sabato 21 novembre 2015

CONVEGNO CARITAS - DIOCESI DI REGGIO EMILIA E GUASTALLA




SABATO 21 NOVEMBRE 2015

CHE COSA DOBBIAMO FARE?
Sintesi: Paolo Cugini
Meditazione su 1 Corinzi 12
Giovanna Bondavalli

La Parola ci mette in discussione perché dice di noi e del Signore e della sua volontà di accompagnarci.
Corinto è una parrocchia dove il Signore è andato a liberare dei vincoli troppo stretti. Certi comportamenti vengono tollerati all’insegna dell’indifferenza. CI si preoccupa poco di come stanno gli altri. Corinto è una comunità dove si prega bene, si fanne delle belle messe, anche se non c’è una grande unità. Corinto è una tipica parrocchia. In mezzo alle fatiche Corinto è un parrocchia che non ha paura di tirar fuori i problemi, di farsi delle domande e di farne a Paolo. E’ una parrocchia che cerca di capire come deve cambiare. E’ una comunità che non si accontenta. Facciamo fatica a penare. Invece a Corinto ci si dà il tempo di pensare, di confrontarsi. Paolo non si rivolge ai preti, ma ai laici. Al centro del confronto ci sono i problemi, le sfide. C’è un metodo di lavoro, una prassi pastorali, un modo di lavorare che Paolo propone a quelli di Corinti che è il filo conduttore di tutta la lettera. Paolo scrive ad una Chiesa a cui vuole bene. AL centro della lettera c’è il tema del legame, della relazione. A partire da ciò Paolo vuole aiutare questa comunità a raccogliere le difficoltà per conoscersi meglio. I problemi si guardano in faccia e si affrontano insieme. Punti di partenza sempre una vicenda concreta. A Corinto c’è il problema che ci sono tanti gruppi. C’è anche il problema della poca comunione. Ci sono situazioni concrete. A queste sfide si risponde tornando ai fondamenti, al Vangelo a Gesù. Tornare ai fondamenti non significa tornare alla morale, alla riflessione teologica. AL centro della fede c’è una storia, l’incontro con una persona. Il Vangelo deve entrare a confronto con la vita. Paolo dice che tornare al fondamento significa trovare nel Vangelo le condizione le vie per rileggere l’oggi. Occorre avere un’attenzione costante all’oggi. Sforzo per incarnare l’oggi. Paolo si preoccupa sempre di calare nel vissuto concreto delle persone.

C’è un criterio decisivo per trovare una soluzione ai problemi: l’attenzione ai più piccoli e più deboli e a quelli che fanno fatica nella fede. La coscienza dell’altro è importante. La debolezza rimanda al centro del Vangelo: Gesù Crocifisso. Non è la sapienza che ci salva e nemmeno i miracoli; ciò che ci ha salvato è stato lo scandalo, la stupidità della croce. Stupidità significa le scelte perdenti di Dio. Gli imperfetti sono decisivi. Non bisogna svuotare la croce, ma custodire la Parola della Croce.
Paolo sottolinea spesso che questo percorso va fatto mettendo al centro le relazioni e insieme. E’ stata questa la scelta di Gesù. Questo metodo di lavoro chiede una certa fatica. Il Vangelo ci fa andare più piano, però per Paolo è l’unica alternativa possibile. Vivere la fede insieme, camminare insieme non è un accessorio secondario, ma fondamentale.

Pur essendo molti siamo un corpo solo perché così è Cristo. Ci si conforma a Gesù se si è corpo. Siamo noi con la nostra umanità insieme ad essere Corpo di Cristo. Oggi dov’è il corpo di Cristo? Siamo noi quando siamo insieme. Aiutare l’altro a mettere il suo dono al servizio. Scoprire che l’altro non è un rivale, ma un fratello e una sorella. Vivere e far vivere i verbi del corpo.
Se volete costruire che il corpo cresca è necessario:
·         appartenere
·         avere bisogno
·         avere cura
·         soffrire insieme e gioire insieme
Sono i verbi dell’incarnazione. Su questi quattro verbi si costruisce la vita delle comunità.
Perché il corpo cresca bisogna aver chiaro un requisito essenziale: le membra più deboli sono più necessarie.
Fragili, i piccoli i poveri, gli svergognati, i peccatori, i disonorati: sono i necessari, cioè senza di loro non c’è la Chiesa. La comunità locale sta su per gli svergognati, gli spudorati, i deboli, ecc.
Necessari significa protagonisti. La messa fatta senza vivere la comunione con i poveri non serve a nulla. Necessari perché Dio ha voluto così, ha scelto così. Perché attraverso la croce la debolezza è divenuto il luogo della manifestazione di Dio. Il nostro re è un consegnato. La povertà come carisma, che deve divenire il ministero che tiene su la comunità.

Poveri non come destinatari di una prestazione, ma come soggetti ecclesiali. La povertà è il luogo della misericordia di Dio. Vivere i verbi del corpo, riconoscere la centralità dei più deboli significa riuscire a costruire davvero la comunità e testimoniare il Signore.
1 Cor 13: Paolo presenta l’amore nella sua concretezza, l’amore che passa attraverso la concretezza dei volti delle persone. E’ Gesù he ci ha fatto vedere la serietà delle persone. L’amore è la vita concreta delle persone. L’amore è tutte le volte che si dà la vita.
Dare la vita significa incontrare il Signore, diventare corpo della sua presenza dentro la storia. La carità non è un carisma, ma la via migliore, per la pienezza, è il modo più ricco per fare la strada insieme. Perché questa strada perché Gesù è così.

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mercoledì 18 novembre 2015

DAL SOVRAINDEBITAMENTO ALL'USURA






L’EMILIA E I NUOVI POVERI

ANALISI DEL FENOMENO E RISVOLTI PSICOSOCIALI
REGGIO EMILIA 18 NOVEMBRE 2015

Evento organizzato da LIBERA , SOS GIUSTIZIE, CAMERA DI COMMERCIO

Sintesi: Paolo Cugini


Manuel Masini
Obiettivo di darci degli strumenti. Occorre riconoscere le situazioni. Avere una cultura. Come capacità di analisi. Importanza di fare rete. La criminalità è organizzata e anche coloro che la combattono devono esserlo.


Lorenzo Frigerio (giornalista)
La mafia uccide i malavitosi. Dalla Chiesa: la mafia sta nelle maggiori città italiane. Bisogna capire il riciclaggio. C’è una rete mafiosa di controllo, che controlla il potere.
Capacità della criminalità mafiosa di estendere il proprio potere fuori dal raggio d’azione solito.

