mercoledì 22 novembre 2023
lunedì 20 novembre 2023
IL CASO BIBBIANO-TESTIMONIANZA DI UNA FAMIGLIA AFFIDATARIA
Pubblico questa bella testimonianza sul caso Bibbiano
Come in ogni cosa esiste sempre una verità e il suo
esatto contrario
Veronica Prampolini
Quando
scoppiò il “caso Bibbiano” noi famiglie affidatarie restammo, basite, incapaci
di comprendere, orfani e privati di ogni riferimento professionale che aveva in
carico i nostri bambini, impauriti e incerti sul futuro che ci attendeva. Chiamavano
Demoni quelli che per me erano Angeli e per cercare di comprendere meglio
iniziò quella concitazione di telefonate e messaggi per confrontarci tra noi
famiglie affidatarie. Volevamo portare le nostre testimonianze, tentavamo
tramite i social di dare il nostro contributo, ma la melma di odio cresceva
sempre più, si allargava fino a coprire tutto il sistema affidi a livello
nazionale. Ad ogni testimonianza che riuscivamo ad apportare alla causa, ci
tornava come un boomerang odio e disprezzo. Venivamo sospettati anche noi
perché cercavamo di difendere ciò in cui abbiamo sempre creduto.
Diventavamo
Demoni anche noi, eravamo guardati con sospetto e vedevamo i ruoli
capovolgersi. Le famiglie bio alle quali
erano stati allontanati i figli per metterli in sicurezza, diventavano Angeli e
noi affidatari che crescevamo con fatica e sacrificio i figli di altri facendo
parte di un sistema malato, diventavamo Demoni. Piano piano tutti noi abbiamo
fatto un passo indietro, ci siamo rifugiati nel silenzio, soprattutto perché il
nostro timore era quello di danneggiare i Servizi Sociali indagati, anziché
alleggerirli. E così in questi anni ho avuto modo di riflettere tanto su ciò
che era accaduto, su come chiunque di noi, per un motivo o per un altro
potrebbe svegliarsi una mattina, trovare i lampeggianti sotto casa e diventare
un Demone, disprezzato sui Social, con una carriera spezzata, una vita
distrutta, rapporti sociali azzerati. Resti solo tu, con la tua verità,
sull’orlo di un abisso profondo.
Cosa
avrei fatto io, se fosse accaduto a me?
Avrei
trovato la forza di continuare a vivere? Cosa mi avrebbe tenuta in vita?
Forse
la voglia di dimostrare la Verità. Solo
quella.
Ma
nel frattempo poi la vita è andata avanti, i tempi della giustizia sono lunghi
anni e si deve trovare la forza di restare a galla, possibilmente in salute. È
luogo comune pensare e parlare male dell’operato dei servizi sociali, perché a
volte ad urlare all’ingiustizia sono proprio quei genitori che non hanno saputo
essere accudenti con i figli, non hanno saputo proteggerli, non hanno saputo
amarli. E il cattivo giornalismo di oggi, ci va a nozze con le ingiustizie
urlate, senza però approfondire, senza sentire la controparte. I social poi completano l’opera di
diffamazione dando voce a chi non conosce nemmeno la differenza tra la parola
“adozione” e la parola “affido”. E ancora una volta la “colpa” è dei servizi
sociali che tolgono i figli. Nella mia “carriera” di mamma affidataria ho
collaborato con tanti servizi sociali, non tutti del mio comune di residenza,
ho quindi purtroppo avuto modo di conoscere dei pessimi assistenti sociali
(pochi per fortuna) che non mettevano al centro il benessere del bambino, ma
solo quello degli adulti e degli assistenti sociali speciali e coraggiosi che
non si piegavano davanti alle minacce e alle sfuriate dei pessimi genitori. Quando
io mettevo piede nella sede della Valdenza era per me eccitazione. Era un
sentirsi a casa. In un ambiente che offriva protezione. Eccitazione di
incontrare persone altamente qualificate, accoglienti, mai giudicanti, che ti
illustravano un progetto tenendo conto delle tue competenze di accoglienza,
rassicurandoti nelle difficoltà, garantendoti presenza nel compiere questo
cammino insieme.
