giovedì 25 giugno 2020

CHIAVI DI LETTURA DEL LIBRO: CHIESA POPOLO DI DIO







L'ultimo libro pubblicato intende offrire una riflessione intorno all’idea di Chiesa come popolo di Dio. Non si tratta di uno studio sistematico, nel senso classico del termine, vale a dire che la seguente ricerca non intende presentare una riflessione organica e articolata sull’oggetto di studio. Intende, invece, accompagnare lo sviluppo di un’idea di Chiesa sperimentata prima sul campo e poi ricercata tra le pagine di quella storia scritta dalla Chiesa latinoamericana, che oggi è possibile vedere nella proposta ecclesiale di papa Francesco. Il nostro desiderio è quello di gettare un ponte tra l’esperienza delle comunità ecclesiali di base latinoamericane, le intuizioni conciliari della Chiesa come popolo di Dio e la proposta di Francesco di una Chiesa missionaria, misericordiosa, che desidera integrare tutti nel suo cammino. Diversi sono i criteri che hanno guidato la stesura del presente studio.

Il primo e il più immediato è quello autobiografico. Il punto di partenza di questa ricerca, infatti, è l’esperienza da noi realizzata in quindici anni vissuti all’interno delle comunità ecclesiali di base del Nord-Est del Brasile. Il contatto con parrocchie immense, sia come territorio ma, soprattutto, nel numero di Comunità di base che le compongono, ha permesso di verificare la validità di un cammino di Chiesa in cui la ministerialità, in tutti i suoi aspetti, è all’ordine del giorno. Vivere il ministero in parrocchie costituite da decine di comunità comporta la capacità di porre fiducia nei laici e nelle laiche presenti sul territorio, di collaborare con loro in un comune progetto di evangelizzazione. Dall’esperienza pastorale sul campo è nato il desiderio di approfondire il cammino di questa Chiesa, per giungere alla scoperta della grande sintonia con la proposta conciliare della Chiesa come popolo di Dio, scoperta avvenuta non solo attraverso la lettura dei principali documenti della Chiesa latinoamericana, in modo particolare brasiliana, ma anche attraverso l’incontro con operatori e operatrici di pastorale.

Il presente lavoro si pone in continuità con la ricerca da noi realizzata a conclusione del corso di licenza in Teologia dell’evangelizzazione: Un nuovo modo di essere Chiesa. Le comunità ecclesiali di base in Brasile: storia e caratteristiche di un’esperienza di evangelizzazione.[1] Si tratta di una ricerca di carattere storico, focalizzata sull’analisi delle origini e della vita delle Comunità ecclesiali di base in Brasile. La presente tesi di dottorato in Teologia dell’Evangelizzazione tenta invece di cogliere la portata teologica e, in modo particolare, ecclesiologica di questa particolare esperienza di Chiesa. Non abbiamo voluto, quindi, ripetere la narrazione storica, ma soffermarci sugli sviluppi attuali per coglierne sia le criticità e, soprattutto, la possibilità di una proposta per il cammino della Chiesa.



