lunedì 29 gennaio 2024

IL CREDO DELLE DONNE CON ALICE BIANCHI - LUNEDI' 29 GENNAIO

 


Questa sera ultimo incontro con Alice Bianchi del ciclo  “Il Credo delle donne”. Alle 20.45 “Credo che si è incarnato. Farsi maschio, farsi parziale”. Alice Bianchi, bresciana classe 1994, è dottoranda in teologia fondamentale alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e fa parte del Consiglio di Presidenza del Coordinamento Teologhe Italiane. Collabora con il giornale della diocesi di Brescia e insegna Introduzione alla Teologia nella scuola di formazione teologica diocesana. Ha recentemente pubblicato La differenza che tiene in sospeso il mondo. Donne, uomini, cristianesimo, Messaggero Padova, 2023. 

Per partecipare su meet utilizza questo link: https://meet.google.com/gtt-oefm-pxw

mercoledì 24 gennaio 2024

L’INFERNO É PIÚ BELLO

 





Paolo Cugini

 

 

È stato quello che ho pensato quando oggi pomeriggio sono stato a visitare una zona di una delle sette comunità della parrocchia di San Vincenzi di Paolo, nel quartiere Compensa di Manaus. Sono due settimane che sto organizzando questa visita. Ho chiesto a Flavia, una catechista che abita nella biaxada di San Pietro – è questo il nome della favela che ho visitato – di entrare in contatto con uno di quelli che contano nella favela per darmi la possibilità di visitare la zona. Questa è la situazione: nessuno entra senza permesso, nemmeno il prete. La favela è considerata zona rossa di Manaus, per via dei trafficanti che controllano la zona. La situazione si è aggravata negli ultimi mesi, perché c’è un nuovo gruppo che è entrato nella favela e sta contendendo lo spazio a quello che c’era già. La tensione che si è venuta a creare si vive quotidianamente. L’altra sera, durante il consiglio pastorale in una delle due comunità che vivono vicino alla favela, ad un certo punto è avvenuta una sparatoria, un regolamento di conti, che ha provocato la paura tra le persone presenti.






Abbiamo visitato una parte della favela per capire che cosa fare e se è possibile fare qualcosa. Si respira un senso di abbandono allucinante. Qui il comune non entra, per cui acqua e luce arrivano per dei sotterfugi organizzati dagli abitanti. Le costruzioni sono tutte abusive, oltre ad essere fatiscenti. Ci sono tantissimi bambini e adolescenti. La favela è sorta con la costruzione abusiva di abitazioni di coloro che arrivavano dai villaggi della foresta amazzonica, in cerca della città con il mito di vivere meglio, avere più possibilità. In realtà, che arriva in queste baracche viene a stare molto peggio.

La droga è il pane quotidiano., Uno potrebbe dire: ma se non hanno nemmeno gli occhi per piangere perché la droga e come fanno a comprarsela? La domanda dovrebbe essere posta più a monte e cioè: a che cosa serve la droga? Serve per dimenticare, per trascorrere qualche istante in pace. I ricchi si drogano per riempire un vuoto, perché non sanno che cosa fare, mentre i poveri si drogano per cercare di diminuire il dolore esistenziale, per dimenticare, anche solo per qualche momento. Poi inizia l’inferno, dovuto all’impossibilità di pagare la merce, l’entrata nel giro dei trafficanti, il coinvolgimento dei familiari. Il giorno dopo la sparatoria c’era una testa che rotolava nelle strade della favela. Vari corpi sono stati trovati nei cespugli dei dintorni della favela, di gente che non riusciva a pagare i trafficanti locali. Qui nessuno entra, né il comune, né la polizia: i conti se li regolano tra di loro.

Se ogni tanto c'è un incendio nella favela si capisce perchè 


Dal punto di vista religioso la stragrande maggioranza delle persone che abitano nella favela sono evangelici. Qui si tocca con mano un vecchio discorso e cioè della religione come una droga, con la differenza che, mentre la droga arriva ad ammazzare, la religione venduta dagli pseudo pastori neopentecostali, conduce fuori dalla realtà. Questi falsi pastori, veri e propri mercenari, attaccati ai soldi in modo allucinante, assicurano ai poveri malcapitati un pezzettino di paradiso in cambio di una tassa mensile. Fanno leva, infatti, su coloro che ricevano benefici dal governo: pensionati, persone con deficienza fisica, famiglie povero che ricevono un sussidio dal governo. Più sono povere, più le persone si affidano ai mercenari di Dio, a pseudo pastori senza scrupoli che, come gli avvoltoi, si nutrono della carne dei poveri malcapitati. I disperati non ascoltano discorsi teologici raffinati, ma si affidano alle promesse di un futuro glorioso. Probabilmente sanno che è tutto falso, ma che cosa importa! Un po’ di consolazione illusoria può servire per andare avanti in mezzo allo schifo della vita presente.



Abbiamo girato una parte della favela con la scusa di trovare un posto per celebrare una messa fra qualche domenica. In realtà, cercavo di vedere con i miei occhi il dramma della miseria umana, sin dove può arrivare il degrado umano, per capire che cosa si possa fare o se si possa davvero fare qualcosa, con la consapevolezza che dagli abitanti del posto non arriverà mai nessuna richiesta di aiuto. Il dato più allucinante è che a soli sei km di distanza c’è il quartiere di lusso Ponta Negra, con palazzi ed edifici da far invidia a Toronto. Tanta disuguaglianza in pochi metri. Forse, fra qualche mese andrò a trovare anche loro.

domenica 21 gennaio 2024

TORNA IL CREDO DELLE DONNE

 



 

Lunedì 22 gennaio 2024 alle ore 20,45 torna il percorso teologico, organizzato dalle Edizioni San Lorenzo di Reggio Emilia, denominato: Il credo delle donne. Siamo ormai al terzo anno e stiamo ascoltando alcune teologhe e bibliste italiane che ci parlano degli articoli del credo.

La teologa Alice Bianchi ci parlerà di: Credo in Gesù Cristo, Signore. Potere, comunità e resurrezione.

L’incontro si svolgerà, come sempre in meet.

https://meet.google.com/gtt-oefm-pxw

 

La teologa Alice Bianchi



Alcuni dati sulla relatrice Alice Bianchi:

Classe 1994, bresciana, ha conseguito il Baccalaureato presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale nel 2018. L’anno seguente ha pubblicato Tecla. Io mi battezzo nell’ultimo giorno nella collana Madri della fede (edizioni San Paolo).