Articolo 416 Bis: colpisce l’azione riminale di tipo mafioso. E’ una norma che è contestata nelle udienze contro i mafiosi. Individua l’associazione mafiosa a partire dal metodo, di alcuni elementi. Senza il riferimento legislativo si corre il rischio di non capire il problema.
Calare l’articolo nel contesto emiliano.
Coloro che ne fanno parte: possono essere di qualsiasi regione.
Forza d’intimazione e un vincolo associativo che ha delle sue regole. Basta la semplice minaccia. Assoggettamento e omertà sono caratteristiche non solo del Sud, ma di ogni luogo dove la mafia si fa presente.
Estorsione e usura sono difficili da contrastare perché l’omertà è diffusa.
I magistrati parlano di omertà diffusa in contesti di sviluppo e cultura. C’è un grosso cambiamento culturale in questo senso. Il metodo è riproducibile in vari contesti, anche in quelli i n cui nessuno avrebbe immaginato. L’espansione delle mafie è frutto di mancanza di conoscenza del fenomeno. La diffusine della criminalità organizzata a livello internazionale è dovuta a elementi ben precisi. L’istituto del soggiorno obbligato. All’interno dell’operazione aemilia c’è il soggiorno obbligato c’è un tipo di nome Dragone 9/6/1982.
Soggiorno obbligato. I dati a disposizione sono dal 1987.
Processo migratorio degli anni ’70-
Sviluppo dell’industria e richiesta di mano d’opera a fronte del mancato sviluppo del Sud.
Interi quartieri si sono spostati dal Sud al Nord in ricerca di condizioni di vita migliori. Quando Dragone arriva, arrivano anche una serie di persone incensurate suoi amici, che vengono per cercare lavoro (criminale).
La stragrande maggioranza delle persone del sud che arriva è gente onesta. Chiaro che accanto a questi ci sono alcuni che fanno la scelta criminale sfruttando la rete dei parenti, mimetizzandosi all’interno di quel contesto. Non si può ridurre la presenza delle mafie al Nord con il fenomeno migratorio.
Disponibilità dei locali delle persone che abitano al Nord da tempo per fare delle scelte criminali. C’è la scelta criminale di persone del Nord. Senza questi appoggi la mafia non si sarebbe sviluppata. La sottovalutazione delle mafie è che c’erano anche un lavoro per insabbiare l’evidenza dei fatti.
L’obiettivo è l’arricchimento.
I meccanismi di usura nascono da un coinvolgimento sempre più mortale d’imprenditori a soggetti criminali.
Imprenditori che scelgono il socio criminale perché garantisce una serie di elementi che il socio legale non potrebbe garantire, come la liquidità di denaro, legami e rapporti con il mondo della politica; la capacità di esercitare la violenza.
28 gennaio: presenza di un’ndrangheta ramificata. E’ una propaggine di una locale di Cutro. Grande Aracri. Indagine che nasce da altri processi. Queste operazioni ci forniscono un quadro che ci dice che da 20 anni agisce una cellula cutresi che ha guadagnato autonomia. E’ il controllo delle menti. Un controllo che si fa forte del denaro.
N’organizzazione che ha saputo sviluppare le proprie capacità di forza a partire dal luogo. L’epicentro è Reggio Emilia. Nicolino Grande Aracri è il capo.
Tutto nasce 32 anni fa. 6 capi, organizzatori, affiliati, 219 imputati. Ci sono altri elementi pericolosi, che nascono dalla forza di questa cosca.
Omertà del mondo del giornalismo. C’è una ricostruzione secondo la quale questa organizzazione era attiva e pericolosa. Ci sono state parecchie sottovalutazioni legate all’incapacità di riconoscere il fenomeno per quello che era e si è lavorato per non farlo vedere. L’imprenditoria e un giornalismo a Reggio ha lavorato per insabbiare.

DON MARCELLO COZZI
Rischio di pensare che è un problema che riguarda altri, le associazioni preposte agli addetti ai lavori. Che cosa deve fare la gente?
La risposta è nel titolo dell’incontro. Abbiamo bisogno di leggi che possano rispondere. Non possiamo rimanere al di fuori. Sul piano sociale e culturale la riflessione ci deve riguardare. Che cosa c’entrano i poveri con le mafie?

In questi 20 anni abbiamo a che fare con un’usura di mafia. La riflessione deve partire dai numeri ma dobbiamo capire che cosa dicono questi numeri.
In questi ultimi due anni il 75% dei casi ascoltati di usura e indebitamento si tratta di usura di mafia. Dev’essere rivisto l’articolo 14 della legge 108, la legge anti usura, che riguarda il reintegro dei lavoratori autonomi che decidono di denunciare.
L’usura è la seconda voce in assoluto delle mafie. Il primo è la droga. La richiesta di droga è sempre molto alto. Non possiamo pensare che sia un fattore legislativo a sconfiggere il problema della droga.
Con libera si è lavoro su un’inchiesta della procura di Locri in Calabria: Usura bot delle mafie. Insieme d’inchieste fatte in tutt’Italia. La droga ha portato nelle case delle mafie 15 miliardi di euro. Sono 60 i clan mafiosi che si sono dati all'affare dell’usura su tutto il territorio del paese. 220 milioni di Euro nascosti nelle soffitte, nelle valigie, nei materassi.
Usura che si evolve, parliamo di usurai che chiedono di entrare nella società, acquistano delle quote nella tua società.
Villaggio turistico: 18 mila euro di usura al mese. L’usura di oggi si è molto evoluta.
Viene fuori un aumento del 113% rispetto al biennio precedenti di ascolti. Ascoltando le persone si coglie che a crisi non è passata.
Altro dato: nessuna richiesta di aiuto dalla Val d’Aosta e dal trentino. L’Istat sono le prime regioni in Italia per il PIL.

Le prime 5 regioni dalle quali sono venute ai servizi dello sportello SOS sono le 5 regioni del Sud. La crisi ha flagellato il Sud Italia.
Nel 2014 c’è stato un aumento di richiesta di aiuto di commercianti. C’è stato un calo vertiginoso dei lavoratori dipendenti. Perché? Ormai molti non si rivolgono più a noi che i debiti sono così tanti che nessuno è più in grado di aiutarli.

