lunedì 26 dicembre 2016

LETTERA AI GIOVANI

ARCHIVIO BRASILE






  Paolo Cugini
Fogliano, 17 settembre 2006

Carissimi giovani,
sono in Brasile da circa otto anni e da quattro non tornavo in Italia. Vivo a Tapiramutá, un città della Bahia, nel Nordest del Brasile, una regione colpita dalla siccità e, soprattutto dalla corruzione dei politici che lascia la maggior parte delle popolazione in condizioni di indigenza.
Tutti i giorni incontro moltissimi ragazzi e giovani in giro per le strade o nei bar senza far nulla. Con alcuni giovani della parrocchia abbiamo pensato di fare qualcosa e abbiamo così progettato la creazione di gruppi giovani in tutti quartieri della città. L’obiettivo che ci siamo proposti è stato quello di offrire una proposta alternativa ai giovani per il sabato sera. Infatti, l’unica proposta che incontrano nella città è il bar. Quando dico bar non dovete pensare a quei locali carini e bellini, pieni di cose e di leccornie che vedete a Reggio Emilia. I bar di Tapiramutà offrono solo due cose: la cachaça, che è una specie di grappa, e la birra. E allora i giovani al sabato sera riempiono questi locali, che spesso si trasformano in discoteche – anche qui tiratevi dalla testa l’idea di discoteca che avete – per bere e ubriacarsi.

