TRA TENTAZIONE DI FUGA E RICERCA DI AUTENTICITA’
Presentazione di due
libri di Paolo Cugini usciti nelle Edizioni san Lorenzo (Reggio Emilia, 2015):
1.
Mondo moderno e religione. Introduzione al pensiero di Charles
Péguy
2.
La fuga di Elia. Riflessioni postmoderne sulla religione e il
senso della vita
In un
contesto socio-culturale che diviene giorno dopo giorno sempre più complesso e
indecifrabile, per chi desidera annunciare il Vangelo diviene urgente acquisire
strumenti per interpretare il mondo circostante. Che cosa significa dire Dio
nell’epoca delle appartenenze parziali? Come annunciare il Vangelo dell’amore
eterno manifestato in Gesù, nell’epoca delle scelte deboli, della difficoltà di
scelte durature nel tempo? Non si tratta solo di annunciare il Vangelo, ma di
viverlo. Come si fa, allora, a vivere la proposta del Signore in un contesto
culturale secolarizzato, svuotato dei significati che fondano il Vangelo? Come
rimanere fedeli alla proposta di Gesù in un contesto di minoranza e, spesso e
volentieri, di ostilità?
Già agli
inizi del secolo scorso il filosofo e poeta francese Charles
Péguy denunciava
il processo di scristianizzazione in atto nel mondo occidentale. La denuncia
aveva come punto di riferimento non solo i fenomeni esterni delle conseguenze
della scristianizzazione, come per esempio il peso sempre maggiore dato al
mondo del denaro, ma anche e soprattutto al mondo interno del cristianesimo. I
preti, la teologia scolastica sono, a detta di Péguy, i grandi responsabili di
un processo che, iniziato nell’800, si protrae e si afferma sempre di più. La
secolarizzazione, nel suo aspetto di svuotamento dei contenuti religiosi di una
società, con i crescenti rischi di una cultura che apre spazio e fonda il
proprio stile esclusivamente sulla materia, trova in Occidente la propria
matrice in un costante processo di addio al cristianesimo. C’è chi afferma che
non tutto il male viene per nuocere, perché quello che salutiamo
definitivamente non è tutto il cristianesimo, ma la particolare modalità con la
quale si è presentato al mondo Occidentale. Al cristianesimo della forza e del
potere, delle Cattedrali e dei sistemi teologici, l’Occidente secolarizzato può
ospitare un cristianesimo più umile e accogliente. Da un cristianesimo che
voleva contare e imprimere i propri valori nella società, è possibile passare
ad un cristianesimo che si lascia contaminare dalle culture circostanti, che
apre spazi di dialogo non tanto persuasivi, ma relazioni di ascolto, relazioni
capaci di cambiare prospettive, di modificare contenuti, di aprire nuovi
orizzonti. Dalla religione della ragione forte e chiara, nel mondo secolare si
può accedere con un cristianesimo umile, attento alle ricchezze delle persone
che incontra, per camminare con loro e non davanti a loro.
In questa
prospettiva diviene importante provare a pensare la fede in un modo diverso,
lasciando che il nuovo contesto culturale offra i criteri di analisi e
contamini piste di riflessione nuove. E’ questo sforzo che ho tentato di
realizzare in LA FUGA DI ELIA. Lo
sgretolamento delle meta-narrazioni moderne con i relativi valori, ha reso il
mondo esistenziale più instabile. Se il contesto moderno aiutava le persone a
costruirsi un’identità forte, molto più difficile risulta oggi mantenersi
fedeli e stabili nelle sabbie mobili della cultura postmoderna. Come dire
allora, il Vangelo dell’amore che resistito sino alla croce in un contesto nel
quale l’amore va a braccetto con la passione e dura la stagione di un
sentimento? Come proporre un senso della vita, una finalità dell’esistenza
nell’epoca della fine del tempo, dello schiacciamento esistenziale nel tempo
presente? C’è ancora spazio per il Vangelo in una simile cultura? Domande
importante alle quali vale la pena tentare o perlomeno abbozzare delle
risposte. Il nuovo quadro culturale che si sta progressivamente strutturando in
Occidente esige per la comunità cristiana un ripensamento delle modalità di
approccio al mondo. Sulla strada aperta dal Concilio Vaticano II occorre
mantenere un dialogo costantemente aperto alle diversità di opinioni, di
sensibilità per inculturare il Vangelo affinché diventi fermento in una massa
che è notevolmente cambiata. C’è tutta una teologia che va ripensata, ma anche
i riti, vale a direi il modo di celebrare l’evento salvifico,
contestualizzandolo, cercando cammini nuovi. Anche in questa prospettiva il
Concilio Vaticano II aveva offerto stimoli interessanti e indicazioni precise
verso il cambiamento e il rinnovo della liturgia. Cambiare non significa
abbandonare, tagliare con il passato, ma rendere nuovo e comprensibile ai nuovi
uditori il Vangelo. Il nuovo contesto culturale esige, allora, non solo di
essere compreso, ma anche la creatività per cercare cammini nuovi di
evangelizzazione. E’ proprio questo l’intento di: LA FUGA DI ELIA.