giovedì 15 settembre 2022

ADULTI SENZA ANIMA?

 




Paolo Cugini

Sono ormai trent’anni che lavoro pastoralmente con adolescenti e giovani, in luoghi e situazioni diverse e mi sono fatto una mia idea. Ho lavorato con delle compagnie di ragazzi, con gruppi giovani nei quartieri poveri del Brasile, con giovani nelle comunità terapeutiche e con ragazzi incontrati nelle parrocchie.

In primo luogo c’è un problema d’identità cristiana. Le comunità cristiane che non provengono da un cammino fondato sull’ascolto della Parola di Dio, quello che hanno da offrire sono delle tradizioni che non hanno più nulla da dire alle nuove generazioni, assieme a delle liturgie spente. Aiutare queste comunità a riscoprire la bellezza del vangelo per liberarsi dalle cianfrusaglie del passato, è uno dei compiti più importanti che la Chiesa si trova d’innanzi, nell’epoca postcristiana che stiamo vivendo. Più che processioni, pontificali, turiboli, cappucci, medaglioni e candelabri d’oro, mi piacerebbe vedere adulti che sperimentano la bellezza della preghiera di Gesù, il desiderio di una vita di comunione, attenta alle persone più fragili.

In secondo luogo, c’è una constatazione che colgo sul mondo degli adulti, dei genitori. Si percepisce sempre di più un affanno, la difficoltà di portare avanti con serenità le scelte fatte nella giovinezza. Certamente, la situazione economica in perenne crisi, non aiuta. A mio avviso, comunque, il problema è un altro. L’adulto che non ha lavorato sulla propria interiorità nell’adolescenza e nella giovinezza, si trova costretto a riempire il buco che si ritrova nell’anima, con delle cose, della materia, del movimento. La vita spirituale non s’improvvisa. Incontro ragazzi disorientati e quando gratto un po' sotto, scopro che provengono da genitori che non hanno altro da offrire che delle cose, della materia. La difficoltà a dare una direzione educativa, nasce dalla difficoltà a prendere delle decisioni che abbiano una coerenza e una durata nel tempo. Chi non proviene da un cammino spirituale, difficilmente ha imparato la fatica di prendere e abitare decisioni scomode. Spiritualità non vuole dire chiesa. La spiritualità è il materiale che troviamo alle risposte che cerchiamo durante la vita. Senza dubbio la religione offre un materiale spirituale, ma non è l’unico. La meditazione non è un’attività specifica di una religione, ma è una proposta per imparare a valorizzare la propria vita interiore. Il disorientamento di tanti giovani proviene proprio da qui, dal non aver incontrato in casa del materiale che li possa aiutare a valorizzare, a scoprire la dimensione interiore della vita.

Senza dubbio, c’è tempo anche da adulti ad imparare a curare la propria spiritualità, la dimensione interiore.

Per quanto mi riguarda, la cura della dimensione interiore l’ho appresa da mio padre. Si chiamava Cesare. Era un operaio, che lavorava dieci ore al giorno e aveva sulle spalle una famiglia di quattro figli oltre alla moglie e i suoi genitori: eravamo in otto. Non mi ha mai detto o insegnato a pregare: l’ho visto io. Da bambino e poi da adolescente, mi colpiva il fatto che si alzava due ore prima del lavoro per leggere la Bibbia, dire un rosario, recitare le lodi. L’ho scoperto per caso una mattina all’alba mentre andavo in bagno. Ho visto la luce accesa in cucina e sono sceso lentamente per vedere chi c’era. Ho visto lui, mio padre, intento a leggere la Bibbia. Dopo quella prima volta, l’ho osservato di nascosto molte altre volte.  Lavorava come un asino, spesso maltrattato sul posto di lavoro, umiliato perché era un operaio, ma quando arrivava a casa era sempre sorridente. È questo sorriso che mi ha incuriosito nel tempo, perché non aveva una giustificazione materiale. Osservandolo più da vicino ne ho colto il segreto e l’ho fatto mio. Non gliel’ho mai detto.

Curare la vita spirituale non è una questione di denaro n’è di tempo, ma di desiderio di una vita diversa, più autentica. Non c'è solo la materia: c'è qualcos'altro. 

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