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Santo Antonio do Iça in un giorno di festa |
Articolo di: Bruno Abbud
Traduzione: Paolo Cugini
Articolo apparso il 28 aprile
2025 sulla rivista online: SUMAÚMA
[https://sumauma.com/piratas-trafico-e-garimpo-um-rio-na-rota-do-crime-na-fronteira-da-amazonia/].
Questa è una storia di pirati, di
chi li combatte, di crociate, uomini potenti e ortaggi ingannevoli. Ma è
tutt’altro che finzione. È lo specchio di una realtà complessa che mostra come
i confini immaginari di un fiume che attraversa quattro paesi permettano alla
criminalità organizzata di avanzare senza freni e trarre profitto dalla
distruzione dell’Amazzonia.
Nota: (Il "garimpo" è un'attività di estrazione mineraria su piccola scala, spesso illegale, concentrata in America Latina, in particolare in Brasile e Guyana. Consiste nell'estrarre oro, pietre preziose o altri minerali da fiumi e depositi, utilizzando metodi e attrezzature rudimentali. La pratica del garimpo, soprattutto nelle sue forme clandestine, è nota per i gravi danni ambientali e per la non osservanza delle norme di sicurezza, sebbene esistano anche pratiche regolamentate che mirano a garantire sostenibilità economica e ambientale).
Capitolo 1. Le cipolle
Il 6 gennaio, un lunedì, una
cuoca prese una cipolla per preparare il pranzo a Santo Antônio do Içá, un
comune nello stato dell’Amazonas, al confine con la Colombia. Sollevandola,
sentì che era più pesante del solito e chiamò il suo datore di lavoro. L’uomo
prese un coltello e cercò di incidere la buccia, ma all’interno trovò una
sostanza dura e giallastra: era pasta base di cocaina.
La cipolla ripiena di
stupefacente era stata acquistata il sabato precedente dalla suocera, raccontò
l’uomo portando l’ortaggio alla Base Garateia della Polizia Federale, una casa
in ristrutturazione che ospita due agenti, a volte tre, e che è responsabile
del controllo di una delle rotte del narcotraffico più trafficate al mondo. Era
stata comprata al supermercato Içaense, il più grande di Santo Antônio do Içá,
di cui uno dei soci è il sindaco della città, Walder Ribeiro da Costa, noto
come Cecéu, del MDB. In casa dell’uomo furono trovate altre due cipolle ripiene
della stessa droga. I poliziotti andarono quindi al supermercato, controllarono
cipolla per cipolla, ma non trovarono più cocaina.
Una settimana dopo, però, accadde
di nuovo. Un altro abitante portò a casa nuove cipolle ripiene di droga,
acquistate sempre al supermercato del sindaco. Quel sabato, quando fu comprata
la prima “cipolla battezzata”, la Polizia Militare aveva sequestrato, su
segnalazione anonima, un sacco di cipolle ripiene con 16 chili di pasta base di
cocaina vicino al porto della città. Raffinata, la sostanza si trasforma in
cloridrato di cocaina, la polvere bianca il cui chilo può valere centinaia di
migliaia di dollari all’estero. “Quando hanno sequestrato quel sacco, la droga
era già nel supermercato del sindaco”, ha detto un poliziotto che ha parlato
con SUMAÚMA sotto anonimato.
Le cipolle ripiene di droga erano
state comprate al mercato Içaense, che appartiene al sindaco. Il direttore del
mercato ha raccontato che le cipolle facevano parte di un ordine di dieci
sacchi da un fornitore di Tabatinga, la città più grande della regione,
anch’essa al confine con la Colombia, a nove ore di motoscafo – e il fornitore
era un brasiliano di origine peruviana.
Per indagare sul caso sono state
aperte due inchieste, una dalla Polizia Civile dell’Amazonas, l’altra dalla
Polizia Federale. Entrambe sono in corso. Inizialmente, secondo quanto appurato
da SUMAÚMA, il sindaco non risulta indagato. A fine marzo, il commissario di
Santo Antônio do Içá, Ubiratan Farias, intendeva mettere a confronto il
direttore del mercato e il fornitore delle cipolle, sospettando che uno dei due
avesse mentito durante la deposizione.
