Paolo
Cugini
La
Chiesa che nasce dal basso
In
America Latina il tema della Chiesa come popolo di Dio non solo viene
positivamente recepito, ma provoca un nuovo modo di essere Chiesa nel cammino
di un intero continente, prende vita una produzione teologica che preoccupa
sempre di più la gerarchia romana. I testi del teologo brasiliano Leonardo Boff
in materia ecclesiologica vengono considerati pericolosi[1] ed eretici al punto da
subire un processo da parte della Congregazione per la dottrina della Fede nel
1984[2]. Nei suoi testi Boff
elabora un pensiero ecclesiologico a partire dall’esperienza delle Comunità
Ecclesiali di Base (CEB), sorte in America Latina negli anni ’50 e rafforzatesi
nell’immediato dopo-concilio grazie, soprattutto, alla positiva presa di
posizione della II conferenza della Chiesa Latinoamericana, radunatasi a
Medellin nel 1968 per attualizzare nel Continente le intuizioni del Concilio.
Già questa prima osservazione è significativa perché mostra lo scarto esistente
tra il modo di fare teologia in Occidente e quello elaborato in America latina.
Leonardo Boff elabora una ecclesiologia “dal basso”, vale a dire osservando e
descrivendo ciò che concretamente sta avvenendo nella Chiesa Latinoamericana e,
in modo particolare, in Brasile nell’esperienza delle CEB. Nei testi di Boff il
punto di riferimento costante che guida la riflessione è l’attenzione
all’esperienza di Chiesa in atto, al popolo di Dio che settimanalmente si trova
nelle piccole comunità di base. Tra la Lumen Gentium e il testo conclusivo del
Sinodo straordinario di Roma del 1985 in cui viene sostituita l’ecclesiologia
del popolo di Dio con l’ecclesiologia di comunione, la produzione ecclesiologica
del teologo brasiliano Leonardo Boff è, a nostro avviso, fondamentale, per
comprendere il delicato passaggio e l’oscuramento di un’espressione importante
dell’ecclesiologia del Vaticano II.
Secondo
Boff il nascere delle comunità di base e lo stile comunitario che in esse si
sviluppa contengono un innegabile peso che mette in questione l’attuale modo di
vivere nella Chiesa. «La chiesa
comincia a nascere dalla base, dal cuore del Popolo di Dio. Questa esperienza
mette in crisi il modo comune di pensare la Chiesa e ci fa riscoprire la fonte
genuina che permanentemente fa sorgere e sviluppare la Chiesa: lo Spirito Santo».
Si tratta, dunque, di una vera e propria reinvenzione della Chiesa che mette
a nudo il limite accumulato nel corso dei secoli di un cammino di Chiesa
incentrato sul rapporto Chiesa-Cristo in una prospettiva giuridica. Questo
rapporto venne articolandosi sul modello delle relazioni che una società ha con
il suo fondatore. Gesù Cristo affidò ogni potere ai Dodici e costoro ai loro successori,
i vescovi e il papa. Furono considerati come gli unici depositari di tutte le
responsabilità avendo concentrato su di sé tutti i poteri della Chiesa, «di modo che essi si trovano in presenza di
una comunità divisa tra governanti e governati, celebranti e assistenti,
produttori e consumatori di sacramenti». In tale rapporto
schematico, la gerarchia era l’unico rappresentante della Chiesa universale e
particolare. Secondo Boff questa visione di Chiesa si è sviluppata in Occidente
sulle tracce di una cristologia, che considera Gesù Cristo solo nella sua
esistenza secondo la carne e non pensa a Cristo risorto con i mutamenti in lui
operati dalla risurrezione, come l’ubiquità cosmica e la natura pneumatica del
suo corpo. Boff conclude la sua riflessione affermando che: «La Chiesa non nacque solo dal sangue
squarciato di Cristo, ma anche dalla Spirito Santo nel giorno della Pentecoste».
Le CEB aiutano la Chiesa a credere nella
presenza viva del risorto e dello Spirito presente nella comunità, che non si
struttura per una decisione deduttiva dall’alto, ma che vive grazie all’azione
dello Spirito, che si manifesta e organizza in mezzo al popolo di Dio. In altre
parole, secondo Boff, la storia e l’esperienza delle CEB, così come sono venute
formandosi in America Latina, rivelano un volto di Chiesa suscitata dallo
Spirito Santo nel cuore degli uomini, una Chiesa che non è nata e non si è
strutturata per una volontà giuridica o gerarchica, ma autonomamente e
spontaneamente come manifestazione della fede nel risorto, che conduce un
gruppo di persone animate dallo Spirito Santo a desiderare di vivere il Vangelo
di Gesù Cristo nella loro specifica realtà. In questa prospettiva, continua
Boff: «Il fatto di riconoscere la presenza del
risorto e dello Spirito nel cuore degli uomini ci fa pensare alla Chiesa
considerata più nelle sue espressioni di base che nei vertici; ed è un
accettare la corresponsabilità di tutti nell’edificazione della Chiesa e non
appena di alcuni uomini dell’istituzione clericale».