Per le edizioni Messaggero di Padova ha pubblicato nel 2023: La Differenza che tiene in sospeso il mondo. Donne, uomini, cristianesimo. .

Attualmente è dottoranda presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma dove ha ottenuto la Licenza in Teologia Fondamentale nel 2021.

È consigliera nazionale per il Settore Giovani di Azione Cattolica nel triennio 2021-2024.
Ha insegnato religione nella scuola primaria e nella secondaria di secondo grado.


Le edizioni San Lorenzo hanno pubblicato i seguenti libri sul tema della teologia delle donne:

Uno sguardo diverso su Dio. La teologia delle donne (2021)

Il credo delle donne (2022)


I libri sono acquistabili sul sito delle Edizioni San Lorenzo:

https://www.edizionisanlorenzo.it/

 

sabato 20 gennaio 2024

Il ruolo fondamentale delle donne nelle comunità indigene

 



Paolo Cugini

La Conferenza Ecclesiale dell’Amazonia (CEASA), venutasi a formare dopo il sinodo dell’Amazzonia con l’obiettivo di mettere in pratica le indicazioni sia del testo finale del Sinodo che di Querida Amazonia di Francesco, ha presentato alcuni mesi fa un primo lavoro di ricerca nel tentativo di mettere le basi di un rito amazonico, conforme la volontà di papa Francesco. Nella parrocchia in cui opero a Manaus, abbiamo costituito un gruppo di ricerca che sta leggendo e riflettendo sui testi prodotti dalla CEAMA  per prendere alcuni spunti da riportare poi nelle nostre celebrazioni, Ci sono sembrati particolarmente significativi le indicazioni sul ruolo delle donne nelle comunità indigene. 

Nelle cosmologie dei popoli indigeni, dei quilombola e di altre comunità tradizionali la figura femminile ha un ruolo centrale in quanto è colei che genera e si prende cura della vita. Esempio di questo sono le espressioni Madre Terra, Madre dell'Acqua, Madre dei Pesci e Madre del Cespuglio. Questa centralità del femminile si presenta nelle relazioni di socialità dei popoli indigeni, in cui le donne hanno molteplici ruoli: generano e istruiscono i figli su come trasmettere storie e conoscenze; indicano l’attenzione alla casa e alla famiglia; consigliano i propri compagni su come prendere decisioni basate sui sogni e segni sacri, che sanno interpretare con la propria sensibilità.

Ciò dimostra il ruolo fondamentale che le svolgono in queste comunità. In questo senso è opportuno sottolinearlo, per l'organizzazione dei riti e delle celebrazioni che ne derivavano dalle interazioni tra cristianesimo, popolazioni indigene, quilombolas e comunità tradizionali, il protagonismo delle donne è fondamentale. Per un autentico Rito Amazzonico, è importante che le donne possano occupare spazi di partecipazione e leadership in cui non si trovano in una posizione subordinata, ma di simmetria e complementarità. Proprio come nel lavoro collettivo in fattoria – in cui le donne lavorano (a fianco degli uomini) nella piantagione, nella preparazione di cibi e bevande – nelle comunità dove si svolgono le feste dei santi, sono loro che organizzano e dirigono le litanie, le danze tradizionali e la preparazione e distribuzione di cibi e bevande.

Un rito amazzonico deve prevedere la ridistribuzione dei posti e dei ruoli all’interno della Chiesa, accogliendo ufficialmente il ruolo delle donne come predicatrici e officianti sacramenti.

Inculturazione e contaminazione

 




 

Paolo Cugini

 

Leggendo i documenti della Chiesa sul tema dell'inculturazione, ci si rende conto che il discorso è unidirezionale. Al di là delle parole e delle riflessioni, il discorso parte sempre dal presupposto che il Vangelo è l'unica parola vera e che le verità delle altre culture sono tali quando sono in consonanza con le verità e i valori del Vangelo. A questo punto è lecito una domanda: ci può essere una verità, un valore in una cultura che non sia strettamente legato alle verità e ai valori del Vangelo? La domanda intende porre il problema della libertà dello Spirito Santo di fecondare in ogni cultura la verità. Se ciò fosse possibile vorrebbe dire che la chiesa, incontrando altre culture, non dovrebbe attivare semplicemente un processo di verifica di consonanza delle verità e dei valori culturali con il Vangelo, ma porsi in un ascolto attento per accogliere la novità apportata sul tema della verità da una cultura diversa e per questo, essere disponibili ad accoglierla, così come si manifesta, senza volerla modificare o, peggio ancora deturpare.

È a questo livello che si pone il tema della contaminazione come elemento positivo del cammino di evangelizzazione. Se esistono valori e verità autentiche nelle altre culture che sono indipendenti, autonome, diverse dai contenuti del Vangelo, ma che hanno una verità evidente, è possibile che queste verità altre contaminino il contenuto del Vangelo? È possibile lasciarsi contaminare positivamente senza paura di perdere l'identità cristiana, ritenendo che l'identità che lo Spirito Santo è capace di produrre sia il frutto dell'accoglimento delle diverse verità suscitate dallo spirito e non elaborate dall'ideologia dominante?

 Porre il problema della contaminazione in teologia non significa scadere nel campo del sincretismo o del pluralismo a basso costo, ma entrare nella verità profonda delle possibilità dello Spirito Santo, che troppo spesso nella storia della teologia cattolica è stato prigioniero di strutture filosofiche, metafisiche, ti teologie che più di approfondirne il messaggio autentico, ne hanno ristretto il campo di azione e la sua autentica possibilità di rivelazione.

Entrando in questo tipo di riflessione che cerca di valutare la capacità di lasciarsi contaminare di una cultura, diviene evidente il processo d’indurimento avvenuto nella chiesa per proteggere i propri contenuti nei confronti delle possibili contaminazioni. Potremmo leggere in questa prospettiva il fenomeno dell’inquisizione (Santa?), della caccia alle streghe, delle torture di tutti coloro che erano ritenuti eretici. Il fenomeno dell’eresia nasce proprio quando una istituzione difende ad ogni costo quello che ritiene essere il proprio patrimonio ideologico considerato inviolabile e inalterabile.

