venerdì 29 maggio 2020

DIRITTI DELL’UOMO E LEGGE NATURALE






prof. Francesco Zannini 

Venerdì 29 maggio 2020


Sintesi: Paolo Cugini

Capacità di ragionare, corporeità, struttura della persona umana: dati universali. È facile dedurre la base di alcuni diritti: il rispetto dell’altro, del pensiero dell’altro, il non uccidere, ecc. Tuttavia, se passiamo dall’astratto dei diritti dell’uomo a concretizzare questi diritti, le cose si complicano, perché arriviamo a questa dichiarazione dei diritti dell’uomo dopo una guerra che insanguinato il mondo e ci ha posto di fronte a dati di riflessione. Ci arriviamo riconoscendo questi diritti in maniera convenzionale, nel senso che i rappresentanti delle comunità politiche del mondo si sono accordate nel riconoscere in questa carta una carta universale.
C’è un problema: se riconosciamo alcuni elementi più astratti della natura dell’uomo, coniugare questi elementi in una serie dei diritti particolari che comportano doveri per lo Stato, ci troviamo di fronte alla diversità di lettura della natura stessa dell’uomo.
Omosessualità: non sono d’accordo tutti. Su quali elementi affermiamo la validità?
La legge naturale è la base per l’universalità dei diritti umani.

Il concetto di legge naturale della tradizione classica fa riferimento per la filosofia alla famosa tragedia di Sofocle (400 a.C.). I figli di Edipo vengono condannati dalle autorità e il Re Creonte li proclama colpevoli e ribelli per cui uno dei due, Policene, è condannato a non essere sepolto e ad essere bruciato. Antigone interviene e si oppone a Creonte con un lungo discorso e dice: esiste al di sopra degli dei una legge non scritta e immutabile per cui Policene dovrebbe essere seppellito. I filosofi riflettono sul valore delle leggi. Sono le leggi originate da una convenzione e possono variare da comunità a comunità, oppure prima ancora di questa convenzione sociale e alla base delle leggi che vengono espresse queste leggi sono basate sulla natura stessa e di conseguenza dovrebbero essere universali? Le leggi positive non avrebbero una forza universale, mentre quelle che sono basate sulla natura stessa dell’uomo, dovrebbero essere valide e coercitive per tutti. Qual è la base di ciò? In Platone e Aristotele queste leggi corrispondono agli assiomi fondamentali basati sulle intuizioni, che sono alla base del ragionamento aristotelico. Sono gli elementi immutabili, principi primi. Per Aristotele questa suprema norma corrisponde alla realizzazione della forma essenziale della natura e questa morale diventa naturale e immutabile. Allo stesso tempo si dice che queste non sono separate dalla positiva, ma s’incarnano in quella positiva nella quale si aggiungono degli elementi.



De Repubblica di Cicerone: vi è una legge vera conforme alla natura. Tutti i popoli saranno retti da quest’unica legge.

Di questa legge ed unico comune maestro sarà Dio ed è Lui l’interprete e il legislatore. Qui si complica la cosa. In un mondo in cui c’è chi nega Dio, quest’affermazione di Cicerone crea problemi. Se togliamo di mezzo Dio, cosa ci rimane? La legge naturale è basata sulla realtà religiosa. I filosofi greci, invece, cercavano altrove il fondamento della natura umana.

San Tommaso: la legge naturale presuma che ogni essere umano possa diventare eticamente retto. Tra le cose c’è un ordine. La prima cosa che si presenta alla coscienza è l’ente. Il primo principio è il bene, perché è ciò che gli esseri desiderano. Il bene è un’affermazione astratta. Il bene è da cercarsi il male da evitare. Mentre la cultura occidentale di base aristotelica è fondata sula distinzione tra bene e male, esistono altre culture in cui il bene e il male sono due valori contrapposti. La ragione umana riconosce il bene nella realtà storica. La legge naturale segue la natura dell’uomo. La natura umana è unica nel tutto. Vi è un unico precetto della legge naturale per l’unità del tutto. Esiste una sola natura umana, una sola entità su cui è basato il concetto di bene, da questo poi derivano le norme religiose e civili. Queste norme stanno a salvaguardia della rettitudine delle leggi. Quando si parla di Legge Naturale si fa riferimento al Dio creatore, Unico che crea un’unica natura umana. Entriamo quindi, nel campo religioso.  La legge naturale non appartiene al sentimento, al desiderio pratico dell’uomo. Problema: come si fa a conoscere questo bene? Appare un altro elemento, che è la coscienza.



Sant’Alfonso Maria de Liguori si rifà a san Tommaso: la coscienza deve conformarsi alla legge divina. L’atto umano è virtuoso in base al conosciuto al quale la volontà tende di per sé. Io posso affermare come diritto universale che la persona umana dev’essere rispettabile e quindi uccidere va contro la natura dell’uomo. Ma se l’uomo non percepisce di fatto l’importanza o il valore di questo principio, diritto fondamentale, non è imputabile se uccide, perché la sua volontà basata sulla coscienza che si basa sul contenuto della sua scienza, il fatto di uccidere per lui non essendo un male gli dà in qualche modo questo diritto. La pena di morte è dibattuta.

Libertà di religione: ci sono degli increduli che non hanno mai abbracciato la fede. Questi non si devono costringere a credere in nessuna maniera, perché credere è un atto volontario. San Tommaso cerca di spiegare perché si possano fare delle guerre. La guerra non deve mirare alla conversione. Coloro che credono in Cristo fanno guerra agli infedeli non per costringerli a credere, ma per difendere la fede. San Tommaso è il difensore della libertà di coscienza.

La legge naturale viene ripresa nei secoli. XVI Francesco da Vittoria difende i diritti degli indios. Fenomeno della secolarizzazione: la Legge Naturale diventa la Legge che viene prodotta dalla ragione. Si entra nel razionalismo. I filosofi riflettono su questo problema e vedono un ritorno alla natura come un ritorno al razionale, a ciò che è prima della religione. I razionalisti moderni mettono in crisi il concetto di ragione naturale, come un credo essenzialista di un uomo astorico e immutabile. Nel concetto di Legge Naturale rientra una visione salvifica dell’uomo legata alla religione. Possibilità di dedurre a priori partendo dalla definizione dell’essenza dell’uomo: questo oggi è criticato.

Legge prefatta entra in crisi. Si comincia a considerare il concetto di Legge Naturale come astratto, che non tiene presente la complessità degli elementi empirici.
Tutto questo fa si che ad un certo punto, malgrado ci siano dichiarazione universali firmate da tutti gli stati, resta presente il dissenso da parte di alcuni. Anche Amnesty International non è d’accordo sul tema della Legge Naturale. È un grosso problema.

sabato 23 maggio 2020

L'ESERCIZIO DELLA LIBERTÀ DI RELIGIONE



prof. Francesco Zannini 

Sabato 23 maggio 2020


Sintesi: Paolo Cugini

La questione della libertà religiosa oggi pone due problemi: integrazione e delle relazioni tra cultura e religione. Nello sviluppo storico della nostra cultura occidentale, la questione della libertà religiosa è sempre stata dibattuta. Ancora in Italia non abbiamo un testo sulla libertà religiosa. Sostanzialmente il problema ha riguardato in Europa e in Italia il rapporto tra la società civile e la comunità ecclesiastica, con alcuni problemi con gruppi protestanti. Le altre religioni in Italia sono state sempre accolte perché non rappresentavano un problema di convivenza, anche per i numeri esigui. C’è stato un problema con la comunità ebraica. Non è mai esistito un pluralismo religioso. Queste comunità venendo da paesi esteri portano con sé delle tradizioni diverse. La comunità bengalese non è solo mussulmana, abbiamo un problema di relazione anche e di necessità di conoscenza di quelle che sono le condizioni giuridiche. Altro caso: la comunità mussulmana marocchina ha sempre uno stretto contatto con i capi politici del Marocco. Il re del Marocco è discendente del profeta de ha un potere molto forte da un punto di vista religioso. Lo stesso avviene con i turchi. Ogni gruppo ha una sua problematica diversa. L’immigrazione ha fatto sì che venissero comunità religiose che non hanno una lunga tradizione in Italia. Ciò ha creato il problema della libertà religiosa, un problema di convivenza nella nostra società. Il problema dell’integrazione e il rapporto tra il cattolicesimo italiano e le altre culture: sono i problemi.

