sabato 21 novembre 2015

CONVEGNO CARITAS - DIOCESI DI REGGIO EMILIA E GUASTALLA




SABATO 21 NOVEMBRE 2015

CHE COSA DOBBIAMO FARE?
Sintesi: Paolo Cugini
Meditazione su 1 Corinzi 12
Giovanna Bondavalli

La Parola ci mette in discussione perché dice di noi e del Signore e della sua volontà di accompagnarci.
Corinto è una parrocchia dove il Signore è andato a liberare dei vincoli troppo stretti. Certi comportamenti vengono tollerati all’insegna dell’indifferenza. CI si preoccupa poco di come stanno gli altri. Corinto è una comunità dove si prega bene, si fanne delle belle messe, anche se non c’è una grande unità. Corinto è una tipica parrocchia. In mezzo alle fatiche Corinto è un parrocchia che non ha paura di tirar fuori i problemi, di farsi delle domande e di farne a Paolo. E’ una parrocchia che cerca di capire come deve cambiare. E’ una comunità che non si accontenta. Facciamo fatica a penare. Invece a Corinto ci si dà il tempo di pensare, di confrontarsi. Paolo non si rivolge ai preti, ma ai laici. Al centro del confronto ci sono i problemi, le sfide. C’è un metodo di lavoro, una prassi pastorali, un modo di lavorare che Paolo propone a quelli di Corinti che è il filo conduttore di tutta la lettera. Paolo scrive ad una Chiesa a cui vuole bene. AL centro della lettera c’è il tema del legame, della relazione. A partire da ciò Paolo vuole aiutare questa comunità a raccogliere le difficoltà per conoscersi meglio. I problemi si guardano in faccia e si affrontano insieme. Punti di partenza sempre una vicenda concreta. A Corinto c’è il problema che ci sono tanti gruppi. C’è anche il problema della poca comunione. Ci sono situazioni concrete. A queste sfide si risponde tornando ai fondamenti, al Vangelo a Gesù. Tornare ai fondamenti non significa tornare alla morale, alla riflessione teologica. AL centro della fede c’è una storia, l’incontro con una persona. Il Vangelo deve entrare a confronto con la vita. Paolo dice che tornare al fondamento significa trovare nel Vangelo le condizione le vie per rileggere l’oggi. Occorre avere un’attenzione costante all’oggi. Sforzo per incarnare l’oggi. Paolo si preoccupa sempre di calare nel vissuto concreto delle persone.

C’è un criterio decisivo per trovare una soluzione ai problemi: l’attenzione ai più piccoli e più deboli e a quelli che fanno fatica nella fede. La coscienza dell’altro è importante. La debolezza rimanda al centro del Vangelo: Gesù Crocifisso. Non è la sapienza che ci salva e nemmeno i miracoli; ciò che ci ha salvato è stato lo scandalo, la stupidità della croce. Stupidità significa le scelte perdenti di Dio. Gli imperfetti sono decisivi. Non bisogna svuotare la croce, ma custodire la Parola della Croce.
Paolo sottolinea spesso che questo percorso va fatto mettendo al centro le relazioni e insieme. E’ stata questa la scelta di Gesù. Questo metodo di lavoro chiede una certa fatica. Il Vangelo ci fa andare più piano, però per Paolo è l’unica alternativa possibile. Vivere la fede insieme, camminare insieme non è un accessorio secondario, ma fondamentale.

Pur essendo molti siamo un corpo solo perché così è Cristo. Ci si conforma a Gesù se si è corpo. Siamo noi con la nostra umanità insieme ad essere Corpo di Cristo. Oggi dov’è il corpo di Cristo? Siamo noi quando siamo insieme. Aiutare l’altro a mettere il suo dono al servizio. Scoprire che l’altro non è un rivale, ma un fratello e una sorella. Vivere e far vivere i verbi del corpo.
Se volete costruire che il corpo cresca è necessario:
·         appartenere
·         avere bisogno
·         avere cura
·         soffrire insieme e gioire insieme
Sono i verbi dell’incarnazione. Su questi quattro verbi si costruisce la vita delle comunità.
Perché il corpo cresca bisogna aver chiaro un requisito essenziale: le membra più deboli sono più necessarie.
Fragili, i piccoli i poveri, gli svergognati, i peccatori, i disonorati: sono i necessari, cioè senza di loro non c’è la Chiesa. La comunità locale sta su per gli svergognati, gli spudorati, i deboli, ecc.
Necessari significa protagonisti. La messa fatta senza vivere la comunione con i poveri non serve a nulla. Necessari perché Dio ha voluto così, ha scelto così. Perché attraverso la croce la debolezza è divenuto il luogo della manifestazione di Dio. Il nostro re è un consegnato. La povertà come carisma, che deve divenire il ministero che tiene su la comunità.

Poveri non come destinatari di una prestazione, ma come soggetti ecclesiali. La povertà è il luogo della misericordia di Dio. Vivere i verbi del corpo, riconoscere la centralità dei più deboli significa riuscire a costruire davvero la comunità e testimoniare il Signore.
1 Cor 13: Paolo presenta l’amore nella sua concretezza, l’amore che passa attraverso la concretezza dei volti delle persone. E’ Gesù he ci ha fatto vedere la serietà delle persone. L’amore è la vita concreta delle persone. L’amore è tutte le volte che si dà la vita.
Dare la vita significa incontrare il Signore, diventare corpo della sua presenza dentro la storia. La carità non è un carisma, ma la via migliore, per la pienezza, è il modo più ricco per fare la strada insieme. Perché questa strada perché Gesù è così.

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