martedì 28 giugno 2016

BUON VIAGGIO DON EUGENIO





LA VITA COME CAMMINO

don Paolo Cugini
C’è un’immagine che ricorre spesso nei Vangeli, vale a dire quella di Gesù che cammina sulla strada con i suoi discepoli. È sulla strada che Gesù ha svolto la sua missione. È sempre sulla strada che Gesù ha incontrato le persone, gli ammalati, i poveri. È, infine,  sulla strada che Gesù ha annunziato l’avvento del Regno di Dio, regno di pace, di giustizia, di fraternità.
Ho conosciuto don Eugenio guardando una foto. Era il 1992 e in seminario, dove allora mi trovavo per prepararmi al ministero, il Centro Missionario Diocesano aveva organizzato una mostra fotografica sulle missioni diocesane. Mentre guardavo le foto ne trovai una che ritraeva una persona che camminava spedita non si sa dove sulla strada impolverata del sertao della Bahia. Chiesi a chi era vicino a me chi fosse il personaggio in questione e mi venne risposto: “È don Eugenio Morlini, uno tosto”. Incuriosito dal personaggio andai a frugare tra le lettere dei missionari diocesani, che erano state appena pubblicate in quel periodo. Lessi con interesse alcune delle lettere che don Eugenio scriveva alla fine degli anni ’70. Mi colpirono molto alcune delle sue parole che esprimevano una sete di giustizia impressionante. Era l’epoca delle lotte contro i latifondisti locali, che opprimevano i poveri. A distanza di circa venticinque anni, mi ricordo ancora un pezzo di una di queste lettere nelle quali don Eugenio diceva che, sino a quando ci sarebbero stati dei poveri che soffrivano le ingiustizie dei potenti, non si poteva rimanere nel chiuso delle chiese per celebrare delle liturgie. Affermazione forte e senza dubbio provocatoria, che esprimeva comunque uno dei maggiori insegnamenti del cammino della Chiesa Latinoamericana vissuto nelle comunità di base, vale a dire il legame tra fede e vita.

Ciò che celebriamo nella liturgia dev’essere il riflesso di ciò che viviamo nella vita di ogni giorno e viceversa.  Non possiamo osannare in chiesa il Dio della vita e poi disinteressarci di chi soffre e rimanere indifferenti dinanzi alle cause dell’ingiustizia. Nelle comunità di san Bartolomeo e Codemondo questo stile è molto presente e, mi sembra, la maggior eredità che lascia don Eugenio a noi. Ogni volta che celebriamo alla domenica il giorno del Signore, c’impegniamo a vivere come il Signore ha vissuto, ad assimilare la sua sete di giustizia, a desiderare di costruire ponti dove il mondo semina odio, a rimanere sensibili dinanzi alle sofferenze dei fratelli e delle sorelle che incontriamo nel nostro cammino, a rimanere aperti sul mondo e non chiusi nel nostro orticello.

Essere amici di don Eugenio vuole dire sforzarci di percorrere a nostro modo i sentieri che lui stesso ha percorso mostrandoci il cammino. Sono i sentieri della pace, della lotta contro le mafie, dell’attenzione ai più poveri, agli ammalati, ai lontani. Sono anche i sentieri che lo hanno portato in quelle parti del mondo piene di tensioni e di sofferenze, per portare un po' di sollievo. Mentre lo ringraziamo per il servizio che ha svolto per tanti anni in mezzo a noi, lo raccomandiamo al Signore perché lo tenga in salute e perché continui a seminare le sementi del Regno di Dio nella nuova tappa della sua vita. Buon cammino Eugenio.


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