Il caso delle cipolle misteriose
illustra la complessità della vita alle frontiere amazzoniche, dove la
criminalità organizzata si mescola tra paesi diversi e circola liberamente per
l’assenza dello Stato. Il confine, lì, non è una barriera con doganieri che
controllano ogni documento; è solo un fiume, attraversato da barche senza alcun
controllo o impedimento. A volte c’è solo una base dell’Esercito responsabile
di aree vastissime. Alle frontiere tra i paesi, le barche navigano liberamente
senza alcuna barriera doganale
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Fiume Iça |
Capitolo 2. Le fazioni
In quelle acque non si sa dove
inizi o finisca un paese. E la criminalità organizzata si confonde tra le varie
nazionalità, come mostra un’inchiesta giornalistica guidata dalla Rete
Transfrontaliera di OjoPúblico, del Perù, in collaborazione con SUMAÚMA e i
quotidiani La Silla Vacía (Colombia) e Código Vidrio (Ecuador). L’inchiesta
rivela che il traffico di droga è presente in sette località su dieci al
confine amazzonico di quattro paesi: Brasile, Perù, Colombia ed Ecuador. In
molte, agiscono diverse fazioni, a volte di paesi diversi, che collaborano tra
loro. Santo Antônio do Içá è una di queste località. Al mattino il traffico di
moto è già frenetico; i passeggeri portano spesso pesci appesi per la bocca,
senza casco sotto il sole cocente. Le strade sono piene di buche e la polvere
avvolge i quartieri davanti all’immensità del fiume. Il comune, quasi 28mila
abitanti, è il punto dove sfocia il Rio Içá, che nasce sulle Ande colombiane
col nome di Putumayo e serpeggia per quasi 2.000 km tra i confini di Colombia,
Ecuador e Perù fino all’Amazzonia brasiliana, dove si unisce al Rio Solimões
(nome dato al Rio delle Amazzoni in quella zona). Per questo motivo, l’Içá è
diventato essenziale per la logistica del trasporto della droga prodotta nelle
valli dei paesi vicini. È l’unico fiume amazzonico che attraversa i quattro
paesi. Le sue acque torbide scorrono in zone di foresta fitta e poco
sorvegliata, portando in Brasile cocaina e marijuana prodotte nei paesi
confinanti. “Ogni giorno. Di notte inizia il flusso delle barche”, racconta un
Indigeno che vive vicino al fiume. “Sì, è di notte che si muovono [i
trafficanti]”, conferma un abitante.
Le cipolle ripiene di droga sono
parte di un ecosistema dominato da fazioni criminali, garimpeiros, imprenditori
e politici ricchi che traggono profitto anche dalla distruzione ambientale. E
c’è un’aggravante: le fazioni criminali del Sud-Est del Brasile, più
organizzate, da una decina d’anni hanno intensificato la loro presenza nel nord
e professionalizzato la gestione delle frontiere. Prima gestite da criminali
locali, le rotte illegali – anche di armi – sono ora in mano a gruppi come il
Primeiro Comando da Capital (PCC) di San Paolo e il Comando Vermelho (CV) di
Rio de Janeiro, racconta il ricercatore César Mello, colonnello in pensione
della Polizia Militare del Pará e membro del Forum Brasiliano di Sicurezza
Pubblica.
Secondo Mello, il Comando
Vermelho è arrivato con forza nell’Amazzonia brasiliana nel 2017, dopo
l’uccisione di Jorge Rafaat Toumani, ex re delle frontiere in Paraguay, per
mano del PCC. La frontiera paraguaiana era una delle principali rotte della
droga nel paese e, una volta conquistata dal PCC, rivale del CV, la fazione di
Rio de Janeiro ha deciso di concentrare gli sforzi a nord, ai confini con
Colombia e Perù. “La FDN, Família do Norte, che era la terza fazione del
Brasile, controllava quelle rotte, ma in modo amatoriale. Dopo la morte di
Rafaat e il dominio del PCC sulla rotta paraguaiana, il Comando Vermelho si è
spostato a nord per non lasciare tutto al PCC, altrimenti non avrebbe più avuto
accesso alla droga. Sono arrivati con forza e oggi hanno consolidato la rotta”,
afferma Mello.