La responsabile ci fornì il suo cellulare per eventuali emergenze, tramite un gruppo Whattsapp aggiornavo in tempo reale responsabile, educatrice e assistente sociale sull’andamento del mio affido e quando mi trovai a gestire una situazione di sospetto pericolo ebbi immediata risposta della responsabile che nonostante fosse notte e fosse in ferie, allertò subito le forze dell’ordine per metterci in sicurezza. Io quei servizi sociali lì, li rimpiango là dove vedo soffrire bambini, là dove si ignorano i loro disagi, là dove il nostro ruolo di affidatario risulta essere solo fastidioso. Provo tanta dolore quando penso a questa brutta pagina di cronaca, voglio però avere fiducia nella magistratura e mi auguro che presto la verità possa ridare dignità e vita a queste persone che sono state per ora giudicate e giustiziate dall’ignoranza e dell’egocentrismo di chi vuole emergere dando aria ai denti, senza rendersi conto del male che questo ha portato al sistema affidi e quanto ora i bambini siano in pericolo perché non si ha il coraggio di proteggerli per paura di svegliarsi la mattina e trovare i lampeggianti sotto casa.
domenica 19 novembre 2023
IL CREDO DELLE DONNE - CREDO LA CHIESA SANTA - SECONDA SERATA
Lunedì
20 novembre 20.45 secondo incontro on-line aperti a tutte e tutti de "IL
CREDO DELLE DONNE". La teologa SIMONA SEGOLONI affronterà il tema:
"Credo la chiesa santa: santità del popolo e santità delle donne
PER PARTECIPARE UTILIZZA QUESTO LINK: https://meet.google.com/gtt-oefm-pxw
che trovi nel volantino.
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mercoledì 15 novembre 2023
REPAM: LETTERA DAL GRIDO DELL'AMAZZONIA
Paolo Cugini
Una lettera dinanzi al Grido dell'Amazzonia è
stata preparata dai partecipanti all'incontro della Rete Conferenza Ecclesiale
Panamazzonica (REPAM), tenutasi a Florencia, Caquetá - Colombia, dal 8-10
novembre 2023. Il testo inizia chiedendo "un cessate il fuoco immediato in
Gaza e altri luoghi di conflitto, con meccanismi e accordi internazionali per
la costruzione della pace".
Nei suoi 10
anni di vita, la REPAM si presenta come "una risposta profetica del
Vangelo, con il compito di promuovere la cura della Casa Comune, facendo risuonare
la voce dei popoli e la difesa dei diritti umani", sottolineando che
"siamo ispirati dalla spiritualità incarnata nel territorio, impegnati a
nuove forme di sinodalità, per una Chiesa dal volto amazzonico".
La lettera mostra le preoccupazioni della REPAM,
"afflitta dall'agonia di questo bioma e della sua consapevoli della loro
importanza per il pianeta: la crisi climatica e il collasso sistemico in
Amazzonia; estrattivismo predatorio; sviluppo l'energia minerale in Amazzonia;
le false soluzioni della green economy; il narcotraffico.
La REPAM chiede "l'attuazione di un piano
d'azione globale per la protezione e la difesa della Panamazzonia e i suoi
popoli, con un serio impegno da parte delle autorità pubbliche e la società
civile per prevenire ulteriori violenze, aiutare le vittime e Invertire la
situazione". La lettera ricorda anche le richieste delle comunità e dei Popoli
amazzonici alla Chiesa: un'alleanza nella ferma difesa dei loro territori.