La domanda a questo punto del discorso è la seguente: quando Gesù ha annunciato il Vangelo ha voluto proporre una dottrina di tipo dogmatico da difendere con i denti, oppure ha voluto indicare un cammino, uno stile di vita che, proprio come tale, sarebbe dovuto rimanere aperto ad ogni possibile contaminazione in sintonia con il messaggio annunciato?

 

giovedì 18 gennaio 2024

LIBERI COME LO SPIRITO

 



 

Paolo Cugini

E se imparassimo a lasciare libero lo Spirito Santo, nel senso di liberarlo dalle nostre catene teologiche, dottrinali, dogmatiche. Se riuscissimo a liberarci la mente dalle precomprensioni accumulate nei secoli, che sin da prima di nascere ci dicono come dobbiamo guardare la realtà e persino ci sanno perfettamente dire come soffia lo Spirito, da che parte viene e dove va. Quanta arroganza in tante pagine di teologia cattolica! Che boria, che tracotanza, ma, soprattutto, quanta pigrizia! Sono i pigri, infatti, che preparano tutto a puntino per non dover far fatica con delle novità, con delle sorprese. Sono i moderati, quegli sfaticati, che per paura di dover sudare, preparano tutto a puntino in precedenza, così possono stare tranquilli e sereni.

 E se lo lasciassimo libero, così com’è, senza pretendere di sapere più di Lui, di far finta di capire quello che umanamente è difficile capire. Forse ci accorgeremmo che ci sono dei contenuti che ci sfuggono, che non riusciamo a collocare dentro i nostri sistemi precostituiti. Forse potremmo cogliere delle novità inaspettate, mai previste e pensate. È con questo spirito che dobbiamo guardare alle culture altre, per poter cogliere la novità, i doni che lo Spirito Santo ha fatto fecondare indipendentemente dalla Chiesa e dal suo Magistero, perché lo Spirito è ben più della Chiesa e del suo Magistero.

Forse è con questo Spirito di libertà che potremmo sperimentare l’ebrezza dello Spirito del Signore, che nessuno sa da dove venga e dove vada, e ci porta dove vuole Lui. Forse è proprio questo il senso della vita nello Spirito: lasciarci condurre da Lui, lasciarci trasportare dove lui vuole, senza pregiudizi, senza sentirsi in obbligo di dover giudicare le esperienze altre alla luce dei nostri piccoli paradigmi. Perché è proprio da qui la difficoltà di vivere il Vangelo fino in fondo, assaporarne il suo Spirito, nel fatto cioè, che ci hanno insegnato ad identificare il Vangelo con una religione specifica, con riti e dogmi ben chiari, a vivere dentro dei limiti, dei confini. E allora lo Spirito in questi piccoli e angusti cunicoli entra un po' stretto, e noi che nella giovinezza percepiamo che sarebbe qualcosa d’altro, lentamente ci adattiamo a questa identificazione dello Spirito con l’istituzione e i più devoti, paradossalmente, ne diventano i più estremi difensori.

Ma se un giorno riuscissimo a liberarci di tutto questo, quanto bello sarebbe!

 

venerdì 12 gennaio 2024

Una nuova spiritualità post-teista

 






 

Paolo Cugini

La prospettiva inaugurata dal nuovo paradigma post-teista, non muta solo il modo di intendere Dio, ma anche il modo d’intendere la spiritualità. Se Dio non abita più in cielo perché, come abbiamo visto, viene superato il dualismo cielo e terra, come chiamare d’ora innanzi Dio, con che nome? Ancora. Se esisteva ed esiste tutt’ora, una spiritualità teista, è possibile parlare di una spiritualità post-teista o trans-teita? Sono domande importanti che hanno già trovato alcune risposte e che ora cercheremo di conoscere.

Secondo il teologo della Liberazione Leonardo Boff, che ha dedicato molti anni di studio al nuovo paradigma scientifico in una prospettiva teologica[1], l’uscita da una visione dualista della realtà comporta l’assunzione del paradigma scientifico, che ci mostra come tutto sia relazionato con tutto. La legge universale dell’Universo è la cooperazione di tutti con tutti, in altre parole, la connettività. “Tale interdipendenza – sostiene Boff – e tale solidarietà cosmica rendono tutti complementari gli uni agli altri. Nulla è superfluo, nulla viene escluso”[2]. In questo modo di percepire il mondo c’è una profonda spiritualità che tende verso l’unità. Boff parla di spirito dell’Universo che è alla base di tutte le relazioni e interconnessioni e, soprattutto, è responsabile dell’unità del Tutto. Questo processo di unificazione percepibile nell’Universo è iniziato a realizzarsi dal primissimo momento dopo il Big Bang, quando gli elementi primordiali sono entrati in relazione tra loro.

Sono gli embrioni dello spirito che hanno cominciato ad emergere. Per questo lo spirito germinale presenta la stessa ancestralità dell’Universo: è nell’Universo prima ancora di essere in noi. Perché sono sempre interconnessi, tutti gli elementi sono portatori, a modo loro, dello spirito (Boff, p. 105).

Il principio di relazionalità funziona allo stesso modo in una montagna come in qualsiasi essere vivente, compreso l’uomo e la donna. Si può pensare a gradualità differenti, ma l’idea che tutto è interconnesso ci conduce a pensare che ogni organismo vive in relazione con gli altri. Percepire lo spirito dell’Universo significa entrare all’interno di un cammino che ci fa sentire in relazione con tutti a tutti i livelli. Questa cosmovisione, infatti, ci obbliga a pensare alla realtà non come una macchina, ma come un organo vivo, impastato di energia e noi stessi siamo imbevuti di energia vitale, spirituale, cosmica. Questa energia che ci rende vivi “è l’altro nome di Dio, o dello Spirito Creatore e Vivificatore” (Boff, p. 114). La comprensione della realtà così intesa dà origine, secondo Boff, ad una spiritualità, perché: “abbracciare il mondo significa abbracciare Dio, il quale si nasconde ed emerge in ogni essere” (Boff, p. 114). Secondo il nostro autore è necessario riscattare quello che lui chiama la ragione cordiale, che è il fondamento dell’etica e della spiritualità. È il cuore cordiale che ci permette di andare oltre la ragione analitica, che è alla base della spiritualità teista.

