INCONTRO CON I COMBONIANI
PESARO 27 GIUGNO 2017
Paolo
Cugini
Domande
preliminari:
a.
Quali spazi e quale pastorale per i missionari
rientrati?
b.
Che contributo possono offrire nel contesto
della pastorale italiana?
Alcune
indicazioni pastorali
Il
primo importante contributo è l’attenzione alla singola comunità. C’è in atto
in Italia un nuovo disegno della mappa pastorale. La maggior parte delle
diocesi stanno ristrutturando la presenza pastorale attraverso le Unità
pastorali, accorpando diverse parrocchie di un territorio. Spesso questo
accorpamento porta con sé la crisi delle comunità locali. Il motivo di questa
crisi è dovuto alla modalità del parroco dell’UP di gestire questa nuova
configurazione pastorale. Occorrono alcuni passaggi che siano segno di un
cambiamento di mentalità.
a.
Passaggio dalla centralità del prete alla
centralità della comunità
b.
Dalla centralità dell’Eucarestia alla
centralità del Battesimo
Mi
sono chiesto: quali sono gli aspetti della pastorale e delle scelte pastorali
realizzate in Brasile che mi stanno aiutando nel lavoro pastorale a Reggio
Emilia? La scelta pastorale della diocesi è quella delle unità pastorali (60).
Presento alcuni nodi che stanno orientando le nostre scelte pastorali.
1. Rapporto
comunità e Unità pastorale: da come s’imposta il rapporto nasce
l’indicazione del tipo di Ministerialità e di modo di vivere il ministero.
Valorizzare la comunità, fare in modo che la comunità possa vivere di forze
proprie. Questo comporta la possibilità di celebrare il giorno del Signore e di
avere laici che svolgano ministerialità all’interno delle comunità. Per questo
occorrono anche pastori con sensibilità pastorali, che non facciano precedere
le idee dalla realtà, ma che si pongano in ascolto della situazione concrete e attivino
modalità di accompagnamento e discernimento per giungere ad orientamenti
comuni. Difficoltà di aiutare le persone a sentire la comunità come propria e
quindi sentire il desiderio di prendere posizione, prendere l’iniziativa. Nel
primo consiglio pastorale dell’Unità Pastorale le persone presenti hanno scelto
di mantenere vivi i consigli pastorali locali per mantenere vive le comunità.
Accanto al consiglio pastorale mensile delle comunità, c’è un consiglio
pastorale trimestrale al quale partecipano i consigli pastorali delle cinque
parrocchie. La risposta al problema del rapporto parrocchia Unità Pastorale
indica anche la modalità di come s’intenda vivere il proprio ministero nelle
comunità. Se la priorità è la vita della comunità per aiutarle a vivere uno
stile missionario, allora in un qualche modo occorre stare nella comunità. Ho,
così, organizzato la settimana trascorrendo una giornata in ogni comunità,
pranzando ogni giorno in una casa diversa. L’obiettivo è quello di conoscere
lentamente le famiglie delle parrocchie, per fare in modo che l’eucarestia
celebrata alla domenica sappia un po' della gente della comunità.
Problema generale: come aiutare le comunità a passare da un’idea statica
del presbitero ad una presenza dinamica (uscire dal lamento: non c’è mai).
2. Sinodalità:
creare spazi a diversi livelli in cui sono le comunità a riflettere sui cammini
da compiere per prendere le decisioni. Consigli pastorali, coordinamenti (della
catechesi, della pastorale giovanile, famigliare, ecc.). Secoli in cui il
parroco ha sempre deciso tutto da solo porta con sé la fatica di pensare
insieme e di scegliere insieme. Aiutare le comunità a prendere l’iniziativa, a
creare dei momenti assembleari senza la necessità che il parroco sia presente.
Aiutare i fedeli ad assumersi le loro responsabilità anche nella comunità
ecclesiale così come fanno negli ambiti della vita quotidiana, è una delle
grandi sfide della pastorale dei prossimi anni. Per attivare una sinodalità a
tutti i livelli nella comunità è necessario un tipo di formazione che permetta
ai presbiteri di decentrare sempre di più il loro potere pastorale, per vivere
con maggiore serenità il loro ministero. Accompagnare questo cambiamento in atto,
che prevede la trasformazione dei due attori in gioco, non sarà facile. La
tentazione più immediata, che è già visibile in alcune diocesi italiane, è
quella di ritornare al passato, importando preti dal sud del mondo, più come
tappabuchi, che come progetto pastorale pensato e attuato. Sinodalità significa
apprendere a pensare assieme alle persone, stare attenti ai processi che
s’intende porre in atto e, così, uscire dai personalismi pastorali incentrati
sui carismi del sacerdote, o sui suoi limiti.
