giovedì 23 ottobre 2025

PENSARE IL NUOVO PARADIGMA

 





Paolo Cugini

Sono ormai decenni che si parla di cultura postmoderna e di un mondo in cambiamento. Molti settori della cultura vengono definiti con il prefisso: post. C’è la percezione di un mondo dal quale si ha fretta a prendere le distanze, lo si vuole lasciar perdere. Le nuove generazioni nascono senza voler troppo sapere ciò che c’era prima, perché immerse nel qui ed ora, ma soprattutto nei mondi paralleli che le nuove tecnologie offrono. Comprendere il nostro mondo è un punto di partenza importante per imparare ad abitarlo in modo cosciente. Questo livello essenziale di comprensione della realtà non è semplice. Un aspetto che differenzia il nuovo contesto culturale con il vecchio è proprio questo dato. Siamo entrati in un mondo che è così complesso da rendere difficile una sintesi. Al contrario, il mondo moderno si caratterizzava per la semplicità del paradigma. Tutto, infatti, era riportato al soggetto, alla possibilità di descrivere ogni aspetto del sapere e della conoscenza in modo razionale, intellegibile. C’erano dei punti fermi nella modernità, che rendevano il dibattitto culturale possibile e comprensibile, perché le varianti in gioco erano conosciute da tutti. Oltre a ciò, la vita quotidiana era segnata da ritmi regolari, in cui religione, politica, giustizia e morale avevano un proprio spazio riconosciuto dalle altre forze in campo. Tutto sembrava armonico.

Eppure, nonostante le apparenze, tutto è crollato. La crisi ecologica che diviene sempre più evidente giorno dopo giorno e che preoccupa per i segnali di non ritorno che sta dando, è sotto gli occhi di tutti. La costante crisi economica su scala mondiale è il chiaro segnale che il sistema economico elaborato dalla modernità non era poi così efficiente. La crisi politica delle democrazie, che fanno fatica ad assorbire il costante dislivello delle classi sociali e l’aumento delle povertà, sta producendo il ritorno dei movimenti di estrema destra in tutto il mondo. Che dire poi della crisi che il cristianesimo sta vivendo, la religione che per secoli si è identificata con il mondo occidentale, elaborando magnifiche cattedrali, protagonista di ogni forma di intervento sociale creando scuole, università ospedali, sembra arrivato al capolinea. Sembra che in gioco ci sia proprio il modo di pensare tipicamente moderno, un modo che, cercando la perfezione, si è spesso dimenticato di includere la realtà e, con essa, la natura ogni volta che ha preteso di sistematizzare in uno schema il mondo ipotizzato. A mio avviso è questo metodo con il paradigma conseguente che è andato in crisi in modo definitivo. È la realtà che ha risposto ai sistemi elaborati nella modernità con un’invocazione sottesa: la ragione non può permettersi di ignorare la realtà. C’è dunque una razionalità che è sotto accusa, perché è la causa dei disastri a tutti i livelli che il mondo attuale sta assistendo. Il prefisso “post”, che troviamo oggi in varie dominazioni culturali, significa soprattutto la netta presa di distanza con quel modo di ragionare che sta portando al collasso il cosmo. Quella, dunque, che potremmo denominare la cultura del dopo, ha come significato sotteso la ricerca di una razionalità che sappia dialogare con la realtà e, soprattutto che non la inventi, creano mondi distopici, irreali, insensati. La cultura del dopo si trova, dunque, dinanzi un grande compito, quello di riscrivere i contenuti che guidano il vissuto quotidiano. La nuova razionalità ha come dovere fondamentale di mettersi in ascolto della realtà e, per questo, non può che entrare in contatto con la scienza, con ciò che coloro che ogni giorno sono in relazione con la natura, con il cosmo, con i micro e macrorganismo che osservano, comprendono, analizzano. È un cambiamento di paradigma fondamentale, che esige la disponibilità ad abbandonare per sempre quei metodi che sono alla base della distruzione del pianeta e delle culture.

I cambiamenti portano novità. Ciò vale, soprattutto, quando ci troviamo immersi in un cambiamento paradigmatico, come nel nostro caso. Cambiamento di paradigma significa cambiamento di mentalità, di modo di pensare, di valutare le cose. Non è facile assimilare il nuovo, perché richiede la disponibilità ad abbandonare il vecchio, a considerare sorpassati i modi di approccio alla realtà adottati per tanto tempo. Ci può convincere l’evidenza contundente sia del crollo sistematico del mondo che era, sia la forza travolgente del nuovo che avanza. La tentazione di chiudersi in se stessi, di fare finta che non stia accadendo nulla, mettere la testa sotto la sabbia non serve a nulla. Prima o poi occorre fare i conti con il nuovo che avanza a ritmi impressionanti. Sono nuovi criteri che sono entrati in gioco e che continuano ad entrare a causa della grande rapidità dei cambiamenti in atto. Proprio quello della rapidità è una delle caratteristiche peculiari del nuovo paradigma culturale in continua formazione. Rapidità significa, da una parte, la difficoltà di accompagnare i cambiamenti mentre, dall’altra, la grande capacità di adattamento alle nuove situazioni che vengono a crearsi. Si è, così, passati da un modo di vivere basato su valori che sembravano eterni, ad un modo di stare al mondo che dipende dagli eventi del tempo presente. Il dato della rapidità dei cambiamenti in atto pone l’attenzione sulla razionalità da attivare. Abituati nella modernità a tempi lenti, per certi aspetti eterni, nel senso che i punti di riferimento culturale non cambiavano mai, diventa difficile adattarsi ai nuovi ritmi di cambiamento.

Ci si può chiedere se per essere attuali sia necessario essere in grado di utilizzare tutto ciò che il nuovo quadro culturale offre. In fin dei conti, l’identità personale da cosa dipende? La risposta a questa semplice domanda rivela già il livello di cambiamento in atto. Se diciamo, infatti, che l’identità di una persona, il suo posto nella società e, dunque il suo valore, dipende da un riferimento ideale di valori che orientano il vivere comune, ci poniamo immediatamente nella ziona del “pre”, di ciò che era e che non è più. Una caratteristica di ciò che stiamo vivendo è la totale irrilevanza dei criteri assoluti, che hanno orientato il mondo occidentale per molti secoli. La ricerca del fondamento, caratteristico della metafisica classica, ricerca importante non solo nel mondo filosofico, ma anche religioso, non è più un bisogno avvertito dalle nuove generazioni. Ciò che oggi è importante e che dà valore all’identità personale è l’immagine, la visibilità. È attuale chi è visibile. Si prendono sempre più decisioni sia personali che collettive a partire dalle opinioni incontrate nelle piattaforme mediatiche. Vale ciò che pensano gli altri. Che poi si tratti di una massa manipolata, è un altro discorso. Entrare in questo mondo significa apprendere a navigare sulla debolezza di un pensiero che non cerca profondità, ma solo di convincere. 

Per chi viene da una formazione filosofica e religiosa l’attuale contesto culturale è preoccupante. Una cultura che si fonda sull’immagine è fragile e debole e spinge ad un continuo cambiamento senza fondamento. Anche la ragione diviene strumento non per orientare delle scelte coerenti, ma a servizio di una logia della persuasione che non crea futuro, ma solo la capacità di abitare tanti mondi diversi a volte contemporaneamente. 

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