La forza ondata dei flussi migratori ha determinato un rimescolamento di popolazioni, per etnia, religione e cultura. Il vicino di casa comincia a parlare un linguaggio diverso. Il linguaggio non è fatto solo di parole, ma di gesti, di simboli, di stili di vita, che portano con sé tradizioni, valori, mentalità, modi di mangiare diversi, modi di sentire profumi diversi, modi di relazionarsi uomo e donna, ecc. Questo è molto importante. Adattarsi ad un linguaggio diverso, linguaggio nel senso ampio specificato sopra. Riuscire lentamente a comprendere questo linguaggio non è un cammino rapido e semplice. La lingua è l’elemento di base, ma il resto è complesso.


L’Europa è un’area multiculturale. Uno ogni 15 residenti ha un’estrazione culturale diversificata. Siamo in un mondo globalizzato in cui occorre essere certi che il fenomeno migratorio rimarrà sempre. La storia dell’immunità nasce dall’immigrazione. Il continente americano è stato creato tutto dall’immigrazione. Il totale degli italiani nativi scende, mentre degli altri aumenta. Quando si guardano le percentuali (2017) l’Austria ha molti più immigrati dell’Italia.
Si pone il problema come queste popolazioni diverse e la popolazione italiana possano integrarsi. La parola integrazione è stata messa in discussione. In arabo integrazione si traduce con fusione e gli arabi non sopportano questa idea. Ogni realtà deve mantenere la propria identità. Unità fraternità, solidarietà all’interno di un territorio. Cammino di appartenenza comune pur nella pluralità. Integrazione non è fusione, adattamento, ma cammino comune.

V. Cesareo, 2009: l’integrazione è quel processo multidimensionale finalizzato alla pacifica convivenza entro una determinata realtà storico sociale tra individui e gruppi culturalmente e etnicamente differenti.

Non esiste il cinese, l’indiano: ogni persona ha la sua caratteristica diversa. Elemento fondamentale è il rispetto. Avvicinarsi con rispetto alla cultura, alla religione, alla tradizione dell’altro. Quel modo di vivere ha una sua storia, un suo cammino, una filosofia dietro. Elemento caratteristico è il rispetto, ogni tradizione va rispettata. Percepisco una diversità, ma quando ci avviciniamo, ci accorgiamo che ha una sua logica interna. Diversità non vuole dire inferiorità. Problema dell’etnocentrismo europeo.
Altro elemento in questo cammino è che è un processo che necessita tempo. Siamo frutto d’immigrazione. Non c’è italiano che non sia meticcio. Non esiste la razza italiana pura. Ci sentiamo italiani per un lungo processo nella storia si è creata quella cultura fatta di diversi elementi che piano piano si sono amalgamati. Sono processi che richiedono secoli. Imparare la lingua è il minimo, ma ciò è il primo passo di un cammino molto lungo per entrare in una cultura. E’ un percorso bidirezionale, perché riguarda sia gli immigrati, sia i cittadini del paese ricevente.

La questione religiosa
L’appartenenza della popolazione alla religione. Abbiamo una crescita forte della comunità cristiana che però non corrisponde a quella cattolica. L’immigrazione cattolica è inferiore di quella cristiana, che è composta da un forte elemento ortodosso e una grossa componente evangelica. Abbiamo una moltiplicazione di piccole chiese pentecostali o battiste, metodiste, che sono completamente autonome, non fanno riferimenti a dei centri religiosi e si autogestiscono. Le comunità ortodosse sono diverse, che fanno riferimento a paesi specifici. C’è la comunità mussulmana, che è inferiore a quella cristiana come crescita. Quella cattolica è minore, perché raccoglie i filippini e dal sud America. La comunità ortodossa sta crescendo. Poi ci sono buddisti e sik.

Le religioni non cristiane. Abbiamo una convivenza non sempre facile. Nostra Aetate: religione in se stessa. L’uomo ha in sé stesso la tenenza a scoprire il senso della propria vita e in che modo l’universo è gestito. Alla radice della religione c’è questa ricerca profonda. C’è dell’arcano, cose inspiegabili a cui l’uomo vuole dare risposta. Comunione dell’uomo con il cosmo. La vita è una forza che sta dentro l’universo. Desiderio di essere collegati a questa forza vitale. All’interno delle diverse culture questa forza acquista una terminologia diversa, che è linguaggio, che produce comportamenti diversi. Es. di Matteo Ricci quando dovette tradurre i testi cristiani ha avuto questi cristiani: come dico in cinese la parola Dio. Per i cinesi è il cielo. I mussulmani quando hanno cominciato a tradurre i testi mussulmani si sono chiesti: come traduco: Allah? Anche loro hanno preso la parola cielo. Oppure alcune culture lo traducono con Padre. Un dio che è al di sopra dei cieli. Non è un Dio che domina il cielo, ma che è al di sopra dei cieli.

Si guarda al cosmo: induismo. La divinità come parte del cosmo e lo muove.
Si guarda alla terra: la terra è colei che dà la vita. Le appartenenze alla terra, che fa di un popolo e fa si che la religione di quel popolo sia legata alla terra, vista come quell’essere presente in un territorio. È il caso della Malesia e dell’Indonesia in cui i mussulmani si considerano figli della terra.
Tutte queste religioni crea con sé un gruppo di persone e come risultato questo ha desiderio profondo di incontrare Dio poi permette la necessità di definire la divinità in quanto tale e creare una serie di normative che permettano a queste comunità che si riferisce ad una comunità di procedere in un cammino comune.
La comunità scopre l’ordine cosmico e lo vuole seguire secondo una divinità di riferimento. Dio offre alla comunità una normativa. Che sia Dio o un illuminato non importa. Questa legge dev’essere chiara. C’è la rivelazione, che è una comunicazione tra Dio e l’uomo. Dio parla all’uomo, ma Dio non è l’uomo. Il suo modo di parlare nessuno di noi lo conosce. Ci saranno dei codici culturali che recepiranno questo messaggio e lo trasformeranno tramite un messaggero o una serie di messaggeri o degli scritti, e si arriva alla codificazione della religione. Una volta codificata la religione diventa obbligatoria. La comunità ha bisogno di questo. Nasce l’etica, la legge che regola le relazioni all’interno della comunità. Nasce la mistica, nella relazione diretto con Dio.
Jules Ries: l’uomo religioso precede la religione strutturata.
Tutto questo è veicolato da un linguaggio, da un libro, da una comunicazione, ma anche da tutta una serie di simboli che esprimono all’interno della comunità, di mondi e culture diverse, esprimono questo rapporto dell’uomo. Grazie al simbolismo cosmico l’uomo ha concepito le ierofanie.
Mondo buddista: rapporto con il mondo animale. Importanza della legge come valore essenziale.
Altro elemento importante è la religiosità popolare. Si struttura in maniera informale. Complesso di credenze segnate dalla ricerca di Dio. Si rifanno alla sapienza atavica dei popoli e ad una saggezza semplice e profonda.
L’islam è vissuto come religione formale, ma poi in India c’è un’infinita di culti e d’insegnamenti che rispondono alla coscienza profonda di quel popolo. Il popolo non è teologo, assorbe dalla teologia i fondamenti e le vive nelle sue espressioni più diverse.