Nello schema della Chiesa piramidale, la categoria popolo di Dio decorre come
il risultato di un’organizzazione previa, nella quale il potere si concentra
sull’asse vescovo-sacerdote. In questo stile di Chiesa il laico deve solo
ricevere e nulla produrre in termini di organizzazione: è per certi aspetti,
funzionale alla struttura. A questo punto Boff si chiede: la Chiesa nasce da
un’organizzazione oppure è il contrario? Quando è l’organizzazione che decide
la strutturazione della Chiesa, significa che ci troviamo dinnanzi ad
un’ideologia della classe dominante, che elabora una teologia affinché i propri
diritti e privilegi siano mantenuti. In questa concezione ecclesiologica,
Cristo e lo Spirito non fruiscono di un’immanenza immediata, ma solo
mediatizzata attraverso i ministeri e gli ordini. Per questo, la gerarchia sta
al centro di interessi e non già il risorto e lo Spirito con i sui carismi.
Secondo Boff questa impostazione ecclesiologica non ha come supporto la
teologia, ma il diritto: «secondo
essa il potere è divino solo per l’origine e nel suo esercizio segue
l’organizzazione di ogni potere profano con i suoi meccanismi di coercizione,
di sicurezza e di controllo».
Chiesa
comunità di base: il popolo di Dio
Nella
prospettiva della Chiesa come comunità di base, la realtà popolo di Dio emerge
come prima istanza e l’organizzazione come seconda, derivata e a servizio della
prima. La forza di Cristo non è presente solo in alcuni membri – Papa, vescovi,
presbiteri – ma in tutto il popolo di Dio, portatore della triplice funzione di
Cristo, rendendo in questo modo visibile l’intuizione conciliare della Lumen Gentium. In questo modo, il potere
di Cristo si diversifica secondo le funzioni specifiche, ma non esclude
nessuno. «Prima ancora che
appaiano in forma visibile attraverso le mediazioni umane (nella persona del
Vescovo, del sacerdote e del diacono), il Signore risorto e lo Spirito sono già
presenti nella comunità […] La gerarchia è posta per una funzione sacramentale
di organizzazione e di servizio in una realtà a cui essa non diede vita, ma che
trovò già costituita e nella quale essa venne a trovarsi inserita».
Le CEB realizzano l’idea di una Chiesa popolo di Dio, dove gli uomini e le
donne si sentono fratelli e sorelle, una Chiesa-comunità, che rende visibile il
Corpo di Cristo.
Un
nuovo modo d’intendere la gerarchia
In
questa prospettiva, Boff elabora una riflessione che presenta la gerarchia come
carisma a servizio della comunità. Gesù, infatti, non scelse i Dodici perché
fossero i fondatori di future chiese, ma li costituì come comunità, Chiesa
messianica ed escatologica, che poi diede origine ad altre comunità. E’ a
partire da questa presa di coscienza storica, che vede la comunità che Gesù ha
istituito come comunione di fratelli e sorelle con uguali dignità, che svolgo
diversi servizi, che è possibile cogliere l’importanza del carisma specifico
del governo e guida della comunità, che presiedono all’unità della stessa. Il
compito specifico di chi è chiamato a servire la comunità nel carisma della
guida:
Non sta nell’accumulare e concentrare, ma nel
partecipare e coordinare. E’ un carisma che non è posto fuori, ma dentro la
comunità, non sopra di essa, ma a vantaggio di essa […] Il servizio di unità,
sia come guida di una comunità sia come papa, non prende l’indirizzo di un
potere autocratico sulla Chiesa, ma al di dentro di essa e in funzione di essa.
Proprio come scrisse sant’Agostino: vescovo per voi, cristiano con voi. Non
viene ordinato qualcuno esclusivamente per una funzione di direzione; non c’è
un presidente senza una sua comunità; per questo motivo i Concili di Nicea
(325) e di Calcedonio (451) considerano nulle le ordinazioni svincolate dalla
base.