Il principio cosmologico dell’auto-organizzazione dell’Universo sta operando in ciascuna delle parti del Tutto. Sena nome e senza immagine. Dio è il nome che le religioni hanno trovato per liberarlo dall’anonimato e inserirlo nella nostra coscienza e nella nostra celebrazione. È un nome del Mistero, un’espressione della nostra venerazione. Sta nel cuore dell’Universo. L’essere umano lo percepisce nel suo cuore con entusiasmo (Boff, p. 115).

Secondo Boff, la mentalità che attualmente esprime meglio questa nuova sensibilità spirituale post-teista è quella ecologica. In effetti, il paradigma post-teista aiuta meglio di quello teista a comprendere la realtà, mostrando come, a differenza della mentalità teista che incentivava una spiritualità incentrata sul soggetto, trascurando ogni riferimento al cosmo e alla natura, tutto è interconnesso e come Dio sia presente in tutte le cose.

Il teologo irlandese Diarmuid O’Murchu parla di orizzonte cosmico della spiritualità emergente[3], e questo perché la spiritualità è divenuta progressivamente un campo di studio interdisciplinare in cui la cosmologia ha avuto un maggior impatto rispetto alle altre discipline. Il paradigma post-teista apre non solo le porte ad una sensibilità spirituale più attenta all’ecologia, ma anche alle questioni di genere. Ne sono testimonianza i lavori della teologa brasiliana Ivone Gebara[4] e della teologa statunitense che da più di trent’anni lavora in Cile: Mary Judith Ress[5]. Secondo Gebara, il teismo ha contribuito a creare un processo di maschilizzazione della Terra Madre e questo è dovuto anche al fatto che la natura è sempre stata considerata come un luogo e “come luogo è divenuta oggetto piegato all’uso e al potere umano razionale”[6]. Il paradigma post-teista può contribuire a destrutturare la cultura patriarcale che ha utilizzato il teismo per esprimere una religiosità e una spiritualità che ha generato disuguaglianze e, di conseguenza, violenze di genere. Su questa stessa linea di riflessione e accogliendo le istanze riportate sopra, Mary Judith Ress arriva ad affermare che è proprio la prospettiva dell’interdipendenza di tutte le cose, sostenuta anche dall’ecofemminismo, che sarà possibile recuperare la nostra dimensione mistica e sciamanica. “Siamo parte del processo evolutivo cosmico – afferma Ress – e da qui viene la nostra creatività. Da qui allineiamo la nostra coscienza alla coscienza dell’universo, che è molto, molto più grande della specie umana”[7].

Sempre in questo cammino di ricerca, il teologo spagnolo Arregi parla di spiritualità transteista. Ponendosi sull’onda della famosa profezia nietzschiana dell’annuncio della morte di Dio, a suo modo di vedere grazie a questa “morte” sarà possibile tornare ad incontrare Dio. Dal Dio tesista troppo ideologizzato, nell’epoca post-teista che stiamo vivendo, si avrà la possibilità di riscoprire il Dio che si manifesta nella Realtà. “L’umanità se vuole essere quello che è e vivere davvero, dovrà cercare un nuovo modo di lasciarsi abitare più profondamente dal Soffio Vitale, lo spirito universale che la anima in comunione con tutti gli esseri”[8]. Secondo Arregi, esiste un cammino di ritorno al Mistero o al Silenzio che è iniziato già all’interno delle stesse religioni sin dall’origine. La spiritualità transteista è il destino del nostro tempo e ciò vale sia per chi ancora segue una religione e chi ha ormai da tempo abbandonato ogni tipo di religione. Il dato interessante, secondo Arregi, sta nella scoperta che la spiritualità transteista non sorge dopo quella teista ma, addirittura la precede e l’accompagna. Nel saggio che stiamo analizzando, Arregi ripercorre da un punto di vista storico il cammino delle religioni, mostrando come spesso nasca all’interno delle religioni una sorta di percorso opposto. Mentre le religioni con il passare dei secoli si trasformano in istituzioni con codici e regole fisse e sempre più rigide, sviluppando un pensiero di tipo dogmatico, proprio al loro interno, come critica e reazione:

sono sorti potenti movimenti spirituali di riforma: una spiritualità mistica oltre il dogma e il tempio, una spiritualità etica di fronte al culto e alla dottrina, una spiritualità profetica-politica del Dio Unico oltre ogni immagine umana particolare e ogni alleanza tra la corte e il clero. Nel seno di diverse filosofie e religioni è emersa un’intensa aspirazione all’Uno senza nome” (Arregi, p. 102).

La fine del teismo prodotto in modo particolare dalle rivoluzioni scientifiche e dalla potenza dei mezzi di comunicazione, non significa la fine della spiritualità, ma solo di quel tipo di spiritualità venutasi a creare dal paradigma teista. C’è un processo di liberazione in atto, frutto del nuovo paradigma post-teista, che non attribuisce più nomi specifici al Mistero, ma lo percepisce come Soffio vitale, Spirito, Energia, Realtà. Liberarsi dalle forme illusorie del pensiero, che è un processo tipico della cultura occidentale, permetterà all’umanità, secondo Arregi, a scoprirsi “uno con l’Assoluto e, pertanto, con l’Essere profondo di tutto ciò che è” (Arregi, p. 106).

C’è un ultimo aspetto che mi sembra importante sottolineare in questa ricerca di una spiritualità transteista proposta da Arregi. L’autore si chiede come mai viene manifestata tanta resistenza dinanzi alla proposta di una mistica cristiana transteista. Tale resistenza non si percepisce in altri contesti religiosi. È strana l’opposizione che viene fatta tra il Dio impersonale della mistica indù e il Dio personale della mistica cristiana. Secondo Arregi è una mera costruzione della mente umana. Infatti, i contenuti della spiritualità universale sono la profondità dello sguardo, ampiezza della coscienza, la comunione dei viventi nella fonte comune della vita: qui non c’è contrapposizione tra religioni, ma sentire spirituale comune. Lo stesso si può dire per l’esperienza dell’Infinito nella tradizione monoteista giudaico-cristiana e mussulmana, che: “c’invitano, oggi più che mai, a superare tale opposizione, quelle pretese di verità assoluta che tanto profondamente arrecano danno alla vita” (Arregi, p. 111). Valgono allora, come conclusione del percorso proposto da Arregi, le riflessioni del teologo del XIV secolo d. C. Maestro Eckart, indicato come antesignano della spiritualità transteista, il quale invitava a liberarsi di “Dio” per liberarsi in Dio, con o senza nome, “per essere uno con tutto l’Uno, per promuovere la liberazione universale in un mondo che geme” (Arregi, p. 113).