Le principali religioni presenti in Italia
Islam: tutte le parole arabe e le lingue semitiche hanno una radice di tre vocali, coniugando le quali si reisce a percepire il senso derivati da questi radicali. Per poter percepire la complessità occorre coniugarli in alcuni modi. ES, el, em. Un elemento di base è un aggettivo: salim: completo, intatto. Salam: pace, pienezza di vita. Salam è qualcosa di più della pace, significa quello che l’uomo può comprendere di più bello. Un esempio di ciò è il matrimonio. I mussulmani non erano preoccupati di convertire, quanto di diffondere questo mondo rappacificato. Aslama: io mi consegno. Il participio è buslim: mussulmano. Un mussulmano è uno che si consegna in tutto. L’Islam è il nome verbale di questa ultima forma. Che cos’è l’islam? È il consegnarsi completamente e totalmente all’unico Dio, per entrare in un mondo in cui non ci siano rotture, immoralità e che offre all’uomo una pienezza di vita di essere riconciliato con il mondo, la natura. Nel Corano troviamo questa visione del mondo. La natura dell’Islam è questa: unità di Dio, fraternità degli uomini e con tutto l’universo e il creato che porta ad un mondo di vera pace.

 Induismo: è una realtà molto complessa, che sostanzialmente non è una religione unica e strutturata. Nasce da una serie di tradizione importate all’interno dell’India da popolazioni che venivano dall’area caucasica e che hanno preso il sopravvento sulle popolazioni dell’India. Si tratta di una fede orale e in parte scritta. Non ha capi, profeti, ma si base di scritture ispirate da Dio ai risha. Ci sono i 4 Veda, degli inni. Questi testi in sanscrito creano la sostanza dell’induismo: la legge d’oro. In realtà l’induismo è diviso in una serie di patti tradotti in culti. Comunità religiose che si raccolgono attorno a personalità spirituali e formano in qualche modo una religione in sé stessa. Le stesse divinità non è più unica, ma una divinità unica che si declina in tre forme diverse. È una religione fluida e aperta al pluralismo. Il pellegrinaggio a Benares, la santità del fiume Gange, l’induismo collegato con la madre terra indiana. È aperto al confronto con le altre religioni, anche se all’interno sono nate delle sette e il fondamentalismo indù. Molto feroce, esclusivista e violento con elementi che possono paragonati con l’ISIS. Le vie che conducono all’assoluto sono molteplici e non si escludono. Rifiuta l’assolutizzazione di una forma particolare di culto.

 buddismo: nasce fra il VI e V a.C. secolo. Fa la scelta sino quasi a morire di fame, Tenta tutte le vie e ha un’illuminazione, il risveglio del Budda. Comincia a riflettere in maniera nuova. Ha una dottrina che ha lo stesso punto di partenza di Budda stesso, il risvegliato. La presa di coscienza della sofferenza diffusa nel mondo lo porta a cercare una via per porre fine la catena del dolore. Tentativo di arrivare alla pace interiore, che diventa pace sociale, compassionevole dell’umanità. Si apre al contesto sociale, senza distinzioni di razze e religione. Anche il Buddismo ha il suo periodo di crisi, di fondamentalismo. In Tailandia i monaci hanno tentato di salire al potere. Si costituisce come comunità, acquista le sue scritture derivate dall’insegnamento del Budda e si struttura secondo 4 verità fondamentali, che sono alla base del nucleo: monaci e comunità monastica. La realtà dell’esistenza personale e del mondo è dolore; l’origine del dolore è il desiderio; conseguenza questa sete continua sino a che non si riesce ad estinguerla; il nirvana è l’estinzione del desiderio, che ci libera al bene. La via viene descritta con il Darma che è una serie di leggi che guidano la comunità. Cammino di liberazione dal male frutto del desiderio e arrivare alla pace in cui l’uomo si confonde con l’universo. Chi è Dio per il buddismo? Non si sa.

Immigrazione e religione
Non abbiamo dati ufficiali. Mussulmani circa 2 milioni.
1993: cattolici tra gli stranieri erano la maggioranza al pari con i mussulmani.
Successivamente si assiste ad un aumento della presenza mussulmana e ortodossa tra gli stranieri.

2016: ortodossi: 1,6 milioni; Mussulmani: 1,4 milioni; Cattolici: 1 milione.
Le incidenze: ortodossi 2,6%; mussulmani 2,3%; cattolici 1,7%
I mussulmani vengono dal Marocco, Albania, Bangladesh, Pakistan, Tunisia, Egitto.
Non c’è stata invasione mussulmana. In alcune regioni come il Trentino e l’Emilia Romagna la presenza mussulmana è più significativa.

Una pluralità di presenze. Costruzione di società plurale. Il pluralismo culturale e religioso sta presentando una serie di problemi. Questi non sono derivati non solo dalle loro teologie o normative, ma sono presentate soprattutto dal fatto che la società italiana non ha trovato il modo di creare spazio a questa società plurale.

Quattro modelli:

 modello multiculturale, si considerano queste varie presenze religiose e d’immigrazione come realtà che possono vivere in maniera autonoma a fianco della religione del paese. È il modello inglese, dove si crea un problema forte che si sente adesso. Si sviluppano questo gruppi etnici-religiosi che vivono come monadi uno accanto all’altro e non riescono ad incontrarsi, confrontarsi. Questo crea conflitti e non prospetta un modello educativo capace di creare accoglienza, una comunità comune.

Modello assimilazionista: I portoghesi invece hanno utilizzato un modello diverso di assimilazione di vita, cultura. Altro modello simile è stato quello della Francia in Algeria, che era diventata una provincia francese. La Francia in Algeria si è comportata come se la comunità araba e la religione dell’Islam non esistesse.

Modello interculturale: vicino al sistema americano del melting pot. Le due culture si rapportano tra di loro attraverso il sentirsi americano. Comunità separate, però con un rapporto attorno all’americanità che li faceva sentire uniti.

Modello della laicità: laicità dello Stato è un elemento fondamentale che permette alle comunità di crescere. Tiene l’elemento statale al di fuori delle comunità religiose, ma le promuove perché le considera parte di sé stesso. È il modello italiano. Lo Stato riconosce la religione.



Oggi abbiamo in Italia una lotta tra chi sostiene il modello di tipo anglosassone in cui in pubblico la religione non deve apparire e se appare deve apparire nella pluralità; dall’altra parte c’è chi sostiene il modello assimilazionista.

venerdì 22 maggio 2020

COME LE POLITICHE D'IMMIGRAZIONE SI SONO REALIZZATE NEI PAESI EUROPEI






Master di secondo livello: Diritto delle migrazioni. Le politiche migratorie. I profili normativi, Bergamo A.A. 2020-2021. 

DIRITTO COMPARATO

LIVIA TURCO
22 maggio 2020

Sintesi; Paolo Cugini


Come le politiche d’immigrazione si sono realizzate nei vari paesi europei. Politica europea sull’immigrazione. Due eventi hanno inciso: la questione siriana e…
Prima fase: avvio informale immigrazione secondo le esigenze di ciascuna nazione.
Seconda fase, crisi economica anni ’70 legata al petrolio. Tre rotte del mediterraneo. Si costruisce un sistema migratorio che riguarda il sud Europa.

Terza fase: anni 2000. Abbiamo vari fenomeni. Aumento flussi migratori. Avviene anche l’allargamento ad Est dell’UE. Abbiamo gli attacchi terroristici dell’estremismo islamico. In Italia a partire dalla vicenda siriana 2014, l’Europa realizza una svolta di contenimento dei flussi migratoria, e una svolta assimilazionista. Emerge che con l’aumento dei flussi migratori l’UE non è riuscita a trovare una linea comune nell’accoglienza e resta debole sul problema asilo. Non è riuscita a modificare l’accordo di Dublino. Questo sistema ha accentuato il carico di responsabilità e manca il principio do cooperazione.

2014-2016: forti flussi migratori con una forte debolezza interna dell’Europa. Reagisce con la parola arginare e difendere le frontiere. Con l’agenda europea del 2015 e la dichiarazione con la Turchia del 2016, cambia l’approccio, il linguaggio della politica europea dell’immigrazione. Adesso sono Turchia e Grecia le nazioni importanti. Esternalizzazione del controllo dei flussi, della protezione, delle pratiche e procedure delle domande di asilo e protezione.

