Paolo Cugini
La
chiesa con i suoi preti, le sue messe e le sue tante celebrazioni che hanno
segnato secoli di vita religiosa, non c’è più. Se ne accorgono solo i vecchi,
coloro, cioè, che hanno vissuto le giornate segnate dai ritmi dei culti
religiosi. Alla domenica c’era la messa, seguita da incontri specifici per ogni
categoria di persone. Tanta gente frequentava non solo le celebrazioni, ma
anche gli incontri. Tutto sembrava importante, anzi, fondamentale, al punto
che, chi non partecipava, si sentiva ed era percepito come diverso, fuori dal
coro e dalla comunità. E poi c’erano gli
oratori, le strutture parrocchiali. Come non ricordare i tanti tornei di
bigliardino o anche di carte, realizzati in quegli spazi da tutti considerati
sicuri, sia per i bambini che per i giovani. Era tutto nella norma, la
religione cristiana con i suoi precetti e le sue leggi, era considerato come
qualcosa di naturale, così come l’azione aggregativa e sociale esercitata dalla
comunità religiosa. Generazioni intere di uomini e donne hanno strutturato il
loro tempo, le loro scelte, le loro vite esattamente dui ritmi della religione.
Era normale fare e pensare così.
A
mio avviso, c’è un punto, uno spazio specifico, un osservatorio in cui è
possibile cogliere la verità di questo totale annichilamento: è l’anima delle
nuove generazioni, Se, infatti, nelle persone anziane c’è ancora nostalgia per
il tempo che fu e che non sarà mai più, al punto da decidere di continuare a
partecipare a quelle celebrazioni che, nell’attuale contesto, non dico più
nulla o quasi, ben diverso è l’atteggiamento dei giovani, delle nuove generazioni.
È, infatti, impressionante, la totale indifferenza nei confronti del mondo
religioso considerato del passato, quello dei loro padri o dei loro nonni. Ai
giovani non interessa più. È un disinteresse senza astio, senza polemica,
avulso da qualsiasi presa di posizione critica e negativa. Semplicemente, la
proposta religiosa cristiana non dice nulla alla loro vita e, per questo,
smettono di frequeneuare. C’è molta serenità nelle scelte dei giovani
occidentali nei confronti delle scelte religiose. Molta serenità accompagnata
da una totale libertà, nel senso che non s’importano di quello che dicono gli
adulti mossi da nostalgia e dal peso dei sensi di colpa, per quello che è stato
e che non sarà mai più. Nelle nuove generazioni occidentali non si percepisce,
ni confronti della religione, quel senso di colpa, che ha schiacciato e
continua a martoriare la coscienza delle persone religiose. Sono altri i
problemi che affrontano i giovani, di certo tra questi non ci sono quelli di
tipo religioso.
Sono
molti i temi che hanno condotto le nuove generazioni per sempre fuori dalla
chiesa. C’è il tema centrale della sessualità, al quale la chiesa non riesce ad
offrire riflessioni all’altezza della situazione. La chiesa non riesce a capire
che non può pretendere di dialogare con i giovani partendo dal presupposto di
avere la ragione in tasca. Alle nuove generazioni non interessano i dibattiti
teologici, fondati sui dati della rivelazione e sui fondamenti
dell’antropologia biblica. Ci vogliono ragionamenti sensati, che sanno cogliere
l’essenza del problema e non sproloqui infiniti sul concetto di natura umana.
C’è tutta una teologia che non riesce più a parlare all’uomo e alla donna di
oggi, perché troppo preoccupata di salvare i concetti del passato. E così,
mentre i teologi sono preoccupati a non mettere in discussione i principi del
passato, per non scontentare le autorità religiose, le nuove generazioni si
rivolgono altrove per capire i problemi e trovare risposte ai grandi temi della
vita. Su aborto, omosessualità, relazioni prematrimoniali, la chiesa non sa
fare altra cosa che ribadire concetti e ragionamenti messi a punto all’epoca di
Santo Tommaso. Al di là del Tomismo teologico sembra non esserci possibilità di
dialogo. Ci vuole il coraggio di elaborare una teologia che abbia come punto di
partenza l’ascolto della realtà: solo così potrà produrre una riflessione che
contiene il sapore del vissuto quotidiano. La teologia che parte dal basso,
dall’ascolto, cerca i segni della presenza del Verbo incarnato nella storia,
nel vissuto, nelle relazioni umane, nei drammi di coloro che vivono situazioni
di disuguaglianza, nella disperazione dei diseredati, di coloro che non hanno
nulla, perché hanno perso tutto nelle guerre, o scappando dai propri paesi. Elaborare
una teologia che asciughi le lacrime dei tanti fratelli e sorelle umiliati a
causa della loro identità sessuale: omosessuali, lesbiche, transessuali, oppure,
come dice Martin, utilizzando senza paure il loro nome di riconoscimento LGBTQ+.
Chi sta in mezzo agli adolescenti e ai giovani sa che, su questi temi, loro
sono sul pezzo, come si suol dire. Mettersi in ginocchio per ascoltare in
silenzio il pianto di tante donne che soffrono violenze di tutti i tipi –
verbali, fisiche, psicologiche – all’interno di una cultura maschilista,
patriarcale e misogina, che la stessa chiesa ha contribuito ad alimentare. Solo
asciugando con amore queste lacrime si riuscirebbe a comprendere che, un’istituzione
come la chiesa, darebbe un segno profondo alla società, aprendo le porte del ministero
ordinato anche le donne. Solamente in ginocchio e in silenzio ascoltando il
pianto delle donne umiliate anche nella chiesa, ci si rende conto che non
esistono fondamenti evangelici per escluderle dall’ordine sacro, ma solo
cavilli patriarcali.
Nella fine spesso s’intravede un nuovo inizio.
Parole sante... In realtà c'è una certa ricerca spirituale e un risveglio delle coscienze, ma la ricerca si svolge in altri luoghi...
RispondiEliminaSono perfettamente d'accordo con lei. La ricerca spirituale c'è e credo non sia mai stata così forte, ma la Chiesa, nella maggior parte dei casi, non è in grado di intercettarla e neanche di fornire risposte alle grandi domande esistenziali. Il risultato è un fiorire di maestri, guru, sette, sciamani, corsi esoterici, yoga, ecc. che rischiano solo di portare fuori strada le persone animate da una sincera ricerca.
EliminaCome sempre sei diretto e vai a toccare il nervo scoperto ma chi gestise quest (vecchia) chiesa non vuol vedere!!!
RispondiEliminaExtremamente atual. Uma porrada certeira numa tradição inócua e que não se propõe ao novo. Meu amigo vc é uma luz no fim do túnel.
RispondiEliminaTi abbraccio Don Paolo, la Chiesa c'è ancora. È la religione il problema. Serve tanto coraggio. Una Chiesa che ami con l'amore di Gesù.
RispondiEliminaCarissimo Paolo, sono assolutamente d'accordo con te, e confido nelle prossime generazioni per quel cambiamento che nella Chiesa di oggi non vedo, e nonostante tanti bei discorsi non vedo nemmeno vedo la volontà di intraprenderlo da parte dei fedeli assidui, rassicurati dal solito tran tran che a me ormai annoia mortalmente, perché nei riti e nelle pratiche della chiesa cattolica ormai non riesco più a scorgere la vita reale delle persone che si svolge FUORI da quelle mura polverose!
RispondiEliminaCarissima Samuela, abbiamo le stesse sensazioni
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