3. Ministerialità: per permettere
alla comunità di vivere in assenza di presbitero diviene fondamentale la
formazione dei laici. C’è un primo livello della formazione che consiste nel
porre un laico nella situazione di esercitare un servizio con una
responsabilità effettiva. È brutto quando il laico si sente dire dal prete di
turno che gli organismi ecclesiali sono solo consultivi. Il primo livello di
formazione per aiutare i laici ad esercitare un ministero consiste nel metterlo
nelle condizioni di assumersi delle responsabilità effettive. Altro aspetto
della formazione è il cammino biblico. Abbiamo iniziato un’esperienza di
preparazione insieme delle letture della domenica. Sono attivi sul territorio
diversi centri d’ascolto della Parola a dimensione famigliare. Abbiamo attivato
momenti specifici della formazione, tenendo conto di quello che la diocesi
offre e di quello che c’è sul territorio. In questo cammino è molto importante
la presenza dei diaconi. Attualmente sono tre nell'unità pastorale. Abbiamo
realizzato un percorso di sensibilizzazione al diaconato in tutte le cinque
parrocchie che ha condotto all'indicazione di altri tre candidati che hanno già
iniziato il cammino formativo. La ministerialità va di pari passo con la
sinodalità. Quanto più i laici saranno responsabilizzati, tanto più entreranno
negli organismi sinodali in modo attivo e costruttivo.
4. Missionarietà: siamo
alla prima fase, vale a dire, la valorizzazione di quello che già avviene sul
territorio che stimola la presenza missionaria della parrocchia: ministri del
battesimo e del matrimonio, catechesi nelle case. Abbiamo avviato anche una
fase di studio per comprendere in che modo è possibile essere presenti sul
territorio a partire dalla situazione attuale in cui il parroco non è in
condizione di realizzare le famose benedizioni pasquali. Problema: come
passare dalla presenza del parroco sul territorio alla presenza della comunità.
Riuscire a contaminare positivamente tutta la pastorale sullo stile
missionario. Pensare ad una pastorale in uscita come modalità normale di
evangelizzazione. Difficoltà di pensare a chi è fuori dal tempio. Siamo così
abituati ad evangelizzare chi entra nelle nostre strutture, che non riusciamo a
pensare alle persone che non entrano. Il discorso non vale solo per gli adulti,
ma anche per i giovani. Come pensare una pastorale giovanile animata dallo
spirito missionario? Giovani che evangelizzano giovani. Ci stiamo pensando, ma
ancora non è partito nulla di concreto.
5. Comunità
accoglienti. Accompagnamento spirituale dei gruppi di
africani presenti sul territorio: famiglie della Burkina Faso, donne nigeriane,
studenti del Camerun, Togo e Congo. Oratorio con il cortile aperto al
territorio. Attualmente il 90% dei bambini e ragazzi che frequentano durante la
settimana l’oratorio provengono da tante nazioni (circa una ventina). È
iniziato un progetto che si è poi trasformato in associazione nella quale opera
un gruppo di persone con una proposta di sport educativo, rivolta ai bambini
che frequentano il cortile degli oratori. L’Unità Pastorale ha deciso di investire
su un educatore professionale indicato dalla Pastorale Giovanile Diocesana, che
coordina i progetti sui cinque oratori. Chiesa che accoglie i cristiani
omosessuali, lesbiche, bisessuali, transessuali. Chiesa che allarga la tenda
per accogliere divorziati, separati. Sono esperienze in atto.
Il battesimo è sicuramente sacramento dei sacramenti e, proprio per la sua importanza, contiene in sé la necessità dell'anima di sentirsi accompagnata, nutrita e sostenuta nel suo cammino per poter essere risorsa comunitaria. Questa necessità individuale trova riscontro tanto nella formazione, quanto nel prendere parte al corpo e al sangue di Cristo (siamo particole del suo amore nel battesimo che si rinnova ad ogni comunione con lui e si diffonde nella relazione con i fratelli), quanto nella confessione, riconciliazione e comunicazione/richiesta di conforto del singolo nel suo operare nel mondo. E' possibile pensare ad una calendarizzazione stabile di piccoli spazi-tempi certi e chiari nei quali un sacerdote è sicuramente disponibile per le confessioni e dà comunicazione di eventuali cambiamenti di spazi ed orari? Anche questo è uno spazio d'incontro con le persone dentro e fuori la comunità. Riguardo alla missionarietà credo sia importante recuperare alla comunità tutti quelli che a qualche titolo ne hanno fatto parte e aprire le porte anche a chi non ci è mai entrato. In questo gli apostoli ci danno un'indicazione: imporre poche cose dalle quali "astenersi", al massimo 3, chiare, condivise; favorire per quanto possibile momenti di incontro informali, più fruibili da parte di chi non entra; prevedere turnazione di ruoli,compiti con accompagnamento-tutoraggio. Fare in modo che la comunità risponda per quanto possibile alle esigenze espresse dal territorio. Francesca Tagliavini
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