L’approccio globale s’impoverisce perché si concentra sull’obiettivo di prevenire dell’arrivo dei flussi, per misure di rimpatrio. La cooperazione con i paesi terzi si traduce con aiuti a quei paesi per costruire in loco l’arrivo degli stranieri. Vengono costituiti gli hotspot, strutture di prima accoglienza negli stati membri. Si cedono risorse economiche, competenze tecniche perché i paesi diventino capaci di gestire questi flussi. Viene definito il concetto di paese terzo sicuro, che ha dimostrato una capacità di accoglienza dei rifugiati.

È importante l’accordo con la Turchia del 2016 perché cambia la dimensione geografica, la filosofia politica dell’immigrazione. C’è il principio dell’esternalizzazione, coinvolgendo nella responsabilità dei flussi migratori, fornendo ai paesi il materiale per controllare i flussi.

Accordo con la Turchia 2016. Questo accordo ha un riflesso sulle legislazioni nazionali. Avremo un adeguamento di tutte le legislazioni dei paesi europei nella direzione di questo accordo.
Avremo due eccezioni: Germania e Svezia.

Che cosa prevede l’accordo con la Turchia. La Turchia è un luogo di approdo di migliaia di migranti che vogliono venire in Europa. La Turchia è stata una porta verso l’occidente attraverso la Grecia. Alcuni paesi dell’Est hanno chiuso le frontiere. La Turchia viene riconosciuto come paese terzo sicuro. La Turchia decide di collaborare con l’Europa e di farsi carico della gestione degli sfollati siriani. Ciò che chiede in cambio è di riavviare il suo processo per entrare nell’UE e la richiesta di una libanizzazione dei visti per i cittadini turchi. L’accordo coinvolge Grecia e Turchia. L’accordo chiede ad entrambi i paesi di adeguare la loro legislazione alla normativa europea, per impegnarsi a costruire sistemi di accoglienza e di asilo strutturali, in grado di selezionare le domande di ammissione di asilo, di fare gli accordi in loco e di controllare le frontiere. La Turchia deve bloccare l’immigrazione verso l’Europa. Questa azione di accoglienza, protezione, impatta con la realtà nazionale. La Grecia ha aderito alla convenzione di Ginevra ma con delle eccezioni. Coloro che vengono da stati non europei e che hanno il criterio di rifugiato, hanno la possibilità di essere rifugiato condizionato.
Il sistema di accoglienza della Turchia non è strutturato, applica una politica di distribuzione equa dei richiedenti asilo e protezione internazionale e sussidiaria, all’interno del territorio Nazionale, nelle 81 provincie: 61 di queste ha questo compito. Una volta riconosciuto lo stato di rifugiato, la persona deve stare nella provincia assegnata, ha accesso ad alcuni diritti: servizio sanitario, scuola, lavoro in modo differenziato.

Quando arrivarono i siriani, la Turchia preparò 26 campi. Questo sistema di accoglienza per garantire le frontiere sicure all’Europa, ha un impatto particolare sulla Grecia, perché ha il compito di selezionare l’ammissibilità delle domande, che poi devono essere dirottate verso la Turchia, costruire luoghi di accoglienza delle persone, e un compito di avviare gli accordi di riammissione.
Questo lavoro dovrebbe avvenire entro 25 giorni. Le isole in Grecia diventano dei luoghi dove le persone vengono trattenute a lungo, dei campi di reclusione.

Grecia: è un paese di emigrazione. Deve sorvegliare una frontiera marittima e terrestre. Negli anni 90 arrivano in Grecia i primi immigrati. C’è una legge del 91 piuttosto severa. SI tratta di un Paese che ha fatto fatica a costruire un suo sistema organico di accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo. Questa difficoltà accresce. Negli anni 2000 la Grecia diventa un punto cruciale per il governo dell’immigrazione nell’insieme dell’Europa. Introdurrà un permesso di soggiorni di lunga durata. Si trova con un sistema di accoglienza piuttosto precario. L’adeguamento della Grecia avviene con il Trattato UE e Turchia. Due leggi: 2016 e 2019 che prevedono una novità, il superamento dell’approccio di un’immigrazione temporanea e viene promosso il permesso della residenza a lungo termine. C’è lo sforzo di adeguarsi alle direttive europee. C’è l’istituzione di una procedura di riconoscimento rapido. La difficoltà della Grecia è che ha molti casi pendenti, di persone arrivate prima del 2016 che erano rimaste sulle isole. Smaltimento degli arretrati. Una delle soluzioni è la previsione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Vengono definiti gli strumenti che consentano alla Grecia di realizzare il suo compito. Vengono attivati centri di accoglienza e identificazione per gestire il primo trattamento amministrativo dei centri. (Svolta securitaria).
La legge del 2019 sul diritto di asilo rafforza la limitazione delle domande di ammissione e va a creare nuovi centri che accolgano le persone in attesa di essere valutati. Sono centri chiusi messi non solo sulle isole.

La Grecia porta avanti una sua politica d’integrazione, attraverso l’accesso ai diritti, lavoro, dialogo interculturale, alloggio. Punta allo sviluppo delle competenze per i dipendenti pubblici che si occupano dei migranti.



 È possibile parlare di un modello mediterraneo (Spagna, Grecia, Italia, Portogallo) che si basa su alcuni fattori strutturali: sono paesi che diventano molto rapidamente paesi di immigrazione dopo una lunga tradizione di emigrazione. C’è la presenza in ognuno di questi paesi di lavoro nero e lavoro informale. Sono comuni le sanatorie. Questi paesi del Sud hanno una componente di popolazione anziana elevata. Che ha governato non ha scelto l’immigrazione, come fecero l’Inghilterra, il Belgio perché ne avevano bisogno. I paesi del sud si sono trovati una marea di persona senza averlo scelto.
Spagna. Paese punto di riferimento della rotta del Marocco. Ci sono le isole di Gibilterra, Ceuta e Melilla che accolgono i migranti. È un paese accogliente diffuso nella cultura. La Spagna è stata a lunga dalla dittatura franchista che aveva una politica migratoria propensa all’espulsione.  Interlocutore della Spagna è stato il Marocco. Conferenza del 2006 per tentare una politica di emigrazione controllata, contrasto immigrazione irregolare, tratta essere umani. Accordi bilaterali tra Spagna e Marocco. Si riducono i numeri degli arrivi e la Spagna comincia a dotarsi di una politica organica sull’immigrazione, incentrata sulla rotta sul Magreb, Marocco, Mauritania, Nuova Guinea. Si costruisce una politica di cooperazione che porta al controllo delle frontiere e alla definizione di quote d’ingresso per lavoro. La Spagna si renderà conto di essere un paese d’immigrazione e si doterà di una legge organica sull’immigrazione, che fa leva sulle città, sul welfare comunitario. Modello molto radicato sul territorio e il dialogo con le varie culture dei popoli che arrivano. Anche la Spagna ha modificato la sua legislazione in senso restrittivo, di selezione delle domande. Politiche di ricollocazione tentate a livello europeo. La Spagna ha una sua stabilità delle politiche migratorie. La Spagna ha partecipato attivamente la politica di ricollocazione.

Portogallo. È un paese che diventa rapidamente un paese immigrante. Lo sa governare bene. Arrivano Capo Verde e Nova Guinea costruisce accordi programmati. Il Portogallo è un paese accogliente. C’è un susseguirsi di regolamentazioni prima di stabilizzare gli ingressi. C’è una presenza di cittadini che provengono dall’Europa dell’Est: Moldavia, Ucraina, Romania, per mano d’opera poco qualificata. Il Portogallo ha un modello basato sul dialogo. Anche qui è attivo un welfare comunitario. Stabilisce una forte collaborazione con la Spagna, che assume un ruolo di mediatore con i paesi terzi africani.

Italia. Ci sono delle fasi. Fase pre-unitaria metà ‘800: immigrazione stagionale che riguarda la zona padana. È l’immigrato risorsa. Lo Statuto Albertino era favorevole. Il Risorgimento è stato contro lo straniero, però numerosi stranieri avevano partecipato al Risorgimento, a partire dalle spedizioni dei mille. Unità d’Italia che si libera dagli occupanti e che trovo sostegno in altre parti del mondo. Questa fase vede positivi i flussi migratori.

