LA VITA COME CAMMINO
don Paolo Cugini
C’è un’immagine che ricorre spesso
nei Vangeli, vale a dire quella di Gesù che cammina sulla strada con i suoi
discepoli. È sulla strada che Gesù ha svolto la sua missione. È sempre sulla
strada che Gesù ha incontrato le persone, gli ammalati, i poveri. È, infine, sulla strada che Gesù ha annunziato l’avvento
del Regno di Dio, regno di pace, di giustizia, di fraternità.
Ho conosciuto don Eugenio guardando
una foto. Era il 1992 e in seminario, dove allora mi trovavo per prepararmi al
ministero, il Centro Missionario Diocesano aveva organizzato una mostra
fotografica sulle missioni diocesane. Mentre guardavo le foto ne trovai una che
ritraeva una persona che camminava spedita non si sa dove sulla strada
impolverata del sertao della Bahia. Chiesi a chi era vicino a me chi fosse il
personaggio in questione e mi venne risposto: “È don Eugenio Morlini, uno tosto”. Incuriosito dal personaggio
andai a frugare tra le lettere dei missionari diocesani, che erano state appena
pubblicate in quel periodo. Lessi con interesse alcune delle lettere che don
Eugenio scriveva alla fine degli anni ’70. Mi colpirono molto alcune delle sue parole che esprimevano una sete di giustizia impressionante. Era l’epoca delle
lotte contro i latifondisti locali, che opprimevano i poveri. A distanza di
circa venticinque anni, mi ricordo ancora un pezzo di una di queste lettere
nelle quali don Eugenio diceva che, sino a quando ci sarebbero stati dei poveri
che soffrivano le ingiustizie dei potenti, non si poteva rimanere nel chiuso
delle chiese per celebrare delle liturgie. Affermazione forte e senza dubbio provocatoria, che esprimeva comunque uno dei maggiori insegnamenti del cammino della Chiesa
Latinoamericana vissuto nelle comunità di base, vale a dire il legame tra fede
e vita.
Ciò che celebriamo nella liturgia
dev’essere il riflesso di ciò che viviamo nella vita di ogni giorno e
viceversa. Non possiamo osannare in
chiesa il Dio della vita e poi disinteressarci di chi soffre e rimanere
indifferenti dinanzi alle cause dell’ingiustizia. Nelle comunità di san
Bartolomeo e Codemondo questo stile è molto presente e, mi sembra, la maggior
eredità che lascia don Eugenio a noi. Ogni volta che celebriamo alla domenica
il giorno del Signore, c’impegniamo a vivere come il Signore ha vissuto, ad
assimilare la sua sete di giustizia, a desiderare di costruire ponti dove il
mondo semina odio, a rimanere sensibili dinanzi alle sofferenze dei fratelli e
delle sorelle che incontriamo nel nostro cammino, a rimanere aperti sul mondo e
non chiusi nel nostro orticello.
Essere amici di don Eugenio vuole
dire sforzarci di percorrere a nostro modo i sentieri che lui stesso ha
percorso mostrandoci il cammino. Sono i sentieri della pace, della lotta contro
le mafie, dell’attenzione ai più poveri, agli ammalati, ai lontani. Sono anche i
sentieri che lo hanno portato in quelle parti del mondo piene di tensioni e di
sofferenze, per portare un po' di sollievo. Mentre lo ringraziamo per il
servizio che ha svolto per tanti anni in mezzo a noi, lo raccomandiamo al
Signore perché lo tenga in salute e perché continui a seminare le sementi del
Regno di Dio nella nuova tappa della sua vita. Buon cammino Eugenio.
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