TAVOLA ROTONDA
REGGIO EMILIA 24 MAGGIO 2018
SOCIAL COHESION DAYS
Sintesi:
Paolo Cugini
C’è
un futuro dell’Europa dopo il manifesto di Ventotene? La coesione sociale va di
pari passo con la partecipazione della società. Rischio di disgregazione
sociale.
Prof.
Maurizio Cotta (Siena): L’Europa ha bisogno di coesione
sociale? Viviamo dentro entità statali che sio sono poste il problema della
coesione sociale. Gli stati nazionali non hanno capito subito che un potere
democratico non può reggersi se non risponde alle domande di come una società
sta insieme. L’Unione Europea non è uno Stato e si è sviluppata come un
mercato. Il mercato si occupa di distribuzione di beni e ha bisogno di un
apparato regolativo. Attraverso ai fondi regionali si sono cominciate a porre
scelte in vista delle situazioni più povere. Gli Stati dedicano circa il 40%
per gestire della società. L’Unione Europea dedica l’1 %. La spesa è di 97 euro
a persona nella comunità europea. L’UE è un gigante di mercato, ma un nano
sociale perché è un nano politico. L’UE può continuare ad andare avanti con un
così piccolo investimento in coesione sociale? I mercati non si preoccupano se
c’è ingiustizia. Una Unione è diverso da un mercato. I problemi si sono
accentuati con la crisi del 2007 e con la crisi legata ai fenomeni di
immigrazione. L’UE si concepisce come un mercato di fronte a questo non aveva
degli strumenti adatti.
Le crisi toccano tutti ma in modo diverso. L’UE con
queste debole risorse fa fatica ad affrontare le crisi. L’UE ha modificato
alcuni sistemi regolativi. L’UE può continuare così debole? I segni di una
disaffezione nei confronti della UE sono diversi. La Brexit è uno. La strada ci
riporta indietro, quello delle sovranità nazionali in Europa, perché
soprattutto i più piccoli fanno fatica a gestire i conflitti. L’Europa fa
fatica… La strada è quella di porsi i problemi in modo più diretto. C’è bisogno
di passi avanti. Occorre intervenire con dei meccanismi di integrazione
sociale. E’ una strada che richiede una visone europea e partiti europei, di
leaders capaci di spendersi su questa causa.
Prof.
Manos Matsaganis (Milano): oggi il problema è l’ondata di
populismo che attraversa l’Europa e ne minaccia l’esistenza come concetto
politico. Vale la frase che i populisti pongono delle domande giuste, ma danno
risposte sbagliate. Questa Europa non è molto bella. Anche questa Europa brutta
è riuscita a fare grandi cose. Nella prima metà del ‘900 erano solo preoccupati
ad uccidersi. Ora si tenta a lavorare insieme. L’euro ha complicato le cose in
alcuni paesi. Occorre avere un progetto economico più concordato. Non è facile
individuare le misure giuste. Non si risolve il problema dell’Europa tornado ai
confini dello Stato Nazionale. Nel 1914 gli europei avevano perso la memoria di
una guerra, eppure successe un macello che nessuno previde. Non possiamo
concepire l’idea di un ritorno di uno stato nazionale.
Assessore
Serena Foracchia (Reggio Emilia): Livello dei comuni: qui
il dibattito sull’Europa assume un valore diverso. Qual è l’Europa di cui
abbiamo bisogno? L’Europa non è visibile nelle città perché non c’è una
crescita consapevole della dimensione politica europea. Questo lo si percepisce
quando viene inaugurata un’opera: non c’è mai l’Europa presente. La prima cosa
importante è rendere evidente che c’è una dimensione etica che dev’essere fatta
del peso che assume l’UE nella quotidianità della vita. Il programma Erasmus dà
la possibilità a tanti giovani di studiare in varie città europee.
E’ strano
che dopo diventino antieuropeisti. Non aiuta in questo dibattito il fatto che
non esistono dei percorsi nelle scuole che riguardano la storia dell’Europa. E’
importante inserire la dimensione educativa sull’Europa nella scuola. Aiutare i
giovani a capire i processi, i trattati che hanno segnato il cammino
dell’Europa. Qual è l’Europa da cui non possiamo prescindere? E’ il governo
delle politiche migratorie. Governare significa avere una disciplina comune e
condivisa. L’Europa decresce e l’Africa cresce in modo esponenziale e provoca
pressione sull’Europa. Non si può puntare sull’innovazione tecnologica se poi
non c’è chi ci lavora. Occorre sviluppare un investimento congiunto anche con
l’Africa sui temi della ricerca. C’è una Europa che investe sulla ricerca e
sull’innovazione anche con i paesi vicini. Come sistema di enti locali vediamo
i fondi che arrivano a livello locale. L’Europa di cui parliamo oggi ha subito
delle crisi forti. La migrazione è un argomento sta rialzando il dibattito
sull’UE. Oggi ci chiediamo quanto siamo disposti a lavorare per avere un
progetto comune.
Elena
Schlein (Parlamento Europeo): oggi quella che abbiamo
di fronte non è quella che avevano in mente i fondatori e le fondatrici. Quali
saranno le prospettive future? Come mai le cose sono state così? In questi anni
abbiamo visto una crisi politico-istituzionali a cui si è aggiunta una crisi
economica. Ci son coloro che hanno voluto i benefici ma non le responsabilità.
Ci sono state poche risposte sul tema delle disuguaglianze. C’è una certa
retorica. La verità è che tutte le decisione che vengono prese nell’UE sono
politiche. Il fiscal compact son state adottate a livello intergovernativo. Il
tentativo è quello di tenere al margine il Parlamento europeo. L’Europa è
sbilanciata. Non è molto forte rispetto ai governi. Spesso si adottano dei
compromessi al ribasso. Le sfide maggiori sono:
1. Migratoria:
regolamento di Dublino. Sei paesi membri su 28 hanno affrontato da solo le
richieste da soli. Questi egoismo nazionali al Parlamento europei li abbiamo
affrontati e abbiamo vinto. Non si può volere solo i benefici. Nel 2016 sono
state presentate un milione e 300 mila di richieste di asilo. Obbligo dei
ricollocamenti. Sono stati fatti 30 mila. Il Canda in 4 mesi ha reinserito 40
mila siriani.
2. Politiche
economiche sociali: L’unica cittadinanza europea può
essere possibile quando sono condivisi i progetti che elabora: Erasmus, Cosmes,
ecc. Conoscere queste opportunità.
3. Climatica:
nessun paese può affrontarla da solo. Occorre un quadro di regole comuni; cfr.
Parigi.
4. Politiche
estere di sicurezza: In un mondo così interconnesso come
può l’Europa se è divisa in 28 interessi diversi?
5. Giustizia
fiscale: i paradisi fiscali sono dietro case. Ci
sono 28 sistemi fiscali diversi. L’Evasione fiscale costa all’Europa circa 1000
miliardi all’anno. Se ci fosse la volontà politica si potrebbe affrontare alla
svelta.
Ultima
sfida: democratizzare l’impianto europeo. Riguarda una
riforma in alcuni punti del trattato. Per superare gli egoismo servirebbero
partiti più europee. Piazze, stampa più europee.
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