Un secondo aspetto autobiografico ha stimolato la presente ricerca: l’esperienza di parroco in un’unità pastorale di cinque parrocchie, vissuta una volta rientrato in Italia. Le domande sottese alle scelte pastorali di questi ultimi anni sono sempre state orientate alla ricerca di un possibile utilizzo dell’esperienza maturata negli anni trascorsi in Brasile. Senza dubbio, l’idea non consisteva in un semplice trasferimento da un modello di Chiesa ad un altro, ma nel capire in profondità che cosa il particolare cammino della Chiesa latinoamericana e, in modo particolare quella brasiliana, potesse offrire all’esperienza ecclesiale italiana nel tentativo messo in atto delle Unità Pastorali, che esigono attenzioni nuove e modalità nuove non solo di evangelizzazione, ma anche di vivere il ministero. Come avremo modo di vedere, grazie ad una serie di Conferenze episcopali che hanno coinvolto tutto il continente, la Chiesa latinoamericana ha attualizzato sin da subito i contenuti del Concilio Vaticano II. La riflessione si è concentrata sin dall’inizio, sul modo di coinvolgere le chiese locali nella proposta di Chiesa come popolo di Dio, individuata quale modello ecclesiale presente nel cammino delle Comunità di base. Questo aspetto è, a nostro avviso, l’elemento più significativo del cammino della Chiesa latinoamericana, che ha percepito la proposta ecclesiologica del Vaticano II in sintonia con il proprio specifico cammino. In questo modo, l’opzione preferenziale per i poveri, la valorizzazione del laicato, la sinodalità, l’impegno in difesa delle classi più povere alla ricerca delle cause della disuguaglianza sociale, l’attenzione alla religiosità popolare e alla cultura, più che punti di partenza su cui impostare un progetto pastorale, divennero sviluppo di scelte pastorali già in atto.

Il secondo criterio per comprendere la seguente ricerca, è il contesto in cui essa si è svolta, vale a dire la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna. Non abbiamo svolto questo studio in modo indipendente dagli studi realizzati in questa sede, soprattutto nel periodo degli anni della Licenza in Teologia dell’Evangelizzazione, ma abbiamo scelto di inserirla in modo profondo in questo cammino. La prova di ciò sono le citazioni di diversi corsi frequentati e di alcuni studi dei professori della Facoltà. Il primo materiale a cui abbiamo attinto nella selezione dei contenuti utili alla ricerca, è rappresentato dai corsi frequentati e dai suggerimenti bibliografici dei docenti, che ringraziamo. La stessa idea iniziale del presente studio è avvenuta durante la frequenza del corso del professor Valentino Bulgarelli: “La questione ecclesiologica per una nuova evangelizzazione” (Anno Accademico 2013-2014), che mostrava il volto di una Chiesa attraente, che dall’esperienza delle prime comunità narrate nel libro degli Atti degli Apostoli, giungeva sino all’attuale camino ecclesiale proposto da papa Francesco. Ed è proprio questa l’ossatura principale del presente lavoro, che tenta di mostrare la continuità e, allo stesso tempo, la creatività della proposta ecclesiale di Papa Francesco in relazione alla proposta ecclesiale del Concilio Vaticano II di una Chiesa come popolo di Dio. Se durante la frequenza del corso del professor Bulgarelli, poi divenuto il primo relatore della ricerca, è emersa l’intuizione iniziale, lo stimolo a realizzarla è avvenuto durante uno dei seminari di dottorato del professor Paolo Boschini, il quale sosteneva la necessità di lavorare su un oggetto di ricerca che incontri l’effettivo interesse del candidato. Sono state queste parole che ci hanno mostrato come l’esperienza personale, lungi dall’essere un intralcio, può divenire uno stimolo che orienta la ricerca verso un progetto condivisibile.


