lunedì 28 agosto 2017

PERCHE' PREGARE?



HANNO SENSO GLI ESERCIZI SPIRITUALI DEGLI ADULTI?
Paolo Cugini

Ho visto volti perplessi, sorrisini, ammiccamenti alla mia proposta di partecipare agli esercizi spirituali degli adulti. Qualcuno mi ha detto chiaramente che quello che vale è il fare, più che il pregare. Sono d’accordo, anche perché a che serve pregare se poi non facciamo nulla. L’imbarazzo nel proporre un momento di preghiera è la cartina di tornasole del cammino delle nostre comunità parrocchiali. Siamo contenti di riuscire a coinvolgere i giovani nelle cose pratiche, nel servizio durante le sagre, nei tornei. Ma se quando ai giovani proponiamo momenti di preghiera non si presenta nessuno o quasi, il dato non ci disturba più di tanto, perché perlomeno ci sono quando conta, cioè quando c’è qualcosa da fare. In fin dei conti i figli sono il riflesso dei genitori, perlomeno fino ad un certo punto, a quel punto, cioè, in cui un figlio decide di prendersi in mano e fare il proprio cammino.
Se la vita cristiana è imitazione a Gesù allora è proprio a Lui che dobbiamo guardare, per verificare se il nostro pensiero e il nostro modo di fare è in sintonia con colui che desideriamo e diciamo di seguire. Ebbene risalta come un dato preponderante il primato della vita spirituale sull’azione in Gesù. Lo testimonia la sua adolescenza e giovinezza immersa nel silenzio. Lo testimoniano i quaranta giorni trascorsi nel deserto prima d’iniziare l’attività pubblica. Lo testimonia infine, l’abitudine segnalata dai quattro evangelisti che Gesù aveva di trascorrere molte ore in preghiera alla notte, o alla mattina presto: “Uscì e se ne andò, come al solito, al monte degli ulivi” (Lc 22,39). Era così intensa la sua vita di preghiera che gli stessi discepoli un giorno gli hanno chiesto di insegnare loro a pregare. Ecco perché, nella famosa scena descritta dall’evangelista Luca, che descrive una visita di Gesù alle sorelle Marta e Maria, mentre Marta era intenta alle faccende di casa, Maria invece se ne stava seduta ad ascoltare il Signore, Gesù dice che Maria si era scelta la parte migliore. “Una sola è la cosa di cui c’è bisogno” (Lc 10,42).
Se la testimonianza di Gesù era così cristallina era grazie al rapporto prioritario che aveva con il Padre. Era grazie alle ore di preghiera quotidiane che facevano di Gesù un uomo fermo, coerente, che resisteva alle pressioni dei farisei e di tutti coloro che lo odiavano. Grazie all’amore del Padre di cui si riempiva quotidianamente immergendosi nella preghiera, Gesù riusciva a trasmettere forza e coraggio ai sui discepoli e alle sue discepole anche nei momenti più duri, come la passione. Del resto Gesù, durante la sua vita pubblica, lo aveva ripetuto in più di un’occasione che prima di tutto occorre amare Dio. È il primo comandamento quello di amare Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima e il secondo consiste nell’amare il prossimo come se stessi. C’è un primo e un secondo: il cammino della vita spirituale ha come obiettivo di mettere in ordine questa progressione. L’azione che realizziamo potrà essere segno della presenza di Dio nella storia, quando procede da quella Parola che ci siamo abituati a mediare al mattino prima di compiere qualsiasi altra cosa. Il rischio grande è che le cose che facciamo anche in parrocchia, più che avere il sapore di Dio, della sua misericordia, della sua gratuità e giustizia, portino il segno del nostro egoismo, della nostra arroganza, del nostro desiderio di metterci in mostra. Spesso le azioni sono identiche ma, provenendo da fonti differenti, portano con sé segni differenti. Da quello che facciamo e da come ci muoviamo si vede da dove proveniamo e dove vogliamo andare.

Sarebbe bello che i vostri figli v’interrogassero sul fatto che per alcuni giorni mettete in secondo piano le attività quotidiane per partecipare agli esercizi spirituali. Forse non capiranno subito, ma dagli effetti che il rapporto con il Signore produrrà sulle nostre vite e sulle nostre scelte, potranno sentire il desiderio di partecipare anche loro e capire così che, quando ci dedichiamo alla preghiera, non stiamo buttando via del tempo, ma lo stiamo recuperando. Alla grande. 

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