martedì 4 maggio 2021

IL SACRIFICIO DEL KIPPUR E LA CENA DEL SIGNORE

 



 

ENRICO MAZZA

Una ricerca in Paolo e nella liturgia antica

 

Secondo Convegno annuale in memoria di Pietro Lombardini (1941-2007) presso il Teatro della Fondazione Collegio San Carlo, via San Carlo 5, Modena.

 

Sintesi: Paolo Cugini

 

Scoperta dei rotoli di Qumran ci permette di conoscere il giudaismo del II tempio, che appare essere una realtà molto ben strutturata. Paolo va interpretato in base al giudaismo del II tempio. Nei Vangeli (Mc e Gv) il titolo che viene dato a Gesù e che egli stesso si applica è Figlio dell’uomo. Le lettere paoline, che sono state scritte prima, non ha questo titolo. Perché Paolo non ha questo titolo?

Se guardiamo alla cultura del II Tempio dobbiamo capire a quale ambiente culturale Paolo potesse aver fatto riferimento. E stato fatto notare che c’è una frase curiosa alla fine dell’Inno cristologico della lettera ai Filippesi: a gloria di Dio Padre. È una frase che esiste solo in un’altra opera giudaica: la vita greca di Adamo ed Eva. Fa parte della letteratura del secondo Tempio. C’è un’aggiunta: sia nell’inno di Filippesi che nella vita greca di Adamo ed Eva: la frase occupa la medesima posizione in entrambi i testi.

Ipotesi: qual è il concetto di redenzione nella vita greca. Il concetto di peccato è la disobbedienza di Adamo. Anche in Paolo il peccato è la disobbedienza di Adamo, a causa del quale tutti peccarono.  Il concetto di redenzione sta in Cristo. Nella vita greca sta nella penitenza di Adamo che sta per 47 giorni immerso fino al collo nel Giordano.

Il modello dell’uomo nuovo non è l’Adamo penitente, ma l’uomo in Cristo che fu obbediente fino alla morte. Paolo di suo dice: e alla morte di croce. La specificazione è importante perché questo concetto torna con i riti del sangue. L’unica redenzione è l’obbedienza.  Tutti i biblisti riconoscono che l’inno di Filippesi è prepaolino che suppone una comunità che si evolve a partire dalla Vita Greca di Adamo ed Eva, ambiente culturale del II Tempio.  Gesù fu obbediente. La morte fu redentiva? Il testo prepaolino è modificato da Paolo: ha donato se stesso, cioè, è stato obbediente. È per questo che Dio lo ha esaltato.  Ogni ginocchio si pieghi: contesto liturgico c’è la genuflessione. A Gesù compete che ogni ginocchio si pieghi.

Se è il rito del sangue che è messo in rapporto con il propiziatorio, ilasterion, nel sangue. Ci vuole il rito del sangue. Nella fede. Paolo sta parlando della giustificazione gratuita per fede.

Libro delle parabole: i giusti, i peccatori, i giustificati.

I giustificati: si sono pentiti. Paolo ha il tema della giustificazione e lo coniuga con il coperchio dell’alleanza.

Liturgia egiziana: prende la frase di Rom 12,1 e dice presentate i vostri corpi. Presentatevi, comportatevi come un sacrificio viventi. Culto secondo ragione. Il termine sacrifico vivente spiegato con il termine culto.

Vediamo che quando Paolo parla della vita vissuta dei cristiani applica il sacrificio vivente. La liturgia egiziana riporta questa idea di Paolo, ma toglie vivente: sacrificio razionale, secondo il logos, culto incruento, per dire che cosa? Noi offriamo il sacrificio razionale, culto incruento e si cita Malachia 1 e non l’ultima cena, cioè sacrificio accetto a Dio. Viene usato Malachia e non temi legati alla croce.  Questo tema resta nei codici e c’è la difficoltà ad utilizzare il termine sacrificio.

Da Rom 3 viene ricavata un’altra cosa.  Secondo Paolo è superato il giudaismo apocalittico escatologico del Secondo Tempio. In Paolo non troviamo la morte sacrificale come concetto messianico, nella cultura di quel tempo. Non troviamo la morte sacrificale come concetto messianico.  Croce come sacrificio del Kippur. La giustificazione non avviene placando Dio irato, ma avviene con le immagini della croce letta come se fosse il rito del Kippur.

Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=q3kpsJPoR-k

 

 

Nessun commento:

Posta un commento