sabato 19 agosto 2017

LA CONTAMINAZIONE ERMENEUTICA




La comunità dei fedeli dinanzi alla Scrittura
Paolo Cugini


Ci sono voluti parecchi secoli per giungere a leggere la Bibbia in modo tale da poterne comprendere il senso. Ci sono voluti secoli per fare in modo che la Bibbia diventasse Parola di Dio per gli uomini e le donne, che potesse dire qualcosa per loro, per il loro vissuto, per aiutarli a vivere in modo autentico la loro umanità, a partire dalla loro realtà. Ci sono voluti millenni per uscire dall’idolatria della lettera per entrare, finalmente, nel mondo dello Spirito. Era impossibile, infatti, che parole scritte alcuni millenni fa, potessero dire qualcosa di sensato per l’uomo e la donna di oggi. Era impossibile che un testo così vecchio potesse essere attuale, vivo. Nessuna parola è, infatti, pura. Anche i discorsi riportati nella Bibbia sono intrisi di cultura, di tradizioni locali, di modi di dire legati ad una particolare regione, di visioni del mondo inerenti ad un particolare periodo storico. Ce lo hanno insegnato Heidegger e soprattutto Gadamer, come vedremo, che qualsiasi linguaggio non è mai puro, ma è portatore di tradizione che vanno comprese, interpretate. Com’era possibile pensare che la lettera così intrisa di terra e di storia potesse rimanere attuale per tutti i secoli e per tutte le culture di ogni tempo e latitudine? Eppure è avvenuto così. Nonostante san Paolo avesse allertato che la lettera uccide e che è lo spirito a dar vita, per molti secoli si è imprigionata la Parola viva nella lettera morta. Senza dubbio esiste un senso letterale che va ascoltato e rispettato. Già i Padri della chiesa, però, sollecitavano i fedeli a cercare il senso spirituale. Per aiutare in questa ricerca avevano messo a punto il metodo tipologico, ponendo in parallelo i testi del Nuovo Testamento con il Primo Testamento. In questo modo, si metteva in risalto il carattere di compimento della presenza di Gesù nella storia, oltre a porre in rilievo la continuità della storia della salvezza. Il metodo tipologico permetteva, poi, di comprendere come nella prospettiva della salvezza, la venuta di Gesù Cristo fosse il punto culminante del processo storico-salvifico. Anche il metodo allegorico, messo a punto da Filone Alessandrino qualche decennio prima della venuta di Gesù, aveva offerto qualche spunto importante per uscire dalle paludi della lettera. Ci sono voluti parecchi secoli per arrivare con Schleiermacher a prendere sul serio la questione dell’interpretazione del testo sacro. In mezzo c’è stata la diatriba di Lutero con la Chiesa che ha ritardato i tempi. Perché tanta resistenza a comprendere che la lettera ha bisogno di essere approfondita per liberare il contenuto che porta? Un testo come la Bibbia che viene da molto lontano ed è portatrice di tante tradizioni, di tante mani, che emana il fragore proveniente da tante culture, da tante storie, non può essere preso con superficialità, non può essere letto solamente sul piano letterale. Come si può pensare che basta leggere un testo così per capirne subito il senso? Com’è possibile identificare la Parola di Dio con la lettera? Quante persone sono state distrutte, nel senso letterale del termine, perché si è identificato il significato con la pura lettera. Galileo è l’esempio più eclatante. Ma non c’è bisogno di scomodare Galileo. Basta osservare quello che avviene anche oggi in tante comunità cristiane, non solo cattoliche. Nell’introduzione della Bibbia delle comunità neo-pentecostali c’è scritto a chiare lettere che, pur riconoscendone il valore, loro rifiutano l’apporto del metodo storico-critico applicato alla Bibbia. È meglio vivere con la testa sotto la sabbia che guardare in faccia la realtà. Se nonostante tutti gli sforzi sia della scienza che della filosofia ermeneutica per comprendere meglio il senso del testo, c’è chi li rifiuta e si nasconde dietro alla lettera, significa che, a questo punto, Dio e la religione non c’entrano più. Entriamo a questo punto nell’ambito delicato della psicanalisi, che non è quello che ci riguarda.