Anche "La REPAM ratifica l'appello di Papa Francesco per una governance
globale in tempi di crisi climatica, chiedendo che le conferenze delle Nazioni
Unite sul clima (COP) per prendere decisioni efficienti, vincolanti e
facilmente accessibili", invocando "l'unità dei popoli e delle reti
ecclesiali per la ecologia integrale, attraverso un percorso di mobilitazione e
consapevolezza".
martedì 14 novembre 2023
sabato 11 novembre 2023
TORNA IL CREDO DELLE DONNE
Lunedì
13 novembre 20.45 ripartono gli incontri on-line aperti a tutte e tutti de
"IL CREDO DELLE DONNE". La teologa SIMONA SEGOLONI affronterà il
tema: "Credo nella Chiesa Cattolica: donne e uomini in un'unica chiesa.
Inclusività e diversità.
PER PARTECIPARE UTILIZZA QUESTO LINK: https://meet.google.com/gtt-oefm-pxw
SIMONA SEGOLONI, Nata a
Perugia (Italia) il 26/02/1973, coniugata dal 21/04/2001, quattro figli. Dopo
la maturità classica (Perugia) e il baccalaureato in teologia (Assisi), ha
conseguito la Licenza in teologia dogmatica e il Dottorato presso la Facoltà Teologica
dell’Italia centrale di Firenze. Dal 2001 al 2012 ha lavorato in Segreteria
come applicata, iniziando contestualmente l’insegnamento, quindi dal 2012 è
docente a tempo pieno. Docente assistente dal 2006, incaricata dal 2008 e dal
2014 docente stabile straordinaria di teologia sistematica all’Istituto
teologico di Assisi. Dal 2007 al 2021 docente incaricata presso l’Istituto
superiore di Scienze religiose di Assisi. attualmente insegna a ecclesiologia a
tempo pieno presso l'istituto Giovanni Paolo II a Roma.
tra le ultime
pubblicazioni potremmo citarne alcune; ma forse questo può essere detto
all'inizio della conferenza, mentre la si presenta:
2019 Donne e
uomini, corresponsabilità e reciprocità: leadership e potere in L. Garbinetto
(ed.), Corresponsabili nella diaconia, EDB, 2019, 111-134.
2019
Per forza o per amore. Riscoprire come e perché andare a scuola, Porziuncola,
2019.
2019 La
vita nel grembo di Dio, Padova, 2019 (Quaderni della scuola di spiritualità
Sant’Antonio dottore)
2020
Gesù maschile singolare, EDB, Bologna, 2020
2021
Carne di donna, ITL, Milano, 2021
mercoledì 8 novembre 2023
RISPOSTE DELLA CHIESA SUI TRANSESSUALI
![]() |
Mons. Victor Manuel Fernandez prefetto del DIcastero per la dottrina della fede |
RISPOSTE DEL DICASTERO PER LA DOTTRINA DELLA FEDE A
MONS NEGRI SUL TEMA DEL BATTESIMO DI UN TRANSESSUALE, LA LORO POSSIBILITA’ DI ESSERE
PADRINI E DI SPOSARSI
In
data 14 luglio 2023, è pervenuta a questo Dicastero una lettera di S.E. Mons.
José Negri, Vescovo di Santo Amaro in Brasile, contenente alcune domande
riguardo alla possibile partecipazione ai sacramenti del battesimo e del
matrimonio da parte di persone transessuali e di persone omoaffettive. Dopo uno
studio al riguardo, questo Dicastero ha risposto nel seguente modo.
Risposte del Dicastero a S.E. Mons. Negri
Le seguenti risposte ripropongono, in buona
sostanza, i contenuti fondamentali di quanto, già in passato, è stato affermato
in materia da questo Dicastero.
1. Un
transessuale può essere battezzato?
Un transessuale – che si fosse anche
sottoposto a trattamento ormonale e ad intervento chirurgico di riattribuzione
di sesso – può ricevere il battesimo, alle medesime condizioni degli altri
fedeli, se non vi sono situazioni in cui c’è il rischio di generare pubblico
scandalo o disorientamento nei fedeli. Nel caso di bambini o adolescenti con
problematiche di natura transessuale, se ben preparati e disposti, questi
possono ricevere il Battesimo. Nel contempo, occorre considerare quanto segue,
specialmente quando vi sono dei dubbi sulla situazione morale oggettiva in cui
si trova una persona, oppure sulle sue disposizioni soggettive verso la grazia.