Un terzo livello di comprensione della seguente ricerca è il rapporto con le fonti. Per lo svolgimento del seguente lavoro, che ha come oggetto di studio il modello ecclesiologico della Chiesa popolo di Dio, siamo partiti dai documenti del Concilio, e abbiamo passato in rassegna diversi documenti della Chiesa latinoamericana e brasiliana, decidendo di privilegiare il rapporto diretto con i documenti, e lasciando in seconda battuta le ricerche sugli stessi. Questo significa che ogni qual volta viene analizzato un documento ecclesiale, il testo finale offre un’analisi del conduttore della ricerca, prima di affidarsi all’interpretazione degli studiosi. Ci è parso questo un criterio fondamentale, in grado di attribuire senso e ragione di una ricerca di dottorato, che deve poter esprimere la recezione dei criteri ermeneutici in grado di analizzare un documento. Su questa prima stratificazione ermeneutica è poi avvenuto il confronto con la letteratura a disposizione. Questa chiave interpretativa ha costituito una svolta nello svolgimento della ricerca. L’oggetto principale del nostro studio, cioè il modello ecclesiologico della Chiesa come popolo di Dio, ci ha posto dinanzi a una bibliografia sterminata, che ha creato, in un primo momento, una grande preoccupazione. Il rischio era duplice: da una parte la possibilità di perdere di il filo che orientava la ricerca, e di condurla per percorsi secondari; dall’altra, quella di insistere eccessivamente sullo spessore scientifico, perdendo di vista il dato storico ed esperienziale. Privilegiare il contatto diretto con i documenti, ci ha inoltre consentito di selezionare i temi da evidenziare. L’espressione “Chiesa popolo di Dio” può indicare, infatti, una miriade di aspetti tutti importanti del modello ecclesiale in questione, al punto da non permettere un discernimento efficace. Il contatto diretto con i documenti, orientato dall’esperienza realizzata sul campo, ci ha permesso di individuare gli aspetti che in seguito abbiamo approfondito. Le scelte bibliografiche sono state dunque, orientate dalla nostra analisi dei documenti. Questo significa che in tutte e tre le parti di cui è composta la presente ricerca, abbiamo privilegiato le fonti documentarie. Rimane comunque, importante ricordare che il lavoro svolto ha come punto di partenza e di arrivo l’esperienza sul campo.


Un quarto criterio che può aiutare a comprendere il percorso intrapreso, deriva dalla scelta del materiale utilizzato durante la ricerca. Abbiamo utilizzato quasi esclusivamente studi realizzati negli idiomi di nostra conoscenza, vale a dire: francese, portoghese e spagnolo oltre, chiaramente, all’italiano. Per realizzare la prima e la terza parte, vale a dire quella sulle Comunità di base in Brasile e sulla proposta ecclesiale di Francesco, il materiale a nostra disposizione era quasi tutto in portoghese e spagnolo. Nella letteratura italiana non esiste uno studio che prenda in esame i documenti della CNBB da noi analizzati nella prima parte. È questo un primo livello di originalità di questa ricerca che ci sembra opportuno sottolineare. Si parla anche in Italia di Chiesa latinoamericana, ma spesso senza conoscere i documenti ecclesiali, e tanto meno gli sviluppi attuali. Parlare delle Comunità di base nel loro periodo di massimo splendore è estremamente diverso dall’occuparsi di questo cammino nel suo sviluppo attuale. Abbiamo, dunque, sfogliato le fonti originali per documentare il cammino di una Chiesa che negli ultimi decenni è cambiata significativamente, ma che, nonostante tutto, ha ancora qualcosa da dirci.

Un quinto livello ermeneutico riguarda il metodo. Questa ricerca può essere analizzata con il metodo utilizzato dalla Chiesa latinoamericana nella redazione dei propri documenti, vale a dire il metodo del vedere, giudicare e agire. La prima parte, come già abbiamo sottolineato, ha come punto di partenza il “vedere” quella specifica esperienza ecclesiale da noi vissuta: le Comunità ecclesiali di base del Nord-Est del Brasile. Questo primo livello permette di comprendere il significato delle modalità di attuazione della Chiesa come popolo di Dio. Ministerialità, sinodalità, centralità della Parola e opzione preferenziale per i poveri, prima di essere frutto di un’elaborazione teologica, sono il contenuto di uno specifico cammino di Chiesa. È questo “vedere” che fornisce lo spunto per analizzare il modello ecclesiale sottostante, vale a dire la Chiesa come popolo di Dio. La seconda parte, in questa prospettiva, corrisponde al “giudicare”. L’analisi dei documenti del Conciliano Vaticano II che, dopo secoli, ripropone l’idea di Chiesa come popolo di Dio, e dei documenti delle Conferenze episcopali latinoamericane di Medellín (1968) e Puebla (1979), ci permette di “giudicare” la validità di quell’esperienza ecclesiale da noi presa in considerazione e verificarne le condizioni di possibilità attuale. Il contatto con i documenti prodotti negli anni ‘80, soprattutto i documenti riguardanti il Sinodo straordinario dei Vescovi indetto da Giovanni Paolo II nel 1985, ci ha permesso di comprendere il livello di ricezione del modello di Chiesa popolo di Dio, giungendo a considerare proprio questi documenti come il vero e proprio spartiacque tra la ricezione del Vaticano II in Occidente e il cammino della Chiesa latinoamericana.