Nel 2024, 15 tonnellate di
cocaina sono state sequestrate dalle forze di sicurezza statali in Amazonas –
il doppio rispetto all’anno precedente. Nel primo trimestre del 2025 sono state
sequestrate 11 tonnellate di stupefacenti (di ogni tipo), di cui una tonnellata
nella regione della Triplice Frontiera, dove si trova Santo Antônio do Içá. In
tutto il Brasile, nel 2024, la Polizia Federale ha confiscato 74,5 tonnellate
di cocaina, un dato in calo rispetto alla media degli ultimi cinque anni,
secondo l’organizzazione Fiquem Sabendo. La Segreteria di Sicurezza Pubblica di
Amazonas afferma di aver intensificato le azioni di controllo.
Secondo le Nazioni Unite, oltre i
confini amazzonici brasiliani – in Perù, Colombia e Bolivia – ci sono 355mila
ettari di coltivazioni di foglie di coca, il doppio della superficie della
città di San Paolo. Il rapporto stima che nel 2022 queste coltivazioni abbiano
prodotto 2.757 tonnellate di cocaina pura, contro le 869 tonnellate stimate nel
2014: un aumento del 217% in otto anni. Sempre secondo l’ONU, nel 2022 c’erano
23,5 milioni di consumatori di cocaina nel mondo.
A Santo Antônio do Içá, oltre al
carico di cipolle ripiene di droga, a febbraio scorso è stata sequestrata una
tonnellata di marijuana skunk sul Rio Içá dall’Esercito. In agosto, a Benjamin
Constant, vicino, sono state scoperte 4 tonnellate di cocaina: il più grande
sequestro di droga nella storia dell’Amazonas.
Secondo la polizia e gli abitanti
ascoltati da SUMAÚMA, buona parte dei carichi clandestini intercettati nella
regione passa sul Rio Solimões nelle ore notturne, davanti a Santo Antônio do
Içá. Tuttavia, la maggior parte transita indisturbata, sia sul Solimões sia
sull’Içá. Oltre al narcotraffico, le fazioni ora controllano anche i crimini
ambientali: gestiscono il garimpo e la pesca illegale, la deforestazione e la
biopirateria, secondo il consulente del Forum di Sicurezza Pubblica.
A Santo Antônio do Içá, il
traffico rimane sotto il controllo del Comando Vermelho, secondo dati del
Forum. Tuttavia, altre fazioni coesistono nell’Alto Solimões. Spesso la lotta
per il territorio sfocia in conflitti, aumentando il tasso di omicidi. La vicina
Tabatinga, ad esempio, è tra le 50 città più violente dell’Amazzonia Legale tra
il 2021 e il 2023, con una media di 77,4 vittime ogni 100mila abitanti. Nello
stesso periodo, la media nazionale è stata di 23,4, quella dell’Amazzonia
Legale di 33,4 (+42,4% rispetto al dato nazionale). In alcuni casi, però, le
fazioni si accordano per controllare attività diverse, riducendo i conflitti.
Santo Antônio do Içá ne è un
esempio. In un pomeriggio di marzo, sui muri logorati dal sole e dalla pioggia
al centro della città si leggono le sigle delle fazioni: “CV-AM” su uno, “PCC”
su un altro. “Il PCC ora è più legato ai garimpos nel Nord, il CV alle droghe”,
dice Mello. Qui, la media degli omicidi intenzionali è bassa: meno di nove
vittime ogni 100mila abitanti tra il 2021 e il 2023.
Le fazioni rivali spesso
coesistono nello stesso comune, ma si accordano per controllare attività
criminali diverse
Secondo la terza edizione dello
studio “Cartografie della Violenza nell’Amazzonia”, pubblicato dal Forum nel
dicembre 2024, la presenza di fazioni è stata identificata in 21 dei 62 comuni
dell’Amazonas. In 13 ce n’era solo una; in otto, due o più. Il Comando
Vermelho, egemone in dieci città, è presente in tutti e 21 i comuni, anche dove
ci sono altre fazioni. Altri tre comuni sono controllati dai Piratas do
Solimões, fazione locale, e altri tre dal PCC.