Sembra che molti si sono arresi dinanzi alla soluzione dei propri problemi.
Dobbiamo fermarci e riflettere. L’usura è la conseguenza di un sistema economico malato. L’usura è vissuta come male necessario. L’usura sembra essere diventata un ammortizzatore sociale.
Il problema è capire che mondo economico abbiamo costruito. E’ in questo sistema che occorre cercare le radici di quanto sta accadendo oggi. Ogni porta chiusa è una porta aperta per l’integralismo.





lunedì 16 novembre 2015

CELEBRAZIONE DEI 50 ANNI DI PRESENZA REGGIANA IN BRASILE




1965 - 2015
50 anni di cammino insieme
La Chiesa reggiana in Bahia - Brasile


Domenica 29 Novembre
ore 16.00
Sala Conferenze Museo Diocesano
Via V. Veneto 6 - Reggio Emilia



Ore 16,00
• Saluto di d. Romano Zanni
• Intervento di un fidei donum rientrato d. Paolo Cugini
• Presentazione del libro: “50 anni di cammino insieme.
   La Chiesa reggiana in Bahia Brasile”, d. Pierluigi Ghirelli
• Proiezione del DVD realizzato da Luci nel Mondo

ore 18,00
• Celebrazione Eucaristica di ringraziamento in Cattedrale
   presiede S. E. Mons. Massimo Camisasca

ore 19,00
• Rinfresco presso i locali della Mensa del Vescovo



Per informazioni
CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO
Via Ferrari Bonini 3 - Reggio Emilia
missioni@cmdre.it - www.cmdre.it tel. 0522/436840


giovedì 12 novembre 2015

PRESUPPOSTI METODOLOGICI PER UN COMMENTO AL VANGELO DI LUCA


Prof. Matteo Crimella
BOLOGNA 12 novembre 2015 – percorso di dottorato in teologia
Sintesi: Paolo Cugini
Premessa
Il commento a Luca nasce blindato perché l’editore ha stabilito una serie di regole rigide e rigorose.
5 regole:
1.      Proporzione fra il testo e il commento
2.      Sulla sinistra c’è il testo in greco e a destra la traduzione
3.      Ci sono delle note di tipo testuale, filologico e storico
4.      Il commento teologico non segue il testo passo a passo. Per ogni pericope deve individuare alcuni temi essenziali. Nel testo non ci sono note.
5.      Introduzione segue uno schema preciso dato dall’editore.

Qual è stato il lettore implicito? L’idea è quello di dare uno strumento dello studente medio di teologia biblica. E’ il confratello presbitero, il diacono, la persona che vuole approfondire il testo biblico.
Sono possibili due livelli di lettura:
1.      Per chi sa il greco
2.      Per coloro che non lo sanno

Quali sono i criteri metodologici per scrivere il commento?
1.      Impostazione del commento segue i criteri dell’analisi narrativa. L’analisi storico Critica si occupa del contesto, cerca ciò che c’è dietro al testo. Ricerca che cosa è accaduto, analizza le tradizioni e come sono state elaborate.
2.      L’analisi semiotica cerca di chiedersi qual è il funzionamento del testo. Nulla se non il testo e tutto il testo. Si tratta d’interrogarsi sulle operazioni del testo.
3.      L’analisi narrativa si pone sull’asse della comunicazione- Come il narratore organizza il materiale per il suo lettore? E’ un’analisi centrata sul lettore. Non interessa ciò che sta dietro al testo o sul funzionamento del testo. Si parte dal testo così com’è e quale effetto del testo sul lettore implicito. C’è anche spazio a domande storico critiche, la valorizzazione della redazione. Ciò obbliga a tenere il piede in due scarpe: diacronia e sincronia.

Scelte
1.      L’analisi narrativa abbisogna dei risultati dell’analisi storico-critica per evitare di essere un lavoro ingenuo. Questo livello di analisi è imprescindibile anche per evitare derive fondamentaliste.
2.      Teoria delle due fonti. (Lacman, articolo del 1885 sulla teoria delle due fonti).
3.      Il Vangelo è il primo tomo di un’opera in due volumi con uno stesso disegno teologico. Padre Dupont sosteneva che se gli Atti richiedono la conoscenza del Vangelo, il Vangelo è autonomo. Oggi su questo nessuno concorda.

4.      Non ho tenuto conto l’approccio dell’antropologia culturale e alle tradizioni giudaiche.

La schedatura di ogni articolo e libro letto è importante.
Commentari.
Padre Aletti ha scritto cose geniali e feconde che aprono piste di approfondimenti. Anche Marguerat.
Traduzione: formale. Riesce di più ad esprimere il testo rispetto a quella dinamica. Luca non usa il termine Vangelo ma evangelizzare.
Che cosa significa procedere secondo il metodo narrativo?
Distinzione fondamentale: differenza tra la cosa del racconto e il modo di raccontare una storia, la costruzione del racconto. Da una parte c’è il cosa e dall’alto il modo. Da una parte il contenuto informativo, dall’altra parte la forma particolare che le è data, la costruzione del racconto. L’analisi narrativa s’interessa a come la storia è raccontata.
Esempio: come Luca presenta il personaggio di Gesù. Da Luca 1,5-4,13. La presentazione di Gesù è affidata a varie voci. Il narratore interviene 4 volte. Cristo del Signore (2,26), sapienza, Figlio di Dio.

Oltre al narratore ci sono le voci celesti. Salvatore, Cristo, Signore. La voce dal cielo riconosce il Figlio, l’amato (3,21).
Nel racconto ci sono anche voci umane: Elisabetta (mio Signore). Zaccaria. Battista (parla di uno più forte). Diavolo (insiste sull’identità di Gesù). Ultima voce è di Gesù (Padre mio).
Il lettore ha accumulato una serie di tati inerenti all’identità di Gesù. Lc 4-24: attende di verificare ciò per cui è stato informato. C’è uno scarta tra la storia raccontata e la costruzione del racconto.
Il riconoscimento dell’identità profetica di Gesù da parte delle folle. Tipologia profetica: è presentato con i tratti di Elia. Per essere colto come messia Gesù dev’essere riconosciuto come colui che si realizzano le promesse profetiche. “Tu sei il Cristo di Dio”. La missione del messia sofferente è la grande novità. I discepoli dovranno ascoltare e credere alla parola di Gesù.
Riconosciuto da tutti come profeta e come messia dagli apostoli, deve iniziare il suo cammino verso Gerusalemme. Quanto è stato detto nei primi capitoli viene collocato con una domanda aperta: com’è possibile?
9,51s: tipologia del profeta rifiutato.
Luca può dare contenuto all’identità del profeta sofferente per mezzo di un dittico giocato sulla tipologia per capire la morte in croce. Luca affianca un’altra: il messia soffrente è discendente di Davide, il re. Il tema è il Regno di Dio, la regalità di Gesù proclamata in modo sempre più esplicito.
Qui s’introduce la tipologia regale. Prima la tipologia profetica poi la tipologia regale. Il cieco avendo saputo che Gesù sta passando grida: Figlio di Davide… E’ nella sua qualità di re che Gesù entra a Gerusalemme.