Fase seconda: dal 1861 al 1915: prima globalizzazione, frutto dell’industrializzazione. Fenomeno enorme dell’emigrazione. 39 milioni di persone sono emigrate in questa seconda fase (Argentina, Brasile, Belgio, Svizzera). È un’Italia migrante, che ha vissuto le fatiche, le discriminazioni. Ci fu un grande scontro tra gli agrari del Sud e le compagnie navali del Nord. I grandi latifondisti del Sud erano contrari a una legge sull’emigrazione, mentre le compagne navali si. Vinse la lungimiranza di Crispi e Cavour che erano favorevoli alle circolazioni. Abbiamo una componente liberale favorevole al processo, perché si è consapevoli che il mondo sta cambiando, che l’Italia deve adeguarsi al tempo. Ci fu la prima legge di tutela delle migrazioni del 1901, che tutelava le condizioni dei migranti sia durante il viaggio e con accordi in cui erano diretti i flussi migratori. Per l’Italia sarà importante gestire le rimesse dei migranti.

 Terza fase: 1914-1945. Contenimento flussi migratori. Crisi del ’29: gli USA limitano gli ingressi, perché si riduce la domanda la forza lavoro. Fra le due guerre c’è il fascismo caratterizzato da una politica demografica, coloniale. Ciò comportò l’immigrazione e l’emigrazione, anche quella interna. La colonia verso l’Africa orientale, con trasferimento di lavoratori.

Quarta fase: 1946-1975. Sono gli anni della grande crescita, del bum economico, che creano le basi dell’emigrazione. Tante industrie manufatturiere saranno quelle che avranno bisogno di mano d’opera. Si forma l’Italia dell’industrializzazione e quella che resta agricola. 1973: crisi petrolifera. Continua la politica di emigrazione in Belgio e Germania. L’Italia sente di dover saldare il debito con gli italiani all’estero e attiva una politica di collaborazione con i paesi coinvolti. Le rimesse degli emigrati sono una delle basi dello sviluppo economico e sociale. C’è una cultura popolare che accompagna l’emigrazione: cinema, canzone, arte. Legge sulla cittadinanza 91/1992, legge ius sanguinis, concedendo il diritto di voto.

Quinta fase: 1976-. Seconda globalizzazione. Passaggio dell’Italia da paese emigrante a paese d’immigrazione. Rapidità del cambiamento: è lo specifico dell’Italia. La presenza della Chiesa e il forte bisogno del lavoro domestico, il bisogno di forza lavoro nelle aziende manufatturiere. Agli inizi degli anni Ottanta l’Italia si trova paese d’immigrazione. Dal 1970 al 2013 l’Italia diventa paese d’immigrazione. La crescita della presenza d’immigrati dal 1991 al 2011 ha poco riscontri nella storia: passa da 356 mila a 4 milioni di unità, con un tasso medio di crescita del 13%. Ciò spiega molto del clima della politica d’immigrazione. L’Italia era un Paese accogliente. La legge Martelli la si fece sull’onda di una manifestazione a favore dei migranti. Alcune costanti: essere tolleranti verso un’immigrazione irregolare; il governo dell’immigrazione con circolari dei ministeri; le sanatorie. 1979 regolarizzazione di colf: 1982: regolarizzazione lavoro subordinato; 1986; legge martelli 218 mila domande tra lavoro autonomo, subordinato, studio; 1995: sanatoria 244 mila domande; 1998 sanatoria 217 mila domande accettate; 2002: 646 mila accettate con la lega al comando: è la sanatoria più grande della storia d’Europa; 2006: decreto flussi che fu insufficiente e si completò con una regolarizzazione; 2008: colf e badanti. Il governo dell’immigrazione si è basata su una serie di Sanatorie. Il merito della legge Martelli ha inciso sul diritto di asilo. Viene recepita la convenzione di Ginevra. Viene tolta la riserva geografica e vengono avviate le prime politiche di accoglienza. La Legge Martelli è del 1990 e negli anni successivi sono gli anni della crescita esponenziale dell’immigrazione. La rapidità ha significato che città – esempio del quartiere san Salvario a Torino - cambiassero radicalmente, scuole e strade pieni d’immigrati. Cresce un sentimento di ostilità legata al trovarsi estraniati, a non capire più il proprio quartiere.



C’era sul tavolo il decreto Dini che aveva previsto misure di contrasto. La politica ha scelto di fare una legge organica sull’immigrazione. Clima di ostilità nel Paese, il flusso migratorio dall’Albania. In quel contesto fu fatta la legge del 1997 che prevedeva il programma triennale sulle politiche migratorie, e le politiche d’integrazione, Figura dello sponsor per la ricerca di lavoro. Diritti sociali basati sulla distinzione: diritti legati alla dignità della persona e i diritti connessi alla residenza. Si prevede il diritto di voto per via ordinaria.

Pilastri: contrasti immigrazione clandestina; vasto programma d’integrazione: diritti e doveri legati alla persona e al legame del territorio. Welfare comunitario era cresciuto nel frattempo in Italia. La legge è nata con il confronto con l’elaborazione degli attori economici sociali. 14/2/1997. L’opposizione fece ostruzionismo. Il percorso legislativo fu rapido grazie a Napolitano. Veniva contestato il trattenimento di 30 giorni per persone che negavano le proprie generalità ai fini dell’identificazione. Fu necessario, costituzionalmente corretto, in una vulgata giuridica e di un mondo associativo è diventato la norma antesignana ai centri s’intrattenimento. Turco è contrario a questa tesi. Ci fu compattezza a sinistra, con la Chiesa-Caritas. Due cose importanti: l’accordo con l’Albania (sul piano di parità per aiutare quel paese a ricostruirsi. Fu un aspetto che proseguì nel tempo. L’accordo bilaterale con l’Albania è una metafora di come devono essere gli accordi bilaterali); l’accordo con la Tunisia di Napolitano. Parte sugli ingressi regolari e politiche sull’integrazione. Quella legge è stata stravolta nella parte sulle espulsioni, dalla cancellazione della protezione umanitaria; sulle norme sull’integrazione. Molte norme sono rimaste: art. 3, sull’assistenza sanitaria, nonostante ci fosse stato il tentativo di cancellare quella norma. Memorabile la testimonianza di tutti i medici italiani che dissero che noi non saremo mai medici spia. Maroni dovette ripristinare quella norma. Della Bossi Fini la Turco riconosce la sottolineatura di formare in loco la formazione di forza lavoro. Così come le norme sul diritto di asilo e nel nostro paese spero che si ritorni ad una politica di accoglienza che abbia l’accoglienza diffusa il suo cardine.

Considerazione: purtroppo un capitolo viene cancellato. Abbiamo assistito alla svolta securitaria con il forte arrivo nel 2014 e 2015. “Mi auguro che la politica europea faccia una politica di equa distribuzione. Insieme a questo vorrei che si discutesse sul tema dell’integrazione. Dobbiamo discutere di quale modello di convivenza”. Nella legge 40 c’era un modello di convivenza basato sulla non discriminazione, sul dialogo tra culture, sul ruolo attivo dei territori. Sono i territori, i comuni, le ong, le imprese che possono costruire quel dialogo e interazione, che si applica là dove si vive. L’interazione presuppone una grande politica nazionale. Oggi il dibattito resta concentrato sull’espulsione.
Quale politiche migratorie hanno realizzato altri paesi? Storicamente i modelli d’integrazione sono stati due: assimilazionista (Francia), multiculturale (Olanda, Svezia). Significativo è quello della Germania. Idea assimilazionista. Conta la residenza, la condivisione dei valori e dello spirito nazionale. La concezione romantica della nazionalità alla base del modello multiculturale mette al centro il legame di sangue: è la mia patria perché ci sono nato. Questo legame di sangue comporta un’elaborazione culturale in cui contano molto le tradizioni, la storia, i valori che sono considerati non negoziabili ad un’interazione pluralista.  

