mercoledì 28 gennaio 2015

INDICAZIONI PER UNA PASTORALE ORDINARIA MISSIONARIA






 Paolo Cugini

L’annuncio del Vangelo esige una costante attenzione alla situazione culturale e sociale nella quale lo stesso annuncio avviene. Il Vangelo, infatti, non è un libro di verità dogmatiche, ma la storia di Gesù Cristo ed è quindi sul piano della storia che avviene l’annuncio. Scrivo queste semplice cose per indicare l’urgenza non solo di capire il cambiamento culturale in atto, ma soprattutto la necessità di pensare ad un modo di annunciare il Vangelo che sappia andare al passo con i tempi. Cogliere le dinamiche del cambiamento culturale che è in atto è necessario, ma non sufficiente. Non basta infatti capire il cambiamento: occorre sforzarsi di mettere in atto quelle strategie capaci di rendere attraente i contenuti del Vangelo nel nuovo contesto. Ciò vale soprattutto nell’ambito della pastorale ordinaria, vale adire nello sforzo quotidiano di annunciare il Vangelo nelle nostre parrocchie. Il Cambiamento culturale, esige, infatti, un cambiamento non del Vangelo, ma del modo di annunciarlo. Per questo, a partire anche dall’esperienza missionaria che mi ha visto coinvolto per quasi quindici anni in Brasile, provo ad abbozzare alcune indicazioni per una pastorale ordinaria missionaria, cercando di dare forma concreta al cosi detto paradigma missionario, proposto negli ultimi documenti della CEI.

Il primo elemento importante per una pastorale missionaria è il punto dal quale s’ intende guardare il processo di evangelizzazione. Il punto di partenza di una pastorale classica nell’epoca della cristianità è il centro, le strutture parrocchiali. Una pastorale così impostata prevede:

·        Centralizzazione del lavoro pastorale;
·        Costruzione degli spazi necessari per la realizzazione dell’azione pastorale;
·        L’accoglienza di chi viene;
·        L’uscire è sempre condizionato da un invito per partecipare a qualcosa che avviene all’interno    degli spazi parrocchiali;
·        Tutto ciò che avviene negli spazi parrocchiali è gestito da chi sta dentro, da chi accoglie;
·        La proposta pastorale è fatta esclusivamente per chi arriva negli spazi;
·        Molto del tempo è assorbito per raccogliere i fondi per costruire e poi per mantenere gli spazi.

Il dato più significativo di questo modello pastorale è la quasi mancanza di riflessione per l’evangelizzazione di tutti coloro che non entrano nel “giro” parrocchiale. Tutti sono invitati, ma poi chi non entra diventa escluso dalle attenzioni pastorali. Per questo motivo, la missionarietà come paradigma dell’agire pastorale avrà come punto di partenza il territorio. Come si realizza questo stile? Provo ad abbozzare alcune indicazioni:
Il punto di partenza è la presa di coscienza che un’epoca è finita (basterebbe leggersi i documenti della CEI degli ultimi vent’anni, che sono sempre preceduti da un’analisi sul cambiamento epocale che stiamo vivendo). La struttura ecclesiale sulla quale è costruita la nostra pastorale, non esiste più. La proposta pastorale che abbiamo in atto era stata pensata ed elaborata nell’epoca della cristianità. Le strutture sono il segno di questo tipo di pastorale. Anche i contenuti espressi nello stile pastorale della cristianità sono tipici: catechesi, modo di evangelizzare, messe, confessione, ecc. Per iniziare ad impostare la pastorale a partire dal nuovo contesto culturale, bisognerebbe mettere in grado gli operatori pastorale di capire il cambiamento.
 Una pastorale missionaria che nasce da questa presa di coscienza si dovrà muovere a partire dal territorio. E’ un nuovo rapporto con il territorio che esige anche una nuova visione di chiesa. E allora, se prima si partiva dalle strutture, dal centro, oggi si dovrebbe partire dalla periferia, pur mantenendo le strutture esistenti. Se nella chiesa della cristianità tutto ruotava attorno al parroco, nel percorso di evangelizzazione nella nuova situazione dovrebbero funzionare gli strumenti pastorali di condivisione(consigli pastorali, economici, ecc). Il modello di Chiesa in questa nuova situazione pastorale è la chiesa come Popolo di Dio, perché rende più visibile la corresponsabilità di tutti i fedeli per l’annuncio del Vangelo.