La tipologia regale ritorna nella parabola delle mine: Lc 19.
Gesù compie il suo ingresso regale in Gerusalemme come servo umile. E’ la moltitudine dei discepoli che lo riconosce come re. Fa eco alla professione di Pietro: tu sei il Cristo di Dio.
Dopo questa insistenza sulla doppia tipologia profeta re si capisce come il racconto della passione tutti i personaggi riconoscano l’innocenza di Gesù e la propria colpevolezza. E’ così per le donne, il buon ladrone, il centurione, le folle che tornano battendosi il petto. Il crocefisso è al contempo il ladrone perseguitato e colui che accoglie il ladrone nl suo regno.
Necessità della passione e morte in croce, che è parte del piano salvifico di Dio. Secondo esempio: analisi della cornice. Inizio e termine della narrazione.
Lc fa riferimento ad altri senza nominarli. Nel proemio non si parla mai né di Gesù né di Dio. Lc dichiara solo lo scopo della sua opera. Sullo sfondo c’è la situazione dei cristiani che non conoscono più nessuno di coloro che hanno conosciuto Gesù. Il Kerigma chiede racconto. E’ necessario il racconto affinché si possa annunciare il Kerigma. Lc scrive per gente di terza generazione: non hanno visto Gesù e neanche gli apostoli. E’ il nostro problema.
Lc non intende separare la storia dall’interpretazione. Atti 1,21-22: non basta aver visto il Signore, ma aderire alla fede comune. La testimonianza è un fatto teologico.
Aletti: processo di veridizione. Teofilo non è una persona digiuna di cristianesimo.

Se il proemio insiste sulla qualità gnoseologica del racconto, se andiamo alla fine del Vangelo nell’episodio dei discepoli di Emmaus troviamo la cornice finale. Modello drammatico. L’arte drammatica secondo Aristotele funziona dove c’è il capovolgimento e il riconoscimento. L’evangelista mostra che la stira che ha raccontato si divide in due parte: riconoscimento e capovolgimento si corrispondono.
L’opacità è la differenza tra il lettore e il personaggio. Gen 22,1. Abbiamo la chiave prima dell’inizio del racconto. Il lettore sa che il pellegrino è il Cristo risorto ma i due discepoli no. A volte succede il contrario.
All’inizio di Lc 24 il lettore ne sa più dei personaggi. Ironia drammatica.
Questo racconto è teso al riconoscimento di Gesù nella forma della fede. LC aveva dichiarato il suo intento di far riconoscere la fondatezza degli elementi della fede. Ora alla fine dell’opera per mezzo di un processo d’identificazione propiziato dal racconto chiede al lettore un riconoscimento dell’identità di Gesù attraverso la fede.
L’opera fa passare dal mancato all’effettivo riconoscimento attraverso la fede.
Altro esempio: buon samaritano. Origene, Agostino. Lettura allegorica. E’ una metafora della storia della salvezza. E’ una lettura che non tiene.
L’interpretazione storico-critica insiste sulla lettura contestuale. La parabole mette in gioco elementi cultuali e culturali.
Questa lettura esce dall’allegoria e aiuta a comprendere il funzionamento della parabola s’incaglia sul punto che sottolinea l’esemplarità del samaritano ma non fa il passo nei confronti della sentenza del dottore della legge.
Chi dice questa parabola? Gesù. La racconta in un contesto polemico. Da quale punto di Vista Gesù racconta la parabola? Dal punto di vista del ferito. Segnali:
1.      L’uomo aggredito non ha identità: è un membro dell’umanità. Facilita l’identificazione
2.      Il sacerdote e il levita non si fermano perché? Il silenzio va rispettato.
3.      La parabola abbonda di particolari quando il samaritano si ferma. Il lettore viene condotto a vedere la scena con gli occhi del ferito.
Racconti dell’infanzia. Sono stati trascurati dall’esegesi storico-critica.
Il parallelismo è un dato importante. Lc racconta Giovanni Battista e Gesù. Si vede che non c’è una corrispondenza perfetta.
Da dove vengono gli inni: Magnificat, benedetto, nunc dimittis, gloria. La risposta non è semplice. Sembrano testi infilati nell’ultimo momento.
Altro dato.  In Malachia si parla del giorno della sua venuta. Sembra il filo rosso del racconto di Luca. Possiamo vedere un dinamismo interno all’interno di Lc1-2.
Si mette l’accento sui titoli.
Come si orienta l’analisi narrativa? Parte dal testo così com’è e si chiede se ha senso. La narrazione dell’infanzia intreccia la dimensione antropologica e teologica.
Fede e interpretazione dei segni del compimento.













