domenica 24 agosto 2025

La teologia dal basso: una lotta in favore degli esclusi ed emarginati

 




Riflessioni, pratiche e sfide del pensiero teologico che nasce dalla periferia

 

Paolo Cugini

Nell’ambito del pensiero contemporaneo, la teologia dal basso si distingue per il suo approccio radicale e inclusivo. Essa nasce dall’ascolto delle voci che spesso vengono ignorate, dimenticate o volutamente escluse dalle grandi narrazioni religiose: le persone emarginate, i poveri, i migranti, chi vive ai margini economici e sociali. Più che una disciplina accademica, la teologia dal basso è un movimento, una pratica comunitaria che pone al centro dell'indagine teologica le esperienze concrete e sofferte degli ultimi, degli oppressi e degli esclusi. È una teologia dell’ascolto, che pone al centro coro che di solito sono ai margini e si pone in cammino con loro. È importante sottolineare questo approccio esistenziale e relazionale richiede tempo, a volte molto tempo e non è detto che abbia esito. Si tratta, infatti, di avvicinare persone che solitamente non vengono considerate e, per questo, hanno prodotto dinamiche difensive, che ostacolano il dialogo immediato.

La Chiesa cattolica e altre confessioni cristiane hanno iniziato, seppure tra resistenze e contraddizioni, a riconoscere il valore di questa prospettiva. Si è dovuto, infatti, abbattere quelle resistenze sorte da una relazione conflittuale, dovuto alle dinamiche colonizzatrici messe in atto nel tempo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Creare relazioni di uguaglianza, rompendo il clima di sfiducia che si respira, è il primo passo importante per una relazione che possa produrre una riflessine teologica a partire dagli ultimi. Papa Francesco, con la sua attenzione ai poveri, ai migranti e agli esclusi, rappresenta un esempio di apertura verso una teologia che nasce dalla periferia. Le sue parole invitano a “una Chiesa povera per i poveri”, capace di ascoltare il grido degli oppressi e di agire concretamente contro l’ingiustizia.

È importante segnalare che, in molti contesti, parroci e religiose portano avanti progetti di inclusione, scuole popolari, mense sociali, case di accoglienza, laboratori di formazione. Tuttavia, il cammino è ancora lungo: persistono forti resistenze, discriminazioni, chiusure identitarie. La teologia dal basso rappresenta una sfida costante a non dimenticare il volto di chi soffre. È il cammino, del resto, che lo stesso Gesù ha percorso, il cammino dello svuotamento delle proprie categorie culturali che, per noi occidentali, sono di supremazia sugli altri. Svuotamento che ha come conseguenza immediata il farsi piccolo, servo per creare quella relazione paritaria che è l’unica capace di creare ascolto, attenzione autentica.

Questa prospettiva non è esente da critiche. Alcuni teologi e teologhe temono che il messaggio religioso venga ridotto a semplice azione politica o sociale, perdendo la sua dimensione spirituale e trascendente. Altri contestano la radicalità di alcune posizioni, che possono mettere in discussione dogmi e tradizioni consolidate. La sfida della teologia dal basso è mantenere un equilibrio tra la fedeltà al messaggio evangelico e la capacità di innovare, di reinterpretare la fede alla luce dei nuovi bisogni e delle nuove sofferenze. Serve dialogo, apertura, capacità di ascolto e discernimento. La teologia dal basso invita a ripensare profondamente il senso della spiritualità. Non una spiritualità individualista e ripiegata su sé stessa, ma una spiritualità incarnata, vissuta nella lotta quotidiana per la giustizia, la pace, la dignità. La fede diventa cammino, relazione, incontro: la preghiera si fa gesto concreto, la liturgia si trasforma in azione solidale. In questo senso, la teologia dal basso propone una nuova visione di Dio: non il Dio distante e giudicante, ma il Dio che abita le ferite del mondo, che si fa prossimo agli esclusi, che cammina con chi lotta per la vita, che si fa voce dei senza voce.

La teologia dal basso è molto più di una corrente teologica: è un appello alla responsabilità etica e sociale, una chiamata a trasformare il mondo a partire dalle sue periferie. Essa ci ricorda che la fede autentica si misura sulla capacità di riconoscere e amare il volto degli esclusi ed emarginati, di lottare per la giustizia e di costruire comunità accoglienti. In un’epoca segnata da crisi e disuguaglianze, la teologia dal basso invita a non voltarsi dall’altra parte, a raccogliere il grido degli oppressi e a camminare insieme, con coraggio e speranza, verso un mondo più umano e più giusto.

 

1 commento:

  1. Avevo fame mi hai dato da mangiare avevo sete mi hai dato da bere

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