sabato 14 agosto 2021

IL CRISTINAESIMO: UNA RELIGIONE?

 



Paolo Cugini

 

    L’elaborazione razionale moderna che ha avuto nell’illuminismo l’apice più significativo e, per certi aspetti, rappresentativo, volendo interpretare la realtà, l’ha deturpata. La produzione avvenuta nel periodo moderno di sistemi a tutti i livelli, con la pretesa di spiegare la realtà, di mostrarne il cammino, l’hanno invece, ingabbiata in modo tale da provocarne la ribellione. Ciò che da decenni sta avvenendo a diversi livelli come il clima, la finanza, l’economia, la politica, solo per citare alcuni ambiti, è il risultato di questo processo di omologazione della realtà, con la presunzione che potesse essere colta nella sua complessità da un sapere pre-comprensivo. La realtà può solo essere ascoltata e, le proposte razionali che possono essere elaborate, vanno eseguite come conseguenza di questo primo inalienabile movimento di ascolto. I disastri dei metodi euristici moderni si sono visti anche nella scienza, come ha sapientemente mostrato Paul Feyerabend, affermando come spesso gli scienziati forzano la realtà, vale a dire i dati delle sperimentazioni, affinché si possa dimostrare le loro teorie. Non è la realtà che precede l’idea e la orienta, ma il contrario: l’idea che forza la realtà e la deturpa affinché l’idea sia dimostrata e vittoriosa.  In questa prospettiva, la fenomenologia ha rappresentato per la cultura occidentale un tentativo riuscito di cambiare percorso, di non anticipare la realtà, ma di coglierla per come si manifesta, accompagnarla e, a partire da questo punto di prospettiva, elaborare alcuni percorsi.

    Al processo di omologazione moderna, anche la religione non ha corrisposto ma, al contrario, si sta riproponendo in modo nuovo. È come se il processo di secolarizzazione le abbia fatto bene. Dopo essere passata per decenni sotto il fuoco incrociato dei sistemi materialisti ed esistenzialisti, ricevendo a più riprese il marchio di essere espressione di contenuti desueti, stanno emergendo forme sacrali spontanee, non vincolate da dogmi o dottrine, ma espressione dell’esperienza personale di auto-trascendenza. La critica moderna e la secolarizzazione hanno colpito duramente l’involucro esterno delle religioni, nelle loro formulazioni etiche, nel tentativo di rispondere alla sfida razionalista hanno rafforzato l’apparato concettuale e dottrinale che, in ogni modo, si è rivelato troppo pesante e inadeguato. Da un lato, assistiamo al fiorire di percorsi religiosi sganciati dalla proposta delle grandi tradizioni religiose, percorsi individuali, o di piccoli gruppi, alla ricerca di un benessere personale più che comunitario. Dall’altra, il processo di secolarizzazione non ha promosso un superamento della religione, ma una sua mutazione di senso. Ciò è visibile in modo particolare nel cristianesimo, come ha sostenuto Dacquino, perché: “all’interno della differenziazione funzionale della società, mostra lo specifico socio-culturale dell’esperienza religiosa”. Senza dubbio, questa metamorfosi ha provocato un dibattito interno del cristianesimo stesso, tra coloro che sostengo la bontà della relazione tra ambito sociale e più strettamente sacrale e coloro che, ritengono questo connubio la negazione della missione della religione, che dovrebbe essere relegato solamente alla sfera sacrale e trascendente. L’aspetto più significativo di questo dibattito all’interno del cristianesimo è la messa in discussione dell’identità religiosa.

In fin dei conti il cristianesimo è una religione? Forse è questo uno dei contributi più significativi, anche se inaspettati, della secolarizzazione. Mettere in discussione la struttura religiosa del cristianesimo significa osservarlo da un nuovo punto di vista, non da quello sacrale, ma dal principio fondante su cui si è strutturato, vale a dire l’Incarnazione. Il Dio che entra nella storia rende inutile qualsiasi rivestimento sacrale, perché d’ora innanzi il divino è accessibile senza alcuna mediazione. È l’immediatezza del divino nella storia che provoca il processo di destrutturazione deli apparati sacrali della religione. Nonostante questo, il cristianesimo sin dall’inizio non rinuncia al sacro, ma anzi ne fa uso abbondantemente, assorbendo dal mondo pagano, in modo particolare dal Sacro Romano Impero, una quantità significativa di materiale che il cristianesimo ha utilizzato per il proprio rivestimento sacrale. Oltre a ciò, la produzione teologica del millennio medievale farà di tutto per coprire di significati razionali i rivestimenti sacrali del cristianesimo, trasformandolo in religione. Uno degli aspetti più significativi dell’epoca post-moderna consiste nell’attivare processi di decostruzione, che sono, allo stesso tempo, processi di smascheramento a tutti i livelli. Ebbene, il cristianesimo, sta passando il vaglio di questo processo, recuperando da una parte, l’essenza della propria proposta contenuta nell’Incarnazione e, dall’altra, avendo la possibilità di lasciarsi alle spalle secoli di oscurantismo intellettuale e di confusione sacrale. Un ritorno alle origini, dunque, è la grande opportunità dell’epoca post-moderna. In questo processo di smascheramento un grande merito l’ha avuto, per le considerazioni fatte sopra, la secolarizzazione, che più o meno involontariamente ha aperto una nuova stagione per il cristianesimo. Sganciandosi, infatti, dal marchio religioso può avere la possibilità di manifestare il contenuto specifico della propria proposta sia sul paino personale che sociale. Non solo, ma come afferma Dotolo: “la fine dell’equazione tra cristianesimo e religione è, o può essere, l’inizio di un diverso approccio al dire Dio, senza appiattimenti a buon mercato di un ideale regolativo che incide anche sulla qualità dell’esistenza”.

 

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