lunedì 3 luglio 2017

QUALE CONTRIBUTO DEI MISSIONARI RIENTRATI?




INCONTRO CON I COMBONIANI
PESARO 27 GIUGNO 2017
Paolo Cugini
Domande preliminari:
a.      Quali spazi e quale pastorale per i missionari rientrati?
b.      Che contributo possono offrire nel contesto della pastorale italiana?

Alcune indicazioni pastorali
Il primo importante contributo è l’attenzione alla singola comunità. C’è in atto in Italia un nuovo disegno della mappa pastorale. La maggior parte delle diocesi stanno ristrutturando la presenza pastorale attraverso le Unità pastorali, accorpando diverse parrocchie di un territorio. Spesso questo accorpamento porta con sé la crisi delle comunità locali. Il motivo di questa crisi è dovuto alla modalità del parroco dell’UP di gestire questa nuova configurazione pastorale. Occorrono alcuni passaggi che siano segno di un cambiamento di mentalità.

a.      Passaggio dalla centralità del prete alla centralità della comunità
b.      Dalla centralità dell’Eucarestia alla centralità del Battesimo

Mi sono chiesto: quali sono gli aspetti della pastorale e delle scelte pastorali realizzate in Brasile che mi stanno aiutando nel lavoro pastorale a Reggio Emilia? La scelta pastorale della diocesi è quella delle unità pastorali (60). Presento alcuni nodi che stanno orientando le nostre scelte pastorali.

1.      Rapporto comunità e Unità pastorale: da come s’imposta il rapporto nasce l’indicazione del tipo di Ministerialità e di modo di vivere il ministero. Valorizzare la comunità, fare in modo che la comunità possa vivere di forze proprie. Questo comporta la possibilità di celebrare il giorno del Signore e di avere laici che svolgano ministerialità all’interno delle comunità. Per questo occorrono anche pastori con sensibilità pastorali, che non facciano precedere le idee dalla realtà, ma che si pongano in ascolto della situazione concrete e attivino modalità di accompagnamento e discernimento per giungere ad orientamenti comuni. Difficoltà di aiutare le persone a sentire la comunità come propria e quindi sentire il desiderio di prendere posizione, prendere l’iniziativa. Nel primo consiglio pastorale dell’Unità Pastorale le persone presenti hanno scelto di mantenere vivi i consigli pastorali locali per mantenere vive le comunità. Accanto al consiglio pastorale mensile delle comunità, c’è un consiglio pastorale trimestrale al quale partecipano i consigli pastorali delle cinque parrocchie. La risposta al problema del rapporto parrocchia Unità Pastorale indica anche la modalità di come s’intenda vivere il proprio ministero nelle comunità. Se la priorità è la vita della comunità per aiutarle a vivere uno stile missionario, allora in un qualche modo occorre stare nella comunità. Ho, così, organizzato la settimana trascorrendo una giornata in ogni comunità, pranzando ogni giorno in una casa diversa. L’obiettivo è quello di conoscere lentamente le famiglie delle parrocchie, per fare in modo che l’eucarestia celebrata alla domenica sappia un po' della gente della comunità.  Problema generale: come aiutare le comunità a passare da un’idea statica del presbitero ad una presenza dinamica (uscire dal lamento: non c’è mai).

2.      Sinodalità: creare spazi a diversi livelli in cui sono le comunità a riflettere sui cammini da compiere per prendere le decisioni. Consigli pastorali, coordinamenti (della catechesi, della pastorale giovanile, famigliare, ecc.). Secoli in cui il parroco ha sempre deciso tutto da solo porta con sé la fatica di pensare insieme e di scegliere insieme. Aiutare le comunità a prendere l’iniziativa, a creare dei momenti assembleari senza la necessità che il parroco sia presente. Aiutare i fedeli ad assumersi le loro responsabilità anche nella comunità ecclesiale così come fanno negli ambiti della vita quotidiana, è una delle grandi sfide della pastorale dei prossimi anni. Per attivare una sinodalità a tutti i livelli nella comunità è necessario un tipo di formazione che permetta ai presbiteri di decentrare sempre di più il loro potere pastorale, per vivere con maggiore serenità il loro ministero. Accompagnare questo cambiamento in atto, che prevede la trasformazione dei due attori in gioco, non sarà facile. La tentazione più immediata, che è già visibile in alcune diocesi italiane, è quella di ritornare al passato, importando preti dal sud del mondo, più come tappabuchi, che come progetto pastorale pensato e attuato. Sinodalità significa apprendere a pensare assieme alle persone, stare attenti ai processi che s’intende porre in atto e, così, uscire dai personalismi pastorali incentrati sui carismi del sacerdote, o sui suoi limiti.