CORSO CARITAS





CORSO CARITAS PER OPERATORI DI CENTRO D’ASCOTO

Paolo Cugini
Il cammino di Chiesa intrapreso delle Unità Pastorali coinvolge anche il modo di vivere la carità. Ci siamo interrogati su questo tema lo scorso anno, dopo un anno di cammino. Abbiamo compreso che lo sforzo di camminare insieme doveva passare necessariamente anche dal modo nel quale ci avviciniamo agli ultimi. Uscire da un modo di fare assistenzialista, che tende a mantenere i poveri nel loro stato di povertà, coinvolgendo le persone al puro livello di contribuzione materiale, per camminare verso quello stile nel quale la Caritas diocesana da anni si sta muovendo. Ciò comporta una disponibilità all’ascolto, al farsi carico delle sofferenze dei fratelli e delle sorelle, soprattutto stranieri, che vengono a bussare alle porte delle nostre parrocchie. La chiesa povera di cui tanto parla papa Francesco rischia di rimanere sul piano della pura demagogia se non esce dal modello assistenzialista per incamminarsi verso un atteggiamento più responsabilizzante.
E’ dall’ascolto che possono iniziare cammini di liberazione degli stessi poveri. A volte è anche il sistema di aiuti che non permette ai poveri di uscire da una situazione d’indigenza per rimettersi in piedi e camminare con le proprie gambe. Gesù ci ha insegnato questo modello nella parabola del buon samaritano. Non si può pensare di fare la carità per il semplice fatto che si danno delle cose. Interessarsi della vita dei poveri, aiutarli a rialzarsi, rimettersi in cammino: è questo che la Caritas diocesana tenta di fare da anni. Un centro d’ascolto è senza dubbio una proposta in questa direzione, perché dall’ascolto delle persone in difficoltà si tenta di mettere in rete le risorse ecclesiali e sociali per elaborare una proposta, un cammino che si spera il più possibile propositivo.
L’ascolto dell’altro richiede un’attenzione particolare, richiede capacità di leggere tra le righe. Richiede anche la pazienza di andare al di là delle resistenze culturali che si frappongono nel dialogo con chi proviene da altre culture e che non permettono di cogliere la profondità della richiesta, che va al di la del dato materiale, anche se necessario. Per questo motivo, il percorso formativo proposto dalla Caritas diocesana prevede non solo dei momenti di recezione di contenuti, ma anche un momento di tirocinio nelle strutture che da anni lavorano sul territorio. L’ascolto delle povertà non consiste solamente in un’audizione passiva di richieste, ma anche e soprattutto l’elaborazione di una proposta, di un progetto che esige di essere continuamente verificato, aggiornato, modificato.
La proposta che presentiamo qui di seguito è sorta da un confronto tra il cammino realizzato in questi ultimi anni dalla Caritas dell’Unità Pastorale di Regina Pacis con la Caritas diocesana. Per questo motivo, la proposta che doveva all’inizio riguardare esclusivamente la succitata Unità Pastorale è rivolta a tutte le Caritas della diocesi che intendono aprire un centro d’ascolto. Per poter far parte di un centro d’ascolto si richiedono alcune capacità umane e cristiane unite ad un minimo di competenze. Saranno proprio queste ultime ad essere fornite dal corso che la Caritas propone.

Corso:
1.      Orientamenti biblici spirituali 16 gennaio
2.      Che cos’è un centro d’ascolto parrocchiale? 30 gennaio
3.      Approfondimento con le collaborazioni con le istituzioni – 13 febbraio
4.      Tecniche di ascolto 27 febbraio

Tirocinio
1.      Presenza affiancando l’accoglienza
2.      Affiancamento ai colloqui
3.      Partecipazione ad un’equipe settimanale


·         Il corso si terrà nei locali dell’Oratorio di Regina Pacis.
·         Le iscrizioni si raccolgono presso la Caritas Diocesana.

lunedì 9 novembre 2015

II CONGRESSO DI TEOLOGIA LATINOAMERICANA-BELO HORIZONTE




Alcuni spunti
Paolo Cugini

Si è svolto a Belo Horizonte, nello Stato di Minas Gerais in Brasile, il II Congresso di Teologia latinoamericana. Il primo si era svolto a Porto Alegre nel mese di ottobre 2012 in occasione del 50 anniversario del Concilio Vaticano II e del 40 della Teologia della Liberazione. A Belo Horizonte hanno partecipato circa trecento persone tra laici e teologi, riuniti per riflettere sul tema: Chiesa che cammina a partire dallo spirito dei poveri.

Secondo Pablo Bonavia, coordinatore dell’osservatorio Ecclesiale e integrante della commissione organizzatrice del Congresso, il su frutto principale è stata la presa di coscienza della necessità di una maggiore capacità di ascoltare le realtà semplici e quotidiane. Notevole è stata anche la partecipazione dei giovani che, non solo si sono fatti presenti più numerosi del Congresso del 2012, ma hanno preso in diverse circostanze la parola.

Ascoltandole relazioni – disponibili su youtube- si coglie la grande profondità di contenuti sul tema dello Spirito Santo. Per Marcelo Barros, monaco e punta di spicco della teologia della liberazione brasiliana, vivere secondo lo Spirito ci porta a contemplare l’azione di Dio a partire da un’attitudine di fede e fiducia che non è sempre facile avere. E’ allora importante riconoscere la presenza dello Spirito dove non sempre siamo portati a riconoscere, come ad esempio nei movimenti sociali, nei gruppi e nelle comunità di appartenenza. Carlos Mesters, a questo proposito ha ricordato, che lo Spirito Santo non è un’invenzione cristiana, ma lo troviamo già presente nell’antichità. “Lo Spirito Santo – ha ricordato Carlos – appare nell’Antico Testamento come forza che dà vita alla propria opera creatrice e accompagna la vita del popolo di Dio durante i secoli, come energia e soffio creatore che comunica la vita”.
Secondo Francisco Orfino lo Spirito ha una triplice meta nella vita del popolo di Israele. Nella creazione lo Spirito ha come grande meta quella di mantenere l’equilibrio, l’armonia tra i poli antagonici. E’ sempre lo Spirito che ci dà le risposte attraverso la Parola. Nell’opinione di Orfino qualsiasi manifestazione culturale in difesa della vita viene da Dio. Lo Spirito che accompagna la gita d’Israele si fa anche presene nella vita di Gesù, dei discepoli e delle prime comunità.

A questo proposito La biblista brasiliana Solange do Carmo afferma che l’azione di Gesù parte da un’esperienza dello Spirito e a questa sempre ritorna: è questo che appare in modo evidente nel Vangelo di Luca. Nell’opinione di Solange chi fa esperienza dello Spirito non ha più bisogno di nulla e, per questo, non si può comprendere la gita di Gesù e dei discepoli senza la forza dello Spirito.

E’ stato Victor Codina a ricordare che lo Spirito agisce dal basso verso l’alto. Infatti “il Signore desidera trasformare la storia a partire dagli ultimi”. Per capire se una realtà viene dallo Spirito è necessario confrontarla con Gesù di Nazareth e con il suo progetto del Regno di Dio. Codina vede l’elezione di papa Francesco un’ulteriore prova he lo Spirito realmente agisce dal basso. Durante il Congresso si è fatto spesso riferimento alla presenza dello Spirito nel magistero e nell’azione di papa Francesco.



sabato 7 novembre 2015

TESI DI LICENZA IN TEOLOGIA: UN NUOVO MODO DI ESSERE CHIESA







[Sarà discussa a metà dicembre 2015]


TITOLO COMPLETO:


UN NUOVO MODO DI ESSERE CHIESA:
LE COMUNITÀ ECCLESIALI DI BASE IN BRASILE
Storia e caratteristiche di un’esperienza di evangelizzazione