Lo studio rivela anche che nel
Rio Içá ci sono “indizi della presenza” di fazioni colombiane “alleate del CV
per il rifornimento di marijuana e cocaina, trasportate per fiume”. Nella
regione del Putumayo predomina il gruppo Comandos da Fronteira (in spagnolo,
Comandos de la Frontera), noto anche come “La mafia di Sinaloa”, dal soprannome
di uno dei vecchi leader, Pedro Oberman Goyes detto “Sinaloa”, assassinato da
un complice nel 2019. Formata da circa mille ex guerriglieri dissidenti delle
Farc, la fazione è nata nel 2017 dopo gli accordi di pace in Colombia. Nel Rio
Içá si occupano della droga e del trasporto; i criminali brasiliani pensano a
distribuirla nelle capitali, seguendo la rotta del Rio delle Amazzoni fino a
Manaus.
Il Forum di Sicurezza Pubblica
indica che il Solimões, che riceve le acque dell’Içá, è la principale rotta dei
trafficanti: collega Brasile, Perù e Colombia nella regione della Triplice
Frontiera Nord. Poi vengono altri fiumi: Javari, Içá, Japurá, Juruá, Purus,
Negro e Mamoré, tutti nella regione dell’Amazzonia Occidentale (stati di
Amazonas, Acre, Roraima e Rondônia). Ancora secondo lo studio, la cocaina
arriva a Manaus attraverso il Rio delle Amazzoni e, lungo il percorso, viene
caricata su navi cargo per l’Africa e l’Europa. L’Amazzonia ha oggi dieci
comuni con infrastrutture portuali che “collegano la regione al mondo”. I
trafficanti usano anche “sottomarini artigianali”, capaci di trasportare droga
“dalla Colombia fino ad altri continenti, attraversando l’Amazzonia per i fiumi
Solimões e Amazzoni”.
Al mattino, a Santo Antônio do
Içá – dove sei abitanti su dieci ricevono il Bolsa Família e il monitoraggio
della frequenza scolastica da parte delle autorità pubbliche è al di sotto
della media nazionale – il porto è affollato. L’odore di pesce e di salatini
appena sfornati invade il capannone. A pochi metri dai muri imbrattati, i
residenti della città sono venuti a ricevere i pescatori e a contrattare i
pesci catturati durante la notte. Tambaquis. Surubins. Bodós. Pirapitingas. Un
caimano senza testa. L’abbondanza del fiume contrasta con la povertà della
città, composta per la maggior parte da case di legno prive di servizi
igienici. Cani maltrattati e malati si aggirano agli angoli delle strade. C’è
una donna accovacciata con una pentola sopra la legna che brucia. Strade
dissestate, salite ripide. La miseria. Una realtà che Vilma (nome di fantasia),
35 anni, vive fin da bambina. Tossicodipendente, cammina per il porto, mentre
apre la borsa e tira fuori una busta di plastica piena di riso cotto. Prende il
cibo con le mani e comincia a mangiare. “Manca la farina”, dice, e getta il
cibo ai pesci. “Detesto mangiare senza farina.” Si raddrizza, si fa seria e
fissa un uomo ubriaco in lontananza, che si avvicina barcollando. “Zio, siediti
qui”, dice Vilma, cercando di aiutare l’uomo. “Quello è mio zio”, afferma. “Mi
ha stuprata quando avevo 7 anni.”
Le case di Benjamin Constant e i
ribeirinhos di Santo Antônio do Içá fanno parte del paesaggio del ‘territorio
narco’. I mototassisti circolano ovunque. La coda rosa di un boto salta fuori
dall’acqua. Le casse acustiche diffondono reggaeton colombiano, segno
dell’influenza del paese vicino. “Nella musica, nel cibo, in tutto…”, dice una
residente. Quando si alloggia in un hotel, la colazione è anche a base di
patacón. “I trafficanti, a volte, nascondono un carico nel fiume, nel bosco. Il
pescatore che si avvicina muore”, racconta un abitante del porto. “Ne sono già
morti due così”, prosegue. “Affondano la droga [nel fiume], resta sommersa per
giorni, poi trovano il modo di farla riemergere.” Di notte, il Rio Içá è molto
buio, dice.