Nel caso del Battesimo, la Chiesa insegna che, quando il sacramento viene
ricevuto senza il pentimento per i peccati gravi, il soggetto non riceve la
grazia santificante, sebbene riceva il carattere sacramentale. Il Catechismo
afferma: «Questa configurazione a Cristo e alla Chiesa, realizzata dallo
Spirito, è indelebile; essa rimane per sempre nel cristiano come disposizione
positiva alla grazia, come promessa e garanzia della protezione divina e come
vocazione al culto divino e al servizio della Chiesa». San Tommaso d’Aquino
insegnava, infatti, che quando l’impedimento alla grazia scompare, in qualcuno
che ha ricevuto il Battesimo senza le giuste disposizioni, il carattere stesso
«è una causa immediata che dispone ad accogliere la grazia». Sant’Agostino di
Ippona richiamava questa situazione dicendo che, anche se l’uomo cade nel
peccato, Cristo non distrugge il carattere ricevuto da questi nel Battesimo e
cerca (quaerit) il peccatore, nel quale è impresso questo carattere che lo
identifica come sua proprietà. Così possiamo comprendere perché Papa Francesco
ha voluto sottolineare che il battesimo «è la porta che permette a Cristo
Signore di stabilirsi nella nostra persona e a noi di immergerci nel suo
Mistero» . Questo implica concretamente
che «nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione
qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è
“la porta”, il Battesimo […] la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove
c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa».
Allora,
anche quando rimangono dei dubbi circa la situazione morale oggettiva di una
persona oppure sulle sue soggettive disposizioni nei confronti della grazia,
non si deve mai dimenticare quest’aspetto della fedeltà dell’amore
incondizionato di Dio, capace di generare anche col peccatore un’alleanza
irrevocabile, sempre aperta ad uno sviluppo, altresì imprevedibile. Ciò vale
persino quando nel penitente non appare in modo pienamente manifesto un
proposito di emendamento, perché spesso la prevedibilità di una nuova caduta
«non pregiudica l’autenticità del proposito». In ogni caso, la Chiesa dovrà
sempre richiamare a vivere pienamente tutte le implicazioni del battesimo
ricevuto, che va sempre compreso e dispiegato all’interno dell’intero cammino
dell'iniziazione cristiana.
2. Un
transessuale può essere padrino o madrina di battesimo?
A
determinate condizioni, si può ammettere al compito di padrino o madrina un
transessuale adulto che si fosse anche sottoposto a trattamento ormonale e a
intervento chirurgico di riattribuzione di sesso. Non costituendo però tale
compito un diritto, la prudenza pastorale esige che esso non venga consentito
qualora si verificasse pericolo di scandalo, di indebite legittimazioni o di un
disorientamento in ambito educativo della comunità ecclesiale.
3.
Un transessuale può essere testimone di un matrimonio?
Non c’è nulla nella vigente legislazione canonica universale che proibisca ad
una persona transessuale di essere testimone di un matrimonio.
4.
Due persone omoaffettive possono figurare come genitori di un bambino, che deve
essere battezzato, e che fu adottato o ottenuto con altri metodi come l’utero
in affitto? Perché il bambino venga battezzato ci deve
essere la fondata speranza che sarà educato nella religione cattolica (cf. can.
868 § 1, 2 o CIC; can. 681, § 1, 1o CCEO).
5.
Una persona omoaffettiva e che convive può essere padrino di un battezzato?
