giovedì 24 aprile 2025

SINODO: OLTRE LE PAROLE

 




La fatica di democratizzare le relazioni nella Chiesa


Paolo Cugini

Il processo sinodale della Chiesa, avviato da qualche anno da Papa Francesco, oltre ai tanti momenti positivi vissuti soprattutto all’interno dei partecipanti dei due Sinodi, ha mostrato alcune ferite che la Chiesa si trascina da anni, anzi da secoli. Si avverte una duplice fatica. La prima, riguarda la difficoltà di chi detiene il compito di guida della comunità e che fanno parte della così detta gerarchia ecclesiastica, di sentirsi parte della comunità e non separati da essa. L’altra fatica, riguarda il modo davvero imbarazzante con cui la Chiesa si muove nei confronti delle donne. In questo poche righe provo a dire qualcosa sulla prima fatica. Ancora oggi nella Chiesa, purtroppo, le dinamiche relazioni sono segnate da una profonda disuguaglianza, che minaccia dall’interno la bontà del cammino ecclesiale. Come si fa, infatti, ad andare avanti, a dar continuità ad un cammino che parte male, perché segnato dalla paura di lasciare le comunità ecclesiali più libere di esprimersi, più autonome e meno soggiogate da un’autorità che sembra venga da un altro pianeta, nel senso che non sembra appartenere al mondo reale? 

Sarebbe tutto più facile e più logico se, coloro che nella Chiesa hanno il compito di guida pastorale, rimanessero in costante contatto con coloro che vivono il vissuto quotidiano nelle comunità. Quello che da anni si avverte nel cammino della Chiesa è una grande, a volte, enorme distanza tra le comunità ecclesiali e le loro guide, i pastori, i vescovi e, con essi, i documenti che vengono emanati. Questo aspetto è strano, perché deturpa il significato autentico del servizio che, nel senso evangelico, dovrebbe offrire chi è chiamato a svolgere un ruolo di guida nella comunità cristiana. Vengono sempre alla mente le parole di Papa Francesco quando, nell’Evangeli Gaudium, sosteneva il primato della realtà sull’idea. La sensazione che si ha, leggendo le relazioni che escono dalle fasi del Sinodo, è la difficoltà di ascoltare la realtà e, allo stesso tempo, la distanza della dottrina elaborata rispetto al vissuto quotidiano delle comunità. Si avverte una specie di distonia tra la vita e la dottrina, nel senso che, quest’ultima, non sembra in grado di leggere il vissuto e, per questo, a volte quello che viene scritto nei documenti ufficiali della Chiesa, stride in modo drammatico con il sentire del santo popolo di Dio, come direbbe sempre Papa Francesco. Da una parte, si percepisce la gioia della scoperta del Vangelo, della proposta sconvolgente di Gesù, che invita le comunità a mettersi con coraggio vicino ai poveri, agli esclusi della società, per pensare insieme cammini di giustizia e di pace, in questo mondo violento e aggressivo. In questi cammini comunitari, si percepisce la grande forza che lo Spirito del Concilio Vaticano II ha dato al cammino di tutta la Chiesa, facendone riscoprire la bellezza di essere il popolo di Dio, chiamato ad essere segno di contraddizione nel mondo. È a questo livello che si coglie l’idiosincrasia, il contrasto, che si manifesta nell’incapacità di accogliere come buono ciò che dalle comunità viene indicato come dato da ascoltare per elaborare, in seguito, una dottrina che sappia di “pecora”, per dirla sempre come Papa Francesco.

Del resto, non ci si può stupire di questa difficoltà nell’ascolto di chi vive nella base della comunità e di prendere sul serio le loro indicazioni. Da una parte, c’è stato nei secoli uno sviluppo spropositato del ministero petrino, che ha progressivamente distanziato la figura del Papa non solo dalla gente, ma anche e soprattutto, dall’origine. Il Vaticano II ha dovuto lavorare parecchio per tentare di sistemare un po' il disastro istituzionale venutosi a creare nel tempo. In primo luogo, ricollocando tutta la gerarchia all’interno del popolo di Dio, e non al di sopra. In secondo luogo, recuperando il compito dei vescovi all’interno del cammino ecclesiale, compito che, nei secoli, si era offuscato dietro ai riflettori puntati tutti sulla figura sempre più eccentrica e totalitaria del Papa. Infine, passo notevole del Concilio, è stato quello di parlare e valorizzare il laicato, mostrandone i carismi, il sacerdozio comune, la partecipazione al triplice munus profetico, regale e sacerdotale. È vero che, come afferma l’epistemologo Thomas Khun, le grandi rivoluzioni esigono per radicarsi, un bel po' di tempo, ma è altrettanto vero che l’impulso del cambiamento portato dal Vaticani II si è fatto sentire a vari livelli. 