Se osserviamo in modo sincronico il percorso della storia notiamo che quando più il dibattito nella Chiesa si concentra sul problema del ruolo del papato, tanto più il dibattito sulla Parola di Dio perde d’interesse. Questa distonia la si percepisce leggendo i documenti ufficiali della Chiesa nei quali, ad un certo punto, perdono sempre più peso le citazioni della Scrittura a favore delle citazioni delle encicliche dei papi. La scarsa attenzione alla Scrittura è senza dubbio uno dei motivi fondamentali che ha fatto slittare in avanti il problema della sua interpretazione. L’attenzione all’ascolto della Parola veniva sostituito con la formulazione dei dogmi e della dottrina. Essere cattolico ha voluto dire, ad un certo punto del percorso storico, conoscere la dottrina. Non ci si è resi conto che, in questo modo, si cadeva in una sorta di gnosticismo volgare, a basso costo. In questo clima teologico e spirituale il devozionismo moderno ha trovato spazio nel cuore del cattolicesimo. Se non era più la Parola di Dio a guidare la comunità cristiana, ma un insieme di precetti che venivano memorizzati assieme alla partecipazione di alcuni riti, allora la dimensione individuale della vita spirituale slegata dal piano sociale, veniva facilitata. In un certo senso potremmo dire che ad un certo punto del cammino della Chiesa non interessava più e non serviva interpretare la Sacra Scrittura. La vita spirituale era già piena di devozioni e di precetti che assolvevano il compito di alimentare la fede dei fedeli. Oltre a ciò, la Scrittura dall’epoca dei Padri non era più il riferimento principale che alimentava la vita della comunità. Persino nella liturgia la Parola di Dio non aveva un ruolo centrale, ma secondario, anche perché nella liturgia, a partire dal secolo VII, avviene un processo di progressiva ritualizzazione. Non è più importante la Parola di Dio che provoca la conversione dei cuori, ma il poter vedere il corpo di Cristo sacramentalizzato. Alla fede non ci si arriva attraverso una presa di coscienza che coinvolge tutto l’essere personale e dove, perlomeno in Occidente, la ragione ha un peso fondamentale, ma per via sentimentale. Le grandi predicazioni degli ordini mendicanti, preoccupate a stimolare i sensi di colpa degli ascoltatori, più che un’autentica conversione del cuore, che muove ad una scelta consapevole e ad un impegno comunitario, toccavano soprattutto il sentimento, più che della ragione. Il cristianesimo, oltre a divenire la religione dell’impero, diviene un fattore sociale e politico. Il distacco tra scienza e fede, tra religione e ragione, avvenuto nell’epoca moderna, ha trovato il terreno favorevole nel cambiamento che lo stesso cristianesimo ha subito a partire da Costantino nel IV secolo. Allo stesso, tempo, però, è giusto sottolineare che anche nell’epoca moderna fede e scienza non si sono totalmente ignorati. Diversi, scienziati, infatti, non hanno mai nascosto sia la propria fede che il proprio interesse per il mondo religioso. Su tutti vale la pena citare Isac Newton che, tra i suoi numerosi scritti scientifici, annovera anche dei commentari biblici.
La necessità di porsi in modo critico dinanzi alla Parola di Dio avviene in Occidente sia come conseguenza dell’importanza che le chiese protestanti attribuivano alla Bibbia, sia a causa del cambiamento del contesto sociale e culturale. Da una parte l’illuminismo, dall’altra il crescere dell’approccio scientifico alla realtà dovuto alle scoperte e alle invenzioni dell’epoca moderna hanno aperto lo spazio per una contaminazione positiva anche nel tessuto religioso ed ecclesiale. Sempre di più la ragione si separa dalla fede, relegandola nella sfera del magico. D’altronde la Chiesa, dopo l’epoca d’ora dei Padri, immersa nella difesa del potere temporale e degli intrighi politici, aveva abbandonato l’interesse per le disquisizioni sofisticate, relegandole al dibattito universitario tra francescani e domenicani. Il problema ermeneutico nasce dall’impulso delle scienze moderne che iniziano ad approcciare un testo antico in modo nuovo. Si percepisce che un testo non è solo l’espressione del pensiero di un autore, ma lo stesso porta con sé residui culturali del suo tempo, opinioni, modi di essere e di dire. Per cogliere l’oggettività del testo o per giungervi vicino, occorre uno sforzo scientifico di rilievo. È con la Nouvelle Histoire che sviluppa il suo progetto