PERCHÉ' LA MISSIONE E' INDISPENSABILE ALLA CHIESA
Paolo Cugini
Ci sono dei dati, anche nella vita
spirituale, che risentono dei tempi, dei cambiamenti. E in fin dei conti è
giusto così. Se è vero che la Verità si è incarnata, è entrata nella storia,
allora è proprio la storia, gli eventi l’ambito privilegiato per comprenderla.
La Verità non si dona, quindi, come qualcosa di statico, come un pezzo di
marmo, ma si manifesta, si offre negli eventi quotidiani. Il cammino della
storia porta con sé anche il cambiamento delle culture, delle tradizioni, dei
modi di vedere e di agire. Anche la vita spirituale vive questi cambiamenti.
Chi vuole relazionarsi con Dio deve apprendere a camminare dentro la storia, a
non identificare la sua fede con i modelli culturali, o con le forme esterne.
In fin dei conti, la stessa idea spirituale ed evangelica di conversione, passa
attraverso la presa di coscienza del carattere storico delle Verità di fede
espresse nel Vangelo, incarnate da Gesù. Se l’idea d’inculturazione, nata e
sviluppatasi soprattutto nel mondo missionario, ha trovato sin dalla sua
formulazione tanta resistenza, è a causa di una concezione statica dell’idea di
Verità. Proviamo ad approfondire brevemente i motivi che conducono a resistere
all’idea di una Verità che cammina nella storia e che esige di essere compresa
ponendo attenzione agli eventi.
La tradizione culturale Occidentale
ha da sempre pensato la realtà e la verità come poli contrapposti,
inconciliabili. La prima grande spaccatura si ha con il pensiero di Parmenide,
che pone l’essere in contrapposizione con il non essere, il mondo fenomenico. Da
lì in poi il cammino tra questi due mondi diviene sempre più in
contrapposizione. Il problema sorge dal modo in cui il pensiero Occidentale
concepisce la Verità, e cioè come un’idea fissa a sé stante, immobile, staccata
dalla realtà, percepita come mobile e quindi imperfetta. Se la verità deve
avere lo stesso spessore metafisico di Dio, allora, siccome il dio dei filosofi
è immobile, anche le verità che derivano da lui devono essere concepite in
questo modo. Platone è considerato il punto di riferimento filosofico per
comprendere la filosofia Occidentale. Secondo lui, il Demiurgo, nel momento di creare
le cose, ha dinanzi a sé due realtà preesistenti: la materia informe e le idee.
Il demiurgo contempla le idee perfette e preesistenti e modella la materia per
fare le cose. In questo modo, le cose della realtà sono copie imperfette di idee
perfette. È importante riflettere su questi passaggi storici della nostra
cultura, perché hanno influenzato pesantemente anche il pensiero cristiano e la sua spiritualità. Nel
sistema plotiniano – siamo già nel terzo secolo dell’epoca cristiana -, sistema
filosofico chiamato appunto neo-platonico, Plotino nelle Enneadi spiega la
realtà come una mancanza di luce. Il Nous nel suo discendere (procedere) e dare
consistenza ai diversi livelli della realtà, giunge progressivamente senza
energia, senza luce. Ebbene per Plotino la realtà è esattamente questa
situazione che si viene a creare quando il Nous è totalmente svuotato di
energia. Se il sistema neoplatonico porta a maturazione un cammino della
cultura Occidentale durato circa otto secoli, il risultato è la totale
separazione e inconciliabilità tra dio e il mondo, tra Verità e realtà.
Interessante notare, quando si
sfogliano i testi dei padri della chiesa dei primi cinque secoli, come la loro
conoscenza filosofica, che era prevalentemente platonica e neoplatonica, filtri
l’interpretazione che loro fanno delle Scritture. Questa mediazione filosofica
la si vede soprattutto per quanto riguarda la riflessione sulle pagine della
Genesi che narra la creazione del mondo e nella concezione dell’uomo. La
svalutazione del corpo a vantaggio dell’anima, con le conseguenti indicazioni
mistiche di fuga dal mondo e disprezzo del corpo, hanno più un sapore platonico
che evangelico. Siamo sempre nell’ambito delle contrapposizioni: corpo e anima,
verità e realtà. La cultura Occidentale non riesce ad elaborare un pensiero
capace di conciliare aspetti che percepisce e interpreta come contrapposti.
