Paolo Cugini
Nel
silenzio che precede ogni grande svolta, si leva una voce che invita a deviare
dal sentiero battuto. È la voce dei profeti, coloro che scelgono di andare
contro, di attraversare la teologia dall’altra parte dell’ortodossia. Il loro
cammino è solitario, spesso criticato, ma necessario: solo chi osa sfidare il
senso comune può scoprire il volto nascosto della verità, celato proprio dove
nessuno osa guardare.
La
profezia, in questo contesto, non è solo anticipazione del futuro, ma anche
rottura con il passato. Chi si ostina a identificare la vita con la norma, con
il già detto e il già fatto, si condanna a una sterilità spirituale, incapace
di cogliere l’ebbrezza del vero. La verità non si trova dove tutti indicano, ma
nel sentiero inverso, nella direzione opposta, là dove la sete di vita, di
giustizia e di amore spinge a cercare il nuovo sotto la cenere dell’antico.
Così,
la teologia “contromano” si fa desiderio di autenticità, riconoscimento che il
Mistero non si lascia imprigionare nelle formule tramandate, ma si nasconde
agli occhi di chi si crede custode del passato. È qui che sgorga l’acqua viva,
non dalla memoria fossilizzata, ma dal presente che inquieta e rinnova, come il
vento che scuote i rami e invita a uscire dalla sicurezza delle abitudini.
Andare
contro, allora, è atto profetico: richiede coraggio e spirito critico, e
soprattutto la capacità di lasciarsi interrogare dall’ignoto, dalla parte della
storia che ancora non ha nome. Solo chi abbraccia l’incertezza scopre che la
fede è cammino, mai possesso; l’amore è rischio, mai semplice adesione; la
giustizia è sete, mai premio. In questa tensione vive la vera teologia: non nel
controllo, ma nell’abbandono fiducioso al Mistero che si disvela solo a chi osa
andare contro.
La
fede stessa non nasce dalla sicurezza, ma da quel passo incerto che porta fuori
dal gregge. La storia della spiritualità è attraversata da donne e uomini che
hanno saputo ascoltare la voce interiore contraria, scegliere la via meno
battuta, e per questo hanno generato novità. Oggi più che mai, in tempi di
crisi e trasformazione, tornare a profetizzare dalla teologia dell’altra parte
è gesto di responsabilità e speranza, invito a lasciarsi sorprendere dal
Mistero che ci precede e ci accompagna, oltre ogni recinzione di dottrina.
Parole profetiche ma anche sapienziali, le tue. Riteniamoci aperti e meravigliati al Mistero di un Dio che si fa uomo. Che assume la nostra umanità: maschile e femminile. Speriamo che la Chiesa sappia essere aperta al nuovo per respirare sempre di più con le due sensibilità maschile e femminile, non per un desiderio di "quote rosa" ma perché avverte il vuoto di una mancanza e una sensibilità.
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