FESTIVAL
FRANCESCANO
BOLOGNA
2019
Adnane Mokrani e Brunetto
Salvarani
modera Giuseppe Caffulli
Due
teologi, uno cristiano (Brunetto Salvarani) e uno musulmano (Adnane Mokrani),
si confronteranno sul rapporto tra le religioni, dal Concilio Vaticano II al
“Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”.
Sintesi:
Paolo Cugini
Il
documento sulla fratellanza spinge sulla cultura della pace e della tolleranza.
Francesco dice che la pace non è solo il contrario della guerra.
Adnane: “Le
religioni non incitano alla guerra e non invitano alla violenza”. Questa conferma
così chiara, ha suscitato dubbi. Nella storia in tanti casi, le religioni sono
state usate come strumenti di guerra. La religione dovrebbe essere strumento di
pace e realizzazione. Nella storia la religione è stata usata per servire il
potere.
Salvarani:
Tre considerazioni. La prima è sul tema della fratellanza. Giacobbe ed Esaù,
due fratelli che litigano. Peer dirsi fratelli occorre fare un percorso
insieme. La storia di Genesi è utile perché dopo molti momenti di conflitti,
alla fine, quando s’immagina che Esaù è esasperato, alla fine c’è un abbraccio.
La fratellanza ha dei prezzi da pagare. Due sorelle: Lia e Rachele, mogli di
Giacobbe. L’esito della fratellanza non è scontato. Quell’abbraccio finale non
viene fatto. Qui c’è una fratellanza solo sulla carta. Occorre passare dalla
carta alla carne, pagando dei prezzi. La seconda considerazione: è un documento
laico. Si parla poco di teologia. Il tema è di far emergere la dimensione sociale
del dialogo. Ultima considerazione: faccio fatica ad usare il termine
tolleranza, perché la fratellanza prevede un medesimo livello, e quindi si
tratta di educarci alla gestione dei conflitti. Dobbiamo recuperare una
responsabilità corale e globale.
Giuseppe:
tema della povertà e giustizia. Uno dei problemi del mondo è legato agli
squilibri economici. Come si declina il tema della giustizia?
Adnane:
nel
documento si parla di un unico destino dell’umanità. “Abbiamo condiviso gioie e
tristezze nel mondo contemporaneo”. C’è un’emergenza che necessita solidarietà,
unità, resistenza. Viviamo un’epoca di globalizzazione anche dei problemi che
non permettono visioni monistiche. La religione dovrebbe essere la coscienza critica
dell’umanità, strumento di liberazione. Il documento parla di valori
condivisibili. Credere in Dio significa credere nella gente che soffre: la
solidarietà è il frutto diretto nella fede in Dio. C’è un cerchio tra Dio,
popoli, umanità e valori fondamentali.
Salvarani:
religioni come coscienza critica. La gente che soffre: in un ambito francescano
fa venire in mente il testamento di Francesco. Qui racconta che si è convertito
baciando il lebbroso. Questo è fondamentale, perché è un messaggio importante. È
in quel lebbroso che si trova l’immagine più realistica di Dio. Oggi ci sono
due tesi: da una parte c’è chi identifica le religioni come responsabili del
fanatismo. Dall’altra c’è chi dice che le religioni non c’entrano. Sono
entrambi risposte sbagliate. Non possiamo dimenticare le nostre responsabilità
nei colonialismi vecchie e nuovi. Quello che non possiamo sopportare è il
sistema di iniquità economica che produce disuguaglianze esplosive. Dove sono
le religioni in una stagione storica così delicata? Dovrebbero essere li dove
si dice che occorre recuperare la dignità umana per tutti.
Giuseppe:
Il documento di Abudabi cerca di mantenere una riflessione condivisa tra cattolici
e mussulmani. Esistono, però dei codici diversi d’interpretazione. Come si
dialoga a partire dalle differenze?
Adnane:
ci sono differenze non solo tra Occidente e Oriente, ma anche dentro l’Islam e
anche dentro il cristianesimo. La vera differenza è quella tra oppressori e
oppressi, tra dittatori e quelli che subiscono la dittatura. Nel mondo arabo c’è
sete di libertà e democrazia. La dittatura nel mondo arabo non è separata dal
tema del denaro. I potenti coprono le situazioni di disuguaglianza. C’è una
solidarietà del male. Dobbiamo rispondere con la solidarietà del bene. Nel
documento si capiscono i valori postivi condivisi. La libertà come dono e il
pluralismo come fatto positivo: questa è una novità teologica. Dio ci vuole
diversi. L’interpretazione dei testi sacri ci aiuta molto, perché ci aiuta a
capire che Dio può parlare in diverse lingue e culture e ogni credente può
imparare da tutti.
Salvarani:
Un
passaggio di questo testo del documento di Abudabi apre ad una posizione
teologica che non c’era stato in un nessun documento cattolico. “Il
pluralismo di fedi, culture, di sesso, è sapiente volontà divina”. Sparisce
il paradigma inclusivista e esclusivista: Dio ha creato il plurale. Sono una
sapiente volontà divina. In Europa si ha l’impressione che quella che oggi non
ci aiuti è la crisi della politica. Oggi la politica dovrebbe rendersi conto
che il fatto che le religioni vogliono essere presenti sullo spazio pubblico è
una benedizione. Siamo in una stagione fatta di paure e strumentalizzazioni. Dobbiamo
ricostruire un tessuto di comunità. È possibile camminare insieme.
Giuseppe:
viviamo il problema delle differenze interne nelle nostre culture. A partire da
quello che siamo, come impostare un dialogo autentico? Quale Islam oggi e come
superare le differenze?
Adnane:
da
mussulmano posso parlare, analizzare la crisi del mondo islamico, ma sono anche
interessato gli sviluppi dentro il cristianesimo e in particolare la missione
di Papa Francesco. Occorre trovare nuovi linguaggi, nuovi cammini. Francesco
sta in mezzo ad una tempesta, senza cambiare via, senza lasciarsi travolgere
dalle tempeste negative. Sunniti e sciti hanno il compito per dire che non c’è
nessuna giustificazione per la guerra e la violenza.
Salvarani:
attenzione
nei confronti di quanto sta succedendo oggi nel cristianesimo. Oggi tutte le
religioni stanno vivendo una lotta durissima al proprio interno. C’è una spinta
verso l’idea che la tradizione sia il tradizionalismo, mentre la Tradizione
significa coltivare le cose che vengono dal passato con la novità della
contemporaneità. La Chiesa si fa colloquio. Novembre 2015 a Firenze, Francesco
diceva che noi siamo in un’epoca del cambiamento. Noi siamo gli ultimi
cristiani di un certo modo di essere cristiani. Non sono più sufficienti i rosari,
le devozioni, per essere credibili. Oggi il mondo non ha bisogno di parole, ma di
uno stile. Il problema è come vive il cristiano. Le difficoltà, le perplessità
sono pane quotidiano di un cammino di fede. Oggi non si può più identificare il
cristianesimo con l’Occidente. Se c’è una forza nel Vangelo è quella di rompere
le appartenenze culturali. Il Vangelo va oltre. Balducci parlava di uomo
planetario.
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