Siamo determinate ancor di più a condurre
una battaglia senza sconti per denunciare le “strutture di peccato” in cui si
radica tale “caso”: un impianto di cui la chiesa cattolica è artefice e
protagonista.
Troppo
spesso abbiamo constatato che nei movimenti ecclesiali/congregazioni/culti ci
si serve surrettiziamente di alcune categorie ecclesiologiche per usare e
manipolare persone (quasi sempre donne) che si avvicinano a tali contesti
religiosi in nome di una chiamata spirituale. Queste donne sono limpide,
fiduciose, ignare degli “adescamenti” che troppo spesso - oramai lo abbiamo
verificato nella nostra non più breve esperienza- si compiono.
La logica è quella del dominio del chierico
maschio “ontologicamente superiore” e in nome dell’“obbedienza”, “umiltà”,
“segretezza delle procedure”, “perdono”, del “non infangare una santa
istituzione”, della “adorazione verso chi incarna il sacro” e altre categorie
“dello spirito”, si cattura la persona in una rete di soprusi, abusi,
macchinazioni perverse, dove le logiche della sudditanza e dell’omertà sono la
regola.
La
minaccia è solo allusa: quella di subire le conseguenze di un potere
androcentrico totalitario e quindi la condanna all’infamia, oltre che al
baratro esistenziale in caso di dissenso conclamato e all’ isolamento senza
nessuna via d’uscita percorribile. La cultura dello stupro (che non è solo
fisico, ma anche spirituale) passa di qui.
Non
ci intratteniamo sui dettagli del caso Rupnik, degno perpetratore di tale
cultura. Vogliamo puntualizzare però alcune osservazioni.
✓ Rupnik è sì uno tsunami,
ma è solo la punta dell’iceberg: non è la mela marcia dentro a un paniere di
mele sane, non è il criminale mentre i suoi sodali sarebbero innocenti. Si
tratta di una malattia endemica che pervade il sistema ecclesiastico tutto e
che in Italia, in particolare, si tende a occultare. Sono complici i mezzi di
informazione, per lo più muti - tranne alcune lodevolissime eccezioni, a cui
riconosciamo di essersi da tempo impegnate seriamente su tali fenomeni, per
aver lanciato campagne di stampa e approfondito con inchieste: la agenzia di
stampa Adista, la rivista Left, il quotidiano Domani; complici sono anche i /le
cattolici/che che preferiscono non vedere e non sapere. Colluso è anche lo
Stato che si mostra indifferente verso la sorte dei suoi/delle sue cittadini/e
quando sono violati/e nei loro diritti.
✓ La Compagnia di Gesù non
può credere di salvare la faccia dicendo che le vittime si rivolgano a lei e
saranno ascoltate e accolte a braccia aperte. È la stessa logica che percorre
la CEI, logica che nasconde la strategia del “sopire e tacere”, di manzoniana
memoria. Tali atteggiamenti non sono credibili: esigiamo che ci sia una azione
giuridica legale pubblica.
✓ Chiediamo altresì che si
aprano gli archivi rendendoli accessibili a una commissione indipendente.
✓ E soprattutto affermiamo
che il caso Rupnik non deve essere trattato secondo gli stili discorsivi cari
alla cronaca scandalistica. È fondamentale che, nella pubblicizzazione di tali
eventi, sia invece messa in luce la struttura che permette tali abusi, che li
copre con l’omertà dell’istituzione stessa, che per secoli è stata complice, se
non prima responsabile, di un habitus androcentrico. È la struttura misogina
gerarchica clericale che inferiorizza donne e laici, considerandoli a “propria
diposizione”.
Firmato
Re-in-surrezione:
per S-velare e fermare ogni abuso (il gruppo Re-insurrezione è una rete di
persone appartenenti a: Donne per la Chiesa, Osservatorio interreligioso sulle
violenze contro le donne). 22 dicembre 2022
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