Paolo Cugini
L’annuncio del Vangelo esige una costante attenzione
alla situazione culturale e sociale nella quale lo stesso annuncio avviene. Il
Vangelo, infatti, non è un libro di verità dogmatiche, ma la storia di Gesù
Cristo ed è quindi sul piano della storia che avviene l’annuncio. Scrivo queste
semplice cose per indicare l’urgenza non solo di capire il cambiamento
culturale in atto, ma soprattutto la necessità di pensare ad un modo di
annunciare il Vangelo che sappia andare al passo con i tempi. Cogliere le
dinamiche del cambiamento culturale che è in atto è necessario, ma non
sufficiente. Non basta infatti capire il cambiamento: occorre sforzarsi di
mettere in atto quelle strategie capaci di rendere attraente i contenuti del
Vangelo nel nuovo contesto. Ciò vale soprattutto nell’ambito della pastorale
ordinaria, vale adire nello sforzo quotidiano di annunciare il Vangelo nelle
nostre parrocchie. Il Cambiamento culturale, esige, infatti, un cambiamento non
del Vangelo, ma del modo di annunciarlo. Per questo, a partire anche
dall’esperienza missionaria che mi ha visto coinvolto per quasi quindici anni
in Brasile, provo ad abbozzare alcune indicazioni per una pastorale ordinaria
missionaria, cercando di dare forma concreta al cosi detto paradigma missionario,
proposto negli ultimi documenti della CEI.
Il primo elemento importante per una pastorale missionaria
è il punto dal quale s’ intende guardare il processo di evangelizzazione. Il
punto di partenza di una pastorale classica nell’epoca della cristianità è il
centro, le strutture parrocchiali. Una pastorale così impostata prevede:
·
Centralizzazione del
lavoro pastorale;
·
Costruzione degli spazi
necessari per la realizzazione dell’azione pastorale;
·
L’accoglienza di chi
viene;
·
L’uscire è sempre
condizionato da un invito per partecipare a qualcosa che avviene
all’interno degli spazi parrocchiali;
·
Tutto ciò che avviene
negli spazi parrocchiali è gestito da chi sta dentro, da chi accoglie;
·
La proposta pastorale è
fatta esclusivamente per chi arriva negli spazi;
·
Molto del tempo è
assorbito per raccogliere i fondi per costruire e poi per mantenere gli spazi.
Il dato più significativo di questo modello pastorale
è la quasi mancanza di riflessione per l’evangelizzazione di tutti coloro che
non entrano nel “giro” parrocchiale. Tutti sono invitati, ma poi chi non entra
diventa escluso dalle attenzioni pastorali. Per questo motivo, la missionarietà
come paradigma dell’agire pastorale avrà come punto di partenza il territorio. Come
si realizza questo stile? Provo ad abbozzare alcune indicazioni:
Il punto di partenza è la presa di coscienza che
un’epoca è finita (basterebbe leggersi i documenti della CEI degli ultimi
vent’anni, che sono sempre preceduti da un’analisi sul cambiamento epocale che
stiamo vivendo). La struttura ecclesiale sulla quale è costruita la nostra
pastorale, non esiste più. La proposta pastorale che abbiamo in atto era stata
pensata ed elaborata nell’epoca della cristianità. Le strutture sono il segno
di questo tipo di pastorale. Anche i contenuti espressi nello stile pastorale
della cristianità sono tipici: catechesi, modo di evangelizzare, messe, confessione,
ecc. Per iniziare ad impostare la pastorale a partire dal nuovo contesto
culturale, bisognerebbe mettere in grado gli operatori pastorale di capire il
cambiamento.
Una pastorale missionaria che nasce da questa
presa di coscienza si dovrà muovere a partire dal territorio. E’ un nuovo
rapporto con il territorio che esige anche una nuova visione di chiesa. E
allora, se prima si partiva dalle strutture, dal centro, oggi si dovrebbe
partire dalla periferia, pur mantenendo le strutture esistenti. Se nella chiesa
della cristianità tutto ruotava attorno al parroco, nel percorso di
evangelizzazione nella nuova situazione dovrebbero funzionare gli strumenti
pastorali di condivisione(consigli pastorali, economici, ecc). Il modello di
Chiesa in questa nuova situazione pastorale è la chiesa come Popolo di Dio,
perché rende più visibile la corresponsabilità di tutti i fedeli per l’annuncio
del Vangelo.
