sabato 28 settembre 2019

Dell’umana fratellanza e altri dubbi


FESTIVAL FRANCESCANO
BOLOGNA 2019


Adnane Mokrani e Brunetto Salvarani

modera Giuseppe Caffulli

Due teologi, uno cristiano (Brunetto Salvarani) e uno musulmano (Adnane Mokrani), si confronteranno sul rapporto tra le religioni, dal Concilio Vaticano II al “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”.
Sintesi: Paolo Cugini

Il documento sulla fratellanza spinge sulla cultura della pace e della tolleranza. Francesco dice che la pace non è solo il contrario della guerra.

Adnane: “Le religioni non incitano alla guerra e non invitano alla violenza”. Questa conferma così chiara, ha suscitato dubbi. Nella storia in tanti casi, le religioni sono state usate come strumenti di guerra. La religione dovrebbe essere strumento di pace e realizzazione. Nella storia la religione è stata usata per servire il potere.

Salvarani: Tre considerazioni. La prima è sul tema della fratellanza. Giacobbe ed Esaù, due fratelli che litigano. Peer dirsi fratelli occorre fare un percorso insieme. La storia di Genesi è utile perché dopo molti momenti di conflitti, alla fine, quando s’immagina che Esaù è esasperato, alla fine c’è un abbraccio. La fratellanza ha dei prezzi da pagare. Due sorelle: Lia e Rachele, mogli di Giacobbe. L’esito della fratellanza non è scontato. Quell’abbraccio finale non viene fatto. Qui c’è una fratellanza solo sulla carta. Occorre passare dalla carta alla carne, pagando dei prezzi. La seconda considerazione: è un documento laico. Si parla poco di teologia. Il tema è di far emergere la dimensione sociale del dialogo. Ultima considerazione: faccio fatica ad usare il termine tolleranza, perché la fratellanza prevede un medesimo livello, e quindi si tratta di educarci alla gestione dei conflitti. Dobbiamo recuperare una responsabilità corale e globale.
Giuseppe: tema della povertà e giustizia. Uno dei problemi del mondo è legato agli squilibri economici. Come si declina il tema della giustizia?

Adnane: nel documento si parla di un unico destino dell’umanità. “Abbiamo condiviso gioie e tristezze nel mondo contemporaneo”. C’è un’emergenza che necessita solidarietà, unità, resistenza. Viviamo un’epoca di globalizzazione anche dei problemi che non permettono visioni monistiche. La religione dovrebbe essere la coscienza critica dell’umanità, strumento di liberazione. Il documento parla di valori condivisibili. Credere in Dio significa credere nella gente che soffre: la solidarietà è il frutto diretto nella fede in Dio. C’è un cerchio tra Dio, popoli, umanità e valori fondamentali.

Salvarani: religioni come coscienza critica. La gente che soffre: in un ambito francescano fa venire in mente il testamento di Francesco. Qui racconta che si è convertito baciando il lebbroso. Questo è fondamentale, perché è un messaggio importante. È in quel lebbroso che si trova l’immagine più realistica di Dio. Oggi ci sono due tesi: da una parte c’è chi identifica le religioni come responsabili del fanatismo. Dall’altra c’è chi dice che le religioni non c’entrano. Sono entrambi risposte sbagliate. Non possiamo dimenticare le nostre responsabilità nei colonialismi vecchie e nuovi. Quello che non possiamo sopportare è il sistema di iniquità economica che produce disuguaglianze esplosive. Dove sono le religioni in una stagione storica così delicata? Dovrebbero essere li dove si dice che occorre recuperare la dignità umana per tutti.
Giuseppe: Il documento di Abudabi cerca di mantenere una riflessione condivisa tra cattolici e mussulmani. Esistono, però dei codici diversi d’interpretazione. Come si dialoga a partire dalle differenze?

Adnane: ci sono differenze non solo tra Occidente e Oriente, ma anche dentro l’Islam e anche dentro il cristianesimo. La vera differenza è quella tra oppressori e oppressi, tra dittatori e quelli che subiscono la dittatura. Nel mondo arabo c’è sete di libertà e democrazia. La dittatura nel mondo arabo non è separata dal tema del denaro. I potenti coprono le situazioni di disuguaglianza. C’è una solidarietà del male. Dobbiamo rispondere con la solidarietà del bene. Nel documento si capiscono i valori postivi condivisi. La libertà come dono e il pluralismo come fatto positivo: questa è una novità teologica. Dio ci vuole diversi. L’interpretazione dei testi sacri ci aiuta molto, perché ci aiuta a capire che Dio può parlare in diverse lingue e culture e ogni credente può imparare da tutti.

Salvarani: Un passaggio di questo testo del documento di Abudabi apre ad una posizione teologica che non c’era stato in un nessun documento cattolico. “Il pluralismo di fedi, culture, di sesso, è sapiente volontà divina”. Sparisce il paradigma inclusivista e esclusivista: Dio ha creato il plurale. Sono una sapiente volontà divina. In Europa si ha l’impressione che quella che oggi non ci aiuti è la crisi della politica. Oggi la politica dovrebbe rendersi conto che il fatto che le religioni vogliono essere presenti sullo spazio pubblico è una benedizione. Siamo in una stagione fatta di paure e strumentalizzazioni. Dobbiamo ricostruire un tessuto di comunità. È possibile camminare insieme.
Giuseppe: viviamo il problema delle differenze interne nelle nostre culture. A partire da quello che siamo, come impostare un dialogo autentico? Quale Islam oggi e come superare le differenze?

Adnane: da mussulmano posso parlare, analizzare la crisi del mondo islamico, ma sono anche interessato gli sviluppi dentro il cristianesimo e in particolare la missione di Papa Francesco. Occorre trovare nuovi linguaggi, nuovi cammini. Francesco sta in mezzo ad una tempesta, senza cambiare via, senza lasciarsi travolgere dalle tempeste negative. Sunniti e sciti hanno il compito per dire che non c’è nessuna giustificazione per la guerra e la violenza.

Salvarani: attenzione nei confronti di quanto sta succedendo oggi nel cristianesimo. Oggi tutte le religioni stanno vivendo una lotta durissima al proprio interno. C’è una spinta verso l’idea che la tradizione sia il tradizionalismo, mentre la Tradizione significa coltivare le cose che vengono dal passato con la novità della contemporaneità. La Chiesa si fa colloquio. Novembre 2015 a Firenze, Francesco diceva che noi siamo in un’epoca del cambiamento. Noi siamo gli ultimi cristiani di un certo modo di essere cristiani. Non sono più sufficienti i rosari, le devozioni, per essere credibili. Oggi il mondo non ha bisogno di parole, ma di uno stile. Il problema è come vive il cristiano. Le difficoltà, le perplessità sono pane quotidiano di un cammino di fede. Oggi non si può più identificare il cristianesimo con l’Occidente. Se c’è una forza nel Vangelo è quella di rompere le appartenenze culturali. Il Vangelo va oltre. Balducci parlava di uomo planetario.




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