Francia: lo Stato è frutto di un contratto tra la popolazione e il territorio in cui vive. Non basta la convivenza e la permanenza, perché la nazione è un’identità culturale e nazionale. Non conta essere nati nel paese, però conta il legame con la Nazione che è un patrimonio di valori che non è negoziabile e quindi deve assimilarsi. La Francia è da sempre terra d’immigrazione. La necessità di una mano d’opera qualificata fin dall’800 rendeva necessaria la provenienza di persone di altri Paesi. La Francia è uno dei paesi che per primi ha avuto un governo dell’immigrazione con un forte ruolo da parte dello Stato. Cultura affine. All’inizio l’immigrazione fu transfrontaliera (Italia, Belgio). Nel 1918 viene stipulato un accordo con la Polonia e la Francia fece arrivare 500 mila lavoratori polacchi. Nel 1931 raggiunge il 6% sul totale della popolazione. In quegli anni si consolida il Concetto di Stato Nazione e d’identità culturale nazionale: chi nasce e vive in Francia diventa francese. Lo Stato individua nella scuola il vettore per fare apprendere la cultura francese e fare crescere in tutti il sentimento della patria. La scuola laica gratuita viene estesa anche alle colonie. Viene modificato il codice napoleonico inserendo la possibilità dell’acquisizione della cittadinanza francese, prevedendo che uno straniero diventasse francese. La Francia è la patria dello ius soli in Europa. Nel dopoguerra c’è un altro incremento della mano d’opera straniera. Nel dopoguerra della seconda guerra mondiale vengono fatte politiche immigratorie, rendendo ancora più esplicito il ruolo dello Stato in queste politiche immigratorie. 1945: viene istituito l’ufficio Nazionale dell’immigrazione, con il compito di eliminare la competizione dei salari; evitare gli abusi. Il funzionamento di questo ufficio si rivelò burocratico costoso e burocratico. In quegli anni sale l’immigrazione. Arriva la famosa crisi petrolifera che riduce gli ingressi regolari e accentua il carattere selettivo. Nel frattempo i flussi migratori si erano aperti a tutto il mondo. Si pose il criterio delle quote d’ingressi, che avrebbero dovuto essere più selettive. Criterio della vicinanza culturale. In quegli anni ’70 incominciano ad esserci problemi di disoccupazione, cresce un’immigrazione più integrata. Tutti i paesi reclutano forza lavoro straniera, lo fanno secondo i criteri del mercato del lavoro, ma l’approccio utilitarista lascia il posto alla considerazione personalista: i lavoratori hanno moglie e figli, e i lavoratori diventano persone e cittadini e non accettano discriminazioni. C’è il principio della eguaglianza. Esplode il problema della bidonville, alloggio che doveva essere garantito dal datore di lavoro. Gli immigrati non accettano questa situazione sociale. Nasce un movimento che è sostenuto dai sindacati e matura nel mondo politico francese la consapevolezza, che per garantire sicurezza al Paese non solo devi selezionare gli ingressi sulla base della necessità del lavoro, ma occorre avere attenzione alla vita dei migranti. Le politiche d’integrazione diventano importanti.

 È l’epoca del presidente Giscard D’Estaing che istituì la figura che aveva il compito di gestire in modo completo il fenomeno migratorio. Miglioramento condizione lavorativa. Altro passo fu quello di consentire agli immigrati di partecipare alla vita politica, essere eletti delegati sindacali e favorire la cooperazione tra i lavoratori. In questo modo gli immigrati diventano una componente stabile. Un’accelerazione alle politiche d’integrazione avviene al 1981 quando diventa presidente Mitterand. Questo processo già avviato di costruzione di politiche d’integrazione ebbe un’accelerazione. Viene conferito il diritto di associazione degli stranieri. Due sono i provvedimenti importanti:


a.       1981: Zone di educazione prioritaria nelle zone in cui alta era la presenza degli stranieri. Introdurre il principio selettivo sembra in contrapposizione con l’universalismo, ma non è così. È giusto che ci sia un intervento mirato per aiutare i gruppi in difficoltà. (Nel 1984 l’Italia è la scuola di tutti e per tutti è stato il più importante strumento d’integrazione. Anche nella scuola Italiana si sono attivate iniziative specifiche). Per essere aperte a tutti la scuola deve riconoscere le disuguaglianze, le differenze di apprendimento.

b.      Permesso di soggiorno con validità decennale. Richiesta del movimento degli immigrati, con protagoniste le seconde generazioni. Questa proposta fu accolta da Mitterand con un’idea d’integrazione, che più una persona sta sul territorio, maggiormente si integra. Ciò che favorisce l’integrazione è la permanenza sul territorio. In questi anni il tema dell’immigrazione diventa un tema politico, nascono i conflitti. 1983: nasce il Fronte Nazionale de Jean Marie Le Pen, che ottiene il 10% nelle elezioni. Il tema dell’immigrazione diventa importante per i partiti. Sul no agli immigrati nasce un nuovo partito. Questo conflitto politico comincia ad attraversare la società francese.

Nel 1996 vince la Destra che mette al centro la lotta contro l’immigrazione clandestina e, dunque, bisogna velocizzare le espulsioni e che l’immigrazione sia regolare e legale. Nel momento in cui le persone diventano cittadine l’esperienza dimostra che le differenze non si cancellano, ma acquisiscono forza. A fine anni ’80 nasce la questione dell’Islam in Francia. Il tema religioso è molto delicato.

Fatto: novembre 1989 velo islamico, quando tre giovani studentesse mussulmane furono sospese dalla scuola media per aver indossato il velo islamico in classe. La questione del velo è posta da giovani donne che facevano parte delle seconde, terze generazioni. L’Islam e l’esibizione della religione nasce come domanda d’identità, come rivendicazione. Ciò andava contro al valore della laicità, che in Francia è fondamentale. Viene proibita l’esibizione di simboli religiosi. Il Consiglio di Stato non si espresse contro i simboli religiosi, ma indossati in luogo pubblico possono essere considerati come proselitismo, perturbando lo svolgimento dell’insegnamento. I simboli religiosi sono un fatto privato. Questa è la concezione della laicità della Francia. Il parere del Consiglio di Stato fu accolto positivamente da tutte le componenti politiche. Ciò aveva dimostrato la complessità dell’integrazione. Venne costituito un alto Consiglio d’integrazione con esperti. Ci sono delle questioni che la politica non può risolvere da sola. Il clima era cambiato. Il bisogno di maggior controllo sull’immigrazione, sui processi d’integrazione e il tema del dialogo con l’Islam divenne rilevante. Queste innescarono dei conflitti nella società francese che furono cavalcati dal partito politico nato su questi problemi. Viene modificato lo ius soli: occorre aver frequentato un percorso scolastico. Non bastava essere nati sul suolo, ma dimostrare di aver avuto un radicamento con i valori del Paese.

Una svolta in senso restrittivo avvenne con l’arrivo di Nicolas Sarkozy. Fece una legge nel 2006 e la sua azione fu chiara. Dall’immigrazione subita, all’immigrazione scelta. Incentivare l’immigrazione economica; ridurre i ricongiungimenti famigliari. Fu un’epoca in cui si accentuò l’immigrazione che doveva essere facilmente integrabile, che deve corrispondere alle esigenze di sviluppo per la Francia. Sarkozy introdusse il contratto d’integrazione, che doveva essere vincolante per ogni immigrato presente nel territorio francese. Ha il compito di fornire una formazione, civica, linguistica, professionale all’immigrato che entrava in Francia per garantire un pieno processo d’integrazione. Il rinnovo del permesso di soggiorno era vincolato da questo contratto. S’introduce un punto che vedremo essere presente nelle politiche di tutti i paesi europei, in cui la politica d’integrazione non ha valore in quanto politica inclusiva. C’è d’ora innanzi uno strumento selettivo per la permanenza nel territorio. La politica passa da inclusiva a selettiva per decidere la permanenza o l’espulsione dal territorio. È una misura che è rimasta.

Macron ha accentuato la distinzione tra immigrati economici e rifugiati. Sulla base delle politiche europee dell’immigrazione anche per la Francia c’è stata una chiusura. La Francia di Macron si è attivata per la collaborazione con l’Africa. La criticità del modello assimilazionista è che la promessa di eguaglianza non è stata ottenuta. Così come è motivo di discussione il concetto di laicità che esclude dal dialogo la pluralità delle culture. Questo problema appartiene a tutti i paesi europei.