INDICE
INTRODUZIONE............................................................................................ 9
CAPITOLO PRIMO: L’ORIGINE DELLE COMUNITA ECCESIALI DI BASE (CEBs) IN BRASILE E I PRIMI SVILUPPI...................................................................... 17
1    La religiosità popolare.............................................................................. 18
1.1    La pratica sacramentale nelle comunità della campagna: le sante missioni, le Romarie e le desobriga........................................................................................................... 22
1.2    Le Romarie (i pellegrinaggi)............................................................... 26
1.2.1    Buon Gesù della Lapa.................................................................... 27
1.2.2    Padre Cicero................................................................................... 28
2    Alcune esperienze alla base della nascita delle CEBs (1954-1965)........ 31
2.1    L’Azione Cattolica.............................................................................. 31
2.2    La catechesi popolare a Barra do Piraì............................................. 32
2.3    Il Movimento di Natal......................................................................... 34
2.4    Il Movimento di Educazione di Base (MEB)....................................... 35
2.5    L’inserimento delle religiose a Nizia Floresta.................................... 36
2.6    Il Movimento per un Mondo Migliore (MMM).................................. 37
2.7    Il Piano di emergenza per la Chiesa del Brasile (1962)..................... 37
3    La congiuntura politico-economica......................................................... 38
4    Congiuntura ecclesiale.............................................................................. 42
5    Tappe di un cammino nell’immediato dopo Concilio: dal Piano Pastorale del 1966 all’Inter-ecclesiale del 1983................................................................................................. 48
5.1    Il Piano Pastorale d’Insieme della CNBB (1966)............................... 48
5.2    Il Documento di Medellin della CELAM (1968)................................. 50
5.3    Evangelii Nuntiandi (1974)................................................................. 51
5.4    Alcune esperienze specifiche di CEBs sorte dopo il Concilio in Brasile (1967-1984)  52
5.5    Gli incontri Inter-ecclesiali (1975-1983)............................................. 55
5.5.1    Il primo Inter-ecclesiale (1975)...................................................... 55
5.5.2    Secondo Inter-ecclesiale (1976)..................................................... 56
5.5.3    Terzo Inter-ecclesiale (1978).......................................................... 57
5.5.4    Gli Inter-ecclesiali negli anni ‘80.................................................... 58
5.5.5    Quarto Inter-ecclesiale (1981)........................................................ 59
5.5.6    Quinto Inter-ecclesiale (1983)........................................................ 61
5.6    Puebla (1979)....................................................................................... 62
CAPITOLO SECONDO: IDENTITA’ E CARATTERISTCHE DELLE COMUNITA’ ECCLESIALI DI BASE..................................................................................... 65
1    Tentativo di definizione............................................................................ 65
1.1    Cosa dicono i maggiori studiosi delle CEBs?..................................... 66
1.2    La parola ai protagonisti.................................................................... 68
2    CEBs: un nuovo modo di essere chiesa................................................... 70
3    Le CEBs e l’opzione preferenziale dei poveri......................................... 74
4    CEBs e impegno politico........................................................................... 81
4.1    Le Pastorali Sociali............................................................................. 82
4.2    Fede e vita........................................................................................... 87
4.3    Le CEBs e il Progetto Politico Popolare............................................. 89
4.4    Il problema dell’impegno partitico..................................................... 93
4.4.1    L’incontro Inter-ecclesiale del 1981: prime indicazioni del delicato rapporto tra politica e partiti nelle CEBs...................................................................................................... 95
4.4.2    L’incontro Inter ecclesiale del 1986: la scelta partitica delle CEBs. 96
5    I circoli biblici e la lettura popolare della Bibbia nelle CEBs................ 99
5.1    Il circolo ermeneutico di Juan Luis Segundo.................................... 100
5.2    I primi passi del metodo della lettura popolare della Bibbia............ 102
5.3    Il triangolo ermeneutico della lettura popolare della Bibbia........... 103
5.4    La rilettura biblica: momento fondamentale del metodo di lettura popolare della Bibbia     107
5.5    Il Centro di Studi Biblici (CEBI)....................................................... 110
6    La ministerialità nelle CEBs................................................................... 111
6.1    Lo spinoso problema del rapporto tra leaders delle CEBs e potere politico locale    112
6.2    La ministerialità delle CEBs ad intra............................................... 114
6.3    Ministerialità delle CEBs ad extra.................................................... 119
6.4    La formazione dei laici e la democratizzazione della vita della chiesa 124
CAPITOLO TERZO: DA SANTO DOMINGO AD APARECIDA IL CAMMINO DELLE CEBs DAL 1990 AL 2008............................................................................................ 129
1    Gli anni ‘90.............................................................................................. 132
2    Il periodo del PT al potere (2002-2015)................................................. 134
3    Il Cammino delle CEBs tra pentecostalismo e movimenti carismatici cattolici  138
3.1    Il movimento neo-pentecostale.......................................................... 139
3.2    CEBs e Rinnovamento Carismatico Cattolico (RCC)...................... 142
4    Le CEBs a Santo Domingo.................................................................... 146
5    Le CEBs nel documento di Aparecida.................................................. 152
6    Una nuova ecclesiologia? Il dibattito sulla parrocchia come rete/comunità di comunità         157
6.1    Il limite di questa impostazione......................................................... 159
CONCLUSIONE.......................................................................................... 165
BIBLIOGRAFIA.......................................................................................... 175
APPENDICE................................................................................................ 201
Se a Igreja não mudar de modelo, será abandonada pelas massas.......... 201
Patto delle catacombe................................................................................. 214
Assembela diocesi di ruy barbosa 17-20 novembre 2011.......................... 217