Capitolo 3. Le miniere d’oro e
la setta
“Ora pagano i colombiani, se
hanno bisogno di scappare dall’altra parte [della frontiera, per sfuggire alla
polizia]”, dice una leader, che ha preferito restare anonima. Si riferisce ai
cercatori d’oro che operano nel territorio di Santo Antônio do Içá. Si spingono
sempre più lontano, risalendo il Rio Içá, negli igarapé e sul Rio Puretê,
soprattutto dopo che l’anno scorso la Polizia Federale ha fatto esplodere le
chiatte con le draghe. Attualmente, la maggior parte delle draghe si concentra
sul Puretê, più vicino al confine con la Colombia, afferma.
Il Puretê, che alimenta l’Içá,
nasce anch’esso nel paese vicino ed è sempre più colmo di sabbia e ghiaia. Le
draghe aspirano il letto del fiume e lo sputano sulle rive, insieme al
mercurio. Nel tratto che attraversa il confine, il Puretê è deserto. Non dispone
di una base del Pelotone Speciale di Frontiera dell’Esercito brasiliano, come
accade sulle rive del Rio Içá, a Ipiranga, un villaggio militare con una pista
d’atterraggio e una comunità di circa mille persone, che segna la separazione
con la Colombia.
Il viaggio tra il confine e Santo
Antônio do Içá richiede almeno dodici ore di motoscafo – o settimane, seguendo
un vecchio sentiero nella foresta che parte da Tarapacá, in Colombia, racconta
una residente. Lungo il percorso sul fiume, si incontra Vila Alterosa do Juí,
una comunità fondata da José Francisco da Cruz, detto Fratello José, leader di
una setta religiosa chiamata Ordine Incrociato Evangelico Cattolico Apostolico,
o Fratellanza della Santa Croce – una religione che mescola cattolicesimo ed evangelismo
–, che nel 1972 iniziò a piantare croci rosse sulle sponde dell’Alto Solimões e
dell’Içá, tanto che oggi ci sono più comunità della “Cruzada”, come è noto il
culto nella regione, che cattoliche o evangeliche.
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Cercatori d'oro |
“Lì [i cercatori d’oro] hanno una
base di rifornimento, le draghe vengono costruite lì. C’è un’officina, c’è
tutto”, dice una leader in anonimato. Attraversando il fiume, “ci sono droni
che ti sorvegliano”, raccontano altri tre residenti della zona. “Quando passi
sul Puretê, già c’è un drone che ti riprende. Dei cercatori d’oro”, afferma un
abitante che lavora nella salute indigena e visita spesso le comunità. “Qui
tutti sanno tutto, ma nessuno dice niente”, aggiunge un altro.
Nella Vila Alterosa do Juí, un
villaggio di circa 5 mila persone situato nel mezzo del Rio Içá – raggiungibile
solo via acqua o aria, circondato da chilometri di foresta preservata –, la
Cruzada ha una propria guardia. La località è vicino alla foce del Rio Puretê,
che, come l’Içá, porta in Colombia. “Oggi sono circa 3 mila a seguire questa
setta”, dice il parroco di Santo Antônio do Içá, Gabriel Carlotti. Indica le
poche chiese cattoliche su una mappa del Rio Içá. La maggior parte delle
comunità appartiene alla Cruzada. Le donne indossano vestiti fino alle
ginocchia e portano una croce sul petto. I seguaci sono obbligati a partecipare
a due culti al giorno e proibiti di praticare sport – “Perché, se si fanno
male, come lavorano?”, dice Bento Kokama, un seguace, nel villaggio São José,
dove vivono fedeli della setta. Il sociologo Pedrinho Guareschi ha registrato
che il fanatismo religioso serviva da strumento ai colonnelli interessati a
sfruttare la manodopera indigena. Morto negli anni ’80, il missionario Fratello
José è sepolto nel villaggio. Attualmente, il suo successore, noto come pastore
Damásio, alleva bufali e gestisce la raccolta della chiesa. Il pastore non è
stato rintracciato dal reportage.
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Una delle chiese della Cruzada sul riuo Iça |
Le chiese della Cruzada sono
diffuse nelle comunità dove è presente anche l’attività mineraria. Il garimpo
insidia anche le comunità indigene della regione. Sinésio Trovão, leader Tikuna
della Terra Indigena Betânia, a 20 chilometri da Santo Antônio do Içá, racconta
che una volta un cercatore d’oro di Vila Alterosa do Juí gli ha offerto 500
mila reais per negoziare la permanenza delle draghe nella Terra Indigena per
una settimana. “In una notte hanno estratto due chili d’oro [illegalmente] da
lì [vicino]”, dice. Sinésio ha rifiutato la proposta.