 



[1] Cfr. boff, l. Il Tao della liberazione, Roma: Fazi Editore, 2014.

[3] diarmuid o’murchu. «Orizzonti dello spirito nel XXI secolo» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Il cosmo come rivelazione. Cit. p. 179.

[4] gebara, i. «Un contributo dell’ecofemminismo teologico a una migliore convivenza planetaria» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Il cosmo come rivelazione. Cit. p. 137-162.

[5] ress, m.j. «Da una prospettiva ecofemminista. Re-immaginando la Sapienza che ci sostiene» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Oltre Dio. Cit. p. 227-246.

[6] gebara, i. «Un contributo dell’ecofemminismo teologico a una migliore convivenza planetaria» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Il cosmo come rivelazione. Cit. p. 142.

[7] ress, m.j. «Da una prospettiva ecofemminista. Re-immaginando la Sapienza che ci sostiene» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Oltre Dio. Cit. p. 228.

[8] arregi, t. «Dio al di là di “dio” o del teismo. Riflessioni teologiche in prospettiva storica» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Oltre Dio, cit. p. 102. 

martedì 9 gennaio 2024

UNA BIBLIOTECA PER LA FACOLTA’ CATTOLICA DELL’AMAZZONIA

 

Un evento culturale organizzato dalla FCA con al centro Mons Steiner, Cardinale di Manaus



 

Paolo Cugini

 

Lavoro da circa sei mesi nella Facoltà Cattolica dell’Amazzonia (FCA) con sede a Manaus e mi colpisce la voglia dell’equipe coordinatrice del progetto, di costruire una realtà formativa creativa e attenta al territorio. Nell'equipe c'è il direttore della facoltà padre Hudson che recentemente è diventato vescovo ausiliare di Manaus e che contiunerà a svolgere il servizio in Facoltà.

La FCA nata lo scorso anno, ha già ottenuto il riconoscimento dallo Stato brasiliano con il massimo dei voti. In questi primi mesi di attività, sta pianificando il lavoro dei prossimi anni. L’obiettivo principale consiste nel divenire un’entità formativa su tutto il territorio amazzonico, con una particolare attenzione alle fasce sociali più deboli, come gli abitanti delle comunità che vivono sul Rio delle Amazzoni e coloro che vivono nei quartieri più poveri.

La FCA desidera dedicarsi allo studio della realtà amazzonica, essendo uno spazio di dialogo interdisciplinare, interreligioso, interculturale ed ecumenico, alla ricerca di nuovi percorsi verso un'ecologia integrale. Intende articolare un rapporto di solidarietà e reciprocità con la comunità, attraverso attività di estensione, attività pastorali, corsi e progetti di estensione.

Per poter svolgere questo fondamentale lavoro formativo la Facoltà Cattolica deve divenire al più presto autonoma dal punto di vista economico. Per questo sta pensando di aprire nei prossimi tre anni nuovi corsi di pedagogia, giurisprudenza, psicologia, mantenendo sempre aperta l’attenzione allo specifico del territorio, ai temi che lo caratterizzano come l’ecologia, la grande diversità di popoli e lingue, la situazione di povertà di una grande fascia di popolazione.



Per riuscire a raggiungere gli obiettivi proposti, la FCA ha bisogno di aggiornare il Fondo Generale della Biblioteca a favore della strutturazione del corso di Filosofia e Teologia, e essere di sostegno all'insegnamento, all'approfondimento e alla ricerca.  Attualmente il patrimonio della Biblioteca della FCA è piuttosto carente, costituito per lo più da libri che provengo da donazioni. Si tratta, dunque di un materiale non aggiornato.

Gli studenti che arrivano in Facoltà spesso non sono in condizioni id comprarsi dei libri, anche perché devono già fare un grande sforzo per pagare la tassa mensile. Avere una biblioteca ben fornita e attualizzata è di fondamentale importanza per il buon esito dei percorsi formativi degli studenti. Altro dato interessante per comprendere la situazione culturale di Manaus è che in una città di più di due milioni di abitanti non esiste una sola libreria. Ci sono alcuni negozi di cartoleria che vendono anche libri, ma non esiste attualmente un luogo in cui si vendono solo libri. Questo dato, a mio avviso, dice molto della situazione culturale di questo popolo e delle politiche che sono state pensate in questi anni.

Dall’esperienza acculata in tanti anni di missione in zone povere so benissimo che le persone che vivono in Occidente, storcono il naso quando il missionario chiede offerte per dei libri da mettere in una biblioteca pubblica. È un pregiudizio che viene da molto lontano, che considera la cultura come un lusso. Ho scoperto che la realtà è esattamente il contrario, vivendo in mezzo ai poveri, parlando con giovani che mi chiedevano libri, possibilità di studiare, come unico cammino per uscire da un destino di povertà e esclusione. Per questo motivo, negli anni trascorsi in Bahia (Brasile) assieme ad un mio amico, abbiamo costituito un’associazione (che esiste ancora) che negli anni ha messo in piedi quattro biblioteche e attivato vari corsi professionali o di preparazione all’esame di entrata all’Università. Adesso sono in Amazzonia e sono stato subito coinvolto in un progetto culturale di grande respiro, che abbraccio con tutto il cuore, perché capisco quanto sia importante un libro, per imparare a sognare, ad avere un’opinione propria, a contrastare le menzogne che il mondo politico ed economico raccontano per mantenere il popolo schiacciato in una povertà disumana.



Se desideri contribuire a questo progetto culturale entra in contatto con Il Centro Missionario Diocesano di Reggio Emilia e riceverai tutte le istruzioni.

Intanto, a nome della Facoltà Cattolica dell’Amazzonia, ti ringrazio di cuore.