Belgio: ha scelto il modello assimilazionista. Attraeva forza lavoro grazie alla sua economia. Il Belgio è formato da tre regioni indipendenti, che fanno fatica a costituirsi come paese nazionale. Il Belgio si connota per una buona politica d’integrazione. Sono stati attivi i sindacati per promuovere l’integrazione dei lavoratori e delle loro famiglie. Ricongiungimento familiare e scuola sono state due politiche fondamentali. Neutralità religiosa e rispettosa della religiosità come dimensione privata. È un’immigrazione e un’integrazione riuscita, che ha resistito anche attraverso gli attacchi terroristici.

Germania: È un’esperienza positiva. Ha una sua peculiarità, storia che viene da lontano. È sempre stata interessata ai flussi migratori. ius sanguinis, legame di sangue, come l’Italia. Pur avendo attratto persone lavoratori ha coniugato l’immigrazione economica con il mantenimento del legame di sangue, ed ha elaborato la tesi del lavoratore ospite. Ha teorizzato la concezione funzionalista dell’immigrazione Per un lungo periodo i processi d’integrazione sono stati limitati: dormitori vicini ai luoghi di lavoro, investimenti scarsi per l’insegnamento della lingua e ostacolato il ricongiungimento famigliare. Crisi petrolifera: fase recessiva dove vengono chiusi gli ingressi per lavoro. Ci si rende conto che c’erano persone e l’approccio utilitarista venne abbondonato a favore di politiche d’integrazione. Comunità turca. Negli anni 70-80 matura questo cambiamento d’approccio. Vengono promosse politiche d’integrazione: ricongiungimenti familiari. Vengono realizzati investimenti nella scuola. 2000: modifica della legge di cittadinanza, introduce un elemento di jus soli. Viene abbandonato lo ius sanguini. Si può acquisire la cittadinanza dopo un percorso scolastico. Dopo 7 anni si può ottenere la cittadinanza e non più 10. Approccio alla politica d’integrazione basato sulla bi-direzionalità. È un dovere dello Stato ospitante conoscere e rispettare la cultura dell’immigrato. È la nazione più coerente al concetto dell’interazione.

Altra peculiarità: ha un approccio inclusivo nelle politiche dei richiedenti asilo, sollecita il mondo economico e delle imprese, per essere protagonista delle politiche d’integrazione degli immigrati. Ruolo forte dello Stato, ma c’è una promozione di responsabilità da parte di tutti i soggetti culturali, economici e sociali. Riconoscimento del ruolo della religione islamica: viene deciso di stabilire un dialogo permanente dell’islam, per favorire un processo di europeizzazione dell’Islam. Reciproco riconoscimento. Merkel critica il multiculturalismo perché propone una condivisione da separati, tolleranza distaccata, mentre la Germania propone un dialogo permanente. La pratica della bi-direzionalità, dell’interazione con la consapevolezza che bisogna costruire un nuovo noi, è il cammino vincente. Ha puntato sull’immigrazione di qualità. Questo approccio che vede il coinvolgimento delle forze in campo si è visto nel 2016 all’epoca della guerra in Siria. Il Governo Merkel ha realizzato questa accoglienza attivando il ruolo delle imprese, per contribuire ad un’integrazione dei rifugiati fin dall’inizio. Poi ha attivato la società civile attraverso pratiche diverse: appartamenti condivisi, i tutori, ecc. Ciò ha consentito di prevenire i conflitti di ordine culturale. Si è posta il problema della partecipazione politica e civica dei migranti.

Svezia: dopo la II guerra mondiale ha bisogno di forza lavoro. Ha considerato l’immigrazione come una risorsa. Accoglie un gran numero di rifugiati. Anche qui negli anni ’70 abbiano una riduzione delle entrate per lavoro. Nella vicenda della Siria si è dimostrata accogliente. È un paese che ha investito sulla formazione, partecipazione politica, riconoscimento della pluralità religiosa. Ha fatto uno sforzo affinché le pluralità fossero in dialogo fra di loro. Sforzo favorito dalla scuola, dalla partecipazione politica dei migranti.

Olanda: È la patria del multiculturalismo. Fanno parte della sua storia il rapporto con la Turchia, Marocco, Antille e fin dall’inizio i gradi porti Amsterdam, Rotterdam sono punti d’attrazione dell’immigrazione. Dopo la II guerra mondiale ebbe un processo d’industrializzazione e aveva bisogno di forza lavoro. Questo attrae fora lavoro da paesi come la Spagna e altri. Adotta la teoria del lavoratore. È stato un paese ospitale nei confronti dei rifugiati. Le sue politiche d’integrazione, soprattutto negli anni ’90 investe moltissimo nella scuola, a partire dei bambini e promuove l’educazione interculturale, che è rimasta nel tempo. Ha un Welfare gestito dal riconoscimento delle minoranze e attribuisce diritti e protezione alle minoranze. Questo rispetto rende rilevante il principio di tolleranza, che non è sufficiente di costruire convivenza. Questo aspetto di un multiculturalismo gestito come riconoscenza di minoranze è proprio connaturato al sistema di welfare olandese. Succede che alla fine degli anni ’90 da parte della stessa cultura progressista ci s’interroga sulla perdita d’identità in quanto tale: qual è il profilo nazionale del nostro paese? Nasce un partito populista, che si basava sulla critica al multiculturalismo, che non aveva creato un’integrazione, e ha contribuito a far perdere l’identità dell’Olanda. Tutte le forze politiche percepiscono il problema. Il partito populista troverà ampio consenso nel Paese. Problema con gli arrivati di fede mussulmana. Questo porta alla svolta assimilazionista., I governi di centro destra inaugurano le politiche d’integrazione culturale come politiche selettive. La conoscenza dell’Olandese dev’essere conosciuta quando si compila la domanda d’ingresso nel territorio. Test pre-ingresso per selezionare gli immigrati. Altro cambiamento: salvo la scuola pubblica, che viene mantenuta così, ci sarà un giro di vite sui ricongiungimenti familiari. I corsi devono essere pagati dai privati e non più dal welfare. È la svolta assimilazionista che ha lasciato un segno pesante nel dibattitto pubblico europeo. Resta un sistema d’istruzione, di welfare, un sistema di acquisizione della cittadinanza aperto. Questa svolta restrittiva permane anche oggi. Negli ultimi anni, infatti, si è dimostrata resistente nei confronti della modifica del trattato di Dublino.

Riflessione conclusiva. Il successo dell’integrazione si è avuto nei paesi in cui si è applicata l’interrelazione e bi-direzionalità e quando si è sollecitata la partecipazione attiva dei migranti alla vita della comunità. Dobbiamo costruire l’Europa della convivenza e della mescolanza. Troviamo una strada. È importante lavorare per una nuova idea di convivenza, tenendo conto le scelte dei paesi che hanno realizzato politiche che hanno avuto successo. Principio di non discriminazione è fondamentale. È necessaria l’inclusione dei migranti nella ita pubblica. Occorre proporre nella pratica quotidiana la fatica del conoscersi e riconoscersi. Si costruisce convivenza non solo con le leggi, ma anche attraverso il legame umano e sociale, costruendo patti di reciproco riconoscimento nei luoghi di lavoro, nelle scuole. Non basta stare gli uni accanto agli altri. Occorre fare la fatica del dialogo e della relazione. L’Italia ha un patrimonio di esperienze di buone pratiche, ma un discorso pubblico che non valorizza l’Italia della convivenza. Politiche locali che attivino le associazioni dei migranti ad essere protagonisti nella vita sociale.


giovedì 21 maggio 2020

AZIONE GLOBALE IN DIFESA DELL'AMAZZONIA







LA REPAM  CHIEDE UN’AZIONE URGENTE  UNITARIA  PER


EVITARE UN’IMMENSA TRAGEDIA UMANITARIA E AMBIENTALE


(La Repam è la rete ecclesiale panamazzonica)



Collasso strutturale in Amazzonia



Unenorme onda d’urto si sta abbattendo sull’Amazzonia, stretta nella morsa tra la pandemia di Covid-19, che colpisce esseri umani già molto vulnerabili, e l‘aumento incontrollato della violenza nei territori. Il dolore ed il grido dei popoli e della Terra si fondono in un unico clamore.