Alcune azioni pastorali tipiche della parrocchia dal volto missionario:

·        Punto di partenza è la presenza sul territorio: come abitare il territorio dovrebbe essere uno dei problemi sui quali riflettere nel Consiglio Pastorale.
·        Possibilità di strutturare la parrocchia decentrata sul territorio divisa in piccole comunità gestite da laici (adeguatamente preparati) che si ritrovano settimanalmente a leggere la Parola;
·        Lavorare sulla spiritualità del cercare l’uomo e la donna, così come Dio è alla ricerca di noi;
·        Le visite alle famiglie non sono più realizzate esclusivamente dal sacerdote, ma da gruppi di fedeli laici adeguatamente preparati. Importante: le visite alle famiglie dovranno avere un carattere prevalentemente evangelico e non economico.
·        Pensare una pastorale a partire dagli ambienti, sia come indicava il documento di Palermo 1996 (ambienti esistenziali, lavoro, scuola, ecc.), sia come ha indicato il documento di Verona 2007 (ambienti vitali, quelli che accompagnano la vita dell’uomo e della donna: nascita, gioie, dolori, ecc.).
·        Nel cammino di evangelizzazione a partire dal territorio diviene importante la mediazione culturale e umana. E’ un processo d’inculturazione che viene attuato e ciò comporta uno sforzo di attenzione alla realtà che s’intende incontrare (le tradizioni, le feste, ecc.).
·        Valorizzazione delle agenzie educative e sociali presenti sul territorio, passando così, dalla mentalità di sfida tipica dell’epoca della Cristianità, ad una mentalità di collaborazione;
·        Attenzione alle nuove piazze, ai nuovi punti d’incontro (Internet). Come incontrare i giovani chiusi in casa piegati sui loro computer; come incontrare le persone immerse nei loro smart-phone.
·        Che cammino di evangelizzazione compiere con i tanti poveri stranieri che incontriamo sul territorio (è possibile andare oltre la classica (ma necessaria!) borsina da mangiare?).

Cambiando il punto di partenza e le modalità pastorale segnata dal paradigma missionario, cambiano allora anche i contenuti.  Da un’attenzione ai contenuti tipicamente intra ecclesia, all’attenzione a contenuti che emergono dal contatto con il territorio. L’ambiente, la giustizia, il genere, la politica, l’economia, la diversità religiosa e politica, possono diventare temi che provocano la Parola e la Comunità cristiana. Questo il cambiamento di contenuti potrà comportare anche un cambiamento degli itinerari formativi che proponiamo non solo ai giovani, ma anche agli adulti. Sia nei percorsi di catechesi dell’iniziazione, che la proposta formativa ai giovani e agli adulti si dovrà essere attenti ai contenuti emersi dal contato sul territorio, per un legame sempre più vero e autentico tra fede e vita. Questo legame dovrà poi essere visibile in modo chiaro nelle liturgie domenicali, perché dovranno esprimere nei riti la verità della vita incontrata sul territorio durante la settimana. Forse, sempre in questa prospettiva, si potranno pensare a liturgie domenicali non necessariamente svolte nella chiesa, ma anche nelle piazze o nei parchi, cioè là dove avviene la vita quotidiana.  Sarà poi necessario rivedere e ripensare anche le modalità di celebrazione di alcuni riti: battesimi, matrimoni, funerali. Se siamo mossi dal desiderio di annunciare a tutti il Vangelo, allora sono proprio i riti che celebriamo i primi a venire trasformati dal paradigma pastorale missionario. Buona riflessione e buon lavoro.




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