LA REPAM CHIEDE
UN’AZIONE URGENTE E UNITARIA PER
EVITARE UN’IMMENSA TRAGEDIA
UMANITARIA E AMBIENTALE
(La Repam è la rete ecclesiale panamazzonica)
Collasso strutturale
in Amazzonia
Un’enorme onda d’urto si sta abbattendo sull’Amazzonia,
stretta nella morsa tra la pandemia di Covid-19, che colpisce esseri umani già molto
vulnerabili, e l‘aumento incontrollato della violenza nei territori. Il
dolore ed il grido dei popoli e della Terra si fondono in un unico clamore.
“Le genti dell’Amazzonia hanno chiesto che la Chiesa sia un’alleata, che la Chiesa che sia con loro, che la Chiesa sostenga ciò che
decidono, ciò che vogliono e come intendono costruire il loro futuro in questo
momento così difficile della pandemia” (cardinale Cláudio Hummes).
Nei diversi Paesi della Panamazzonia, la Chiesa fa eco
ad appelli e richieste di aiuto in un contesto che minaccia la sopravvivenza di
questo bioma e dei suoi popoli.
In Bolivia, i popoli
indigeni accusano il governo di mancanza di coordinamento e di consultazione
nella prevenzione e nella lotta contro la pandemia; sottolineano inoltre che
tutte le informazioni non sono diffuse nelle lingue originali riconosciute
dalla Costituzione.
In Colombia,
i vescovi riconoscono gli sforzi del governo, ma sottolineano che “gli indigeni, i contadini e gli
afro-discendenti sono i gruppi più a rischio, perché si trovano già in una situazione di povertà strutturale, in
condizioni di insicurezza alimentare e malnutrizione, senza accesso al sistema
sanitario e all’acqua potabile”.
L'insicurezza alimentare delle popolazioni indigene è
una preoccupazione anche in Venezuela, dove queste
popolazioni si sentono minacciate da
un possibile contagio attraverso le attività minerarie illegali nei loro
territori e il passaggio sulle loro terre di migranti venezuelani di ritorno.
Gli indigeni stanno adottando misure di isolamento e di controllo del
territorio, così come l'intensificazione di agricultura familiare, per
garantire la loro sovranità alimentare.
In Brasile,
32 Procuratori del Ministero Pubblico Federale dichiarano che “il rischio di genocidio delle
popolazioni indigene richiede azioni di emergenza da parte di agenzie ed enti
pubblici”. La Mobilitazione Nazionale Indigena
afferma che c’è “una chiara intenzione del governo di impedire il funzionamento del
Sottosistema Sanitario Indigeno”.
In Perù c’è preoccupazione per la situazione di
diversi popoli amazzonici - tra cui molti indigeni - che sono emigrati nelle
città in cerca di lavoro e che sono totalmente indifesi. I vescovi dell’Amazzonia
peruviana esortano le autorità a sostenere il loro ritorno nelle
comunità e a fare in modo che ciò avvenga secondo i protocolli stabiliti dal
Ministero della Salute.
L’Alleanza dei Parlamentari Indigeni dell’America Latina chiede all’Organizzazione Mondiale della Sanità di raccomandare ai
Paesi della regione di dare priorità a misure specifiche per garantire la
protezione della vita delle popolazioni indigene di fronte alla grave pandemia globale.
Il Coordinamento delle Nazioni Indigene del Bacino
Amazzonico (COICA) chiede contributi a un Fondo di Emergenza Amazzonico per
proteggere i 3 milioni di abitanti nativi della foresta pluviale che sono
vulnerabili al nuovo coronavirus.
La Chiesa cattolica, da parte sua, ha fatto il massimo
sforzo, in particolare attraverso la Caritas di ogni regione, per contribuire
con risorse materiali ed economiche, oltre che con la solidarietà e il sostegno
spirituale.
Il virus della violenza e dei saccheggi in
Amazzonia
In Amazzonia, un altro virus continua a minacciare i
popoli e la foresta; il Fronte Parlamentare Misto per i Diritti dei Popoli
Indigeni in Brasile denuncia: “anche
quando la
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pandemia mette i freni
all’economia, il
setacciamento dell’oro (‘garimpo’) e la deforestazione illegale delle terre indigene del continente
continuano a pieno regime”7.