INTRODUZIONE


Il presente lavoro è nato dal desiderio di conoscere più in profondità, sia dal punto di vista storico che teologico, il cammino di quella particolare esperienza di chiesa vissuta nelle Comunità Ecclesiali di Base brasiliane (CEBs), che ho accompagnato per circa quindici anni. Già questo può indicare sia il pregio che il limite di un simile lavoro. Il pregio sta nello sforzo di ricercare le radici storiche di un’esperienza di chiesa, molto diversa da quella italiana, un’esperienza conosciuta direttamente sul posto. E’ questa diversità che è all’origine della presente ricerca. Tornando in Italia dopo quindici anni di missione nel Nordest del Brasile accompagnando la vita ecclesiale di tantissime CEBs, mi sono interrogato sull’origine di una tale specificità. Che cosa c’è stato all’origine di un percorso di comunità nelle quali sono i laici, soprattutto donne, che celebrano la liturgia domenicale? Com’è potuto sorgere un’esperienza di chiesa nella quale pochi presbiteri riescono a gestire territori vastissimi? Come mai le liturgie nelle CEBs sono così aderenti alla vita?
Nelle CEBs è visibile il significato della Chiesa come popolo di Dio, perché la loro vita non dipende dalla presenza del presbitero, ma è gestita completamente dalle persone del posto. Ciò non significa che le CEBs fanno senza il presbitero, ma che l’assenza di questa figura non determina la fine della comunità. L’ecclesiologia del Concilio Vaticano II ha dato impulso all’esperienza delle CEBs nel senso che in esse ha trovato il terreno ecclesiale idoneo per svilupparsi. I grandi temi del Concilio Vaticano II, vale a dire la Chiesa come comunione e come popolo di Dio, la Chiesa come serva dell’umanità e in dialogo con il mondo, l’impegno sempre maggiore dei laici erano già presenti in germe nel cammino delle CEBs.
Il risultato di ciò che viene descritto nel primo capitolo è unico in Italia, nel senso che non c’è a tutt’oggi in Italia un testo che descriva nei dettegli l’origine delle CEBs. Tutto il materiale citato è in lingua portoghese o spagnola. Già questo è un dato significativo. Si è parlato – soprattutto negli anni ’70 e ’80 – anche in Italia delle CEBs, ma senza un tentativo di comprendere in profondità il senso della proposta. Si sono spesi fiumi di parole sulla Teologia della Liberazione, ma senza cercare di approfondire il terreno dal quale è germogliata e cresciuta, vale a dire le CEBs.
 Anche questa è già un’indicazione importante di metodo in teologia. Per conoscere il significato delle espressioni teologiche è necessario partire dalla ricostruzione storica. Esiste una relazione intrinseca tra teologia e storia, tra riflessioni teologiche e sviluppo storico. Da alcuni decenni, solo per fare un esempio, si cerca di comprendere il mistero eucaristico e la teologia che si è sviluppata attorno a questo mistero, accompagnando l’evoluzione storica di come è stato celebrato nei secoli. La teologia della liberazione ha un suo metodo specifico e, soprattutto, un contesto storico dalla quale dipende in modo esclusivo. Non è possibile comprendere il senso delle affermazioni dei teologi della Liberazione sulla Chiesa, senza conoscere il cammino storico delle CEBs. E’ una teologia contestualizzata, che nasce dal basso, osservando ciò che lo Spirito Santo suscita nelle comunità contadine composte quasi esclusivamente da persone povere. Il seguente lavoro vuole essere un contributo alla comprensione di quella particolare riflessione sorta negli anni ’70 e sviluppatasi in tutta l’America Latina che tante perplessità ha suscitato nel mondo Occidentale.
Accompagnare il cammino storico di un’esperienza di Chiesa significa non solo comprenderne l’origine, ma anche essere attenti ai cambiamenti avvenuti. Leggendo la presente ricerca ci si rende conto di quanto le CEBs siano mutate nel corso degli anni. Ciò significa che le CEBs degli anni ’70 non sono quelle che ancora oggi si trovano in Brasile. Molto spesso le incomprensioni che avvengono negli incontri tra gli operatori pastorali delle CEBs in Brasile è dovuto esattamente a questo livello. Coloro che provengono dall’esperienza delle CEBs delle origini non riescono a staccarsi dal modello originario, rifiutando in questo modo la realtà delle cose. Chi parla di CEBs oggi deve specificare a ciò che si riferisce. Come vedremo nel capitolo finale, c’è stato un graduale processo di spiritualizzazione delle CEBs, dovuto soprattutto all’influenza dei movimenti carismatici e neo pentecostali. Cogliere la modalità di un’esperienza di Chiesa che nasce con un accentuata impronta sociale e politica si sia trasformata per certi aspetti nel suo opposto, sarà uno degli obiettivi di questo lavoro.
La prima parte del presente ricerca, cercando l’origine dell’esperienza delle CEBs, si pone l’obiettivo di comprendere lo stato attuale di questa esperienza di Chiesa. Se negli anni ’70 e ’80 la Chiesa brasiliana e sudamericana s’identificava con l’esperienza delle CEBs, oggi non è più così non solo perché i tempi sono cambiati, ma anche perché la stessa Chiesa latinoamericana è cambiata. Oggi la Chiesa brasiliana non è più una chiesa di CEBs, ma è soprattutto una Chiesa con una forte presenza di movimenti carismatici. Il desiderio profetico di mondo più giusto e solidale, che ha condotto molto dei leaders delle CEBs a rischiare e a donare la propria vita a causa dei contrasti avvenuti nell’epoca della dittatura militare, non è più così presente nel cammino attuale. I toni sono molto più sfumati e il discorso e l’attenzione sono molto più rivolti ad intra che ad extra, come era nelle CEBs delle origini.
Siccome si tratta di un’esperienza di Chiesa e di una teologia contestualizzata, abbiamo dato ampio spazio in tutti i tre capitoli all’analisi storica, politica ed economica del Brasile. Le diversità d’impostazione delle CEBs durante i decenni sono dovute anche ai cambiamenti storici non solo in campo politico, ma anche ecclesiale. Capire la storia per comprendere meglio la chiesa e comprendere la Chiesa attraverso il cammino della storia: è questo uno dei leitmotiv del presente lavoro.
Il centro della ricerca è la presentazione delle caratteristiche delle CEBs. Per questo il secondo capitolo è il più corposo. Le CEBs sono state per lungo tempo accusate di essere eccessivamente politicizzate e, per questo, abbiamo dato ampio spazio all’analisi storica e politica. Se le CEBs ad un certo punto del percorso hanno preso un direzione partitica, ci sono stati dei motivi che vanno ricercati nel delicato periodo storico in questione. Ancora oggi nelle assemblee annuali delle diocesi del Nordest brasiliano, ampio spazio viene dato all’analisi della congiuntura politico e storica. Si discute della Chiesa dopo aver tentato di comprendere la realtà nella quale si è inseriti. Lo sforzo di lettura della realtà sorge dalla presa di coscienza che la Chiesa ha un ruolo nella storia quotidiana degli uomini e delle donne. L’interazione fede e vita è una caratteristica fondamentale del cammino delle CEBs. La presente ricerca cerca di mostrare il dinamismo di questa interazione. Sarà un obiettivo fondamentale cogliere gli eventi che hanno condotto alla rottura di questo dinamismo, aprendo così la strada al processo di spiritualizzazione sopra accennato.
Altro elemento caratteristico dell’esperienza delle CEBs che cercheremo di documentare è la centralità della Parola di Dio. Il metodo di lettura popolare della Bibbia, che sin dagli anni ’70 si diffuse nelle CEBs, è nato e si è sviluppato in Brasile per poi diffondersi in tutta l’America Latina. Ho partecipato a centinaia di circoli biblici sia in comunità della zona rurale che delle periferie povere delle città. Ho osservato la dimestichezza dei poveri con la Parola di Dio, il modo con il quale i leaders sanno condurre un circolo biblico per aiutare le persone a interpretare il proprio vissuto e il cammino della storia a partire dal testo ascoltato. Sono sempre rimasto molto sbalordito dalla quantità d’interventi e dalla profondità delle analisi proposte. E’ sul campo che ho compreso che la lettura popolare della Bibbia non significa una lettura semplicistica e superficiale, ma che il popolo concreto diviene la chiave d’interpretazione del testo. E’ significativo che sin dalla fine degli anni ’70 si sia sentita l’esigenza in Brasile di valorizzare l’esperienza in atto formando un centro di studi biblici che fosse in grado non solo di produrre sussidi per le CEBs, ma anche e soprattutto che fornisse corsi di formazione per i leaders. Ampio spazio dedicheremo, nel corso del secondo capitolo, alla presentazione nei dettagli della formazione e dello sviluppo del metodo di lettura popolare della Bibbia.
Nello svolgimento della ricerca abbiamo utilizzato diversi livelli di documentazione. Grazie alla grande quantità di materiale documentario contenuto alla biblioteca del CEDOR (Centro di Documentazione Oscar Romero), che probabilmente è il più importante centro di documentazione sull’America Latina presente in Italia, ho avuto accesso sia a monografie che a riviste specifiche, oltre che ad un considerevole numero di tesi di licenza o di dottorato sui temi analizzati nel presente lavoro.  In primo luogo, abbiamo attinto agli articoli delle Rivista Ecclesiastica Brasiliana (REB) che ha accompagnato soprattutto negli anni’70 e ’80 – che corrispondono alla direzione della rivista di Leonardo Boff – il cammino delle CEBs. E’ nelle pagine della REB che i principali teologi della liberazione brasiliani hanno riflettuto sui diversi aspetti che l’esperienza delle CEBs produceva nel corso degli anni. Sfogliando le pagine della REB ci si rende conto del nuovo metodo teologico adottato dai teologi della liberazione, che consiste nella valorizzazione degli eventi storici, nello sforzo di cogliere i segni dei tempi. Una teologia contestualizzata, dunque o, come si suole dire, una teologia dal basso, che si pone in ascolto delle situazione concrete di quella porzione di umanità che vive il cammino delle CEBs. Avremo modo di osservare durante la presente ricerca come in realtà avvenga spesso e volentieri l’operazione inversa, vale a dire, quanto le riflessioni dei teologi abbiano influenzato le scelte del cammino delle CEBs.
Altra fonte importante utilizzata nel corso del lavoro sono state le relazioni degli incontri Inter-ecclesiali attivati sin dagli anni ’70, per permettere ai leaders delle varie CEBs sparse sull’amplio territorio brasiliano d’incontrarsi, di condividere esperienze ed idee. Ho dato ampio spazio, sia nel primo che nel secondo capitolo, alla voce dei protagonisti di questi incontri che hanno segnato profondamentE – e tutt’ora segnano – il cammino delle CEBs in Brasile. E’ stato, infatti, durante gli incontri Inter-ecclesiali che i leaders laici delle CEBs assieme a religiosi, presbiteri e vescovi hanno potuto verificare periodicamente il cammino intrapreso, valutare le scelte da prendere e indicare le nuove mete. L’esperienza degli incontri Inter-ecclesiali rende visibile quel nuovo modo di essere chiesa vissuto all’interno delle CEBs. Nuovo nella modalità democratica – durante gli incontri si decide per alzata di mano dove tutti hanno lo stesso diritto di voto -, nelle liturgie partecipate e attente al dialogo interreligioso, nella centralità effettiva della Parola di Dio.
Il cammino delle CEBs ha caratterizzato il cammino della Chiesa brasiliana e Latinoamericana e, per questo, non si poteva lasciare da parte, nel corso dell’analisi dei vari aspetti sia i documenti sia della Conferenza Episcopale Brasiliana (CNBB), che della Conferenza Episcopale dell’America Latina e Caraibi (CELAM). Lungi dall’essere un’esperienza isolata, le comunità di base hanno segnato profondamento il cammino della chiesa latinoamericana e, sin dalle origine, hanno visto l’attenzione sia di vescovi locali, che delle conferenze nazionali. Come vedremo, il primo documento ufficiale della CNBB che riflette in modo positivo attorno all’esperienza delle CEBs risale al 1962, a pochi anni cioè dal sorgere di questa esperienza di Chiesa. E’ inoltre impossibile scrivere attorno alle CEBs senza far riferimento ai grandi documenti del CELAM che hanno segnato epoche, proposto modelli pastorali, lanciato idee teologiche di grande respiro. I documenti elaborati a Medellin e Puebla hanno segnato non solo il cammino della Chiesa Latinoamericana, ma scosso anche le coscienze dei cristiani delle chiese occidentali.


