trattenermi. Il vero movimento del donarsi consiste nel permettere il tocco di
una presenza.
2. Verità filosofica e verità
intersoggettiva.
La presenza sempre deve darsi per presentarsi. Se mi do come una cosa mi perdo.
Se mi do distanziando il tocco non sono padrone di questo dono. Se la verità si
dà nell’incontro, emerge un limite: la verità sfugge alla presa. Il tocco vero
non cattura, invita a cercare altrove. Nel dialogo la verità si pone come esito
da raggiungere. La verità filosofica esprime una tensione. E’ un movimento, un
compito che non si conclude mai. Ferrarotti: denuncia la mancanza di un
fondamento filosofico della sociologia. Nietzsche è consapevole di ciò.
3. Verità come amore e testimonianza. Della verità si può avere
consapevolezza quando ci si apre verso l’altro. Levinas: Totalità e infinito;
Altrimenti… La verità non è svelamento della cosa, ma la si può raggiungere nel
momento in cui Dio esce da se stesso e si apre all’altro. La possibilità di
accostare la verità è nel momento in cui Dio vive la separazione.
IL MESSAGGIO
MARIO FINI
A-
CHIESA E MONDO RICONCILIATO
Percezione di una chiesa dentro alla
storia degli uomini.
Come annunciare l’umanesimo cristiano
in un umanesimo ateo?
Un Dio per gli uomini e un Dio degli
uomini. La fede umanizza. La persona si realizza nella relazione.
La presenza del futuro della Chiesa è
opera dello Spirito.
La persona si realizza nell’essere
dono di sé, a immagine di Dio. La Chiesa è comunità di fratelli. La Chiesa è
dentro alla storia. Noi che siamo nella chiesa, tutto ciò che è umano nella
chiesa è fondamentale.
Che cosa ha voluto fare il Concilio?
Superare il fossato tra la chiesa e la modernità.
Paolo VI: la Chiesa del Concilio. Chiesa
maestra di umanità. Un umanesimo che deve trovare in Cristo il suo centro. La
Chiesa viene vista come chiesa comunione, chiesa.
La chiesa viene vista come popolo
messianico. La Chiesa non è solo evangelizzante.
La missione della Chiesa è collegata
al messianismo di Cristo. Nella Redemptor Hominis abbiamo un’antropologia
chiara: la via dell’uomo è la via della missione della chiesa. La via
principale della chiesa è l’uomo. Unità di cristologia e antropologia. La chiesa
non può evangelizzare se non tenendo come punto centrale l’uomo. La chiesa è
chiamata a lavorare perché l’umano si arrenda alla realtà di Gesù Cristo.
Obiettivo della RH è quello di costruire una chiesa degli uomini, una chiesa
dove ogni persona si senta a casa sua.
In Ratzinger il tema dell’amore è
centrale. Logos e carità in Dio s’identificano. La chiesa è la manifestazione
della carità del Dio trinitario. La chiesa deve manifestare il si che Dio in
cristo ha detto all’uomo.
Una chiesa senza peccato è un mito.
Siamo tutti mendicanti.
Theobald: mistica della fraternità.
Relazioni nuove generate dalla
mistica di Gesù Cristo.
Francesco: occorre guardare il volto
di Gesù per designare il nuovo stile di chiesa. Si può parlare di umanesimo
solo a partire da Gesù.
Umiltà, disinteressa, Virtù.
Tentazione pelagiana:
fiducia nell'organizzazione. Controllo.
Tentazione Gnostico: la fede
cristiana a misura dell’uomo.
Il mistero dell’incarnazione ci fa
uscire da ogni spiritualismo. Occorre preghiera e vicinanza con la gente, per
vivere un umanesimo popolare.
Tre direttrici:
Chiesa che include i poveri; capace
di dialogo; chiesa inquieta. La forma della chiesa dev’essere la sinodalità.
MAURIZIO AMBROSINI
B-
LA SOLLECITUDINE PER L’ALTRO IN TEMPI
DI SOGGETTIVISMO
1. L’egemonia del pensiero liberista e
l’individualismo negativo.
2. Il declino delle grandi narrazioni.
3. Dissociazione tra élite e masse.
4. La cittadinanza: da forza da
inclusione a strumento di esclusione.
Solidarietà come spinta soggettiva.
1. Solidarietà di famiglia, di
villaggio. Solidarietà vincolata
2. Emancipazione dell’individuo da una
serie di costruzioni esterne
3. Attenzione alle nostalgie
retrospettive
4. Emergono altre forme di azione
solidale, GAS, condomini solidali, ecc.
Avere consapevolezza distrugge le
illusioni. Oggi è un mondo che si può scegliere di coltivare la solidarietà,
molto più che in passato.
Nuove forma di solidarietà: commercio
equo-solidale, GAS.
Rappresentazione e realtà
dell’immigrazione.
Accoglienza degli immigrati
1. Società civile non sempre
accogliente.
2. Società multietnica di fatto, ma che
non lo vorrebbe
3. Aiuto verso gli immigrati.
C’è un grande sforzo di mobilitazione
di energie dal basso della società civile.