La maggior parte dei giovani, non appena finiscono le superiori, che in Brasile dura tre anni, emigrano in altre città in cerca di lavoro o per provare ad entrare nelle università. Molto presto, a 16-18 anni, lasciano le loro famiglie, le loro origini, per immergersi nel caos delle grandi città e, spesso, perdersi. E’ pensando a queste situazioni che, assieme ai collaboratori che incontro nella parrocchia, pensiamo proposte da rivolgere ai giovani. Proposte alla nostra portata, conforme ai nostri mezzi. Proposte soprattutto formative, per offrire a questi giovani di famiglie povere, che non hanno condizioni per comprarsi libri o giornali, strumenti che possano aiutarli a leggere la realtà con occhi diversi. E’ con queste riflessioni che è nata l’idea di mettere in piedi una biblioteca per offrire anche un materiale che metta in condizione i giovani di prepararsi per entrare all’università. Qui in Brasile, infatti, per accedere all’università, è necessario passare un esame di ammissione, abbastanza difficile, basato su domande di attualità che richiedono la conoscenza dei problemi sociali e politici oltre alla letteratura brasiliana e internazionale contemporanea. E’ chiaro che, coloro che non hanno accesso a riviste e libri aggiornati, sono tagliati fuori. Un giovane che non riesce a studiare, o si perde nelle grandi città, o diviene preda facile del sistema politico, che li coopta offrendo loro lavori umilianti a bassissimo prezzo in cambio dell’appoggio politico. Per questo il potere politico locale non investe quasi nulla in cultura, per mantenere la gente ignorante e, quindi, sottomessa. La cultura è strumento di liberazione, di riscatto sociale. Le nuove economie emergenti – Corea del Sud, Sudafrica, India e Cina – per uscire dalla situazione di miseria in cui si trovavano, hanno investito nella rinnovazione dei loro sistemi scolastici. Il problema è che in questi paesi emergenti il rinnovamento sociale e culturale è rivolto sempre e solo alle classi più elevate. Ai poveri si danno alcune briciole, per metterli a tacere e per avere in mano uno strumento di ricatto.
La biblioteca che stiamo mettendo in piedi non è fatta solo di libri, ma soprattutto di idee. Assieme a Domingos - un padre di famiglia di Tapiramutà, che da anni lavora pere i progetti sociali della diocesi di Ruy Barbosa, soprattutto sui progetti legati alla riforma agraria e che molti di voi hanno conosciuto lo scorso anno – abbiamo radunato vari giovani in biblioteca per pensare a forme di cooperative che potrebbero generare posti di lavoro a Tapiramutà. Oltre a ciò, con un gruppo di giovani che stanno partecipando del cammino formativo per ricevere il sacramento della Cresima (qui a Tapiramutà non è obbligatorio entrare nella catechesi della Cresima, entrano solamente quei giovani che amano la Chiesa e quindi desiderano conoscere di più Gesù e la sua Parola), abbiamo elaborato una serie di proposte per promuovere la cultura e l’amore alla lettura tra i giovani. E così sono nate diverse idee, tra le quali l’idea del " Concorso Dom Helder Camara" dove offriamo un premio in denaro ai primi tre classificati. L’idea, anche, di offrire borse di studio per i giovani poveri che desiderano tentare l’esame di ammissione all’università e che non hanno i soldi per pagassi la tassa d’iscrizione. Stiamo pensando di organizzare corsi di letteratura, storia, inglese chiamando qualche professore dell’università di Jacobina, che dista circa 130 km da Tapiramutà. In vista anche delle elezioni municipali del 2008, abbiamo intenzione di organizzare un corso di formazione politica, come primo passo per formare il movimento "Fede e Politica", che in Brasile si prefigge l’obiettivo di coscientizzare politicamente le persone, affinché non si lascino corrompere, ma apprendano a valorizzare il loro diritto al voto. Abbiamo pensato anche, soprattutto per i mesi estivi, di attivare un cineforum da realizzare nei quartieri più poveri.
E’ chiaro che per realizzare queste idee ci servono dei fondi. Come li raccogliamo?
La prima regola che ci siamo dati è di non chiedere nulla ai politici locali, per non rimanere intrappolati nei loro ricatti. Organizziamo delle tombole con premi donati dai commercianti locali. Al sabato, al mercato, vengono vendute torte fatte da alcune signore e da alcune ragazze al venerdì sera nella cucina della parrocchia. Il salario del parroco è un’altra fonte irrinunciabile. Ci affidiamo anche alle offerte che vengono dall'Italia.
Su questo ultimo punto vorrei soffermarmi per chiarire il discorso. Non basta aprire il portafoglio e fare un’offerta. A volte la carità invece di aiutare offende, umilia. Quando i politici danno delle cose ai poveri, lo fanno per fargli capire la differenza e per fare in modo che, questa differenza di livello sociale, rimanga e si rinforzi. Non basta fare la carità: bisogna vedere che cosa c’è nel cuore. Per noi cristiani, che crediamo nella proposta evangelica di Gesù, la carità è dono di Dio e stimola alla responsabilità con i fratelli e le sorelle che il Signore ci pone accanto. Anche perché c’è da dire una cosa che forse non sapete. I giovani poveri che conosco, con i quali collaboro tutti i giorni, non hanno i soldi perché i loro genitori sono poveri, ma hanno una grande dignità. Fernanda, Cleidiane, Uilma, Laise e Marineide, per esempio, sono le volontarie della biblioteca parrocchiale. Oltre ad andare a scuola, ognuna di loro tiene dietro alla casa e ai loro numerosi fratellini. Non fanno i capricci perché il papà non gli dà i soldi per uscire al sabato sera. Se vogliono comprarsi un paio di pantaloni o di scarpe nuove, non vanno a piangere soldi dalla mamma o dalle nonne: si tirano su le maniche e se lo guadagnano, facendo servizi umili a casa dei ricchi. E tutto ciò con il sorriso sulle labbra. Non c’è nulla di bambine