Paolo Cugini
Dipende sempre da dove vediamo le
cose, con che occhiali le guardiamo, che punto di vista scegliamo. Così è anche
per il presepio. Se infatti, lo guardiamo da dove siamo adesso, dal nostro
presente, e scegliamo come punto di osservazione il nostro oggi, allora il
presepio ci sembra una cosa del passato, anzi peggio, una fiaba per bambini che
non ha nessunissima incidenza sulla vita reale e, spesso e volentieri, non dice
più nulla alla vita concreta che viviamo tutti i giorni. E, infatti, i presepi
che costruiamo e che visitiamo nelle chiese, sono esattamente la
rappresentazione religiosa di come stiamo guardando il mondo, di come stiamo
guardando quel mondo, quell’evento che è la nascita di Gesù: come un evento del
passato, come una fiaba per bambini, come la narrazione di una storia che non
ha più nulla da dire a noi.
Se invece cambiamo di prospettiva, se
un giorno decidiamo di guardare quello stesso presepio, se decidiamo di
osservare quell’evento da un’altra prospettiva, da quella giusta, e cioè dalla
prospettiva di come è venuto fuori, di come è apparso nella storia, di come è
stato pensato da Dio, di come è stato annunciato dai profeti sin dal
quattordicesimo secolo, ci accorgeremo che c’è qualcosa che non va, che il
presepio è tutto sbagliato, un vero e proprio obbrobrio. E infatti, ci possiamo
tranquillamente chiedere: se Dio ha preparato l’ingresso del messia nella
storia con tantissimo tempo d’anticipo, se lo ha profetizzato con secoli di
anticipo, perché allora è entrato nella storia così male, in questo modo così
brutto, come se nessuno lo aspettasse, come se fosse un intruso, come se
nessuno lo sapesse? E’ davvero molto strano il presepio visto dalla parte della
storia. Se Dio aveva iniziato a parlarne sin dai tempi della Genesi, sin dalla
benedizione di Giacobbe e aveva continuato a parlarne al tempo di Davide e poi
aveva mandato diversi profeti che avevano annunciato la venuta del messia,
perché una volta che decise di venire, venne in quel modo veramente disastroso?
Avrebbe avuto tutto il tempo a disposizione, anche perché se l’era preso per
fare nascere il messia in una casa decente, in una città decente e potremmo
aggiungere, da una famiglia decente. E invece no. Nasce a Betlemme, a 11 Km da
Gerusalemme e una volta arrivato a Betlemme non c’è nemmeno una casa per
accoglierlo al punto da dover nascere in una mangiatoia. Il messia sembra nato
in fretta, di sorpresa, senza nessuna preparazione, mentre noi sappiamo
benissimo che era stato preparato, che era stato annunziato per tempo, anzi, per molto tempo. Forse riusciamo a capirci qualcosa se
poniamo attenzione ad un dettaglio, che è molto più che un dettaglio, ma una
vera e propria sorpresa. E infatti, in tutte le profezie non era mai stato
detto che a nascere, che a venire al mondo, che ad entrare nella storia non
sarebbe stato semplicemente il messia, ma Lui stesso! Questa è la cosa
sbalorditiva: Dio stesso si è fatto presente, e cioè quel bambino nato nella
mangiatoia è Dio stesso. E’ sbalorditivo perché non l’aveva mai detto nessuno, non l'aveva mai profetizzato nessuno. Nelle
tante profezie che leggiamo e abbiamo ascoltato nel tempo di avvento dove si
annuncia la nascita di un messia, un salvatore, mai era stato detto e
annunciato che questo messia sarebbe stato Lui stesso, Dio.
Si capisce allora, che se è Dio ad
essere in quella culla, tutto ciò che lo circonda, il modo nel quale è venuto
al mondo, non è casuale. E’ strano per come sono state preparate le cose e cioè
in modo minuzioso, non è più strano il perché sia entrato in quel modo. E’ una
vera e propria rivelazione. Se Lui è Dio, se Lui è la Vita, se Lui è il
Significato di tutto allora il suo ingresso nella storia diventa, si trasforma
in un giudizio implicito e impietoso di quella vita costruita indipendentemente
da lui nella quale viviamo; la Sua presenza nella storia manifesta il vuoto nel
quale l’umanità vive. E allora, il bambino Gesù con la sua presenza discreta si
trasforma in un processo di smascheramento delle menzogne nella quale il mono è
avvolto. La sua presenza inquieta tutti coloro che fanno della loro vita uno spazio di tranquillità, che hanno fatto della loro vita una terra di riposo, un anestetico contro ogni forma di dolore, di sofferenza, di tragedia.
Se il bambino nella culla è Dio
allora tutto ciò che realizza è il senso della storia. Se appena pone i suoi
piedini nel mondo la sua vita è costellata di drammi, ciò significa che il
dramma, la tragedia, sono elemento costitutivo della vita umana. E’ questa,
forse, una delle primissime rivelazioni del Natale, anzi la più grande e profonda rivelazione della nascita dal salvatore.
Gesù ci salva dalla vita artefatta e ci apre gli occhi sul senso autentico
della vita che è tragica, drammatica, piena di problemi. Gesù rivela
all’umanità che il senso della vita non è fuggire dalle tragedie, schivarle,
nasconderle, mascherarle, ma assumerle, viverle, berle fino in fondo. Gesù è
nato per bere il calice amarissimo della croce. Ha iniziato a prepararsi a
questo dal primo vagito. Gesù a Natale c’insegna che l’uomo, la donna è colui,
colei che apprende ad abitare il dramma, ad abitare la tragedia e non a
fuggire.
C’è anche un insegnamento spirituale
nel presepio, ed è questo. Sin dal primo passettino sulla terra, sin dalle
prime mosse il bambino Gesù, il Dio fatto uomo, o meglio, bambino distrugge la
religione degli uomini, la destruttura dal di dentro. Se, infatti, valgono le
considerazioni fatti poco sopra, e cioè che Dio venendo al mondo mostra che il
dramma, la tragedia fanno parte della condizione umana, allora Gesù, il Figlio
di Dio, abitando la tragedia umana c’insegna che la vera religione, non insegna
a fuggire ai problemi, ma a viverli, a portare il peso delle tragedie. Tutta
quella religione, quelle preghiere, quelle devozioni, quelle candele, processioni
e roba simile, fatte con l’esclusivo scopo di togliere i problemi, di risolvere
i problemi, sono la negazione del Natale, vanno per la strada opposta di quella che
Dio ha scelto e mostrato venendo al mondo. L’uomo e la donna religiosi, la vita
religiosa che apprendiamo dal presepio è quella che c'insegna a vivere nel
dramma, ad abitare la tragedia: è questo il vero miracolo. Solitamente si
spaccia per miracolo quando avviene qualcosa che ci toglie il dolore, che ci
toglie un peso, che ci risolve un problema. Il presepio c’insegna che il vero
miracolo si trova esattamente dall’altra parte, dalla parte opposta, e cioè che
il vero miracolo che Dio compie per l’uomo, il vero miracolo che Di fa alla
donna, non è quello di risolvergli i problemi, di togliergli dei pesi, ma di
aiutarlo a portarli con dignità, di portarli senza cercare fughe, sotterfugi,
senza nascondersi. Questo è il Natale,il senso profondo del Natale, il messaggio autentico del Natale. Provarlo a vivere è il nostro compito.
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