Il
messaggio finale dei vescovi
Articolo
di Luis Miguel Modino
Traduzione:
Paolo Cugini
Un
incontro in cui si è voluto “ascoltare e identificare i processi che, ispirati
dal Sinodo dell’Amazzonia e dall’Esortazione Apostolica Querida Amazônia, ci
hanno permesso di riconoscere i nostri progressi, resistenze, sfide e
speranze”, secondo il messaggio. Il documento ringrazia per le parole inviate
da Papa Leone XIV, nelle quali egli indica che “la missione della Chiesa di
annunciare il Vangelo a tutti gli uomini (cf. AG 1), il trattamento giusto
verso i popoli che vi abitano e la cura della casa comune”.
L’episcopato
amazzonico, che si sente “pastori in una Chiesa sinodale”, ringrazia e
riconosce la generosa e rischiosa dedizione di numerosi membri del Popolo di
Dio nell’Amazzonia, sottolineando l’esempio dei martiri, “una testimonianza
viva che ci incoraggia continuamente nella nostra missione evangelizzatrice”.
Allo stesso modo, vengono valorizzati i progressi significativi “nell’ascolto,
nell’articolazione delle diocesi, nella rivitalizzazione dei vari consigli,
nella pianificazione pastorale e nella formazione teologica, spirituale,
ministeriale e pastorale che cerca di rispondere ai segni dei tempi”. Insieme a
ciò, “una maggiore consapevolezza in relazione all’ecologia integrale, al
bioma, alla difesa del territorio e ai diritti dei suoi abitanti, in particolare
dei popoli originari”, affrontando le minacce che subiscono per la loro difesa
dell’ecosistema amazzonico, così importante per la vita delle loro comunità.
Resistenze
e paure
Il
messaggio riflette sulle resistenze e le paure di una Chiesa sinodale con volto
amazzonico, che si manifestano nella mancanza di discernimento e in un certo
autoritarismo, clericalismo e scarso spirito missionario, nonché nella poca
disposizione e audacia ad andare verso le periferie.
I
vescovi si sentono spinti a “essere strumenti di comunione, comunicazione e
sinodalità” e chiamati a generare priorità sinodali per la regione, oltre che a
crescere in spirito profetico. Tutto questo in “una Chiesa centrata sul
Battesimo, da cui sono nate tutte le vocazioni e i ministeri”. In essa, i
pastori dell’Amazzonia si impegnano ad ascoltare e condividere “con sensibilità
le culture e le spiritualità dei popoli che la abitano”. Un atteggiamento che
nasce dall’essere terra e dalla crisi climatica generata da un trattamento
irresponsabile e irrispettoso. Ciò spinge i vescovi a rinnovare il proprio
impegno per l’ecologia integrale e la cura della casa comune, a camminare con
le comunità e a imparare dalla saggezza ancestrale dei popoli indigeni. Di conseguenza,
il messaggio sottolinea che “l’Amazzonia non è una terra vuota da sfruttare; è
una terra abitata, amata e custodita da generazioni, ed è luogo della presenza
di Dio”.
Vescovi
che camminano con il popolo
Nella
Chiesa dell’Amazzonia, i suoi vescovi affermano di camminare insieme,
“prendendosi cura dei nostri fedeli ed essendo accuditi da loro”, schierandosi
al fianco del popolo, “condividendo le gioie e le sofferenze delle nostre
comunità, imparando dalla loro fede semplice e dalla loro testimonianza di
essere sale e luce della terra (cf. Mt 5,13-14), lasciandoci sostenere dalla
loro vicinanza e dalla loro preghiera”.
L’episcopato
amazzonico riconosce la CEAMA come “spazio privilegiato di comunione,
discernimento e missione” e si impegna “a farla crescere, rafforzarsi e
consolidarsi, affinché sia un’opportunità di servizio e di rinnovamento per
ogni comunità cristiana della regione, e segno di speranza per tutta la
Chiesa”. Per questo, puntano su programmi di formazione e auspicano di trovare
forme di sostenibilità economica. Un impegno che affidano all’intercessione di
Maria, Madre dell’Amazzonia.
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