Il
cammino delle CEB, secondo Boff, rende visibile la proposta conciliare della
Chiesa come popolo di Dio, il principio di uguaglianza tra i membri che formano
la comunità, il significato autentico del ruolo di colui che dalla stessa
comunità è chiamato a svolgere il compito di guida, strumento di unità. Diviene
evidente che tutti i servizi nascono al di dentro della comunità e per la
comunità. Ancora una volta, sottolineiamo il dato fondamentale che Boff non sta
presentando una propria teoria ecclesiologica, ma sta formalizzando
l’ecclesiologia delle CEB, nelle quali lui stesso prestava servizio. Una
comunità nella quale vengono bloccate le vie di partecipazione in tutte le
direzioni, come accade secondo Boff nello stile di Chiesa piramidale, non può
avere la pretesa di chiamarsi comunità, perché per essere tale deve prevalere
il principio di uguaglianza di tutti i partecipanti, sostenuto anche dalla Lumen Gentium. Secondo Boff il problema
che la Chiesa ha vissuto sino ad ora e che il cammino storico delle CEB ha
posto in evidenza, consiste nel fatto che coloro che avevano la funzione di
guide della comunità, vale a dire i vescovi e i presbiteri, hanno esercitato il
loro potere al di sopra della comunità, come un corpo a sé stante,
monopolizzando tutti i servizi e poteri, e non dentro di essa, cercando di
partecipare nel rispetto dei vari carismi e in funzione dell’unità dello stesso
corpo. Se allora, ci si chiede quale modello di Chiesa rispecchia di più lo
stile di comunità voluto da Gesù, Boff non ha dubbi: quello vissuto attualmente
dalle CEB.
Anche
i laici possono celebrare l’Eucarestia
È
questo stile di Chiesa di fratelli e sorelle uguali, che percepisce il carisma
della guida all’interno della comunità e a servizio della stessa che Boff,
nella seconda parte del testo, affronta due problemi che a suo modo di vede
sono fondamentali per il camino delle CEB, vale a dire la possibilità dei laici
di celebrare la cena del Signore e la possibilità del sacerdozio della donna.
Il
tema della cena del Signore celebrata da laici si pone per il fatto che, i
fedeli laici, che partecipano della via delle CEB, alla domenica hanno la
possibilità di accedere all’eucarestia solamente saltuariamente, a causa della
scarsità del clero, che spesso deve attendere a parrocchie costituite da decine
di CEB. Se è l’Eucarestia a fare la Chiesa allora è giusto porsi il problema,
come fa Boff nel suo testo, sulla possibilità di permettere che qualcuno della
comunità celebri la cena del Signore. Uno dei cammini possibili che potrebbero
essere percorsi è quello fondato sul carattere battesimale e sul potere che il
battesimo conferisce alla Chiesa di essere un corpo sacerdotale. Boff, a questo
proposito cita lo studio del teologo F.J. Van Beeck[3], che sosteneva che i
sacramenti post battesimali «sono
la concentrazione e la specificazione del sacramento del battesimo e come tale
è un sacramentum fidei et ecclesiae»
e non solo sacramento riservato al presbitero e al Vescovo. «In questo modo il sacerdozio ministeriale
(del sacerdote e del Vescovo) dev’essere pensato in base al sacerdozio universale
dei fedeli e dentro di esso, cioè nella successione apostolica che è data a
beneficio di tutto il popolo di Dio». Come ci sono ministri
straordinari per il battesimo e per il matrimonio, Boff si chiede se non
potrebbero essere dei ministri straordinari che celebrano l’eucarestia. Anche
in questo caso, come nel precedente, propone come possibilità per elaborare una
risposta esauriente ad un problema effettivo, che non si guardi al passato
mediante la successione lineare, ma un riferimento alla presenza del risorto e
del suo Spirito nella comunità, Spirito che in essa opera perché sia
un’autentica comunità di discepoli e discepole.
Le
donne presbitere
Stesso
tipo d’impostazione del problema riguarda il tema del sacerdozio femminile. Se,
infatti, è vero che il problema dell’eucarestia domenicale s’impone nelle CEB
per il fatto che attualmente non ci sono sacerdoti in grado di accompagnare le
migliaia di CEB presenti sul territorio latinoamericano, altrettanto vero è il
fatto che queste comunità sono guidate per la maggior parte dei casi da donne.