La terza ed ultima parte, vale a dire l’analisi della proposta ecclesiale di papa Francesco, può essere considerata l’“agire”, cioè, la comprensione della modalità di attuazione nell’oggi ecclesiale, della proposta conciliare della Chiesa come popolo di Dio vista e osservata nell’esperienza delle Comunità ecclesiali di base. Papa Francesco è stato e continua ad essere una grande novità, soprattutto per la Chiesa in Occidente. Provenendo dalla Chiesa latinoamericana ed avendo svolto il ministero episcopale in questo continente, partecipando anche direttamente alla stesura del documento di Aparecida, ha portato nel cammino della Chiesa universale una ventata di aria nuova, creando qualche perplessità e critica. Sarà compito della terza parte della ricerca offrire elementi che permettano di comprendere la bontà di una proposta ecclesiale nel suo agire nel momento presente.
Sempre a livello di metodo vorremmo proporre un ulteriore criterio ermeneutico utilizzato nella seguente ricerca. La seconda parte, che prende in esame il modello di Chiesa come popolo di Dio, non espone in modo sistematico un’analisi del modello in questione: abbiamo infatti scelto di percorrere un cammino diverso. Siamo sempre più convinti che il contenuto di un’idea anche teologica si comprenda dal modo in cui si presenta nel cammino della storia. Si tratta del principio d’Incarnazione applicato in teologia. Più che applicare dei sistemi teologici alle esperienze ecclesiali analizzate, si tratta di capire come queste esperienze abbiano espresso quel determinato modello ecclesiologico e quali contenuti. È del resto, uno dei principi espressi varie volte dallo stesso papa Francesco, che analizzeremo nell’ultima parte del nostro lavoro: la realtà è più importante dell’idea. È nella realtà, nell’oggi della storia che Cristo si manifesta. È nell’attenzione alla storia che è comprendiamo il significato di un’esperienza di Chiesa che può, poi, essere formalizzata in teoria. È questo il motivo che ci ha condotto a privilegiare, ogni volta che se ne presentava l’occasione, l’evoluzione storica non solo dell’esperienza di Chiesa presa in esame, ma anche dei dibattiti che hanno animato lo specifico cammino ecclesiale della Chiesa come popolo di Dio. In questa prospettiva, senza accompagnare il dibattito della stessa sul tema specifico della Chiesa popolo di Dio in America Latina, sarebbe impossibile comprendere le scelte, per altro da noi ritenute discutibili, operate dalla Congregazione della Dottrina della Fede sulla Teologia della liberazione. In modo particolare, diventano importanti per la nostra ricerca le riflessioni elaborate dai teologi argentini che, come vedremo, prenderanno progressivamente le distanze dalla corrente della Teologia della liberazione che identificherà la propria analisi della realtà sociale con i parametri dello schema proposto dal marxismo. Senza accompagnare questo dibattito, che acquisisce un’importanza notevole al punto da essere presente in tutte e tre le parti della tesi, diventerebbe difficile formulare una teoria sulla Chiesa come popolo di Dio nel cammino della Chiesa latinoamericana, che tanto ha influito sul cammino della Chiesa Occidentale. Ancora una volta, dunque, è sul piano della storia, in obbedienza a quel principio ermeneutico messo in atto dallo stesso Signore della storia, che è possibile prendere in considerazione il significato di un particolare concetto teologico.