A norma del can. 874 § 1, 1o e 3o CIC, può essere padrino o madrina chi ne
possegga l’attitudine (cf. 1o ) e «conduce una vita conforme alla fede e
all’incarico che assume» (3o ; cf. can. 685, § 2 CCEO). Diverso è il caso in
cui la convivenza di due persone omoaffettive consiste, non in una semplice
coabitazione, bensì in una stabile e dichiarata relazione more uxorio, ben
conosciuta dalla comunità. In ogni caso, la debita prudenza pastorale esige che
ogni situazione sia saggiamente ponderata, per salvaguardare il sacramento del
battesimo e soprattutto la sua ricezione, che è bene prezioso da tutelare,
poiché necessaria per la salvezza8 . Nello stesso tempo, occorre considerare il
valore reale che la comunità ecclesiale conferisce ai compiti di padrino e
madrina, il ruolo che questi hanno nella comunità e la considerazione da loro
mostrata nei confronti dell’insegnamento della Chiesa. Infine, è da tenere in
conto anche la possibilità che vi sia un’altra persona della cerchia famigliare
a farsi garante della corretta trasmissione al battezzando della fede
cattolica, sapendo che si può comunque assistere il battezzando, durante il
rito, non solo come padrino o madrina ma, altresì, come testimoni dell’atto
battesimale.
6.
Una persona omoaffettiva e che convive può essere testimone di un matrimonio?
Non c’è nulla nella vigente legislazione canonica universale che proibisca ad
una persona omoaffettiva e che convive di essere testimone di un matrimonio.
ABUSI ZERO – UNA IMPRESSIONANTE RACCOLTA DI FIRME
Assistenti sociali, famiglie, educatori, medici, medici pediatri,
volontari, insegnanti, consulenti, psicologi, psicoterapeuti, comunità di
accoglienza, cittadini. Insieme per ascoltare e proteggere i bambini.
C’è
un’emergenza invisibile che riguarda i bambini, persone che invece avrebbero
necessità di maggior ascolto, cura e protezione da parte della nostra comunità.
Il ‘Caso Bibbiano’, purtroppo, ha già mietuto vittime. E le vittime sono prima
di tutto loro. I minori. Gettando ombre e sospetti su servizi e famiglie, la
macchina del fango (social e media) si è accanita contro gli educatori, i
volontari, gli assistenti sociali, gli insegnanti, le famiglie affidatarie, le
figure educative che operano intorno ai minori, inducendo molti di loro a
pensare che proteggere i minori fosse troppo rischioso, o addirittura sgradito,
e non un servizio essenziale per la nostra comunità.
Tutto ciò ha reso più indifesi i minori e
più fragile la nostra comunità.
Dal
2019 in poi è aumentata esponenzialmente la difficoltà dei servizi
nell’attività di protezione dei minori. Da sempre i servizi sociali svolgono
funzione di sostegno e numerosi interventi preventivi sul territorio, ma,
nonostante ciò, occorre prender atto che vi sono anche famiglie fortemente
maltrattanti o abusanti: in questi casi i servizi hanno il dovere di
intervenire per mettere in sicurezza i minori. Anche a fronte di episodi
acclarati di violenze - segnalate da scuola, Polizia, Carabinieri, Pronto
Soccorso, medici pediatri - sono calate verticalmente le disponibilità delle
famiglie a prendere in affido i minori in difficoltà. Tale accoglienza è
particolarmente preziosa per i bambini in tenera età. Gli operatori, i genitori
affidatari, gli insegnanti, sono spesso a rischio di minacce da parte di
cittadini e genitori che, forti della vicenda di Bibbiano, aggrediscono
verbalmente o sui social chi si occupa di gestire al meglio situazioni di
minori in difficoltà. Sono così anche lievitati i costi per la collettività.
Senza famiglie affidatarie, il servizio di accoglienza dei minori viene svolto
dalle case famiglie, dalle comunità familiari e dalle comunità educative. In
particolare, le comunità educative sono luoghi di accoglienza, cura e
protezione autorizzati dalla Regione, con funzionamento a turni che ne
aumentano i costi di gestione.