Sempre di più le donne assumono delle funzioni direttive nelle CEB. Secondo
Boff «il tema del sacerdozio della donna fa parte
della tematica più generale della liberazione della donna […]
L’aspirazione generale è di veder riconosciuta la differenza tra i due sessi,
senza privilegiare nessuno di essi». Anche in questo accaso Boff fa appello al
principio di uguaglianza formulato da Paolo e alla presa di posizione di Gesù
nei confronti della difesa della donna contro le arbitrarietà della
legislazione giudaica nel campo del matrimonio. Per questi motivi, è possibile
sostenere secondo il teologo brasiliano, che in se stesso il cristianesimo
include il germe di una completa liberazione della donna dalle discriminazioni
della cultura patriarcale. «Fin
dove potrà arrivare la Chiesa – si chiede Boff – forse fino ad una totale
uguaglianza dei due sessi nel poter accedere ai sacri ministeri, ivi compresa
l’ammissione al sacerdozio? O vi saranno anche qui strutture definite di ordine
e di diritto divino che lo impediscono?». Dopo aver dedicato
alcune pagine per approfondire il tema di Gesù come voce di un uomo in difesa
delle donne, Boff approfondisce il discorso affermando che non vi sono
argomenti teologici determinanti contro l’ordinazione della donna, ma solo
disciplinari. In questa prospettiva cerca di confutare le principali obiezioni
al sacerdozio femminile per arrivare a sostenere che:
Dal punto di vista dell’ermeneutica e dell’esegesi non ci sono
argomenti scritturistici determinanti che escludano le donne dall’ordine
sacerdotale. La tradizione non porta nessun principio teologico
fondamentale che giustifichi la prassi attuale di conferire il sacerdozio solo
agli uomini. Si può affermare con sufficiente chiarezza che tale prassi è
dovuta ad uno sviluppo storico-sociologico […] L’esclusione della donna dal
sacerdozio rifletteva la sua condizione d’inferiorità nella società stessa. Si
tratta quindi non di una tradizione dottrinale, ma del sopravvivere di un
costume millenario, costume che può essere suscettibile di trasformazioni in
seguito alla nuova coscienza della dignità della donna e della collaborazione
che essa può dare nella Chiesa.
Secondo
Boff non è sufficiente pronunciarsi a favore dell’ordinazione della donna al
sacerdozio, ma occorre sostenere che l’eventuale sacerdozio della donna non
potrà essere il sacerdozio attuale degli uomini. Il sacerdozio attuale che
esiste nella Chiesa è, infatti, segnato profondamente dall’immagine dell’uomo
maschio e celibe. Per sostenere la sua tesi Boff riporta l’opinione della
teologa tedesca Van Der Meer, la quale sosteneva che:
Bisogna
riconoscere che la donna non si adatta ai ruoli ecclesiali derivatici da un
lungo processo storico e che ancora oggi sussistono. Solo quando queste
funzioni saranno riformulate a partire dalla comunità e in relazione a essa,
avrà senso conferirle alle donne. Con ciò risulta chiara la conclusione che il
sacerdozio particolare della donna non è ancora adeguato alla fase dello
sviluppo attuale (storico-salvifico) della Chiesa.
Ci
siamo soffermati ad analizzare l’impostazione ecclesiologica di Leonardo Boff
perché, a nostro avviso, aiuta a comprendere i possibili sviluppi
ecclesiologici della rivoluzione copernicano operata dal Concilio quando ha
definito la Chiesa popolo di Dio. L’esperienza delle CEB che, come abbiamo
visto, è ancora in atto nonostante abbia subito nel tempo alcune significative
trasformazioni, incarna in modo visibile l’idea di Chiesa come popolo di Dio e
produce delle conseguenze significative sul piano ecclesiologico, che rendono
comprensibili, con gli occhi di poi, l’intervento autoritario di Roma.
Una
Chiesa libera dal potere temporale
In
Chiesa: carisma e potere, il libro
che provocò la dura reazione di Roma, Boff non nasconde il suo entusiasmo per
il cammino delle CEB e la possibilità di una riforma radicale della Chiesa.
Dopo avere sferzato, nella prima parte del volume, la gerarchia della Chiesa
soprattutto sulla questione della violazione dei diritti umani e dell’abuso di
potere, non nasconde, nella seconda parte, il suo entusiasmo per il cammino
delle CEB e sulla possibilità, grazie a questo nuovo modo di essere Chiesa, di
creare una rivoluzione all’interno di essa. «Una parte significativa della Chiesa/istituzione – sostiene Boff – a
partire da una meditazione evangelica e da una lettura teologica dei segni dei
tempi, ha compreso le sfide che vengono che vengono lanciate alla fede
cristiana e tenta di rispondervi responsabilmente». Si sta
assistendo, grazie al cammino delle CEB, al sorgere di una nuova Chiesa,
generata nel cuore della vecchia. Si tratta di comunità di base, alla periferia
delle città, chiesa dei poveri fatti di poveri con inserimento di vescovi, preti,
religiosi negli ambienti emarginati. Il perno centrale di questo cammino,
ribadisce il teologo brasiliano, «sta nell’idea di Chiesa popolo di Dio, pellegrino, partecipe di tutti
i rischi e contento delle piccole conquiste, con un senso molto profondo della
sequela di Gesù Cristo, identificato nei poveri, i perduti e abbandonati della
terra».