Costruita su un enorme dirupo che
ospitava villaggi e un carcere eretto dai portoghesi durante la colonizzazione,
Santo Antônio do Içá fu fondata nel 1956. Vi vivono ancora indigeni Tikuna, i
Magüta, e anche Kambeba, Kokama e Kaixana, molti dei quali ricordano i
maltrattamenti e la violenza perpetrati dai bianchi. “Un tempo, dagli anni ’40
in poi, gli indigeni prendevano molte botte dai fazendeiros [usurpatori di
terre] che sfruttavano bestiame e gomma in questa regione”, racconta Sinésio.
Secondo lui, missionari statunitensi arrivarono e portarono via gli indigeni
dall’area che oggi è la città, conducendoli sulle rive del Rio Içá, dove si
trova Vila Betânia. Lì vivono circa 5 mila indigeni. All’epoca, gli stranieri
insegnarono ai Tikuna a pregare e li vestirono con abiti da bianchi. Alle
undici del mattino, nella maloca del villaggio, tuttavia, preservano la loro
lingua. Un adolescente ascolta su YouTube, con il cellulare collegato a
un’antenna Starlink, musica in lingua Tikuna. Sinésio organizza escursioni di
francesi e tedeschi che partono da Bogotá per trascorrere qualche giorno nel
villaggio.
Un tempo, i corpi galleggiavano
giù per l’Içá, raccontano gli anziani, come il vice-capovillaggio Bernardino
Tikuna. Oggi, il problema sono i furti di lance e motori fuoribordo durante la
notte. “Qui hanno già rubato sei canoe e barche, vengono di notte”, dice
Bernardino. “Rubano le canoe agli indigeni per andare a prendere la droga. Ne
hanno già rubate molte”, aggiunge Sinésio. Gli indigeni, come i Tikuna,
resistono con i loro rituali e la loro cultura, nonostante le pressioni della
criminalità organizzata.
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Padre Gabriele Carlotti mentre celebra in una delle comunità del fiume Iça |
A Santo Antônio do Içá da cinque
anni, padre Carlotti, un italiano magro dagli occhi chiari che ha
vissuto per 17 anni in Bahia, di tanto in tanto naviga sul Rio Içá per visitare
le comunità cattoliche. Con una lancia comprata dal Vaticano, dotata di sonar,
riesce a visualizzare il letto del fiume. “Si vedono solo buchi”, dice,
riferendosi ai segni lasciati dalle draghe. Durante le messe in città, il
sacerdote pronunciava discorsi a favore dell’ambiente, criticando i cercatori
d’oro. Non ci è voluto molto perché gli arrivasse una minaccia di morte. Era un
avvertimento. “L’importante è che il fiume sia preservato da qualsiasi
inquinamento che avveleni le acque, i pesci e le persone”, afferma Carlotti. La
Chiesa Cattolica ha distribuito serbatoi d’acqua lungo l’Içá affinché i
ribeirinhos potessero raccogliere acqua piovana, evitando il mercurio nel
fiume.
Il commissario di polizia civile
di Santo Antônio do Içá, Ubiratan Farias, da poco più di un anno in carica, non
va spesso sul Rio Içá. “È un punto di rifornimento loro [dei cercatori d’oro],
con il sostegno di parte della popolazione”, afferma. Racconta di aver dovuto
annullare una missione sull’Içá per paura di un’imboscata. “Ci vado solo con
una .50 [mitragliatrice] e dieci uomini”, dice, con una pistola alla cintura e
un fucile appeso alla parete, nel suo ufficio in commissariato. Può contare
solo su due investigatori, due cancellieri e uno stagista, oltre a una coppia
di agenti federali che risiedono in città. Il commissario gestisce anche due
celle con 23 detenuti, più due donne che, per mancanza di spazio, hanno dovuto
alloggiare in cucina. Dei 1.182 rapporti di reato registrati dal febbraio 2024
nel comune, crocevia del narcotraffico, 270 sono per furto. Ladri che rubano
per comprare droga, dice il commissario. Mentre parlava, ha dovuto liberare uno
di loro, trovato con un cellulare rubato, per mancanza di spazio in carcere. La
questura non ha una lancia propria e il carcere più vicino dista nove ore, a
Tabatinga. Secondo il commissario, solo cinque casi di traffico sono stati
registrati nell’ultimo anno. Le difficoltà strutturali aiutano a spiegare il
numero basso.