Comunità
educative che, oltre a dover accogliere anche i bambini in tenera età, per i
quali sarebbe più adeguata una risorsa famigliare, costano fino a sei volte di
più di quanto non sia il rimborso per una famiglia affidataria che accoglie un
minore. Anche gli operatori delle case famiglie, delle comunità familiari e
delle comunità educative sono stati messi costantemente in discussione e in
forte difficoltà, rischiando maltrattamenti, discredito per il loro operato,
fomentati dall’ignoranza insensibile della gogna mediatica che ha speculato su
tutto il sistema di prevenzione, sostegno, supporto e protezione. Le nostre
comunità hanno invece bisogno di assistenti sociali che ci credano e che siano
tutelati, di insegnanti che continuino senza paura a segnalare i sospetti casi
di violenza, di personale educativo sensibile, di un pronto soccorso efficiente
e attento, di pediatri coraggiosi, di psicologi, di comunità di accoglienza che
sappiano coniugare professionalità e amore.
Abbiamo bisogno di una
comunità intera che sappia mettere il bene del minore al primo posto.
Il
sistema dei servizi di protezione dei minori è assolutamente necessario e non è
accettabile che la slavina mediatica, alimentata per ragioni meramente
strumentali, li indebolisca o li faccia sentire sotto accusa. L’affido e le
altre tipologie di accoglienza sono a supporto anche alle famiglie di origine.
L’affidamento è infatti uno strumento temporaneo che permette ai genitori di
essere sostenuti per poter superare momenti particolarmente difficili.
Attraverso un attento sostegno, laddove sia possibile, ci sono famiglie che
aiutano famiglie, un’azione civica che in questi ultimi quattro anni è stata
ingiustamente umiliata. Non smetteremo mai di ricordare che tutte le azioni di
protezione e di sostegno sono sempre decretate dai Tribunali Civili e Minorili,
nel prioritario interesse del minore e per il sostegno alla famiglia di
origine. I minori hanno bisogno di questi servizi fondamentali perché: - non
sono ‘proprietà’ dei genitori che li hanno messi al mondo - purtroppo, esistono
anche genitori che non riescono a svolgere il loro importantissimo ruolo, anche
solo temporaneamente.
Per questi motivi non smetteremo di impegnarci ogni giorno per la
sicurezza e il benessere dei bambini, la qualità della democrazia, la
possibilità di costruire insieme un futuro migliore per tutti (seguono
oltre 700 firme e non è finita).
domenica 5 novembre 2023
venerdì 3 novembre 2023
ABUSI ZERO
Ci vediamo in piazza casotti sabato 11 novembre, alle ore 11. Vi terremo aggiornati qui con i dettagli organizzativi. Per ora fate girare l’invito. A presto!
mercoledì 1 novembre 2023
AL CENTRO DEL MONDO
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Una celebrazione liturgica animata e colorata |
La
missione diocesana in Amazzonia
Paolo
Cugini
Lo
diceva una mia carissima amica, che ha trascorso qualche mese nella missione
diocesana a Santo Antonio do Iça: in Amazzonia c’è tutto. Lo diceva non
solamente pensando alla biodiversità, alla ricchezza della flora e della fauna,
ma a tutta un’altra serie di elementi che spesso ci sfuggono, per il semplice
fatto che non li conosciamo. Del resto, l’Amazzonia per noi cattolici è venuta
alla ribalda a causa del sinodo che si è tenuto a Roma nell’ottobre del 2018,
proprio sul tema della Chiesa dell’Amazzonia. Senza dubbio, prima del sinodo sapevamo
qualcosa di questo territorio immenso, dei suoi fiumi, della foresta immensa,
del problema della deforestazione. C’è, comunque di più. Non avrei mai pensato o immaginato che i
fiumi di questo immenso territorio potessero seccarsi, eppure così è stato
proprio recentemente. Ne sanno qualcosa don Gabriele Carlotti e don Gabriele Burani,
che stanno attuando ai confini con la Colombia e che sono abituati a spostarsi
sui fiumi. La siccità che ha colpito il territorio amazzonico, considerata la
più grande siccità mai vista, ha provocato l’abbassamento impressionante degli
affluenti del rio delle Amazzoni, con il conseguente arresto delle
comunicazioni. Mercati vuoti a causa della mancanza dell’arrivo delle merci, un
numero impressionante di pesci morti a causa della temperatura elevatissima dei
fiumi. Il cambiamento climatico, i cui effetti si stanno sentendo dappertutto,
è al centro del dibattito non solo sociopolitico, ma anche ecclesiale. Ne ha
parlato Papa Francesco nell’enciclica Laudato sii e, più recentemente, nell’esortazione
apostolica Laudate Deum. Affermando che: “Per quanto si cerchi di
negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento
climatico sono lì, sempre più evidenti.” E noi li stiamo vedendo bene, da
vicino.
