giovedì 25 marzo 2021

LA TENSIONE POLARE

 


        

Paolo Cugini

 

Come mai facciamo così fatica a convivere, a sopportare la presenza dell’altro, soprattutto, di colui, colei che pensa, vive, agisce diversamente? È semplicemente un tratto caratteristico dell’istinto di sopravvivenza che si mette in moto ogni volta che si sente minacciato, o c’è dell’altro? Eppure, ogni volta che entriamo in relazione con qualcuno che ha un’idea differente da noi, l’istinto immediato è quello di sopprimerlo oppure, per i più raffinati, di venire presto ad un patto, una soluzione, una sintesi. Siamo abituati dalla nostra cultura occidentale, che si è strutturata sulla dialettica Hegeliana, a cercare subito una sintesi, come se il polo opposto, individuato come antitesi, dovesse necessariamente sparire per dare luogo ad una nuova situazione. Ancora una volta sorge la domanda: è un atteggiamento normale, o è il sintomo di qualcosa di strano, una patologia, che sorge da un’incapacità insana di convivere con qualcosa diverso da noi?

Nella natura troviamo ogni giorno elementi compresenti che si oppongono senza annullarsi. Il vino e l’acqua, il bianco e il nero, il lupo e l’agnello, secco e bagnato, sale e zucchero: solo per dirne alcuni. Poli opposti che, in alcuni casi, per mantenere la propria sussistenza, è bene che vivano anche lontano per non correre troppi rischi di annichilamento. In ogni polarità c’è vita, c’è un modo di essere al mondo, di esprimersi. Ha diritto a sussistere sia lo zucchero che il sale, perché hanno sapori diversi e funzionalità diverse. Ogni volta che incontriamo una tensione polare siamo invitati a non cedere alla tentazione di risolvere immediatamente il conflitto. Ogni volta che si cede a questa tentazione si tende ad un duplice errore: o si favorisce uno dei due poli in tensione, o si finisce nel comodo cammino del sincretismo, di una sintesi acritica e inconcludente.

Le tensioni polari indicano dei processi che devono essere accompagnati perché, più che soluzioni immediate, esigono la sapienza del discernimento e questi più che la soddisfazione del momento esige il tempo. È importante apprendere a non forzare lo scontro tra i poli in tensione, come avviene ogni volta che si assolutizza una parte, ma occorre fare di tutto affinché il polo opposto non venga eliminato e non venga perduto il contatto con la totalità. È in questa prospettiva e per questo cammino che si comprende come, la gestione della polarità, comporti la capacità di abitare i conflitti nel tempo, senza la fretta di giungere a sintesi provvisorie. Accompagnare le polarità significa l’umiltà di riconoscere che non si è in grado di comprendere tutto subito e che solamente il tempo potrà rivelare gli sviluppi di ogni singola polarità. 

Non dunque, sintesi di due momenti in un terzo. E neppure un intero di cui i due rappresentino le parti opposte. Meno ancora, mescolanza in vista di qualche compromesso. Si tratta, al contrario, di un rapporto originario. L’uno degli opposti non si può né far discendere né far salire dall’altro. Entrambe le parti sono date simultaneamente; pensabile e possibile l’una sola insieme all’altra. Questa è l’opposizione: che due momenti, ciascuno dei quali sta in se stesso inconfondibile, inderivabile, inamovibile, sono tuttavia indissolubilmente legati l’un l’altro; si possono anzi pensare solo l’uno per mezzo dell’altro. Nel concreto vivere si possono prendere in esame gli opposti, ma non si possono escludere: devono imparare a convivere perché la realtà li esige entrambi.  In definitiva, entrambe le parti componenti la polarità sono la vita: per questo non solo non si possono escludere, ma occorre sempre mettere in atto dei cammini di ascolto, di relazione, di solidarietà. È questo l’impegno di una società, di una comunità, di un popolo.

 

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