In Ecuador, la Rete
Ecclesiale Panamazzonica (REPAM) condanna la rottura dell´oleodotto
trans-ecuadoriano e dell´oleodotto di Crudos Pesado , avvenuta il 7 aprile
2020, che ha causato una grave fuoriuscita di petrolio e ha colpito circa
97.000 persone che vivono sulle rive dei fiumi Coca e Napo.
I 67
vescovi dell’Amazzonia brasiliana associano l’attuale crisi socio-ambientale di questo bioma con il noto rallentamento
delle ispezioni e l’incessante retorica politica del governo
federale contro la protezione dell’ambiente e delle aree indigene
tutelate dalla Costituzione federale. “Un’immensa tragedia umanitaria causata
da un collasso strutturale è già all’orizzonte”.
I vescovi denunciano, in particolare, i progetti di
legge che consentono l’estrazione mineraria sui territori indigeni e ne ridefiniscono
il processo di regolarizzazione, , favorendo l’accaparramento delle terre, la
deforestazione e legittimando le occupazioni illegale da parte dell’agro-industria.
IL Guyana Policy Forum denuncia che le
attività estrattive distruggono la foresta e che la circolazione di minatori e
camionisti è un pericoloso veicolo di contagio per le comunità dell’interno
del Paese. L’estrazione dell’oro è stata dichiarata attività
essenziale dal governo, e probabilmente aumenterà ulteriormente, a causa della
recessione causata dalla Covid-19 e dell’aumento del prezzo mondiale del metallo.
Commentando il preoccupante aumento della violenza
nelle campagne, la Commissione Pastorale della Terra (CPT) afferma
che nel 2019 la stragrande maggioranza degli omicidi dovuti a conflitti rurali
in Brasile (84%) ha avuto luogo in Amazzonia.
Per la sua attività di denuncia, la Chiesa è stata
calunniata e attaccata, come è successo di recente con le vergognose e
infondate accuse, che noi respingiamo, della Fondazione Nazionale Indigena
(FUNAI - un organo del governo federale brasiliano) contro il Consiglio
Missionario Indigeno (CIMI) organo della Conferenza episcopale brasiliana.
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Azione globale in
difesa dell’Amazzonia
La cura delle persone e la cura degli
ecosistemi sono inseparabili. La saggezza dei popoli
indigeni dell’Amazzonia “ispira cura e rispetto per il creato, con una chiara consapevolezza
dei suoi limiti, proibendone l’abuso. Abusare della natura significa
abusare degli antenati, dei fratelli e delle
sorelle,
della creazione e del Creatore,
ipotecando il futuro”. Gli indigeni, “quando rimangono nei loro territori,
sono quelli che meglio se ne
prendono
cura”. (Querida Amazonia, n. 42)
Siamo in un tempo decisivo per l’Amazzonia
e per il mondo. Un momento di gestazione di nuovi rapporti ispirati all’ecologia
integrale, o di definitiva sepoltura dei sogni del Sinodo, se la paura, gli
interessi, la pressione dei proprietari del grande capitale permettono di
imporre sempre più fortemente il modello di questa “economia che uccide” (EG 53).
Papa
Francesco lancia un appello urgente alla solidarietà planetaria: “Questo non è il tempo dell’indifferenza (...), dell’egoismo (...), della divisione (...), dell’oblio (...). Che la crisi che stiamo
affrontando non ci faccia lasciare da parte tante altre situazioni di emergenza
che portano con sé la sofferenza di molte persone”.
José
Gregorio Díaz Mirabal, membro del popolo Wakuenai Kurripako, originario dell’Amazzonia venezuelana e coordinatore generale della COICA, riassume: “I popoli indigeni dell’Amazzonia lanciano un grido d’allarme al
mondo perché ci sentiamo abbandonati”.
La REPAM chiede un’azione
unitaria ai popoli indigeni dell’Amazzonia,
alla società civile della Panamazzonia e del mondo, alla Chiesa cattolica e a
tutte le confessioni religiose che si preoccupano della Creazione, ai governi,
alle istituzioni internazionali per i diritti umani, alla comunità scientifica,
agli artisti e a tutte le persone di buona volontà, per unire gli sforzi in
difesa della “Querida
Amazonia, con tutto il suo splendore, il suo dramma e il suo mistero” (QA 1).
Card. Claudio Hummes, OFM Card. Pedro Barreto
Jimeno, SJ Mauricio López O.
Presidente Vice presidente Segretario Esecutivo
Comitato
Direttivo
Rete
Ecclesiale Pan-amazzonica – REPAM
Quito – Ecuador, 18 maggio 2020
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