Paolo
Cugini
Da
quello che mi sembra di aver capito nella mia esperienza di pastore di comunità
è che il problema dei ministeri è nella testa dei preti. Per come è impostata
la parrocchia in Italia è molto difficile stimolare il laicato, perché la
parrocchia è da sempre identificata con il parroco che, di conseguenza, fa
fatica a delegare, perché quando lo fa sente di perdere il controllo. Questo
problema ecclesiale lo si nota anche nelle così dette unità pastorali, in cui,
invece di accompagnare le singole comunità parrocchiali, le si gestisce come
un’unica parrocchia. Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato che nella Chiesa
popolo di Dio tutti i fedeli sono chiamati a partecipare attivamente. Anche
nelle prime comunità, così come sono descritte negli Atti degli Apostoli e
nelle lettere di Paolo, i cristiani sono attivi e partecipi nelle comunità. I
ministeri, quindi, dovrebbero essere una logica conseguenza della vita della
comunità dei battezzati in Gesù Cristo.
Il
problema è che non trovano spazio, perché nonostante la scarsità del clero, è
già tutto occupato da loro e non c’è verso di farsi da parte: non ci riescono,
è insito nel loro DNA occupare tutti gli spazi della comunità. Il cambiamento,
ancora una volta, non verrà dall’alto, da delle decisioni magisteriali, ma dal
basso, dallo spazio che i laici e le laiche sapranno prendersi. Papa Francesco
lo ha ricordato nel primo documento che ha scritto Evangelii Gaudium: prendete
l’iniziativa. Coraggio sorelle e fratelli: la comunità vi aspetta.
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