viziate nei loro atteggiamenti: c’è invece una grande dignità, un orgoglio per i propri genitori, per la propria vita, che a volte mi mette soggezione. E penso: io alla loro età non ero così forte, non avevo quella dignità. Tutte le volte che avevo bisogno di qualcosa, correvo dal papà ed esigevo quello che per me era il dovuto. E ancora. Quando ero ancora in Italia, tutti i giorni ero immerso dalle bestemmie e dalle volgarità dei giovani che frequentavano l’oratorio parrocchiale. In quasi otto anni di Brasile non ho mai ascoltato una bestemmia. Nelle nostre parrocchie brasiliane non abbiamo gli oratori miliardari che ci sono da queste parti, super attrezzati per accogliervi, ma vi assicuro che ci sono giovani educati, rispettosi e riconoscenti per quello che la Chiesa fa per loro. I giovani della parrocchia di Tapiramutà sono poveri, non dei poverini. Scrivo queste cose per aiutarvi a combattere un preconcetto abbastanza diffuso e cioè che un povero è un pezzente, un essere inferiore. Fate un piccolo esame di coscienza e pensate un momento: con che occhi guardate coloro che non hanno le scarpe o i pantaloni alla moda? Che cosa esprimete quando vi deprimete perché non potete avere quella determinata cosa? Perché non ce la fate a vivere sereni e contenti se non avete determinate cose? Come vi ha ridotti questa società?
Ancora una volta vi dico: ho incontrato più dignità, più amore alla vita, più riconoscenza a Dio nei giovani poveri di Tapiramutà o di Miguel Calmon ( la parrocchia nella quale ho lavorato per cinque anni), che in tanti giovani ricchi e viziati italiani. Essere uomini, essere donne, non dipende dal conto in banca o dalla casa nella quale si abita o dalla moto, dalla macchina che si ha nel garage: è una questione di dignità, di amore e questo non si compra. Ringrazio allora Dio, la Chiesa, il Vescovo che mi ha mandato in Missione in Brasile per diventare più uomo, per crescere in umanità, per scrollarmi di dosso quella vita superficiale e a basso costo che ho appreso in Italia.
I miei amici giovani di Tapiramutà, non hanno bisogno delle nostre briciole: sono abituati alla vita dura. Hanno bisogno di amici che gli vogliano bene, di amici che amano la vita, che non si disperano per la mancanza di cose di cui si può benissimo fare a meno. Carissimi giovani, se ci pensate bene i miei amici giovani di Tapiramutà vi stanno offrendo una grandissima occasione per crescere in umanità. Questo è il bello della missione: si pensa di fare qualcosa di buono per gli altri e si scopre che sono loro a farlo per noi. Non vi chiediamo di organizzare cene, gnoccate, o altre cose del genere. Peggio ancora, non andate a chiedere ai vostri genitori dei soldi per mandare in missione: per favore non fateci anche voi del male! E allora che cosa vogliamo?
Desideriamo che voi apprendiate a vivere con l’essenziale, che vi liberiate di ciò che è inutile. Lo sappiamo che è una proposta un po’ pesante, forse scioccante, ma è una proposta che sgorga dal Vangelo e come tale va presa e pensata. Desideriamo che i soldi che riceviamo da voi non siano soldi facili, a basso prezzo, che non vi costano nulla, ma difficili, che vi costino fatica, sacrifici. Perché è così che sono le nostre vite: difficili, piene di sacrifici. Accettiamo volentieri offerte che siano il segno di una vostra rinuncia di qualcosa che potete benissimo fare a meno. Non scendo negli esempi particolari per non cadere nel banale, ma credo che ci siamo capiti. Se però avete bisogno di capire meglio, vi faccio l’esempio di Martina.
Martina è una bambina di otto anni. I suoi genitori le hanno letto la lettera che avevo scritto a tutti i genitori, in cui esprimevo più o meno queste idee che state leggendo. Un giorno eravamo assieme in macchina e la mamma gli ricordava che tra pochi giorni ci sarebbe stato il suo compleanno. " Che cosa dici Martina, – la interrogava il papà al volante, scherzando con lei - perché non facciamo come ha suggerito don Paolo nella lettera, invece dei regali chiediamo ai tuoi amici di raccogliere i soldi e mandarli ai bambini di Tapiramutà?". Martina sorrideva e taceva e la cosa finì lì. Otto giorni dopo ho ricevuto una letterina di Martina, il cui contenuto è il seguente:
"Ciao don Paolo ho seguito il tuo consiglio: alla mia festa di compleanno ho chiesto ai mie amici di non portare regali, ma se volevano fare un’offerta per i tuoi bambini.
Loro sono stati contenti, uno mi ha dato un biglietto di auguri con scritto che era una bellissima idea. Qualche regalo è arrivato lo stesso. La Sara, una mia amica, anziché comprarmi un regalo ha fatto per me un bellissimo fiore. Io sono contenta e quando ci vediamo ti do quello che mi hanno offerto. A tutti i miei compleanni farò sempre questa cosa. Ciao Martina."

Domenica 17 settembre, dopo la Messa delle 11, Martina mi ha consegnato i soldi del compleanno.
Quella di Martina è stata una storia che mi ha commosso moltissimo. Ho capito perché Gesù diceva ai suoi discepoli: "Se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 19,14). Noi adulti siamo diventati troppo complicati e quindi complichiamo la semplicità del Vangelo e facciamo fatica a viverlo.
Quello che Martina ha realizzato è ciò che io intendo come scambio della missione, e cioè gesti semplici, personali che nascono dal Vangelo e lentamente distruggono le abitudini mondane che abbiamo imparato e che facciamo fatica a scrollarcele di dosso. Gesti che sono frutto di nostre rinunce, che paghiamo di persona e che, quindi non facciamo pagare agli altri. Non si tratta, allora di quantità, ma di qualità, di stili di vita. E’ sullo stile di vita, sul nostro stile di vita che sarebbe bello confrontarsi, per capire se ciò che stiamo facendo ci rende davvero felici o dobbiamo cambiare qualcosa. 



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