Riflessioni
a cuore aperto dopo il dialogo con i genitori che hanno chiesto di portare i
loro figli al catechismo
Paolo Cugini
Sto
terminando il colloquio con i genitori che hanno chiesto di introdurre i loro
figli nel cammino della catechesi. Accanto ad alcune prese di coscienza, sto
ponendomi anche alcune domande.
Pochissimi
genitori dei bambini che sono stati iscritti al catechismo sono in chiesa alla
domenica. C’è dunque, una scarsa relazione tra la richiesta fatta – chiedere
che il bambino faccia la catechesi – e le scelte dei loro genitori. Questo dato
mi lascia basito e mi chiedo: perché dei genitori che non frequentano
l’eucarestia vogliono che i loro figli facciano il catechismo? Che senso ha?
Perché costringono i loro figli a fare una cosa che non rientra nei loro
progetti di vita? Perché portano i figli a messa mentre loro vanno al bar a
bere un caffè? Che senso ha una cosa così? Non è una grande ipocrisia, una
perdita di tempo?
Senza dubbio in questi genitori non è chiaro
che la messa è il centro della vita di fede, il culmine e la fonte da cui si
genera la vita Cristiana. È stato Gesù Cristo, infatti a dire: fate questo in
memoria di me. Il percorso del catechismo è un cammino che conduce ad
approfondire la conoscenza di Gesù e della sua comunità, che si trova alla
domenica per celebrarlo. Più chiaro di così! Devo disegnarlo?
Ho
constatato il dato che pochissime coppie considerano la comunità parrocchiale
una risorsa su cui investire, per un arricchimento spirituale e umano. Per la
maggior parte dei genitori che ho incontrato, il catechismo dei propri figli è
una cosa che va fatta e che la parrocchia deve dare. Non ci sono, dunque,
motivazioni spirituali o ecclesiali, ma più che altro sociali: è giusto che mio
figlio, mia figlia possa avere quello che gli altri hanno. Ho provato a
spiegare che il catechismo non è obbligatorio, che lo Stato non interviene con
l’esercito se un bambino non va al catechismo. La Chiesa è un’entità privata,
con i suoi tempi, il suo calendario, i suoi riti. Facciamo delle proposte in
linea con il Vangelo che c’ispira idee sempre nuove, ma aderisce chi vuole.
Solo una signora si è messa in discussione sulle tante che ho incontrato. Nel
catechismo noi proponiamo lo stile di vita di Gesù, che è una scelta libera:
non è un obbligo.
In
pochi c’è la consapevolezza di che cosa sia una comunità cristiana, che non è
un’associazione e nemmeno la proloco. Pochissimi comprendono che la messa
domenicale è il centro del cammino di fede di coloro che trovano in Gesù e
nelle sue parole il senso della vita. Non a caso, nelle parrocchie i bambini
con i loro genitori, spariscono letteralmente durante i mesi estivi. Ciò
significa che, per queste famiglie, la catechesi non è altro che un corso come
gli altri, che ha una sua durato e, alla fine, c’è il diploma. Ho provato varie
volte a spiegarlo con il Vangelo alla mano che, in realtà, si tratta di
un’altra cosa: non c’è verso.
Forse è giunto il tempo per la Chiesa d’impostare
una pastorale che non tenga conto dei numeri, che non stia più a preoccuparsi
se tra i banchi c’è poca o molta gente. L’importante è che chi entra dalla
porta della chiesa sia consapevole di ciò che sta facendo, sia desideroso di
conoscere Gesù Cristo, il suo Vangelo. Forse arriveremmo ad avere comunità i
persone che si vogliono bene, che si dedicano con gratuità e disinteresse al
servizio dei fratelli e sorelle, soprattutto i più piccoli e bisognosi.
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