CMD Reggio Emilia:

indirizzo: Via Vittorio Veneto, 6, 42121 Reggio Emilia RE, Italia

E-mail: missioni@cmdre.it

Tel.: +39 0522 436840

Numero cellulare del responsabile (Roberto): +39 320 071 4445

Sito­: https://cmdre.it/

 

Oppure potente inviare direttamente alla FCA:

Associação Amazônica para a Pesquisa e Educação Cristã Cristã-AAPEC

CNPJ 07.864.772/0001-10

Indirizzo: Travessa Maromba, 79 Bairro Chapada

CEP 69050-150 Manaus-AM

 

Dati bancari della FCA

Banco Bradesco S.A

Ag 3053-8

Conta corrente 6350-9

IBAN: BR81 6074 6948 0305 3000 0063 509C1

SWIFT: BBDEBRSPSPO

 

 

domenica 7 gennaio 2024

ASSEMBLEA DELLE COMUNITA’

 

Il ponte dal quale varie persone si sono gettate negli ultimi anni


Parrocchia san Vincenzo de Paulo-Compensa, Manaus

Il problema della sofferenza psichica

 

Paolo Cugini

 

Si sta svolgendo in questo fine di settimana – 5/7 gennaio – l’assemblea delle 7 comunità della parrocchia san Vincenzo di Paola, che accompagno da più di due mesi. L’abbiamo strutturata sul metodo: vedere, giudicare, agire, celebrare, utilizzato da sempre dalla chiesa Latino-americana. Dopo una serata dedicata alla riflessione biblica per cercare spunti per migliorare le relazioni umane nelle comunità, sabato mattina l’abbiamo dedicata ad un’analisi della congiuntura socioeconomica del quartiere Compensa in cui viviamo, composto da circa 100 mila abitanti.

Un angolo del quartiere Compensa di Manaus


Abbiamo invitato due psicologhe, una che lavora nelle strutture pubbliche e una qui in parrocchia; un assistente sociale e un personale sanitario. L’obiettivo della mattina è stato quello di capire meglio la situazione sociale di uno dei quartieri più poveri e pericolosi di Manaus. I dati riportati sono allarmanti. Ha colpito, soprattutto, il dato riportato dall’assistente sociale Elizabeth sulla salute mentale degli abitanti e il grande numero di persone che soffrono di disturbi psichici. Il motivo di ciò è stato individuato da una serie di fattori, tra i quali il grande tasso di disoccupazione. Quasi il 40% delle persone vive con meno di 150 euro al mese e molte famiglie fanno parte del programma sociale che distribuisce borse della spesa. C’è poi tutta una zona del quartiere Compensa che vive nella miseria. È questo un territorio dominato dal traffico di droga in cui è anche difficile l’azione pastorale.

Un altro angolo del quartiere Compensa


Il dato che più ha allarmato l’assemblea è stato quello riguardante la salute mentale degli abitanti del quartiere. C’è molta sofferenza psichica e poco personale per attendere la domanda. Nel nostro quartiere ci sono solo due psicologhe. Anche la parrocchia da anni ha messo a disposizione una psicologa e, nell’ultimo consiglio pastorale delle comunità abbiamo deciso di fare uno sforzo per mettere a disposizione della comunità un’altra psicologa.

Altro dato in linea con quelli accennati è l’alto tasso di suicidi. Secondo la psicologa Daianne Veras Tavares, che da anni lavora nel quartiere Compensa, da quando il Governo ha costruito il ponte che unisce le due rive del Rio Negro il tasso di suicidi è aumentato molto. Proprio per questo, alcune entità si sono organizzate per elaborare un progetto chiamato: “Non è ancora il tuo ultimo viaggio”, con l’obiettivo di prevenire il suicidio. Lo scorso anno il numero di suicidi nel quartiere Compensa, secondo i dati che si hanno a disposizione, è stato di 124. “Oggi lo psicologo – ha dichiarato la psicologa Daianne- è più importante del dentista”. Secondo Daianne l’altissimo tasso di suicidi rivela una bassissima capacità di resistere alla sofferenza psichica. Oltre ai problemi economici come causa della sofferenza mentale, la psicologa ha segnalato anche la grande solitudine in cui si trovano gli anziani e il numero crescente di persone che soffrono di depressione. C’è tutto un mondo che sembra non reggere più il peso di una vita che sembra essere senza vie di uscita.

Altro dato significativo riportato dall’assistente sociale Elizabeth è sul tasso di scolarità. “I dati che abbiamo – sostiene Elizabeth – non corrispondono alla realtà. Nonostante i numeri del Governo indichino percentuali alte di successo scolastico, in realtà i bambini non sanno leggere e nella Compensa c’è una percentuale altissima di abbandono scolastico”. Il Governo, per non perdere gli incentivi economici delle entità Internazionali, proibisce agli insegnanti di bocciare e, così, nelle classi anche delle scuole superiori si trovano ragazzi che fanno fatica a leggere e a comprendere il testo.

Nelle prossime settimane nei consigli pastorali delle comunità cercheremo di capire come annunciare il Vangelo in questo contesto di grande sofferenza. 

lunedì 1 gennaio 2024

Quale cristianesimo nel post-teismo?

 




 

Paolo Cugini

Nelle pagine degli autori del post-teismo è iniziata una lettura critica del cristianesimo che, in sintesi, può essere condotta a tre filoni principali. In primo luogo, vi è un’ala radicale che sta mettendo in soffitta tutto l’apparato concettuale del cristianesimo, considerandolo superato e improponibile. Ci sono, in secondo luogo, autori che stanno elaborando una proposta alternativa al post-teismo recuperando in modo critico alcuni elementi del cristianesimo. Per ultimo, vi sono coloro che interpretano il cristianesimo nell’epoca del post-teismo rileggendo i dati del cristianesimo senza stravolgerli, ma operando un’operazione ermeneutica in grado di continuare il cammino sui contenuti della Tradizione.