scientifico attorno alla rivista Les Annales fondata nel 1924, che viene messa in mostra tutta l’efficacia dell’armamentario scientifico per analizzare un periodo storico a partire dai suoi documenti. Psicanalisi, antropologia, etologia, geografia, archeologia: tutto ciò che può aiutare ad intervenire per comprendere meglio un periodo storico, un documento, è il benvenuto. C’è una prima osservazione che mi sembra necessaria: d’ora innanzi risulta chiaro che nessuno testo può essere osservato da una sola prospettiva. Il testo è portatore di una pluralità di contenuti che esigono una pluralità di strumenti per essere compreso. Se ciò è vero in linea generale, tanto più per i testi antichi come, per l’appunto, i testi della Bibbia. Finalmente si esce dall’infantilismo idolatrico del primato della lettera. Pluralità di espressione che del resto troviamo espressa già dal testo biblico, che è tutto fuorché un testo univoco e uniforme.
La Chiesa ufficiale si è difesa all’estremo dinanzi all’approccio scientifico dei testi Sacri. Il problema dal suo punto di vista non consisteva tanto nel comprendere meglio un testo, ma di perdere l’unicità d’interpretazione sullo stesso. Ammettere il metodo storico-critico, avrebbe voluto dire permettere a qualcun altro di mettere il naso in qualcosa che da sempre era stata priorità esclusiva del magistero ecclesiale. Il problema non era la comprensione, ma l’autorità sul testo. La polemica modernista, che ha avuto nell’enciclica Pascendi di Pio X nel 1907 l’apice estremo, è stato il terreno culturale sul quale si combattuto una guerra persa in partenza. La Divino afflante Spiritu di Pio XII del 1943, infatti, riapriva le porte agli studi biblici, mostrando che era ormai impossibile resistere all’evidenza ermeneutica della necessità di un approccio nuovo ai testi Sacri. Non era, infatti, solamente la pressione che veniva dal mondo scientifico in generale, ma anche dalle nuove correnti teologiche, come la Nouvelle Théologie, che spingevano la Chiesa ad aprirsi al nuovo. Viene da chiedersi: come mai queste resistenze? Sarebbero tante le risposte che si potrebbero dare e che in parte abbiamo abbozzato poco sopra. Ciò che è importante è che la contaminazione scientifica avvenuta nell’epoca moderna e che non permette alla religione d’isolarsi e di chiudersi in se stessa, apre le porte ad un’altra più profonda contaminazione, quella ermeneutica. In fin dei conti il rapporto tra un testo ed un lettore non chiama in causa solamente tradizioni culturali, aspetti antropologici e geografici, ma anche e soprattutto il linguaggio. Se Dio Parla all’uomo utilizzando il suo piano di comunicazione e di comprensione, significa che è proprio questo livello che è necessario approfondire.
In Lettera sull’umanismo (1946) Heidegger sosteneva che il linguaggio è la casa dell’essere. Il linguaggio è ciò che l’uomo dispone per conoscere il mondo. La nostra esperienza del mondo è condizionata dal fatto che abbiamo un linguaggio che ereditiamo. Il disporre di un linguaggio significa che l’uomo è dialogico. L’ermeneutica è una parola inconsueta. Ermeneutica deriva dal dio Ermes (Mercurio) è il dio che porta i messaggi agli dei.  Ermeneutica, in questa prospettiva, è l’arte dell’interpretazione dei messaggi che non sono evidenti. È un insieme di regole dirette a interpretare dei testi. Nel ‘900 si parla di ermeneutica come di una filosofia. È una filosofia che pensa che il fenomeno dell’interpretazione non riguarda solo il rapporto con testi difficili, ma è un fenomeno che riguarda tutta l’esistenza. Quando guardiamo il mondo lo interpretiamo, disponiamo degli schemi che ereditiamo con la lingua materna. “Non c’è esperienza del mondo – sostiene Gianni Vattimo - se non attraverso un linguaggio che abbiamo ereditato, la conoscenza è allora interpretazione piuttosto che riconoscimento di qualcosa di oggettivo. Questo non è un difetto. Qualunque rapporto con il mondo è interpretazione: questo non è un limite ma è un patrimonio”. Questo vale anche per il testo biblico. Gli autori, mentre scrivono un testo ispirato, trasmettono anche, attraverso il linguaggio, ciò che hanno ereditato dalla cultura in cui vivono, dalle idee che si sono fatte sul mondo, dalle motivazioni