Paolo Cugini
L’elaborazione razionale moderna che ha avuto
nell’illuminismo l’apice più significativo e, per certi aspetti,
rappresentativo, volendo interpretare la realtà, l’ha deturpata. La produzione
avvenuta nel periodo moderno di sistemi a tutti i livelli, con la pretesa di
spiegare la realtà, di mostrarne il cammino, l’hanno invece, ingabbiata in modo
tale da provocarne la ribellione. Ciò che da decenni sta avvenendo a diversi
livelli come il clima, la finanza, l’economia, la politica, solo per citare
alcuni ambiti, è il risultato di questo processo di omologazione della realtà,
con la presunzione che potesse essere colta nella sua complessità da un sapere
pre-comprensivo. La realtà può solo essere ascoltata e, le proposte razionali
che possono essere elaborate, vanno eseguite come conseguenza di questo primo
inalienabile movimento di ascolto. I disastri dei metodi euristici moderni si
sono visti anche nella scienza, come ha sapientemente mostrato Paul Feyerabend,
affermando come spesso gli scienziati forzano la realtà, vale a dire i dati
delle sperimentazioni, affinché si possa dimostrare le loro teorie. Non è la
realtà che precede l’idea e la orienta, ma il contrario: l’idea che forza la
realtà e la deturpa affinché l’idea sia dimostrata e vittoriosa. In questa prospettiva, la fenomenologia ha
rappresentato per la cultura occidentale un tentativo riuscito di cambiare
percorso, di non anticipare la realtà, ma di coglierla per come si manifesta,
accompagnarla e, a partire da questo punto di prospettiva, elaborare alcuni
percorsi.
Al processo
di omologazione moderna, anche la religione non ha corrisposto ma, al contrario,
si sta riproponendo in modo nuovo. È come se il processo di secolarizzazione le
abbia fatto bene. Dopo essere passata per decenni sotto il fuoco incrociato dei
sistemi materialisti ed esistenzialisti, ricevendo a più riprese il marchio di
essere espressione di contenuti desueti, stanno emergendo forme sacrali
spontanee, non vincolate da dogmi o dottrine, ma espressione dell’esperienza
personale di auto-trascendenza. La critica moderna e la secolarizzazione hanno
colpito duramente l’involucro esterno delle religioni, nelle loro formulazioni
etiche, nel tentativo di rispondere alla sfida razionalista hanno rafforzato
l’apparato concettuale e dottrinale che, in ogni modo, si è rivelato troppo
pesante e inadeguato. Da un lato, assistiamo al fiorire di percorsi religiosi
sganciati dalla proposta delle grandi tradizioni religiose, percorsi
individuali, o di piccoli gruppi, alla ricerca di un benessere personale più
che comunitario. Dall’altra, il processo di secolarizzazione non ha promosso un
superamento della religione, ma una sua mutazione di senso. Ciò è visibile in
modo particolare nel cristianesimo, come ha sostenuto Dacquino, perché:
“all’interno della differenziazione funzionale della società, mostra lo
specifico socio-culturale dell’esperienza religiosa”. Senza dubbio, questa
metamorfosi ha provocato un dibattito interno del cristianesimo stesso, tra
coloro che sostengo la bontà della relazione tra ambito sociale e più
strettamente sacrale e coloro che, ritengono questo connubio la negazione della
missione della religione, che dovrebbe essere relegato solamente alla sfera
sacrale e trascendente. L’aspetto più significativo di questo dibattito
all’interno del cristianesimo è la messa in discussione dell’identità
religiosa.
In
fin dei conti il cristianesimo è una religione? Forse è questo uno dei
contributi più significativi, anche se inaspettati, della secolarizzazione. Mettere
in discussione la struttura religiosa del cristianesimo significa osservarlo da
un nuovo punto di vista, non da quello sacrale, ma dal principio fondante su
cui si è strutturato, vale a dire l’Incarnazione. Il Dio che entra nella storia
rende inutile qualsiasi rivestimento sacrale, perché d’ora innanzi il divino è
accessibile senza alcuna mediazione. È l’immediatezza del divino nella storia
che provoca il processo di destrutturazione deli apparati sacrali della
religione. Nonostante questo, il cristianesimo sin dall’inizio non rinuncia al
sacro, ma anzi ne fa uso abbondantemente, assorbendo dal mondo pagano, in modo
particolare dal Sacro Romano Impero, una quantità significativa di materiale
che il cristianesimo ha utilizzato per il proprio rivestimento sacrale. Oltre a
ciò, la produzione teologica del millennio medievale farà di tutto per coprire
di significati razionali i rivestimenti sacrali del cristianesimo,
trasformandolo in religione. Uno degli aspetti più significativi dell’epoca
post-moderna consiste nell’attivare processi di decostruzione, che sono, allo
stesso tempo, processi di smascheramento a tutti i livelli. Ebbene, il
cristianesimo, sta passando il vaglio di questo processo, recuperando da una
parte, l’essenza della propria proposta contenuta nell’Incarnazione e,
dall’altra, avendo la possibilità di lasciarsi alle spalle secoli di oscurantismo
intellettuale e di confusione sacrale. Un ritorno alle origini, dunque, è la
grande opportunità dell’epoca post-moderna. In questo processo di
smascheramento un grande merito l’ha avuto, per le considerazioni fatte sopra,
la secolarizzazione, che più o meno involontariamente ha aperto una nuova
stagione per il cristianesimo. Sganciandosi, infatti, dal marchio religioso può
avere la possibilità di manifestare il contenuto specifico della propria
proposta sia sul paino personale che sociale. Non solo, ma come afferma Dotolo:
“la fine dell’equazione tra cristianesimo e religione è, o può essere, l’inizio
di un diverso approccio al dire Dio, senza appiattimenti a buon mercato di un
ideale regolativo che incide anche sulla qualità dell’esistenza”.
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