Paolo Cugini
Dio
ha deciso di manifestarsi, di dire chi è, di mostrarsi avvicinandosi a noi a
tal punto da farsi uno di noi. E’ su questo aspetto che a mio avviso vale la
pena riflettere, per capire le svariate implicanze che, questo evento unico
nella storia dell’umanità, produce. Sino all’ arrivo di Gesù c’era una
distinzione ben precisa tra sacro e profano, con tutto ciò che comporta una
separazione di questo genere. Sacro dice di una distanza, di una separazione da
ciò che è profano. La nascita di Gesù in una mangiatoia rappresenta la
distruzione del sacro, la distruzione di ogni tipo di distanza e separazione
tra sacro e profano, perché nell’evento del Natale, il sacro viene ad abitare
il profano, e il profano diventa la casa del sacro. Nascendo in una grotta Dio
ha operato un processo di umanizzazione del divino, volendo in questo modo
destrutturare il processo umano di sacralizzazione del divino. Dio in Gesù ha
sacralizzato il tempo, ha rotto le distanze e, di conseguenza, si è avvicinato
ad ogni uomo e ad ogni donna. Che cosa significa questo avvicinamento che è,
allo stesso tempo, un’identificazione? Significa che d’ora innanzi non abbiamo
più bisogno di sacralizzare gli spazi religiosi, perché la sacralizzazione è
stato un processo della religione ancestrale spesso e volentieri manipolata da
chi gestiva il potere religioso. In secondo luogo, essendosi umanizzato Dio ha
dato accesso a tutti al divino, ha tolto il dominio religioso di qualcuno, per
donarsi a tutti e a tutte. Davvero, a partire da Gesù, l’uguaglianza è divenuta
il segno visibile della presenza di Dio nella carne umana. Ecco perché la
nascita di Gesù significa la fine e il giudizio negativo su ogni modello
sociale che produce disuguaglianze, separazioni, divisioni. Se Colui che era in
alto, nel cielo è venuto sulla terra ed è venuto ad abitare in mezzo a noi,
significa che d’ora innanzi nessuno può porsi in alto ritenendosi migliore di
altri. Gesù è la presenza dell’uguaglianza: venendo al mondo e ad abitare in
mezzo a noi Dio ha voluto dire che tutti siamo degni, perché non si è avvicinato
a qualcuno, ma a tutti. Il regno dei cieli annunciato da Gesù è un monito
chiaro contro tutti coloro che producono e mantengono in piedi il modello
economico nefasto del neoliberalismo, che produce sempre più poveri a favore di
una piccola élite di ricchi sempre più ricchi, alla faccia dei poveri. Dove c’è
disuguaglianza non c’è la presenza di Cristo, perché Gesù ha scelto poveri,
vale a dire l’esplicitazione del desiderio di dare dignità ad ogni persona. Quest’identificazione
di Gesù con i poveri, che troviamo al momento della nascita, è indicata da Gesù
stesso come criterio per entrare nel Regno dei cieli. Il cammino della vita
sulla terra, per i discepoli e le discepole di Gesù, non può che essere
caratterizzato dallo stile semplice e dalla presa di posizione nei confronti
delle persone povere. Non a caso la Chiesa, sin dal suo inizio, sviluppa
quest’attenzione verso i più poveri, proponendo il cammino della solidarietà e
della condivisione.
Questo
aspetto della desacralizzazione della religione realizzata con la venuta di
Gesù nel tempo si manifesta nella polemica con i farisei sul puro e l’impuro e,
soprattutto, sul tempio. La critica radicale di Gesù alla religione del tempio,
che nel Vangelo di Giovanni esplode sin dall’inizio, vale a dire al capitolo
due, sarà approfondita nel capitolo quattro nel dialogo con la samaritana. Il
Tempio, invece di essere il luogo dell’incontro con Dio, con il tempo è
divenuto il suo contrario, vale a die un ostacolo. Perché? Ci sono alcuni
passaggi del Vangelo di Giovanni che ci aiutano a capire il problema:
“Si
avvicinava, intanto, la Pasqua dei Giudei”. Passaggio che
dice già il tono della polemica: non è più la pasqua di Dio, il suo passaggio
che salva il popolo, ma la Pasqua dei Giudei, vale a dire dei capi del popolo,
come si evince poi dal contesto del brano. C’è stato nell’arco dei secoli un
cammino di trasformazione in negativo. La Pasqua non è più la Pasqua
dell’Esodo, ma de regime giudaico, è divenuta uno strumento di dominio, una
pasqua a beneficio di pochi che curano i propri interessi. La Pasqua è divenuta
motivo di guadagno anche alle spalle dei poveri.
“Ai
venditori di colombe disse…” le colombe sono gli animali che i poveri
potevano utilizzare per offrire sacrifici. Ebbene, il disastro morale era
arrivato al punto che i mercanti lucravano anche sui poveri. Sembra di
ascoltare la voce dei profeti, in modo particolare il profeta Amos che inveiva
contro i ricchi del suo tempo perché sfruttavano i poveri, vendendoli per un
paio di sandali (cfr. Os 2,6). Quando si arriva a sfruttare il povero significa
che il livello sociale di un popolo ha veramente toccato il fondo. La cosa
peggiore è che ciò avviene nel tempio. Come può una religione avere perso di
vista così tanto il suo punto di riferimento da compiere tali delitti? La cosa
peggiore è che ciò viene fatto nel tempio di IHWH, che ha sempre avuto
un’attenzione particolare per i poveri.
“Non
fate della casa del Padre mio un mercato”. Se c’è una cosa che è antitetica
al Dio d’Israele è il mercato. Infatti, Dio è donazione totale di sé, è
gratitudine, attenzione ai piccoli. Al contrario, il mercato è interesse,
modellato sull’egoismo, che schiaccia i piccoli. La critica di Gesù al tempio
raggiunge il parossismo. Come può un tempio divenire il luogo del mercato e
delle sue logiche?
“Distruggete
questo tempio”. Gesù è venuto per distruggere il tempio, quel luogo
che nel tempo è divenuto simbolo di disuguaglianza e ingiustizie sociali. E’
questo l’obiettivo del cammino cristiano: uscire dalla religione negativa,
dalla religione che fa male, che invece di essere stimolo per l’uguaglianza
diviene spazio per ogni forma d’ingiustizia e discriminazione. Uscire dalla
logica del tempio come luogo di diseguaglianze. Infatti, già nel libro del
Levitico ci sono molte prescrizioni cultuali che proibiscono l’accesso alle
persone in situazione d’impurità. Lebbrosi, malati, stranieri, pagani, donne
mestruate: tante persone non possono accedere al Tempio. Uscire dalla logica
del tempio fatto dagli uomini, che è spazio di diseguaglianze e di logiche
perverse, per seguire il cammino che Gesù propone, basato sull’amore e la
misericordia.
E’
questo cammino che dovrebbero realizzare le comunità cristiane: abbandonare le
forme eccessive di sacralizzazione religiosa, spesso e volentieri segno di
manipolazioni da parte di un gruppo a scapito della maggioranza, per dare
spazio a forme di accoglienza, segno della misericordia di Dio manifestatasi
nel suo Figlio Gesù. Comunità cristiane il cui segno caratteristico diviene lo
stile nuovo inaugurato da Gesù, in cui nessuno si sente escluso perché tutti
possono avere acceso a Lui. Comunità in cui gli uomini e le donne, più che
essere preoccupati sulle forme esterne di espressione della devozione cultuale,
s’interrogano sulla bontà delle loro relazioni e sulle modalità messe in atto
per manifestare il cammino di uguaglianza e misericordia proposto da Gesù.
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