mercoledì 28 ottobre 2015

MONS OSCAR ROMERO: UNA BUONA NOTIZIA PER I POVERI DI IERI E DI OGGI






A 35 ANNI DAL MARTIRIO DI MONS OSCAR ROMERO
Intervento di Mons Bettazzi a Regina Pacis
Paolo Cugini
Si è svolto all’oratorio di Regina Pacis martedì 27 ottobre, l’incontro sul Beato Oscar Romero organizzato da Pax Christi di Reggio Emilia in collaborazione con L’unità Pastorale di Regina Pacis e  Il Centro Missionario Diocesano. Relatori della serata don Antonio Agnelli, studioso da anni della figura di Mons Romero e Mons Luigi Bettazzi, 91 anni di vita portati alla meraviglia e 51 anni di episcopato vissuti sempre sulla breccia. Mons Bettazzi ha colpito il numeroso pubblico presente all’incontro con la sua simpatia e la profondità nelle analisi sulla vita di Romero, al quale ha dedicato il suo ultimo libro in occasione del 35 anniversario della sua morte, avvenuta il 24 marzo del 1980.

La lettura della figura del Vescovo di El Salvador Oscar Romero che Mons Bettazzi ha proposto è stata significativa e originale, perché l’ha letta alla luce del Concilio Vaticano II. Come il Concilio ha aiutato la Chiesa ad uscire dalle paure e dalle chiusure per aprirsi al mondo, così è stato il cammino di Oscar Romero che da uomo chiuso e conservatore, grazie all'incontro con i poveri è divenuto un uomo aperto e attento ai problemi del mondo e, soprattutto, della gente povera. Sono i poveri che hanno convertito il vescovo Romero: sia Bettazzi che Agnelli lo hanno ribadito più volte. Secondo la ricostruzione proposta da Bettazzi, Romero era stato scelto come vescovo di El Salvador proprio per il suo stile conservatore, che non avrebbe creato problemi con le autorità locali. Le cose, però, si sono lentamente ma inesorabilmente modificate. E’ lui stesso a sostenerlo in un incontro avuto con papa Giovanni Paolo II, che lo sollecitava alla calma e alla moderazione. “E’ la gente che lo ha convertito - sostiene Mons. Bettazzi -. Ha sentito la sofferenza della gente. Giovanni Paolo II lo aveva invitato ad andare d’accordo con il governo, ma lui diceva che non poteva andare d’accordo con chi gli uccideva i preti. Il suo modo di fare alimentava la speranza per un mondo più giusto”.

Don Agnelli ha ricordato il grande significato che avevano per il popolo salvadoregno le omelie di Romero. “Duravano anche due ore, ma la gente non si stancava di ascoltare il suo pastore. La riflessione sul Vangelo si univa all'analisi della dura realtà che il popolo doveva affrontare ogni giorno”. Erano gli anni della dittatura militare che imperversava in tutta l’America Latina. Anni difficili, di grande repressione contro tutti coloro che anelavano alla realizzazione per un mondo più giusto. Romero denunciava sistematicamente gli abusi di potere della dittatura militare e l’accumulo di capitale da parte di un gruppo di famiglie aristocratiche, che mantenevano il popolo nell’indigenza. “Romero è stato ucciso – sostiene don Agnelli -  perché vedeva la realtà e denunciava l’accumulo del capitale. Ricchezze e proprietà privata erano e sono ancora oggi i mali di El Salvador: è questa l’accusa di Romero. Non è giusto che pochi abbiano tutto e la maggior parte del popolo viva di stenti. Chi ha la ricchezza non la vuole mollare e per questo cerca il potere”.
Mons Bettazzi ha fatto notare le coincidenze tra la figura di Oscar Romero e papa Francesco. Come allora Romero fu accusato di essere fragile di mente e che non riusciva a capire la situazione, così oggi Il tentativo di screditare la figura di papa Francesco denunciando la sua presunta malattia, non è altro che un modo per sminuire il peso delle sue scelte e del suo messaggio.

Imbarazzante è il silenzio creato attorno alla figura di Mons Oscar Romero subito dopo il suo martirio. Nessuna ne parla più, nessuno lo cita. Certamente è una figura scomoda e la sua memoria provoca disagio tra coloro che vivono nei palazzi. Per il popolo sudamericano, invece sin da subito Romero è il Santo dei poveri. Il popolo s’identifica immediatamente con colui che è divenuto voce contro le ingiustizie dei politici corrotti e speranza per un mondo più solidale. E’ per questo che il popolo salvadoregno e non solo, è grato a Papa Francesco per aver aperto le pratiche per la sua beatificazione. Un grande dono per la chiesa e per tutti coloro che lottano ancora oggi contro le ingiustizie del mondo.




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