Rispetto al progetto iniziale, il lavoro di ricerca ci ha condotti a un cambiamento di orizzonte. Prospettiva conclusiva dell’idea originaria della ricerca era infatti una Chiesa attraente. L’idea era quella di dare forma e chiarezza alle intuizioni emerse durante il corso del professor Bulgarelli sopra citato. Approfondendo la proposta ecclesiale di papa Francesco, seguendo anche i preziosi consigli del professor Fabrizio Mandreoli, che ci ha consigliato di prendere in considerazione il dossier della Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione della Facoltà dell’Emilia Romagna sulle origini del pensiero e del metodo teologico di Jorge Mario Bergoglio, siamo giunti ad intuire un dato importante: l’idea di Chiesa attraente vagheggiata all’inizio del presente lavoro si è venuta lentamente ad identificare con la proposta ecclesiale di Papa Francesco, vero e proprio punto di sintesi tra l’esperienza ecclesiale latinoamericana e le argomentazioni teologiche del Vaticano II.



Il presente lavoro si avvale dell’apporto di diversi studi in lingua portoghese, francese e spagnola, non ancora tradotti in italiano. Citiamo quindi tali testi in traduzione nostra. 
Inoltre, laddove l’italiano usa tradizionalmente il solo maschile per i plurali, abbiamo invece specificato maschile e femminile (ad es. laici e laiche), per una scelta di coerenza anche linguistica con il percorso di comunità e di Chiesa inclusiva che descriviamo, per quanto tale uso possa apparire ridondante e desueto.




[1] Tesi pubblicata per le edizioni Publishing, Milano 2018.

sabato 20 giugno 2020

I CRIMINI DI GENOCIDIO E CONTRO L’UMANITA’







FRANCESCO TAGLIARINI

Sabato 20 giugno 2020


Sintesi: Paolo Cugini

Il Tribunale dell’Aia è l’unico tribunale penale internazionale.
Fenomeno del femminicidio, del traffico di persone e di armi: sono fatti rilevanti. Ci sono delle apposite leggi.

Pirateria: c’è una giustizia nazionale e internazionale.

Art 5 dello statuto di Roma del 1948 ha codificato che possono chiamarsi crimini internazionali.
In primo luogo è il crimine al genocidio. Nella lettera dello statuto si è voluto usare il termine di crimini.
Il crimine per eccellenza di competenza della corte è il genocidio. Nel tribunale di Norimberga i crimini contro l’umanità erano stati descritti in modo da coinvolgere il genocidio.
I fatti dell’ex Iugoslavia sono un esempio.

Secondo tipo di crimine: contro l’umanità. Questa dizione è molto precisa. Ne linguaggio e nella sensazione comune nessuno poteva negare che il genocidio era compreso tra i crimini contro l’umanità. Si è voluta fare questa distinzione a partire dall’esperienza storica. Il genocidio armeno e quello ebraico sono i due punti di riferimento. Del genocidio armeno in Italia, in Germania, Austria, Francia sicuramente ce n’era una conoscenza riferita da persone che avevano avuto una grande conoscenza del genocidio armeno. Gli esuli, quando fuggirono, vennero in Italia.

Ciò non può dirsi del genocidio contro gli ebrei. In quale misura il genocidio fosse avvenuto era molto discutibile. È stato il processo Eichmann che ne ha dato la misura, non quello di Norimberga. Che il fenomeno fosse avvenuto era ricordato.
Altre forme di genocidio sono state molte. C’è una parte del mondo che è stata creata attraverso il genocidio: l’America Latina. Genocidio delle popolazioni indigene. Lo scopo era cacciare ed estromettere gli indigeni dalle terre che si volevano conquistare. Per l’America del Nord fu parzialmente diversa.

Nella distinzione tra crimine di genocidio contro l’umanità si è voluto mantenere distinti fatti che hanno uno scopo politico di genocidio.

