Paolo
Cugini
È
stato quello che ho pensato quando oggi pomeriggio sono stato a visitare una
zona di una delle sette comunità della parrocchia di San Vincenzi di Paolo, nel
quartiere Compensa di Manaus. Sono due settimane che sto organizzando questa
visita. Ho chiesto a Flavia, una catechista che abita nella biaxada di San
Pietro – è questo il nome della favela che ho visitato – di entrare in contatto
con uno di quelli che contano nella favela per darmi la possibilità di visitare
la zona. Questa è la situazione: nessuno entra senza permesso, nemmeno il
prete. La favela è considerata zona rossa di Manaus, per via dei trafficanti
che controllano la zona. La situazione si è aggravata negli ultimi mesi, perché
c’è un nuovo gruppo che è entrato nella favela e sta contendendo lo spazio a
quello che c’era già. La tensione che si è venuta a creare si vive
quotidianamente. L’altra sera, durante il consiglio pastorale in una delle due
comunità che vivono vicino alla favela, ad un certo punto è avvenuta una
sparatoria, un regolamento di conti, che ha provocato la paura tra le persone
presenti.
Abbiamo
visitato una parte della favela per capire che cosa fare e se è possibile fare
qualcosa. Si respira un senso di abbandono allucinante. Qui il comune non entra,
per cui acqua e luce arrivano per dei sotterfugi organizzati dagli abitanti. Le
costruzioni sono tutte abusive, oltre ad essere fatiscenti. Ci sono tantissimi
bambini e adolescenti. La favela è sorta con la costruzione abusiva di
abitazioni di coloro che arrivavano dai villaggi della foresta amazzonica, in
cerca della città con il mito di vivere meglio, avere più possibilità. In
realtà, che arriva in queste baracche viene a stare molto peggio.
La
droga è il pane quotidiano., Uno potrebbe dire: ma se non hanno nemmeno gli
occhi per piangere perché la droga e come fanno a comprarsela? La domanda
dovrebbe essere posta più a monte e cioè: a che cosa serve la droga? Serve per
dimenticare, per trascorrere qualche istante in pace. I ricchi si drogano per
riempire un vuoto, perché non sanno che cosa fare, mentre i poveri si drogano per
cercare di diminuire il dolore esistenziale, per dimenticare, anche solo per
qualche momento. Poi inizia l’inferno, dovuto all’impossibilità di pagare la
merce, l’entrata nel giro dei trafficanti, il coinvolgimento dei familiari. Il giorno
dopo la sparatoria c’era una testa che rotolava nelle strade della favela. Vari
corpi sono stati trovati nei cespugli dei dintorni della favela, di gente che
non riusciva a pagare i trafficanti locali. Qui nessuno entra, né il comune, né
la polizia: i conti se li regolano tra di loro.
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Se ogni tanto c'è un incendio nella favela si capisce perchè |
Dal
punto di vista religioso la stragrande maggioranza delle persone che abitano
nella favela sono evangelici. Qui si tocca con mano un vecchio discorso e cioè
della religione come una droga, con la differenza che, mentre la droga arriva
ad ammazzare, la religione venduta dagli pseudo pastori neopentecostali, conduce
fuori dalla realtà. Questi falsi pastori, veri e propri mercenari, attaccati ai
soldi in modo allucinante, assicurano ai poveri malcapitati un pezzettino di
paradiso in cambio di una tassa mensile. Fanno leva, infatti, su coloro che ricevano
benefici dal governo: pensionati, persone con deficienza fisica, famiglie povero
che ricevono un sussidio dal governo. Più sono povere, più le persone si
affidano ai mercenari di Dio, a pseudo pastori senza scrupoli che, come gli
avvoltoi, si nutrono della carne dei poveri malcapitati. I disperati non ascoltano
discorsi teologici raffinati, ma si affidano alle promesse di un futuro
glorioso. Probabilmente sanno che è tutto falso, ma che cosa importa! Un po’ di
consolazione illusoria può servire per andare avanti in mezzo allo schifo della
vita presente.
Abbiamo girato una parte della favela con la scusa di trovare un posto per celebrare una messa fra qualche domenica. In realtà, cercavo di vedere con i miei occhi il dramma della miseria umana, sin dove può arrivare il degrado umano, per capire che cosa si possa fare o se si possa davvero fare qualcosa, con la consapevolezza che dagli abitanti del posto non arriverà mai nessuna richiesta di aiuto. Il dato più allucinante è che a soli sei km di distanza c’è il quartiere di lusso Ponta Negra, con palazzi ed edifici da far invidia a Toronto. Tanta disuguaglianza in pochi metri. Forse, fra qualche mese andrò a trovare anche loro.
Adesso scrivo un commento, ho pensato. Poi in realtà più che di scrivere qualcosa di mio ho voglia di rileggere quello che hai scritto, per farlo entrare dentro la mia testa e il mio cuore , e far diventare l’insieme delle sensazioni che mi hai suscitato una serie di azioni e atteggiamenti concreti. Grazie
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