In primo luogo, dunque, c’è una riflessione che sta prendendo le distanze in modo radicale e senza continuità con i contenuti del cristianesimo elaborati nei primi secoli e che hanno influenzato tutto il cammino. Tra questi autori spiccano le analisi in prima battuta del vescovo episcopaliano statunitense John Shelby Spong[1] e del gesuita belga Roger Lenaers[2] e, le analisi più recenti del teologo latino-americano José Maria Vigil[3] e del teologo spagnolo José Arregui[4]. Basta sfogliare le 12 tesi di Spong[5]per rendersi conto che del cristianesimo, così com’è stato elaborato nella cristianità, ci rimane ben poco, anzi nulla. Si passa infatti, dall’affermazione del non senso del “cercare di credere Gesù come incarnazione di una divinità teistica”[6], alla negazione della verginità intesa in senso biologico perché, secondo Spong, renderebbe impossibile la divinità di Cristo così com’è stata tradizionalmente compressa[7]. In un contesto culturale post-newtoniano, non c’è più spazio per la narrazione dei miracoli di Gesù, che possono essere spiegati come “versioni ampliate di storie di Mosè, Elia e di Eliseo, o come applicazioni alla vita di Gesù, in senso messianico, dei segni del Regno di Dio in Isaia”. Lo stesso vale per la resurrezione che: “non può consistere in un risuscitare fisico all’interno della storia umana”. La chiave ermeneutica di questa presa di posizione così radicale nei confronti dei contenuti della Tradizione è proprio quel teismo che stiamo analizzando e che, a detta di Spong, è stato utilizzato dalla prima comunità cristiana per leggere i contenuti del messaggio evangelico. Siccome il teismo come modo di definire Dio è morto e la maggior parte di ciò che si dice di Dio non ha più senso, “dobbiamo trovare un nuovo modo di concettualizzare Dio e parlarne”.

Dello stesso parere è il gesuita Roger Lenaers. Per comprendere la sua analisi occorre inquadrare bene la sua griglia concettuale. Invece di parlare di Teismo e post-teismo, Lenaers parla di eteronomia e teonomia[8]. Eteronoma indica la concezione dualista della realtà, in cui gli elementi della realtà terrena fanno riferimenti ad un mondo altro (heteros in greco), il mondo trascendente. È questo il paradigma – che Lenaers indica con il termine assioma – che è servito come chiave d’interpretazione della realtà e che il cristianesimo delle origini, in modo particolare il riferimento è ai primi quattro Concili ecumenici, ha utilizzato per descrivere i misteri che riguardano Gesù di Nazareth. La concezione eteronoma è un assioma che è stato recepito come evidente, senza interrogarsi sull’origine delle cose e comprendere se stanno davvero così, se c’è davvero di far riferimento ad un presunto mondo trascendente per stabilire le leggi del nostro mondo immanente. L’accettazione di questo assioma cominciò a crollare con l’emergere delle scienze esatte, che aiutò a comprendere che “la natura segue proprie leggi interne, che possono essere calcolate, i cui effetti possono essere previsti e spesso addirittura evitati”[9]. Smantellato l’apparato concettuale che reggeva la visione del mondo eteronoma, che aveva ipotizzato l’esistenza di un Dio – il Teos del teismo -, si fa strada una concezione autonoma, che considera per le proprie analisi la sola realtà immanente.

L’autonomia non è l’affossatrice del vero Dio, ma solo dell’insoddisfacente immagine di un Dio in cielo, che è una costruzione umana, anche troppo umana e, in ogni caso, inadeguata a rappresentare per i tempi moderni il Dio che si rivela in Gesù […] La riconciliazione di autonomia e fede in Dio è chiamata teonomia.

Nel pensiero teonomo esiste solo il nostro mondo: non c’è più bisogno di alcuna trascendenza. È questa la prospettiva aperta dal post-teismo che Lenaers chiama teonomia. L’autore è consapevole che, secoli di assioma eteronomo, hanno plasmato in modo così profondo la dottrina cristiana da rendere difficile una rilettura diversa, teonoma, per l’appunto. In ogni modo, il crollo dell’assioma eteronomo è sotto gli occhi di tutti e ciò provoca un cambiamento radicale del modo d’intendere i contenuti della vita cristiana. Se, infatti, non esiste più un’istanza soprannaturale perché l’unica realtà è quella immanente, allora:

anche il concepimento di Gesù senza un padre umano è diventato impensabile, e anche la risurrezione intesa come la rianimazione di un organismo completamente morto; e le sacre formule fu concepito per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergine Maria e il terzo giorno risuscitò, come pure la resurrezione della carne, diventano obsolete, perché teli dichiarazioni presuppongono l’intervento sovvertitore di Dio nell’ordine cosmico.

Il pensiero autonomo che si sviluppa e prende piede in occidente a partire dalle scoperte scientifiche e dal paradigma scientifico che si modella nell’epoca moderna, oltre a generare il paradigma teonomo produce la crisi della Chiesa come istituzione e come dottrina. “Come la pietra nel sogno di Nabucodonosor no ha lasciato in piedi niente della statua che si ergeva verso il cielo”, così sta avvenendo per la Chiesa che si sta sgretolando a causa del paradigma teonomo, che legge il Mistero in modo nuovo, opposto a quello eteronomo. È l’illuminismo che ha trasformato in pensiero critico le intuizioni che le scoperte scientifiche offrivano al pensiero occidentale. È a questo punto che inizia un processo di demitizzazione che conduce a prendere le distanze da quelle forme mitiche che, secondo Lenaers hanno caratterizzato il pensiero cristiano delle origini. La cristianità si è sviluppata all’interno delle antiche culture greca e romana che conoscevano la cultura mitica. “Finché la gente – sentenzia Lenaers – accetterà queste storie come vere rappresentazioni della realtà, non si porrà mai la domanda di quale logos si nasconda dietro i miti [...] Non possiamo più credere nel modo in cui sono state finora presentate le storie e le immagini della vecchia mitologia cristiana”. Secondo Lenaers è assurdo che, nonostante i dati della scienza siano ormai alla portata di tutti, la Chiesa ancora oggi non riesca a distanziarsi dall’assioma eteronomo. Questa difficoltà è visibile nelle formulazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 in cui non appare mai la parola evoluzione, riproponendo, invece, il concetto di peccato originale, che apre una serie di affermazioni che, a suo modo di vedere, sono oggi improponibili.

