venerdì 18 marzo 2016

VIVERE LA FEDE IN UN MONDO SCRISTIANIZZATO






TRA TENTAZIONE DI FUGA E RICERCA DI AUTENTICITA’


Presentazione di due libri di Paolo Cugini usciti nelle Edizioni san Lorenzo (Reggio Emilia, 2015):


1.  Mondo moderno e religione. Introduzione al pensiero di Charles Péguy

2.  La fuga di Elia. Riflessioni postmoderne sulla religione e il senso della vita



In un contesto socio-culturale che diviene giorno dopo giorno sempre più complesso e indecifrabile, per chi desidera annunciare il Vangelo diviene urgente acquisire strumenti per interpretare il mondo circostante. Che cosa significa dire Dio nell’epoca delle appartenenze parziali? Come annunciare il Vangelo dell’amore eterno manifestato in Gesù, nell’epoca delle scelte deboli, della difficoltà di scelte durature nel tempo? Non si tratta solo di annunciare il Vangelo, ma di viverlo. Come si fa, allora, a vivere la proposta del Signore in un contesto culturale secolarizzato, svuotato dei significati che fondano il Vangelo? Come rimanere fedeli alla proposta di Gesù in un contesto di minoranza e, spesso e volentieri, di ostilità?

Già agli inizi del secolo scorso il filosofo e poeta francese Charles Péguy denunciava il processo di scristianizzazione in atto nel mondo occidentale. La denuncia aveva come punto di riferimento non solo i fenomeni esterni delle conseguenze della scristianizzazione, come per esempio il peso sempre maggiore dato al mondo del denaro, ma anche e soprattutto al mondo interno del cristianesimo. I preti, la teologia scolastica sono, a detta di Péguy, i grandi responsabili di un processo che, iniziato nell’800, si protrae e si afferma sempre di più. La secolarizzazione, nel suo aspetto di svuotamento dei contenuti religiosi di una società, con i crescenti rischi di una cultura che apre spazio e fonda il proprio stile esclusivamente sulla materia, trova in Occidente la propria matrice in un costante processo di addio al cristianesimo. C’è chi afferma che non tutto il male viene per nuocere, perché quello che salutiamo definitivamente non è tutto il cristianesimo, ma la particolare modalità con la quale si è presentato al mondo Occidentale. Al cristianesimo della forza e del potere, delle Cattedrali e dei sistemi teologici, l’Occidente secolarizzato può ospitare un cristianesimo più umile e accogliente. Da un cristianesimo che voleva contare e imprimere i propri valori nella società, è possibile passare ad un cristianesimo che si lascia contaminare dalle culture circostanti, che apre spazi di dialogo non tanto persuasivi, ma relazioni di ascolto, relazioni capaci di cambiare prospettive, di modificare contenuti, di aprire nuovi orizzonti. Dalla religione della ragione forte e chiara, nel mondo secolare si può accedere con un cristianesimo umile, attento alle ricchezze delle persone che incontra, per camminare con loro e non davanti a loro.


In questa prospettiva diviene importante provare a pensare la fede in un modo diverso, lasciando che il nuovo contesto culturale offra i criteri di analisi e contamini piste di riflessione nuove. E’ questo sforzo che ho tentato di realizzare in LA FUGA DI ELIA. Lo sgretolamento delle meta-narrazioni moderne con i relativi valori, ha reso il mondo esistenziale più instabile. Se il contesto moderno aiutava le persone a costruirsi un’identità forte, molto più difficile risulta oggi mantenersi fedeli e stabili nelle sabbie mobili della cultura postmoderna. Come dire allora, il Vangelo dell’amore che resistito sino alla croce in un contesto nel quale l’amore va a braccetto con la passione e dura la stagione di un sentimento? Come proporre un senso della vita, una finalità dell’esistenza nell’epoca della fine del tempo, dello schiacciamento esistenziale nel tempo presente? C’è ancora spazio per il Vangelo in una simile cultura? Domande importante alle quali vale la pena tentare o perlomeno abbozzare delle risposte. Il nuovo quadro culturale che si sta progressivamente strutturando in Occidente esige per la comunità cristiana un ripensamento delle modalità di approccio al mondo. Sulla strada aperta dal Concilio Vaticano II occorre mantenere un dialogo costantemente aperto alle diversità di opinioni, di sensibilità per inculturare il Vangelo affinché diventi fermento in una massa che è notevolmente cambiata. C’è tutta una teologia che va ripensata, ma anche i riti, vale a direi il modo di celebrare l’evento salvifico, contestualizzandolo, cercando cammini nuovi. Anche in questa prospettiva il Concilio Vaticano II aveva offerto stimoli interessanti e indicazioni precise verso il cambiamento e il rinnovo della liturgia. Cambiare non significa abbandonare, tagliare con il passato, ma rendere nuovo e comprensibile ai nuovi uditori il Vangelo. Il nuovo contesto culturale esige, allora, non solo di essere compreso, ma anche la creatività per cercare cammini nuovi di evangelizzazione. E’ proprio questo l’intento di: LA FUGA DI ELIA