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I responsabili della Facoltà Cattolica di Manaus |
La
Chiesa di Reggio Emilia e Guastalla è qui in Amazzonia e tocca con mano i
disastri di un’economia predatoria, che non guarda in faccia a niente e a
nessuno, pur di raggiungere i propri obiettivi. In queste settimane a Manaus,
che è la capitale e in cui vivo da alcuni mesi, ci siamo spesso alzati alla
mattina avvolti dal fumo causato dagli incendi, quasi sempre dolosi, nelle
foreste limitrofe alla città. Essere a Manaus è importante non solo per il
lavoro formativo svolto nella Facoltà Cattolica, in cui studiano anche i
seminaristi di tutta l’area amazzonica, ma anche per accompagnare da vicino le
attività della REPAM (Rete Ecclesiale Panamazzonica) e della CEAMA (Conferenza
Ecclesiale dell’Amazzonia), un organismo ecclesiale che promuove la sinodalità
e specifica linee di azione pastorale per creare comunità cristiane capaci di
donarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino a dare alla Chiesa volti nuovi con
caratteristiche amazzoniche, come ha detto Papa Francesco nell’Esortazione
apostolica post-sinodale Querida Amazonia.
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Manifestazione per le strade della città da parte delle pastorali sociali della diocesi |
E
poi ci sono i popoli indigeni, che provocano la nostra riflessione. Alcuni
giovani delle tribù indigene sono miei studenti. Nel corso di antropologia
filosofica ho attivato un seminario in cui ho chiesto loro di riflettere sulla
proposta di uomo e di donna elaborato nei secoli dalle comunità indigena.
Dinanzi alla mia proposta mi hanno fatto subito notare, che non sono giovani di
un’unica tribù, ma di varie, con lingue e culture differenti. È questa
differenza che ci sfugge. Una diversità culturale, che i popoli indigeni hanno
difeso e continuano a difendere dall’arroganza tipicamente Occidentale, che si
ritiene superiore e migliore. Se la foresta Amazzonica, con tutta la sua
ricchezza di biodiversità è ancora al suo posto, lo si deve ai popoli indigeni,
che l’hanno difesa e continuano difenderla dall’aggressione vergognosa e
predatoria delle grandi multinazionali che, pur di sfruttare il territorio, con
le loro ruspe distruggono tutto ciò che si trovano dinanzi, compresi i villaggi
dei popoli indigeni, che sono qui da sempre.
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Animazione liturgica con alcuni simboli dell'Amazzonia |
Camminare ecclesialmente in questo immenso territorio significa mettersi in ascolto, per non rischiare di compiere gli stessi errori di coloro che vengono in Amazzonia solo per sfruttare. Diceva Papa Francesco a Puerto Maldonado, in Perù nel giugno del 2018. “Grazie per la vostra presenza e perché ci aiutate a vedere più da vicino, nei vostri volti, il riflesso di questa terra. Un volto plurale, di un’infinita varietà e di un’enorme ricchezza biologica, culturale, spirituale. Abbiamo bisogno della vostra saggezza e delle vostre conoscenze per poterci addentrare, senza distruggerlo, nel tesoro che racchiude questa regione”. Siamo qui in Amazzonia perché abbiamo bisogno di loro, per imparare a convivere con la natura, a rispettarla, ad amarla. Siamo qui per imparare a vivere il Vangelo in modo più semplice ed essenziale. Siamo qui per imparare a fare comunità mettendoci in cerchio, come fanno i popoli indigeni e come è avvenuto al Sinodo appena concluso, per ascoltare tutti e tutte. Siamo molto contenti di essere qui e di condividere questo cammino con voi.