L’ultimo aspetto che intendo sottolineare dell’analisi di Lenaers è la questione di Dio come persona, un tema al centro del dibattito promosso dalla corrente post-teista. L’autore si chiede: “se nel pensiero teonomo Dio è la profondità ultima e l’essenza interiore del cosmo, è ancora possibile, allora, parlare di qualcuno?”. Tradotta, la domanda cerca di porre innanzi al dibattito teologico il problema se è ancora possibile indicare Dio come una persona, un Tu. Il problema non è di poco conto, perché, com’è possibile percepire, coinvolge la dinamica della preghiera tipicamente cristiana. Anche nei vangeli Gesù si rivolge a Dio come ad un Padre, anzi ci sono moltissime pagine di spiritualità e mistica cristiana che ci dicono che proprio Gesù ci ha mostrato il volto paterno di Dio come persona. La risposta di Lenaers è in linea con il pensiero post-teista ed è coerente con quanto lui stesso ha affermato a proposito dell’impostazione teonoma, contraria a quella eteronoma. In una prospettiva teonoma, esiste solo la realtà immanente e quindi anche nella preghiera non ci dirigiamo più ad un Tu presente in un aldilà che non esiste e che è pura invenzione umana. Infatti, “molte formulazioni tradizionali sul Tu divino sono incomprensibili per i moderni fedeli pensanti, specialmente coloro che proiettano questo Mistero in un mondo separato”. L’unico posto dove possiamo trovare Dio è in questo mondo, ma questo non ci impedisce di accostare Dio come un Tu. “In altre parole – conclude Lenaers – non tocca il linguaggio della preghiera. Tocca solo la comunicazione terminologica del rapporto tra Dio e gli altri, cioè la teologia e la dogmatica”.

Anche José Arregi e José Maria Vigil sono su questa stessa linea di un cristianesimo post-teista che non può più sostenere le costruzioni dogmatiche messe in atto dalla Chiesa utilizzando il paradigma teista. Nella presa di coscienza che, come le altre religioni, anche il cristianesimo si dissolverà in quanto “sistema obsoleto di credenze”, Arregi s’interroga sull’eredità della figura di Gesù. In primo luogo, dopo aver liberato il campo dalle costruzioni culturali e dogmatiche su Gesù, occorre guardare a lui come a un simbolo o icona dell’essere umano in comunione con tutti i viventi. Gesù, dunque, è icona dell’essere umano a favore della convivialità, della liberazione e della piena convivialità condivisa. “Sia chiaro – sottolinea Arregi – non guardo a Gesù come figura unica o perfetta o superiore alle altre, ma perché la sua figura fa parte in maniera particolare delle sue radici, delle nostre radici culturali e spirituali, personali e collettive”. Più che a guardare a Gesù come ce l’ha presentato la dogmatica cattolica che, a suo dire, non funziona più, occorre guardare a lui come ad una fonte d’ispirazione. Possiamo lasciarci ispirare da Gesù per la sua insistenza sulla misericordia, la sua rivoluzione dei valori, la sua libertà interiore, infine: “la sua personalità di profeta carismatico itinerante e il fatto che, nel corso della vita, si facesse accompagnare da uomini e donne allo stesso modo, per lo scandalo della gente per bene”. Più che personaggio di una religione, dunque, con le sue strutture concettuali rigide, Gesù ancora oggi è fonte d’disperazione per gli uomini e le donne libere, desiderosi di uno stile di vita più umano e autentico.

 Sula stessa linea di pensiero è José Maria Vigil, che pone come centro della riflessione il contesto culturale attuale, visibile nella distanza radicale che le nuove generazioni hanno preso nei confronti della religione. “Con una frequenza sempre maggiore, i giovani sono no solo post-teisti ma pure non-credenti, positivamente nemici di ogni credenza religiosa”[10]. Nelle nuove generazioni è visibile che l’impianto dogmatico delle religioni in generale e del cristianesimo in particolare non dice nulla per il semplice fatto che non corrisponde al paradigma scientifico che legge i dati della realtà non più in modo mitico, ma con i criteri offerti dalle discipline scientifiche. Ciò significa, secondo Vigil, il cammino verso una nuova antropologia che genera una nuova spiritualità. In questo nuovo contesto culturale che sta avanzando, la stessa figura di Gesù appare liberata dalla struttura dogmatica che l’ha ingabbiata per secoli e “sottratta a ogni monopolio e a ogni pretesa di possesso”, perché Gesù, afferma sempre Vigil, non può essere patrimonio delle chiese né del cristianesimo, ma appartiene a tutta l’umanità.

 



[1] spong, J.S. Vita eterna. Una nuova visione. Oltre la religione, il teismo, il cielo e l’inferno. Verona: Gabrielli, 2017; spong, J.S. Incredibile. Perché il credo delle chiese cristiane non convince più. Milano: Mimesis, 2020.

[2] lenaers, R. Il sogno di Nabucodonosor. O la fine di una Chiesa medievale. Viterbo: Massari, 20172; lenaers, R. Cristiani nel XXI secolo? Una ri-lettura radicale del credo. Trapani: Il Pozzo di Giacobbe, 2018.

[3] vigil, J.M. Teologia del pluralismo religioso. Torino: Borla, 2008; «Ricentrando il ruolo futuro della religione: umanizzare l'umanità. il ruolo della religione nella società futura sarà nettamente spirituale». In: Fanti C. - Sudati, F. (a cura di), Oltre le religioni, cit. p. 159-200; «Il nuovo paradigma archeologico-biblico», in: Fanti C. - Sudati, F. (a cura di), Oltre le religioni. Cit, p. 201-225.

[4] arregi, J. Mi Iglesia y mi Credo: Reflexiones sobre un cristianismo creíble para hoy. London: Creio Edicines, 2013; Eclats d'humanité: Journal d'un chrétien en liberté. Paris: ‎ Editions du Temps Présent, 2019; Dio al di là di “dio” o del teismo. In: AA.VV.Oltre Dio, cit. p. 87-128; «Trasformarsi o scomparire». In: Fanti C. (a cura di), Quale Dio, quale cristianesimo. La metamorfosi della fede nel 20 XVI secolo. Verona: Gabrielli, 2022, p. 27-48.

[5] Cfr. spong. j.s.. «Le 12 tesi. Appello a una nuova riforma», in: Fanti C. - Sudati, F. (a cura di), Oltre le religioni, cit. p. 69-120.

[6] Tesi 2, ivi, p. 81.

[7] Cfr. tesi 4, ivi, p. 93.

[8] Cfr. lenaers. r. Il sogno di Nabucodonosor. O la fine di una Chiesa medievale. Viterbo: Massari, 20172, p. 19-35.

[9] Ivi, p. 22.

[10] vigil, j.m. «Aprire la matrioska. Decostruire il teismo e continuare il cammino», in: Fanti C. - Vigil M. J. (a cura di), Oltre Dio, cit. p. 90.