Alcune azioni pastorali tipiche della parrocchia dal
volto missionario:
·
Punto di partenza è la
presenza sul territorio: come abitare il territorio dovrebbe essere uno dei
problemi sui quali riflettere nel Consiglio Pastorale.
·
Possibilità di
strutturare la parrocchia decentrata sul territorio divisa in piccole comunità
gestite da laici (adeguatamente preparati) che si ritrovano settimanalmente a
leggere la Parola;
·
Lavorare sulla
spiritualità del cercare l’uomo e la donna, così come Dio è alla ricerca di
noi;
·
Le visite alle famiglie
non sono più realizzate esclusivamente dal sacerdote, ma da gruppi di fedeli
laici adeguatamente preparati. Importante: le visite alle famiglie dovranno
avere un carattere prevalentemente evangelico e non economico.
·
Pensare una pastorale a
partire dagli ambienti, sia come indicava il documento di Palermo 1996
(ambienti esistenziali, lavoro, scuola, ecc.), sia come ha indicato il
documento di Verona 2007 (ambienti vitali, quelli che accompagnano la vita
dell’uomo e della donna: nascita, gioie, dolori, ecc.).
·
Nel cammino di
evangelizzazione a partire dal territorio diviene importante la mediazione
culturale e umana. E’ un processo d’inculturazione che viene attuato e ciò
comporta uno sforzo di attenzione alla realtà che s’intende incontrare (le
tradizioni, le feste, ecc.).
·
Valorizzazione delle
agenzie educative e sociali presenti sul territorio, passando così, dalla
mentalità di sfida tipica dell’epoca della Cristianità, ad una mentalità di
collaborazione;
·
Attenzione alle nuove
piazze, ai nuovi punti d’incontro (Internet). Come incontrare i giovani chiusi
in casa piegati sui loro computer; come incontrare le persone immerse nei loro
smart-phone.
·
Che cammino di
evangelizzazione compiere con i tanti poveri stranieri che incontriamo sul territorio
(è possibile andare oltre la classica (ma necessaria!) borsina da mangiare?).
Cambiando il punto di partenza e le modalità pastorale
segnata dal paradigma missionario, cambiano allora anche i contenuti. Da
un’attenzione ai contenuti tipicamente intra ecclesia, all’attenzione a
contenuti che emergono dal contatto con il territorio. L’ambiente, la giustizia,
il genere, la politica, l’economia, la diversità religiosa e politica, possono
diventare temi che provocano la Parola e la Comunità cristiana. Questo il cambiamento
di contenuti potrà comportare anche un cambiamento degli itinerari formativi
che proponiamo non solo ai giovani, ma anche agli adulti. Sia nei percorsi di
catechesi dell’iniziazione, che la proposta formativa ai giovani e agli adulti
si dovrà essere attenti ai contenuti emersi dal contato sul territorio, per un
legame sempre più vero e autentico tra fede e vita. Questo legame dovrà poi
essere visibile in modo chiaro nelle liturgie domenicali, perché dovranno
esprimere nei riti la verità della vita incontrata sul territorio durante la
settimana. Forse, sempre in questa prospettiva, si potranno pensare a liturgie
domenicali non necessariamente svolte nella chiesa, ma anche nelle piazze o nei
parchi, cioè là dove avviene la vita quotidiana. Sarà poi necessario rivedere e ripensare anche
le modalità di celebrazione di alcuni riti: battesimi, matrimoni, funerali. Se
siamo mossi dal desiderio di annunciare a tutti il Vangelo, allora sono proprio
i riti che celebriamo i primi a venire trasformati dal paradigma pastorale
missionario. Buona riflessione e buon lavoro.
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