Crimine di genocidio: ha una grande rilevanza perché, mentre per gli altri crimini contro l’umanità la cultura giuridica non era ancora pronta culturalmente a prospettarsi gli altri crimini, questo non è vero per il crimine di genocidio. Nell'assemblea delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1948 fu applicata la legge contro il genocidio. Allora si pensava di istituzionalizzare i tribunali di Norimberga e di Tokio.

O creare istituzioni o fare appello alla solidarietà degli Stati affinché aderiscano alle convenzioni.
L’Italia, con una sua legge 962 del 9 ottobre 1967, inserì nel nostro ordinamento il crimine di genocidio. 

C’era una certa tendenza di considerare che il genocidio può essere una delle conseguenze dello stato di guerra.
1.      Il genocidio si può compiere in tempo di pace e in tempo di guerra (art. 6 trattati di Roma).
2.      Il genocidio è sempre un fatto che non parte dai popoli ma dalle organizzazioni statali o ad esse legate. Parte sempre da un disegno politico-militare

3.      Si volle individuare l’essenza del crimine non tanto nelle condotte, ma nell'intento. L’intento del genocidio è quello di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.

Dei genocidi tribali è piena la storia. Ci furono tra popolazioni come i magiari, gli ungheresi.

Statuto di Roma, articolo 6: Crimine di genocidio Ai fini del presente Statuto, per crimine di genocidio s'intende uno dei seguenti atti commessi nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, e precisamente:
a) uccidere membri del gruppo;
b) cagionare gravi lesioni all'integrità fisica o psichica di persone appartenenti al gruppo;
 c) sottoporre deliberatamente persone appartenenti al gruppo a condizioni di vita tali da comportare la distruzione fisica, totale o parziale, del gruppo stesso;
d) imporre misure volte ad impedire le nascite in seno al gruppo;
 e) trasferire con la forza bambini appartenenti al gruppo ad un gruppo diverso.



L’Italia ha due minoranze: di lingua francofona (Aosta); Slovena e Ladina.
Etnia e razza è stato riportato in senso generico.
Il problema non era una persecuzione ad un gruppo religioso, ma etnico.
Il termine che fa discutere è: gruppo nazionale. Fino a che si parla di gruppo etnico, razziale e religioso la descrizione è perfetta. Quando si parla di gruppo nazionale, il problema è diverso, perché il concetto di Nazione nasce tardi, solo nell’800 e nasce non dai nazionalismi, ma dall’affermazione delle grandi nazioni europee. Sorge con le guerre d’indipendenza. L’Italia non è un gruppo etnico, ma un’entità nazionale.

Il concetto essenziale del genocidio è rivolto al conflitto etnico, razziale e religioso. Siamo nella seconda metà del novecento. Momento di grande ricerca di una cooperazione. Inizio d’intesa con le religioni che sono strettamente europee.
I maggiori genocidi sono stati etnici e con sfondo politico.

L’Europa aveva un ricordo delle stragi che avevano supportato le guerre di religioni. La guerra dei Trent'Anni, nel secolo della riforma, diede atto ad un complesso molto articolato fra i paesi cattolici e protestanti. Questo fenomeno nel momento della formazione nazionale, nell'ottocento, fu un elemento a fianco della monarchia.

Nel mondo. Oggi c’è un problema etnico e religioso del popolo Rohingya.
In alcuni dei fatti gravissimi delle guerre iugoslave, più che l’appartenenza etnica contribuirono anche aspetti di carattere religioso. In Kossovo hanno distrutto la chiesa ortodossa dalla maggioranza mussulmana. Nella vecchia capitale erano stati distrutti i minareti dalla minoranza ortodossa.
I crimini di genocidio hanno voluto ripercorrere la codificazione del 1948.