Non è più una Chiesa che vive nei palazzi, ma in mezzo alla gente, nel mondo
del lavoro nel cuore del mondo secolare. E’ questo nuovo cammino, chiamato
ecclesiogenesi che permette alla Chiesa di essere segno di Cristo nel mondo.
Per questo motivo, il papato, l’episcopato e il presbiterato non perderanno la
loro funzione, semplicemente guadagneranno nuove funzioni, probabilmente più
evangeliche. Secondo Boff, il popolo si meraviglia perché la Chiesa sia
arrivata così tardi a questo cambiamento, recuperando il significato originario
proponendo nel Concilio Vaticano II l’idea di Chiesa come popolo di Dio.
Il
cambiamento è stato dalla parte dei preti. I quali non si sentivano più
staccati dalla gente, con la loro formazione di élite e i vari privilegi del
loro stato. Il prete si incarnava. Si mescolava con il popolo. Questo processo
si è realizzato sotto il segno della secolarizzazione. Il prete lasciava quasi
tutti i segni sacrali di cui era investito: talare, clausura per i religioso,
semplificazione della liturgia, canoniche aperte al popolo.
La
trasformazione della Chiesa che sta avvenendo grazia all’impulso prodotto dalle
CEB e che sta già modificando il significato dei ruoli all’interno della
comunità, provoca anche un cambiamento nella relazione della Chiesa con il
mondo. L’attenzione, infatti, non è solo più ad intra, ma anche e soprattutto
ad extra. La comunità di base prende coscienza della propria missione nel
mondo. Non ha più senso preoccuparsi dei problemi interni alla comunità, se
fuori dalla stessa campeggia la miseria, lo sfruttamento. La comunità inizia,
così, ad interessarsi non solo dei problemi sociali, ma provoca lo studio dei
meccanismi di oppressione. «Sul piano della comprensione della gente, si
fa necessaria una comprensione scientifica della realtà. Per scientifico non
s’intende l’uso di parole tecniche e di ricerche dettagliate. Scientifico
significa conoscenza di ciò che sta dietro i fenomeni».
La
ricerca delle cause della povertà nella realtà in cui vive la comunità, dice
del rapporto fede e vita che è specifico delle CEB, che cerca di dare speranza
al povero che si sente parte di un ingranaggio senza uscita, ma che nella
comunità trova un motivo di speranza. La Chiesa popolo di Dio assume, dunque,
una valenza sociale e sociologica, in quanto non solo si pone al servizio delle
persone povere, ma cerca anche di capire i meccanismi che generano la
differenza di classe, alla base della povertà dei molti e del benessere di
pochi. La ricerca delle cause non offre solamente spunti sociologici, ma offre
il materiale per delineare un vero e proprio itinerario mistico-spirituale di
resistenza al sistema oppressivo. È nella comunità che i poveri si ritrovano
per trovare forza nella Parola di Dio e indicazioni per comprendere i
meccanismi assurdi del potere oppressore e immettersi in una lotta di
liberazione.
[1] Cfr. in modo particolare: L. BOFF,
Ecclesiognesi. Le comunità ecclesiali di
base reinventano la Chiesa, Borla, Roma 1978; ID.: Chiesa: carisma e potere, Borla, Roma 1983
[2] Il processo
avverrà il 7 settembre 1984. Il testo in questione è Chiesa, carisma e potere,
accusato di essere eccessivamente inficiato di tesi marxiste. I maggiori teologi del mondo sulla rivista
internazionale "Concilium" presero posizione con una dichiarazione di
solidarietà ai teologi della liberazione accusando i gruppi integristi di voler
accentuare la divisione nella chiesa. Boff venne assistito dal cardinale
Aloisio Lorscheider anch' egli francescano, figura profetica della chiesa
latino-americana, il quale tuttavia dovette restare muto testimone durante il
processo. Gli stessi francescani in qualche modo vennero chiamati in causa. Nel
volume preso di mira dal Sant' Uffizio, Boff ipotizza una nuova divisione del
potere religioso nella chiesa e sollecita, fra l' altro, più coerenza tra la
proclamazione dei diritti umani e la sua applicazione all' interno della
chiesa.
[3] F.J. VAN BEEK, Nato dalla Vergine Maria, Ed. La Scuola,
Brescia 1999.
Dal Vangelo di Matteo (18,15-20)
RispondiEliminaIn quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
�� ... più “dal basso” di così..!!