Anche il cristianesimo, pur avendo nella proposta del Vangelo questa visone
unitaria della realtà, nel mondo Occidentale viene costantemente riletto a
partire dalle categorie filosofiche.
Gesù è il verbo incarnato, l’eterno
che entra nel tempo, l’idea immobile che entra nella realtà mobile. Dal punto
di vista filosofico è un dato inconcepibile e inconciliabile, anzi è la
negazione di quanto era stato pensato sino a quel momento. Come può Dio, da
sempre pensato in contrapposizione al tempo e alla storia, venire ad abitare in
mezzo a noi? Com'è possibile che la Verità da sempre pensata immobile, uguale a
sé stessa in ogni momento e in ogni epoca, entri nel tempo e, di conseguenza, si adatta al cammino della storia che è in continuo divenire? Dice il Vangelo
di Giovanni che “Il Verbo si fece Carne e
venne ad abitare in mezzo a noi”. Non solo, ma Gesù, sempre nel Vangelo di
Giovanni, si definisce la Verità: “Io sono
la Via, la Verità e la vita”. Ciò significa che d’ora innanzi Dio non va
cercato sulle nubi del cielo o sui libri dei filosofi, ma lo incontriamo nella
persona di Gesù Cristo, nella sua storia, nelle sue parole e nei suoi gesti. D’ora
innanzi la perfezione non è più un’idea astratta e immobile, ma va cercata nel
cammino del tempo, nell’evolversi degli eventi.
Non c’è da stupirsi se ancora oggi
tante persone che si definiscono cattoliche, resistono all'idea di una verità
che si è fatta storia, rimanendo strettamente ancorati ad un’idea di verità più
filosofica (platonica) che cristiana. Ecco perché rimangono meravigliati, anzi
scandalizzati se la Chiesa, pensata da loro come un’istituzione fissa nel
tempo, una verità fuori dalla storia e dal tempo, ogni tanto per adeguarsi ai
cambiamenti della storia, modifica i contenuti, sposta gli accenti, indica
nuovi percorsi. Probabilmente è più comodo ed è meno faticoso rimanere
avvinghiati ad una verità immobile, che alla Verità che si è fatta storia e che
esige continuamente di mettersi in discussione, di cambiare, di convertirsi. Sempre
in questa prospettiva, si comprende molto bene se la più profonda esperienza
d’inculturazione del Vangelo sia avvenuta nei primi secoli della chiesa per
poi, salvi rari esempi, fermarsi lì. Purtroppo sono comprensibile, ma
assolutamente non giustificabili, i disastri umani e culturali realizzati dai
cattolicissimi spagnoli e portoghesi nelle terre latinoamericane.
Se ancora oggi la chiesa fa così
tanta fatica ad inculturarsi, ad accogliere nei suoi riti e nelle sue
formulazioni le novità che lo Spirito Santo ha preparato nelle culture dei
popoli che incontra, è forse a causa di una cecità provocata dalle concezioni
filosofiche e poco evangeliche, che riempiono da secoli le nostre menti. Ecco perché
la missione è indispensabile nel cammino della chiesa: per convertirsi, per
cominciare a vedere e a leggere in modo nuovo quel Vangelo donato a noi
gratuitamente, ma che facciamo fatica a coglierne la profondità a causa delle
nostre pre-comprensioni, che ci chiudono gli occhi e la mente. La missione è
come il collirio che ci permette di vedere in modo autentico, o perlomeno in
modo nuovo quel messaggio evangelico che diciamo di conoscere, ma che poi, alla
prova dei fatti facciamo fatica a vivere spesso e volentieri perché mal
consigliati. La missione è, allora, per noi una grande speranza: manteniamola
viva!
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