mercoledì 14 settembre 2022

PERCHE’ LE COPPIE NON INVESTONO NELLA COMUNITA’ CRISTIANA?

 





Riflessioni a cuore aperto dopo il dialogo con i genitori che hanno chiesto di portare i loro figli al catechismo

Paolo Cugini

Sto terminando il colloquio con i genitori che hanno chiesto di introdurre i loro figli nel cammino della catechesi. Accanto ad alcune prese di coscienza, sto ponendomi anche alcune domande.

Pochissimi genitori dei bambini che sono stati iscritti al catechismo sono in chiesa alla domenica. C’è dunque, una scarsa relazione tra la richiesta fatta – chiedere che il bambino faccia la catechesi – e le scelte dei loro genitori. Questo dato mi lascia basito e mi chiedo: perché dei genitori che non frequentano l’eucarestia vogliono che i loro figli facciano il catechismo? Che senso ha? Perché costringono i loro figli a fare una cosa che non rientra nei loro progetti di vita? Perché portano i figli a messa mentre loro vanno al bar a bere un caffè? Che senso ha una cosa così? Non è una grande ipocrisia, una perdita di tempo?

 Senza dubbio in questi genitori non è chiaro che la messa è il centro della vita di fede, il culmine e la fonte da cui si genera la vita Cristiana. È stato Gesù Cristo, infatti a dire: fate questo in memoria di me. Il percorso del catechismo è un cammino che conduce ad approfondire la conoscenza di Gesù e della sua comunità, che si trova alla domenica per celebrarlo. Più chiaro di così! Devo disegnarlo?

Ho constatato il dato che pochissime coppie considerano la comunità parrocchiale una risorsa su cui investire, per un arricchimento spirituale e umano. Per la maggior parte dei genitori che ho incontrato, il catechismo dei propri figli è una cosa che va fatta e che la parrocchia deve dare. Non ci sono, dunque, motivazioni spirituali o ecclesiali, ma più che altro sociali: è giusto che mio figlio, mia figlia possa avere quello che gli altri hanno. Ho provato a spiegare che il catechismo non è obbligatorio, che lo Stato non interviene con l’esercito se un bambino non va al catechismo. La Chiesa è un’entità privata, con i suoi tempi, il suo calendario, i suoi riti. Facciamo delle proposte in linea con il Vangelo che c’ispira idee sempre nuove, ma aderisce chi vuole. Solo una signora si è messa in discussione sulle tante che ho incontrato. Nel catechismo noi proponiamo lo stile di vita di Gesù, che è una scelta libera: non è un obbligo.

In pochi c’è la consapevolezza di che cosa sia una comunità cristiana, che non è un’associazione e nemmeno la proloco. Pochissimi comprendono che la messa domenicale è il centro del cammino di fede di coloro che trovano in Gesù e nelle sue parole il senso della vita. Non a caso, nelle parrocchie i bambini con i loro genitori, spariscono letteralmente durante i mesi estivi. Ciò significa che, per queste famiglie, la catechesi non è altro che un corso come gli altri, che ha una sua durato e, alla fine, c’è il diploma. Ho provato varie volte a spiegarlo con il Vangelo alla mano che, in realtà, si tratta di un’altra cosa: non c’è verso.

 Forse è giunto il tempo per la Chiesa d’impostare una pastorale che non tenga conto dei numeri, che non stia più a preoccuparsi se tra i banchi c’è poca o molta gente. L’importante è che chi entra dalla porta della chiesa sia consapevole di ciò che sta facendo, sia desideroso di conoscere Gesù Cristo, il suo Vangelo. Forse arriveremmo ad avere comunità i persone che si vogliono bene, che si dedicano con gratuità e disinteresse al servizio dei fratelli e sorelle, soprattutto i più piccoli e bisognosi.  

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