Sottoporre le popolazioni ad un sistema di vita da determinare l’eliminazione fisica, morale e psichica attraverso le forme più disparate. Uno è il sistema delle deportazioni, che hanno un contenuto politico, più che non un intento di genocidio. La deportazione degli armeni ha come unico scopo il genocidio.
Sul piano della pena la distinzione non ha grande rilievo. Non c’è la pena di morte, ma l’ergastolo, pene fino ai trent’anni e pene in denaro. C’è la reclusione a vita, ma si è voluto bandire la pena do morte.

Articolo 7 Crimini contro l'umanità 1. Ai fini del presente Statuto, per crimine contro l'umanità s'intende uno degli atti di seguito elencati, se commesso nell'ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell'attacco:
 a) Omicidio;
b) Sterminio;
c) Riduzione in schiavitù;
d) Deportazione o trasferimento forzato della popolazione;
 e) Imprigionamento o altre gravi forme di privazione della libertà personale in violazione di norme fondamentali di diritto internazionale;
f) Tortura;
 g) Stupro, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata e altre forme di violenza sessuale di analoga gravità;
h) Persecuzione contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità, inspirata da ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico, culturale, religioso o di genere sessuale ai sensi del paragrafo 3, o da altre ragioni universalmente riconosciute come non permissibili ai sensi del diritto internazionale, collegate ad atti preveduti dalle disposizioni del presente paragrafo o a crimini di competenza della Corte;
i) Sparizione forzata delle persone;
 j) Apartheid;
 k) Altri atti inumani di analogo carattere diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all'integrità fisica o alla salute fisica o mentale.
 2. Agli effetti del paragrafo 1:
a) Si intende per «attacco diretto contro popolazioni civili» condotte che irnplicano la reiterata commissione di taluno degli atti preveduti al paragrafo 1 contro popolazioni civili, in attuazione o in esecuzione del disegno politico di uno Stato o di una organizzazione, diretto a realizzare l'attacco;
 b) per «sterminio» s'intende, in modo particolare, il sottoporre intenzionalmente le persone a condizioni di vita dirette a cagionare la distruzione di parte della popolazione, quali impedire I'accesso al vitto ed alle medicine;
 c) per «riduzione in schiavitù» s'intende l'esercizio su una persona di uno o dell'insieme dei poteri inerenti al diritto di proprietà, anche nei corso del traffico di persone, in particolare di donne e bambini a fini di sfruttamento sessuale;
 d) per «deportazione o trasferimento forzato della popolazione» s'intende la rimozione delle persone, per mezzo di espulsione o con altri mezzi coercitivi, dalla regione nella quale le stesse si trovano legittimamente, in assenza di ragione prevedute dal diritto internazionale che lo consentano;
 e) per «tortura» s'intende l'infliggere intenzionalmente gravi dolori o sofferenze, fisiche o mentali, ad una persona di cui si abbia la custodia o il controllo; in tale termine non rientrano i dolori o le sofferenze derivanti esclusivamente da sanzioni legittime, che siano inscindibilmente connessi a tali sanzioni o dalle stesse incidentalmente occasionati;
 f) per «gravidanza forzata» s'intende la detenzione illegale di una donna resa gravida con la forza, nell'intento di modificare la composizione etnica di una popolazione o di commettere altre gravi violazioni del diritto internazionale. La presente definizione non può essere in alcun modo interpretata in maniera tale da pregiudicare l'applicazione delle normative nazionali in materia di interruzione della gravidanza;
 g) per «persecuzione» s'intende la intenzionale e grave privazione dei diritti fondamentali . in violazione del diritto internazionale, per ragioni connesse all'identità del gruppo o della collettività;
 h) per «apartheid» s'intendono gli atti inumani di carattere analogo a quelli indicati nelle disposizioni del paragrafo 1, commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziale, ed al fine di perpetuare tale regime;
i) per «sparizione forzata delle persone» s'intende l'arresto, la detenzione o il rapimento delle persone da parte o con l'autorizzazione, il supporto o l'acquiescenza di uno Stato o organizzazione politica, che in seguito rifiutino di riconoscere la privazione della libertà o di dare informazioni sulla sorte di tali persone o sul luogo ove le stesse si trovano, nell'intento di sottrarle alla protezione della legge per un prolungato periodo di tempo.
3. Agli effetti del presente Statuto con il termine «genere sessuale» si fa riferimento ai due sessi, maschile e femminile, nel contesto sociale. Tale termine non implica alcun altro significato di quello sopra menzionato.