Voce importante e significativa che è intervenuta in vari momenti durante l’elaborazione del presente studio è quella dei protagonisti, sia dei leaders delle CEBs che delle persone del popolo. E’ questa una voce che a volte si fa esplicita, mentre la maggior parte delle volte rimane implicita. Sono i ricordi di tanti incontri, dialoghi, di tante celebrazioni e di cafezinhos che hanno lentamente alimentato la mia anima e guidato la ricerca. Se la conoscenza diretta dell’esperienza analizzata è senza dubbio una forza, un dato positivo perché dice di una competenza nel merito, dall’altra può diventare un limite. La precomprensione quanto è molto abbondante può divenire ingombrante. E’ questo certamente il mio caso. Durante la ricerca ho fatto fatica a mettere da parte ciò che sapevo e che volevo dimostrare. E’ stata la mia precomprensione dell’oggetto in questione che ha guidato la selezione dei documenti, velocizzato la ricerca e indicato l’indice. Di questa minaccia all’oggettività della ricerca svolta ne sono pienamente consapevole e, per certi aspetti, non poteva essere altrimenti. Se ho scelto di realizzare questo studio è perché volevo comprendere meglio l’esperienza vissuta in prima persona, desideravo conoscerne l’origine e i primi sviluppi, approfondirne le caratteristiche. In ogni modo, come c’insegna una lunga schiera di studiosi di ermeneutica, l’oggettività della ricerca è un’utopia difficile da raggiungere e probabilmente nemmeno molto reale.