·
Minoranze
attive capaci d’incidere: costruzione dal basso dell’integrazione di immigrati
·
Rapporto
tra carità e giustizia. La carità va oltre la giustizia.
·
Se
i nostri paesi si stanno faticosamente adeguando al loro futuro, lo si deve a
queste minoranze.
Problemi:
1. Disseminazione culturale
2. Miserabilismo
3. Dipendenza. Aiuto emancipante.
Obiettivo: non abbiano più bisogno di noi.
Rischio di produrre percorsi di
assistenza. Il miserabilismo rivaluta le forme classiche: borsina, vestiti
dismessi. Rischio di creare dipendenza.
C’è un problema di liberarsi da
queste immaginazione e di rappresentazione.
Compassione aspra.
Conclusioni:
·
Questione
culturale
·
Scuola
di responsabilità e di cittadinanza
·
Dimensione
associativa
·
Emancipazione
e protagonismo dei beneficiari
MARCHESELLI MAURIZIO
C-
LA CURA DI UN UOMO FERITO GV 9
Forza di guarigione del Vangelo. Secondo Brawn è il dialogo
meglio riuscito del NT.
1.
Quale ritratto di uomo emerge da GV 9?
Gesù incontra l’uomo e lo trova
cieco. Il cieco dalla nascita è certamente un giudeo che compie un percorso
positivo con Gesù. Il cieco dalla nascita è un figlio di Adamo. 9,5: Gesù luce
del mondo, è luce per l’umanità, per tutti gli uomini. Gesù non è luce solo per
Israele. In questo racconto tutti sono ciechi. La differenza è tra ciechi
consapevoli e quelli no. Se tutti sono ciechi all’inizio non tutti lo sono alla
fine. L’uomo è segnato da una ferita, che non è la conseguenza di una colpa, ma
un limite.
Valore simbolico della vista. Il non
vedere influisce sulla percezione di sé e sul rapporto con il mondo. Esperienza
sensoriale complesso. C’è una percezione di esperienze sensoriali: contatto con
il fango; udire la Parola; recupero della vista. Vista che coglie il senso
ultimo delle cose. Vangelo dei sensi spirituali: per GV l’esperienza dello
spirituale, passa attraverso i sensi. La vista è il canale privilegiato della
relazione. La visione è immagine della conoscenza. Cammino di conoscenza
progressiva dell’identità di Gesù.
Una menomazione agli occhi implica
non vedere e non vedersi. Curare la cecità è dare la possibilità di vedere
l’altro e aprire una via di conoscenza su se stessi. Gv 9,3.
2.
In che cosa consiste la cura che Gesù presta a questo uomo? Cura non
richiesta. E’ Gesù che prende l’iniziativa. Il dono è gratuità. Non si può
chiedere ciò che non si conosce. Il dono che Gesù dà è qualcosa della vista
fisica. Dio non dà il figlio perché gli uomini lo chiedono. Fango posto negli
occhi: Gesù accentua la condizione di cecità. La cura avviene di sabato. Gv
5,17: è la luce della ita che viene comunicata. C’è il lavoro che non smette
mai: è il lavoro di comunicazione della vita. Per guarire bisogna fidarsi di
una parola. E’ la parola che lo mette in cammino. La cura cui Gesù sottopone il
cieco non produce immediatamente pacificazione: la conflittualità aumenta. Il
sogno non è evitare i conflitti, ma saperli gestire. La terapia conduce il
cieco in una situazione di liberazione. Cfr Gv 8,30-32. Il cieco rimane nella
Parola. C’è un cammino progressivo nella Verità che ha come esito la libertà.
Caratteri della libertà: viene liberato da una serie di rapporti alienati, che
non sono liberanti. Gv 9,34: il cieco è diventato un didaskalon. Il racconta
mostra come il cieco diventa maestro per i capi. Riscatto dall’alienazione
della mente. E’ un cieco che rompe l’ideologia sul principio di realtà. Questo
cieco davanti ai capi dei popolo che riduce al silenzio lasciando solo
l’argomento violento. Non riescono a ribattere alle argomentazioni del cieco.
Realtà rispetto alle gabbie dell’ideologia: adesso ci vedo, è questo che io so.
Liberazione dai recinti e la percezione della vita come cammino. GV 10,16: ho
anche altre pecore che non sono di questo recinto. Chi ha recuperato la vista
non rimane dentro l’ovile. Ci sono pecore che sono dentro un recinto e quelle
che sono fuori. Recinto: area sacra. Pastore che entra nel recinto e porta
fuori le pecore: parabola del cieco. La terapia ha come esito che alla fine non
entriamo dentro ad un recinto. Si parla di un gregge fuori dall’ovile dove
centro di unità è il pastore. Il v. 16: non parla di ovili e la vulgata. Nella
visone giovannea non ci sono più recinti. La terapia ha il suo esito quando le
pecore che sono dentro un recinto escono e si mettono ad ascoltare un pastore.
Il centro di unità non sono dei recinti, ma il pastore.
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