Alla Base Garateia della Polizia
Federale ci sono una lancia e due agenti. “La direttiva della direzione è ‘non
rischiare la vita, lascia passare’ [la lancia con la droga]. Più avanti c’è la
Base Arpão”, dice uno di loro, riferendosi al posto di sorveglianza della PF
lungo il Rio, a Coari. Così, i poliziotti si concentrano sulle attività di
Intelligence, afferma. La base della Polizia Federale si dedica ad ‘attività di
Intelligence’ e il commissario della Polizia Civile va sul Rio Içá solo ‘con
una .50 [mitragliatrice] e dieci uomini’.
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Pirati attaccano un'imbarcazione sul fiume Iça |
Capitolo 4. Pirati e politici
Una mattina di marzo, verso le
10, il supermercato Içaense, che si trova in una strada trafficata di Santo
Antônio do Içá, era pieno di gente. Fuori, bancarelle di agricoltori vendevano
banane, farina e sacchi di Uxi. Con oltre dieci file di prodotti in un enorme
capannone, il supermercato è solo uno dei tanti affari del sindaco. Cecéu era
già imprenditore, proprietario anche di un negozio di materiali da costruzione
e della lotteria della città, prima di diventare sindaco. Rieletto per il
secondo mandato lo scorso ottobre, è entrato in politica nel 2020, durante la
pandemia, con un patrimonio importante: 2 milioni di reais, inclusi quattro
camion, due pick-up, una pala caricatrice e un trattore cingolato. Quattro anni
dopo, lo scorso ottobre, il suo patrimonio è aumentato del 21%, arrivando a 2,4
milioni di reais.
Cecéu è stato introdotto alla
politica da un padrino: l’ex sindaco Abraão Magalhães Lasmar, uno dei maggiori
imprenditori della città, che ha amministrato il comune per due mandati, dal
2013 al 2020. Lasmar controlla il commercio dei carburanti a Santo Antônio do
Içá. L’edificio più grande del centro, il ristorante Diamante, è suo. Ma i due
si sono separati. L’anno scorso, Lasmar ha perso le elezioni comunali contro
l’ex alleato.
Anche l’ex sindaco ha avuto
successo nell’aumentare il patrimonio. Nel 2016, quando fu eletto per il
secondo mandato, Lasmar dichiarò un patrimonio di 444 mila reais. L’anno
scorso, il valore è salito a 1,7 milioni di reais – un aumento del 283%. Sia
Cecéu sia Lasmar sono indagati in un’inchiesta della Polizia Federale, aperta
nel 2021, per sospetto di finanziamento di organizzazione criminale,
riciclaggio di denaro, occultamento di patrimonio, appropriazione indebita di
denaro pubblico ed evasione fiscale. Nel 2007, un familiare di Abraão Lasmar,
José Magalhães Lasmar, noto come “Martelo”, è stato accusato dal Ministero
Pubblico Federale di aver trafficato 34 chili di cocaina. I procuratori hanno
descritto Martelo come “commerciante e proprietario di chiatte a Santo Antônio
do Içá, trasportatore e uno dei maggiori fornitori di cocaina nello stato
dell’Amazzonia”.
Interpellati, né l’ex sindaco
Abraão Lasmar né l'attuale sindaco di Santo Antônio do Içá, proprietario del
supermercato, hanno voluto rilasciare dichiarazioni. José Magalhães Lasmar non
è stato rintracciato.
Il 27 febbraio, Santo Antônio do
Içá ha mostrato la complessità dell’azione delle organizzazioni criminali. Una
chiatta è stata assaltata dai pirati sul Rio Solimões, all’altezza di
Tonantins, a 32 chilometri da Santo Antônio do Içá. Durante l’assalto, un terzo
battello è apparso sparando colpi che hanno ucciso due membri dell’equipaggio.