3.      Ministerialità: per permettere alla comunità di vivere in assenza di presbitero diviene fondamentale la formazione dei laici. C’è un primo livello della formazione che consiste nel porre un laico nella situazione di esercitare un servizio con una responsabilità effettiva. È brutto quando il laico si sente dire dal prete di turno che gli organismi ecclesiali sono solo consultivi. Il primo livello di formazione per aiutare i laici ad esercitare un ministero consiste nel metterlo nelle condizioni di assumersi delle responsabilità effettive. Altro aspetto della formazione è il cammino biblico. Abbiamo iniziato un’esperienza di preparazione insieme delle letture della domenica. Sono attivi sul territorio diversi centri d’ascolto della Parola a dimensione famigliare. Abbiamo attivato momenti specifici della formazione, tenendo conto di quello che la diocesi offre e di quello che c’è sul territorio. In questo cammino è molto importante la presenza dei diaconi. Attualmente sono tre nell'unità pastorale. Abbiamo realizzato un percorso di sensibilizzazione al diaconato in tutte le cinque parrocchie che ha condotto all'indicazione di altri tre candidati che hanno già iniziato il cammino formativo. La ministerialità va di pari passo con la sinodalità. Quanto più i laici saranno responsabilizzati, tanto più entreranno negli organismi sinodali in modo attivo e costruttivo.

4.      Missionarietà: siamo alla prima fase, vale a dire, la valorizzazione di quello che già avviene sul territorio che stimola la presenza missionaria della parrocchia: ministri del battesimo e del matrimonio, catechesi nelle case. Abbiamo avviato anche una fase di studio per comprendere in che modo è possibile essere presenti sul territorio a partire dalla situazione attuale in cui il parroco non è in condizione di realizzare le famose benedizioni pasquali. Problema: come passare dalla presenza del parroco sul territorio alla presenza della comunità. Riuscire a contaminare positivamente tutta la pastorale sullo stile missionario. Pensare ad una pastorale in uscita come modalità normale di evangelizzazione. Difficoltà di pensare a chi è fuori dal tempio. Siamo così abituati ad evangelizzare chi entra nelle nostre strutture, che non riusciamo a pensare alle persone che non entrano. Il discorso non vale solo per gli adulti, ma anche per i giovani. Come pensare una pastorale giovanile animata dallo spirito missionario? Giovani che evangelizzano giovani. Ci stiamo pensando, ma ancora non è partito nulla di concreto.

5.      Comunità accoglienti. Accompagnamento spirituale dei gruppi di africani presenti sul territorio: famiglie della Burkina Faso, donne nigeriane, studenti del Camerun, Togo e Congo. Oratorio con il cortile aperto al territorio. Attualmente il 90% dei bambini e ragazzi che frequentano durante la settimana l’oratorio provengono da tante nazioni (circa una ventina). È iniziato un progetto che si è poi trasformato in associazione nella quale opera un gruppo di persone con una proposta di sport educativo, rivolta ai bambini che frequentano il cortile degli oratori. L’Unità Pastorale ha deciso di investire su un educatore professionale indicato dalla Pastorale Giovanile Diocesana, che coordina i progetti sui cinque oratori. Chiesa che accoglie i cristiani omosessuali, lesbiche, bisessuali, transessuali. Chiesa che allarga la tenda per accogliere divorziati, separati. Sono esperienze in atto.



1 commento:

  1. Il battesimo è sicuramente sacramento dei sacramenti e, proprio per la sua importanza, contiene in sé la necessità dell'anima di sentirsi accompagnata, nutrita e sostenuta nel suo cammino per poter essere risorsa comunitaria. Questa necessità individuale trova riscontro tanto nella formazione, quanto nel prendere parte al corpo e al sangue di Cristo (siamo particole del suo amore nel battesimo che si rinnova ad ogni comunione con lui e si diffonde nella relazione con i fratelli), quanto nella confessione, riconciliazione e comunicazione/richiesta di conforto del singolo nel suo operare nel mondo. E' possibile pensare ad una calendarizzazione stabile di piccoli spazi-tempi certi e chiari nei quali un sacerdote è sicuramente disponibile per le confessioni e dà comunicazione di eventuali cambiamenti di spazi ed orari? Anche questo è uno spazio d'incontro con le persone dentro e fuori la comunità. Riguardo alla missionarietà credo sia importante recuperare alla comunità tutti quelli che a qualche titolo ne hanno fatto parte e aprire le porte anche a chi non ci è mai entrato. In questo gli apostoli ci danno un'indicazione: imporre poche cose dalle quali "astenersi", al massimo 3, chiare, condivise; favorire per quanto possibile momenti di incontro informali, più fruibili da parte di chi non entra; prevedere turnazione di ruoli,compiti con accompagnamento-tutoraggio. Fare in modo che la comunità risponda per quanto possibile alle esigenze espresse dal territorio. Francesca Tagliavini

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