Crimini di sangue ha trovato un’altra definizione: crimini di odio.
Diritto alla vita, alla pace e diritto all’autodeterminazione.

I crimini sono tutte forme di coazione. Problema della distinzione dei crimini al loro interno.
Merito del legislatore è di aver posto in evidenza che, all’origine di questi fatti e al vertice di questi delitti, c’è un’organizzazione che ha il potere e l’organizzazione per rivolgere contro le popolazioni civili un attacco di notevoli dimensioni, tanto da diventare sistematico.

Crimine di apartheid: è un’azione criminale. Sfruttamento economico e politico di una parte sottomessa. È diverso dal crimine di schiavitù, che implica l’esercizio di una persona sull’altra del diritto di proprietà.

Sparizione di persone: desaparecidos. Vien punto il sequestro di persona e aggravato se commesso da pubbliche…  Il sequestro di persona, anche quello politico. Qui si è voluto indicare un fatto che fu nuovo. Aveva riguardato due paesi. Prima nel 1973 questo fenomeno si manifestò durante la dittatura in Cile, dove gli arresti illegali, le esecuzioni senza alcun riferimento giurisdizionale, uno dei fenomeni che venne nel tempo a verificarsi, anche se incominciò subito, perché la motivazione era connessa alla scelta del regime di Pinochet di stroncare nel tempo più breve qualsiasi forma di resistenza sul territorio. Questo fu visibile e nel tempo lasciò segni evidenti. 

Il secondo episodio riguardò l’Argentina, dove si istaurò una dittatura militare più cruenta e con scopi politici più determinati che non quella cilena. Il Cile è più piccolo dell’Argentina che è molto ampio. La dimensione in questi fenomeni conta molto. Distruggere l’opposizione cilena fu un fatto di polizia violenta (raggruppare le persone e ucciderle).

In Argentina la cosa fu più estesa e la possibilità dì intervento fu nulla. Il disegno era quello di eliminare l’opposizione politica integralmente. Questo disegno era quello di ottenere l’acquiescenza a questa organizzazione politica da parte della popolazione, distruggendo coloro che si opponevano, in una forma rapida e segreta. Il Argentina ci fu una forma di resistenza. Ci fu il gruppo dei montoneros che combattevano nella parte Nord del Paese. Altri gruppi si organizzarono nelle città. La risposta fu un’organizzazione che procedeva ad arresti, perquisizioni, torture che, in modo particolare, avevano come base la scuola tecnica della Marina argentina. Non fu solo quello. L’organizzazione previde un fatto nuovo: le persone venivano eliminate in modo nuovo. Non fosse comuni, ma buttati in mare con i voli della morte. Anche i nazisti non ci avevano mai pensato. Furono cose premeditate, calcolate. 

Paragrafo f: delitto di gravidanza forzata: lo stupro è sempre stato punito con pene severe. A Srebrenica e Mostar si vide che la segregazione delle donne e ingravidare per forza le donne, non aveva il significato di stupro, ma lo scopo preciso d’incrementare la popolazione serba, alterando la genetica della popolazione che veniva sottomessa. Parallelamente, si verificavano forme di aborti forzati. Questo fatto ingenerò, per coloro che vissero gli ultimi anni sul fronte della guerra che durò 4 anni, la percezione della liceità dell’aborto. Polonia, Ucraina, Germania avevano leggi severe sull’aborto.