giovedì 14 gennaio 2021

CHE TRIO!

 



 

Paolo Cugini

 

È stato bello rivedere martedì pomeriggio negli spazi di quell’oratorio così significativo e così problematico nel mio ministero, due carissimi amici: Clara e Ciri.

Clara l’ho conosciuta nel parco del Gelso tra l’inverno del 2013 e la primavera del 2014. In quel periodo l’oratorio di Regina Pacis era in costruzione e allora trascorrevo spesso i miei pomeriggi alla ricerca dei luoghi frequentati dai ragazzi e, il parco, era uno di questi. Avevo visto Clara in azione sul campetto del Gelso e mi aveva colpito la sua relazione spontanea e, allo stesso tempo educativa, con i ragazzini che in quel periodo frequentavano il parco. Ci eravamo risentiti nelle festività di Natale del 2013, dove avevamo condiviso i vissuti e, come si suol dire in gergo, ci siamo “nasati” subito. Ho sempre pensato che un prete che gli viene affidato un incarico di pastorale giovanile in un territorio, non può limitare il suo campo di azione ai soli bambini e giovani che frequentano la catechesi. Clara univa un suo personalissimo e ricco cammino di fede, con un istinto naturale nei confronti dei ragazzi in difficoltà, che sapeva coinvolgere nello sport e, in modo particolare, nel calcio. Queste doti erano, a mio avviso, fondamentali per i ragazzi che in quel periodo frequentavano il campetto vicino all’oratorio.

La nascita dell’oratorio, la mia nomina a parroco dell’unità pastorale e il contatto con altre realtà giovanili, fecero sorgere l’esigenza di una figura professionale, che potesse lavorare con uno stile di chiesa aperta sul territorio e non chiusa in sé stessa a curare le proprie pecorelle. Fu così he un giorno don Giordano Goccini che in quel periodo coordinava sia l’oratorio cittadino che la pastorale giovanile diocesana, visto il lavoro e lo stile che stavamo mettendo in piedi, mi propose la figura di un educatore professionale, con una significativa esperienza con bambini e ragazzi stranieri. Ciri venne così in aiuto al progetto che stavamo elaborando. Di Ciri mi ha sempre colpito la sua fede fresca e giovane e la capacità di coinvolgere i bambini con uno stile di ascolto. Dopo i primi mesi, anche se era stato destinato solo sull’oratorio di Regina Pacis, vista la sua capacità di ascolto e la sua intelligenza educativa, gli proposi d’iniziare ad articolare un progetto educativo su tutte le realtà dell’Unità Pastorale. Ciri è stato il primo nella Diocesi di Reggio Emilia a strutturare un percorso educativo che mettesse in sinergia le specificità di cinque parrocchie in un percorso comune. Per fare questo, strumenti significativi sono stati i weekend dell’educazione e il Sinodo degli oratori, che Ciri aveva preparato anche con una serie di articoli pubblicati sia sul giornale dell’UP Insieme, che sul blog degli oratori. I percorsi formativi attivati per gli adulti sul tema dell’oratorio assieme ad uno stile nuovo di fare catechesi attenti più alle relazioni che ai programmi da rispettare, che vedevano frate Antonello protagonista significativo del progetto, condussero naturalmente a pensare l’oratorio come spazio sul territorio aperto a tutti.

Significativa, in questa prospettiva, è stata la collaborazione fra Ciri e Clara. Mentre, infatti, il primo stava lavorando per mettere le basi di un progetto a lunga durata, con la formazione anche di educatori del territorio – è stato Ciri a lanciare l’dea della proposta formativa di un anno di esperienza spirituale ed educativa per i giovani universitari che poi avrebbero interagito sugli oratori dell’UP – Clara, nel frattempo, aveva messo in piedi un’associazione – P.A.C.E. – che metteva nero su bianco le linee educative di un progetto formativo diretto ai ragazzi con problematiche sociali significative. Clara, mentre produceva un’azione educativa ne pensava altre sette contemporaneamente: un vero e proprio vulcano di idee. Insieme lavoravamo su tutto il territorio con una proposta educativa che giorno dopo giorno si stava articolando e strutturando al punto che interagivamo con le agenzie educative e sociali presenti sul territorio.

A Clara e Ciri devo moltissimo. Innanzitutto, la stima reciproca, la capacità di mettere le proprie specifiche competenze a servizio di un progetto comune. Come prete appena arrivato dalla missione e sotto il magistero di papa Francesco, tutto quello che stavamo facendo sul territorio sembrava essere la trascrizione educativa dell’idea di Chiesa aperta sul mondo, come una tenda da campo che si pone a disposizione dei piccoli, soprattutto i più in difficoltà.

Carissimi Clara e Ciri, grazie per la vostra amicizia, l’esempio della vostra fede nella proposta di Gesù, della vostra dedizione, del vostro spendervi a tutte le ore. Grazie dell’esempio della vostra resistenza alle critiche, che vengono sempre quando le cose del Signore si realizzano. Vi penso spesso e vi pongo nelle mie preghiere. Un abbraccio.

1 commento:

  1. Una splendida stagione di vera Chiesa! Tutti noi "cristiani" dovremmo impegnarci nel vivere la fede in questo modo piuttosto che inaridirci con sterili ritualità svuotate di significato per l'assenza di coerenza, di opere e di relazioni.

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