Paolo Cugini
Sono
ormai decenni che si parla di cultura postmoderna e di un mondo in cambiamento.
Molti settori della cultura vengono definiti con il prefisso: post. C’è la
percezione di un mondo dal quale si ha fretta a prendere le distanze, lo si
vuole lasciar perdere. Le nuove generazioni nascono senza voler troppo sapere
ciò che c’era prima, perché immerse nel qui ed ora, ma soprattutto nei mondi
paralleli che le nuove tecnologie offrono. Comprendere il nostro mondo è un
punto di partenza importante per imparare ad abitarlo in modo cosciente. Questo
livello essenziale di comprensione della realtà non è semplice. Un aspetto che
differenzia il nuovo contesto culturale con il vecchio è proprio questo dato.
Siamo entrati in un mondo che è così complesso da rendere difficile una
sintesi. Al contrario, il mondo moderno si caratterizzava per la semplicità del
paradigma. Tutto, infatti, era riportato al soggetto, alla possibilità di
descrivere ogni aspetto del sapere e della conoscenza in modo razionale,
intellegibile. C’erano dei punti fermi nella modernità, che rendevano il
dibattitto culturale possibile e comprensibile, perché le varianti in gioco
erano conosciute da tutti. Oltre a ciò, la vita quotidiana era segnata da ritmi
regolari, in cui religione, politica, giustizia e morale avevano un proprio
spazio riconosciuto dalle altre forze in campo. Tutto sembrava armonico.
Eppure,
nonostante le apparenze, tutto è crollato. La crisi ecologica che diviene
sempre più evidente giorno dopo giorno e che preoccupa per i segnali di non
ritorno che sta dando, è sotto gli occhi di tutti. La costante crisi economica
su scala mondiale è il chiaro segnale che il sistema economico elaborato dalla
modernità non era poi così efficiente. La crisi politica delle democrazie, che
fanno fatica ad assorbire il costante dislivello delle classi sociali e
l’aumento delle povertà, sta producendo il ritorno dei movimenti di estrema
destra in tutto il mondo. Che dire poi della crisi che il cristianesimo sta
vivendo, la religione che per secoli si è identificata con il mondo
occidentale, elaborando magnifiche cattedrali, protagonista di ogni forma di
intervento sociale creando scuole, università ospedali, sembra arrivato al
capolinea. Sembra che in gioco ci sia proprio il modo di pensare tipicamente
moderno, un modo che, cercando la perfezione, si è spesso dimenticato di
includere la realtà e, con essa, la natura ogni volta che ha preteso di
sistematizzare in uno schema il mondo ipotizzato. A mio avviso è questo metodo
con il paradigma conseguente che è andato in crisi in modo definitivo. È la
realtà che ha risposto ai sistemi elaborati nella modernità con un’invocazione
sottesa: la ragione non può permettersi di ignorare la realtà. C’è dunque una
razionalità che è sotto accusa, perché è la causa dei disastri a tutti i
livelli che il mondo attuale sta assistendo. Il prefisso “post”, che troviamo
oggi in varie dominazioni culturali, significa soprattutto la netta presa di
distanza con quel modo di ragionare che sta portando al collasso il cosmo.
Quella, dunque, che potremmo denominare la cultura del dopo, ha come
significato sotteso la ricerca di una razionalità che sappia dialogare con la
realtà e, soprattutto che non la inventi, creano mondi distopici, irreali,
insensati. La cultura del dopo si trova, dunque, dinanzi un grande compito,
quello di riscrivere i contenuti che guidano il vissuto quotidiano. La nuova
razionalità ha come dovere fondamentale di mettersi in ascolto della realtà e,
per questo, non può che entrare in contatto con la scienza, con ciò che coloro
che ogni giorno sono in relazione con la natura, con il cosmo, con i micro e macrorganismo
che osservano, comprendono, analizzano. È un cambiamento di paradigma
fondamentale, che esige la disponibilità ad abbandonare per sempre quei metodi
che sono alla base della distruzione del pianeta e delle culture.
I
cambiamenti portano novità. Ciò vale, soprattutto, quando ci troviamo immersi
in un cambiamento paradigmatico, come nel nostro caso. Cambiamento di paradigma
significa cambiamento di mentalità, di modo di pensare, di valutare le cose. Non
è facile assimilare il nuovo, perché richiede la disponibilità ad abbandonare
il vecchio, a considerare sorpassati i modi di approccio alla realtà adottati
per tanto tempo. Ci può convincere l’evidenza contundente sia del crollo
sistematico del mondo che era, sia la forza travolgente del nuovo che avanza.
La tentazione di chiudersi in se stessi, di fare finta che non stia accadendo
nulla, mettere la testa sotto la sabbia non serve a nulla. Prima o poi occorre
fare i conti con il nuovo che avanza a ritmi impressionanti. Sono nuovi criteri
che sono entrati in gioco e che continuano ad entrare a causa della grande
rapidità dei cambiamenti in atto. Proprio quello della rapidità è una delle
caratteristiche peculiari del nuovo paradigma culturale in continua formazione.
Rapidità significa, da una parte, la difficoltà di accompagnare i cambiamenti
mentre, dall’altra, la grande capacità di adattamento alle nuove situazioni che
vengono a crearsi. Si è, così, passati da un modo di vivere basato su valori
che sembravano eterni, ad un modo di stare al mondo che dipende dagli eventi
del tempo presente. Il dato della rapidità dei cambiamenti in atto pone
l’attenzione sulla razionalità da attivare. Abituati nella modernità a tempi
lenti, per certi aspetti eterni, nel senso che i punti di riferimento culturale
non cambiavano mai, diventa difficile adattarsi ai nuovi ritmi di cambiamento.
Ci si può chiedere se per essere attuali sia necessario essere in grado di utilizzare tutto ciò che il nuovo quadro culturale offre. In fin dei conti, l’identità personale da cosa dipende? La risposta a questa semplice domanda rivela già il livello di cambiamento in atto. Se diciamo, infatti, che l’identità di una persona, il suo posto nella società e, dunque il suo valore, dipende da un riferimento ideale di valori che orientano il vivere comune, ci poniamo immediatamente nella ziona del “pre”, di ciò che era e che non è più. Una caratteristica di ciò che stiamo vivendo è la totale irrilevanza dei criteri assoluti, che hanno orientato il mondo occidentale per molti secoli. La ricerca del fondamento, caratteristico della metafisica classica, ricerca importante non solo nel mondo filosofico, ma anche religioso, non è più un bisogno avvertito dalle nuove generazioni. Ciò che oggi è importante e che dà valore all’identità personale è l’immagine, la visibilità. È attuale chi è visibile. Si prendono sempre più decisioni sia personali che collettive a partire dalle opinioni incontrate nelle piattaforme mediatiche. Vale ciò che pensano gli altri. Che poi si tratti di una massa manipolata, è un altro discorso. Entrare in questo mondo significa apprendere a navigare sulla debolezza di un pensiero che non cerca profondità, ma solo di convincere.
Per
chi viene da una formazione filosofica e religiosa l’attuale contesto culturale
è preoccupante. Una cultura che si fonda sull’immagine è fragile e debole e
spinge ad un continuo cambiamento senza fondamento. Anche la ragione diviene
strumento non per orientare delle scelte coerenti, ma a servizio di una logia
della persuasione che non crea futuro, ma solo la capacità di abitare tanti
mondi diversi a volte contemporaneamente.
Nessun commento:
Posta un commento