Erano trafficanti, ha raccontato un agente federale a SUMAÚMA, “che sono
arrivati sparando” ai pirati. Il coinvolgimento dei trafficanti in questo caso
non è ancora del tutto chiaro. Meno di una settimana dopo, due presunti pirati
coinvolti nel crimine sono stati uccisi dalla Polizia Militare a Benjamin
Constant e tre sono stati arrestati. Tra gli oggetti sequestrati, c’era un
drone. I poliziotti sospettano che la chiatta trasportasse carburante per una
miniera d’oro a Jutaí, lì vicino. La PF sta analizzando una registrazione
dell’accaduto, ancora sotto indagine. “Ci sono molti furos [piccoli fiumi]. I
pirati offrono la scorta [ai trafficanti]. Ma se non si paga la scorta, possono
diventare pericolosi e prendere il carico degli altri”, afferma il commissario
Ubiratan Farias.
“I pirati mettono droni sul
fiume, per vedere le barche che passano. Preferiscono rubare droga e oro. Sono
professionisti, molto armati. In questo tratto tra Tabatinga e Tefé ce ne sono
molti”, dice il capo macchinista della lancia, 70 anni, quattro dei quali
passati a navigare sul Rio Solimões. Quando approda a Santo Antônio do Içá,
rimane in silenzio, prima di confessare: “Lavoro con paura”.
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Presenza dell'esercito sul fiume Iça |
Cosa dice l’Esercito
Il Ministero della Difesa ha
dichiarato, in una nota, che nella regione dell’Amazzonia Occidentale, che
comprende Amazonas, Acre, Rondônia e Roraima, l’Esercito Brasiliano, tramite il
Comando Militare dell’Amazzonia, “mantiene un’attività permanente di preparazione
e impiego delle sue truppe, assicurando così uno stato di prontezza per
l’impiego di mezzi militari a favore della garanzia della sovranità nazionale”.
Ha sottolineato inoltre che il Rio Puretê rientra nella “zona di responsabilità
della 16a Brigata di Fanteria della Selva”, con un battaglione e tre pelotoni
speciali di frontiera.
L’Esercito brasiliano,
responsabile del monitoraggio delle frontiere, ha affermato in una nota che
opera nella Regione Nord del paese “giorno e notte tramite il Comando Militare
dell’Amazzonia e il Comando Militare del Nord, proteggendo la sovranità nazionale
e combattendo i reati in coordinamento con altri organi e agenzie”. Ha spiegato
che le operazioni sono rese difficili dalle “grandi dimensioni e dalla porosità
della frontiera terrestre brasiliana, particolarmente nell’Amazzonia, unite
alla grande complessità di accesso e logistica di permanenza”.
Ha evidenziato l’uso di azioni di
Intelligence e di sorpresa per massimizzare i risultati, perché “è noto che
l’azione quotidiana in una stessa località sposta il reato verso una zona meno
sorvegliata”. La nota afferma inoltre che un peloton, un battaglione e una
brigata operano nella regione e conducono un’Operazione Scudo permanente, che
“include il pattugliamento del Rio Içá e del Rio Puretê”.
Secondo l’Esercito, le azioni di
contrasto alla criminalità organizzata nella Frontiera Nord sono coordinate con
altri organi e agenzie federali, statali e comunali. “Nel 2025, l’Operazione
Ágata Congiunta Amazzonia, integrata al Programma di Protezione Integrata delle
Frontiere (PPIF), ha già avviato la fase di pianificazione e prevede l’inizio
delle azioni repressive nel mese di maggio”, ha sottolineato. “Come risultati
dell’Operazione Ágata Amazzonia nel 2024, si stima in 523,9 milioni di reais il
danno inflitto al crimine, con circa 3.842 azioni realizzate, tra cui il
sequestro di 4,20 tonnellate di pasta base e 697 chili di marijuana,
contribuendo così alla diminuzione dei reati transnazionali.” La nota ha
sottolineato inoltre che la Marina ha sequestrato più di 1 tonnellata di droga
durante una pattuglia sul Rio Içá, il 14 febbraio dell’anno scorso. E
l’Esercito ha sequestrato, a Santo Antônio do Içá, 1 tonnellata di marijuana
tipo skunk, il 27 febbraio 2025.
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