“Le genti dell’Amazzonia hanno chiesto che la Chiesa sia unalleata, che la Chiesa che sia con loro, che la Chiesa sostenga ciò che decidono, ciò che vogliono e come intendono costruire il loro futuro in questo momento così difficile della pandemia(cardinale Cláudio Hummes).

Nei diversi Paesi della Panamazzonia, la Chiesa fa eco ad appelli e richieste di aiuto in un contesto che minaccia la sopravvivenza di questo bioma e dei suoi popoli.


In Bolivia, i popoli indigeni accusano il governo di mancanza di coordinamento e di consultazione nella prevenzione e nella lotta contro la pandemia; sottolineano inoltre che tutte le informazioni non sono diffuse nelle lingue originali riconosciute dalla Costituzione.

In Colombia, i vescovi riconoscono gli sforzi del governo, ma sottolineano che gli indigeni, i contadini e gli afro-discendenti sono i gruppi più a rischio, perché si trovano già in una situazione di povertà strutturale, in condizioni di insicurezza alimentare e malnutrizione, senza accesso al sistema sanitario e allacqua potabile.



L'insicurezza alimentare delle popolazioni indigene è una preoccupazione anche in Venezuela, dove queste popolazioni si sentono minacciate da un possibile contagio attraverso le attività minerarie illegali nei loro territori e il passaggio sulle loro terre di migranti venezuelani di ritorno. Gli indigeni stanno adottando misure di isolamento e di controllo del territorio, così come l'intensificazione di agricultura familiare, per garantire la loro sovranità alimentare.

In Brasile, 32 Procuratori del Ministero Pubblico Federale dichiarano che il rischio di genocidio delle popolazioni indigene richiede azioni di emergenza da parte di agenzie ed enti pubblici. La Mobilitazione Nazionale Indigena afferma che cè una chiara intenzione del governo di impedire il funzionamento del Sottosistema Sanitario Indigeno.

In Perù cè preoccupazione per la situazione di diversi popoli amazzonici - tra cui molti indigeni - che sono emigrati nelle città in cerca di lavoro e che sono totalmente indifesi. I vescovi dellAmazzonia peruviana esortano le autorità a sostenere il loro ritorno nelle comunità e a fare in modo che ciò avvenga secondo i protocolli stabiliti dal Ministero della Salute.

LAlleanza dei Parlamentari Indigeni dellAmerica Latina chiede allOrganizzazione  Mondiale della Sanità di raccomandare ai Paesi della regione di dare priorità a misure specifiche per garantire la protezione della vita delle popolazioni indigene di fronte alla grave pandemia globale.

Il Coordinamento delle Nazioni Indigene del Bacino Amazzonico (COICA) chiede contributi a un Fondo di Emergenza Amazzonico per proteggere i 3 milioni di abitanti nativi della foresta pluviale che sono vulnerabili al nuovo coronavirus.

La Chiesa cattolica, da parte sua, ha fatto il massimo sforzo, in particolare attraverso la Caritas di ogni regione, per contribuire con risorse materiali ed economiche, oltre che con la solidarietà e il sostegno spirituale.



Il virus della violenza e dei saccheggi in Amazzonia


In Amazzonia, un altro virus continua a minacciare i popoli e la foresta; il Fronte Parlamentare Misto per i Diritti dei Popoli Indigeni in Brasile denuncia: anche quando la



pandemia mette i freni alleconomia, il setacciamento dell’oro (‘garimpo) e la deforestazione illegale delle terre indigene del continente continuano a pieno regime7.

In Ecuador, la Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM) condanna la rottura dell´oleodotto trans-ecuadoriano e dell´oleodotto di Crudos Pesado , avvenuta il 7 aprile 2020, che ha causato una grave fuoriuscita di petrolio e ha colpito circa 97.000 persone che vivono sulle rive dei fiumi Coca e Napo.

I 67 vescovi dellAmazzonia brasiliana associano lattuale crisi socio-ambientale di questo bioma con il noto rallentamento delle ispezioni e l’incessante retorica politica del governo federale contro la protezione dellambiente e delle aree indigene tutelate dalla Costituzione federale. Unimmensa tragedia umanitaria causata da un collasso strutturale è già all’orizzonte”.

I vescovi denunciano, in particolare, i progetti di legge che consentono lestrazione mineraria sui territori indigeni e ne ridefiniscono il processo di regolarizzazione, , favorendo laccaparramento delle terre, la deforestazione e legittimando le occupazioni illegale da parte dell’agro-industria.

IL Guyana Policy Forum denuncia che le attività estrattive distruggono la foresta e che la circolazione di minatori e camionisti è un pericoloso veicolo di contagio per le comunità dellinterno del Paese. Lestrazione delloro è stata dichiarata attività essenziale dal governo, e probabilmente aumenterà ulteriormente, a causa della recessione causata dalla Covid-19 e dellaumento del prezzo mondiale del metallo.

Commentando il preoccupante aumento della violenza nelle campagne, la Commissione Pastorale della Terra (CPT) afferma che nel 2019 la stragrande maggioranza degli omicidi dovuti a conflitti rurali in Brasile (84%) ha avuto luogo in Amazzonia.

Per la sua attività di denuncia, la Chiesa è stata calunniata e attaccata, come è successo di recente con le vergognose e infondate accuse, che noi respingiamo, della Fondazione Nazionale Indigena (FUNAI - un organo del governo federale brasiliano) contro il Consiglio Missionario Indigeno (CIMI) organo della Conferenza episcopale brasiliana.






Azione globale in difesa dellAmazzonia


La cura delle persone e la cura degli ecosistemi sono inseparabili. La saggezza dei popoli indigeni dellAmazzonia ispira cura e rispetto per il creato, con una chiara consapevolezza dei suoi limiti, proibendone labuso. Abusare della natura significa abusare degli antenati, dei fratelli e delle sorelle,
della creazione e del Creatore, ipotecando il futuro. Gli indigeni, quando rimangono nei loro territori, sono quelli che meglio se ne
prendono cura.  (Querida Amazonia, n. 42)

Siamo in un tempo decisivo per lAmazzonia e per il mondo. Un momento di gestazione di nuovi rapporti ispirati allecologia integrale, o di definitiva sepoltura dei sogni del Sinodo, se la paura, gli interessi, la pressione dei proprietari del grande capitale permettono di imporre sempre più fortemente il modello di questa economia che uccide(EG 53).

Papa Francesco lancia un appello urgente alla solidarietà planetaria: Questo non è il tempo dellindifferenza (...), dellegoismo (...), della divisione (...), delloblio (...). Che la crisi che stiamo affrontando non ci faccia lasciare da parte tante altre situazioni di emergenza che portano con sé la sofferenza di molte persone.

José Gregorio Díaz Mirabal, membro del popolo Wakuenai Kurripako, originario dellAmazzonia venezuelana e coordinatore generale della COICA, riassume: I popoli indigeni dell’Amazzonia lanciano un grido d’allarme al mondo perché ci sentiamo abbandonati”.

La REPAM chiede unazione unitaria ai popoli indigeni dellAmazzonia, alla società civile della Panamazzonia e del mondo, alla Chiesa cattolica e a tutte le confessioni religiose che si preoccupano della Creazione, ai governi, alle istituzioni internazionali per i diritti umani, alla comunità scientifica, agli artisti e a tutte le persone di buona volontà, per unire gli sforzi in difesa della Querida Amazonia, con tutto il suo splendore, il suo dramma e il suo mistero(QA 1).



Card. Claudio Hummes, OFM    Card. Pedro Barreto Jimeno, SJ     Mauricio López O.

Presidente                               Vice presidente                Segretario Esecutivo

Comitato Direttivo
Rete Ecclesiale Pan-amazzonica REPAM


Quito Ecuador, 18 maggio 2020