che lo hanno spinto a scrivere. C’è, allora un’intenzionalità nel linguaggio, che è interpretazione e che, dunque, va approfondita e colta. Cogliere questo aspetto è comprendere il senso profondo del mistero dell’incarnazione, il paradosso dell’eterno che entra nel tempo. In fin dei conti il testo sacro è la manifestazione di questo mistero. Credere nella Parola di Dio significa credere nell’incarnazione del Verbo e della possibilità d’incontrare Dio nella carne umana, nella lettera scritta. Per questo motivo, il comprendere esige uno sforzo, una fatica che dice di un desiderio d’incontrare Dio. L’ermeneutica ha fornito uno strumento importante per aiutare chiunque a comprendere il testo. Possiamo tranquillamente sostenere che l’ermeneutica ha cambiato il cammino della Chiesa, l’ha per così dire liberata dalla sua gabbia dorata, l’ha costretta al confronto con il mondo. Abitare il linguaggio biblico con un’attenzione ermeneutica, dovrebbe produrre da parte dei suoi lettori e delle comunità che hanno come riferimento la Bibbia, un atteggiamento dialogico e tollerante. Se la Parola di Dio ha bisogno per essere meglio compresa di una diversità di strumenti ermeneutici ed euristici, lo stesso dovrebbe fare la comunità che si raccoglie attorno al testo, vale a dire non chiudersi, ma mantenersi aperta ai vari significati di cui il testo è portatore. 
La contaminazione ermeneutica ha permesso alla comunità cristiana di togliere il velo sul significato autentico della verità che la Bibbia intende comunicare. Lungi, infatti, dall’essere una verità di tipo assiomatico e matematico, che esige un’assimilazione fredda e asettica dei contenuti, la rivelazione della verità di Dio in Gesù Cristo avviene sul piano della storia ed è su questo piano che va incontrata. Se questo è vero, allora l’interpretazione del testo si fa aiutare sia dal metodo storico-critico che dall’ermeneutica per comprenderne a fondo il significato. È, però, la comunità riunita che può cogliere il senso profondo della Parola rivelata. La Parola di Dio è, infatti, una parola contestualizzata che parla ad una comunità specifica che vive in uno specifico contesto. È la comunità che diviene il luogo privilegiato per comprendere la Parola. La comunità usufruisce degli strumenti che il metodo storico-critico ha elaborato per sviscerare il testo e poi si pone in ascolto per comprendere il cammino che la Parola indica. La comunità dei fedeli diviene quindi, lo spazio privilegiato per l’interpretazione della Scrittura. La contaminazione ermeneutica, oltre ad aiutare nella comprensione del testo, ha contribuito a riportare la Parola di Dio nel suo luogo spirituale originario, vale a dire la comunità dei fedeli riuniti. In questo modo, i danni causati dal devozionismo moderno che aveva provocato la chiusura della dimensione religiosa nella sfera individuale, vengono attenuati e indirizzati verso la dimensione comunitaria della religione. Scrivo attenuati perché il devozionismo con la tendenza alla chiusura nella sfera individuale è ancora, non solo molto viva e presente nel panorama religioso attuale, ma anche incentivata. Uscire dalla palude individualista per riscoprire la dimensione comunitaria del cristianesimo è uno dei contributi più significativi dell’approccio ermeneutico alla Sacra Scrittura.


3 commenti:

  1. Riflessione molto interessante e condivisibile. Le scienze bibliche hanno fatto passi da gigante e ci consentono di interpretare la Scrittura nel modo migliore, comprendendo il messaggio che gli autori ci hanno voluto trasmettere. La lettura e l'interpretazione biblica, infatti, non è questione di autorità, ma di competenza.
    Solo la conoscenza del contesto, della mentalità dell'epoca, della simbologia che veniva usata ci permettono di capire questi testi antichi ed orientali, che non possiamo avvicinare con la nostra mentalità moderna ed occidentale. Grazie per la riflessione molto stimolante.

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  2. Grazie don Paolo. Lo faccio circolare e lo conservo, perché trovo questa tua riflessione utilissima.

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  3. https://paolocognetti.blogspot.it/

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