martedì 7 maggio 2024

QUANDO I GENITORI PERDONO IL CONTROLLO DEI PROPRI FIGLI

 





ASPETTI DEL DISAGIO SOCIALE

 

Paolo Cugini

Dodici Morelli (FE), ottobre 2022

 

Mi è capitato questa estate in alcune circostanze all’interno delle attività pastorali organizzate dalle parrocchie per i bambini e i ragazzi delle superiori, di avere la sensazione che alcuni genitori non avessero la capacità di gestire i propri figli. Ciò avviene quando il genitore non riesce più a guidare il proprio figlio, la propria figlia, non riesce più a farsi ubbidire. In alcuni casi, ho assistito alla penosa scena del figlio che sgrida il genitore, e quest’ultimo non reagisce dinanzi alle ingiurie del figlio. Che cosa è successo? Come si può arrivare ad una simile situazione? Prima di dire qualcosa sulle cause, vorrei soffermarmi sulla gravità del caso.

Quando il genitore perde il controllo sui propri figli, a livello sociale si apre un dramma. Viene, meno, infatti, la possibilità di un patto educativo, che dovrebbe vedere coinvolte tutte le agenzie educative di un territorio: la scuola, la famiglia, la chiesa, la società sportiva, la piazza. Venendo meno il genitore, sparisce l’anello fondamentale e il ragazzo diviene una mina vagante nel senso letterale del termine: può scoppiare in ogni momento.

In questi anni vissuti in questo territorio, purtroppo ne ho isti parecchi di ragazzi scoppiare. Son adolescenti fragili, ma che si atteggiano con arroganza come se fossero i signori del territorio, per il fatto che hanno alle loro spalle non genitori che li accompagnano in un cammino educativo, ma che sono loro complici, oppure, e capita spesso, sono totalmente assenti. Un adolescente che scoppia ne trascina con sé altri, anche perché il fascino della trasgressione negativa è contagiante a questa età. Una bravata adolescenziale assume grandi significati simbolici che, se non letti in tempo, possono generare, anzi degenerare, in una serie di vandalismi che, con il tempo, diventano incontrollati.

La soluzione plausibile che intravedo in questi casi non sta nelle istituzioni, ma in quegli adulti che in diversi campi come lo sport, l’associazionismo, la religione, sono abituati a relazionarsi e ad agire in modo gratuito e disinteressato. Tutti, infatti, vedono le situazioni negativi generate da questi adolescenti a rischio, ma nessuno si muove e. questo non solo per paura, ma soprattutto per menefreghismo. Chi fa un passo verso questi ragazzi fragili è quell’adulto che è abituato a prendersi a cuore le persone più fragili, che sa vedere dove la situazione può sfuggire di mano. Solitamente questi adulti non agiscono da soli, ma sono parti di gruppi – sportivi, religiosi, associativi, ecc.- e, di conseguenza, spesso riescono a coinvolgere altri in questo lavoro di recupero sociale e individuale.

Un aspetto importante che ho imparato nel tempo è che l’adolescente che fa delle bravate, oltre a farlo per attrarre l’attenzione su di sé, che è una forma di linguaggio non verbale, una sorta di grido di aiuto, non ha gli strumenti umani per reggere un confronto con un adulto che prova ad accompagnarlo. Ciò significa che, spesso e volentieri, l’adolescente cede alla distanza, soprattutto quando incontra un adulto che cerca di comprenderlo, che si pone sul suo cammino evitando il giudizio e, soprattutto, quando capisce che l’adulto non ci molla. Nella mia storia di educatore di strada, mi è capitato speso d’incontrare adolescenti estremamente aggressivi nei miei confronti e, alla distanza, divenire miei amici o, addirittura, miei collaboratori.

Conclusione. Se nei nostri paesini incontriamo adolescenti che passano le giornate seminando il panico, cerchiamo di non perdere la pazienza e proviamo a metterci in cammino con loro. In fin dei conti, con quelle gesta scomposte, stanno semplicemente chiedendoci aiuto.

Nessun commento:

Posta un commento