Siamo consapevoli che non bastano parole e frasi altisonanti, per sradicare una prassi che dura da secoli e ha passato molte stagioni. La prassi che fa prevalere la dottrina sulla coscienza personale, l’imposizione e la richiesta dell’obbedienza ossequiosa, più che lo stimolo allo sviluppo della libertà personale.  Basterebbe sfogliare alcuni documenti ecclesiali o alcune encicliche del 1800 per capire il livello del problema. Sia la Mirari Vos di Grgorio XVI nel 1832, che il Sillabo di Pio IX nel 1864, solo per fare qualche esempio, condannavano la libertà di coscienza e la libertà di stampa. Sembra incredibile, ma c’è proprio scritto così in questi due documenti. Sono testi, comunque, che indicano la logica conseguenza di quelle proibizioni di leggere la Bibbia da parte dei laici nelle lingue vernacolari, emanate da Papa Pio IV nel 1564, a conclusione del Concilio di Trento. Proibizioni che rivelano il timore di una interpretazione individuale della Scrittura, di un’autonomia nei confronti del Testo Sacro, che possa risultare in contrasto con la lettura ufficiale della Chiesa. La paura nei confronti della libertà di coscienza è il sintomo di un sovvertimento radicale nei confronti della proposta di Gesù che, durante la sua vita pubblica, ha fatto di tutto per aiutare i suoi discepoli e discepole ad avere una visione critica sulla religione, a non fidarsi dei ciarlatani di turno, per cercare uno sguardo più autentico sulla realtà. Sappiamo che, questo clima di sfiducia nei confronti di un possibile modo individualista di leggere la Sacra Scrittura, fu incentivata dalla polemica con Lutero e con la sua affermazione del: sola Scriptura. In ogni modo, andando a ritroso nel tempo, scopriamo che le proibizioni nel leggere la Scrittura si trovano già nel VII secolo d. C., subito dopo il crollo dell’Impero Romano e la distruzione delle grandi biblioteche dell’Occidente cristiano. L’imbarbarimento culturale ha aperto la strada, da una parte all’espansione del devozionismo religioso e, dall’altra, di un’istituzionalizzazione della Chiesa in senso politico più che evangelico. 

La paura dell’autonomia dei laici e delle comunità cristiane da parte della gerarchia ecclesiale, viene, dunque, da molto lontano e non si estirpa da un giorno all’altro. Questa paura indica l’incapacità di pensare ad un cammino ecclesiale che sappia valorizzare i carismi di tutti e tutte, come ci suggeriva san Paolo. Significa, anche, distanza infinita del progetto di Gesù di una comunità di discepoli e discepole uguali. Per questo motivo è importante stare molto attenti ai concetti che vengono proposti dalla gerarchia ecclesiale per indicare il cammino da intraprendere. Ho imparato, infatti, a sospettare di quei vescovi che parlano molto di comunione, ma che poi, nella pratica, intendono la comunione come una sottomissione alla loro volontà, e non come una condivisone di opinioni conforme al principio di uguaglianza. Del resto, conosciamo molto bene la storia del Sinodo straordinario dei vescovi a Roma nel 1985, che ha portato alla sostituzione dell’idea conciliare di Chiesa come popolo di Dio, con quella di Chiesa comunione. Nulla da ridire sulla bontà del concetto di comunione, che però funziona, ecclesialmente parlando, se mantenuto in relazione con quello di popolo di Dio. Il rischio, che poi si è avverato, consiste nel riportare dentro al dinamismo ecclesiastico in modo delicato dalla finestra, quell’autoritarismo clericale che il Concilio Vaticano II aveva decisamente messo fuori dalla porta. 

Ripartire dal battesimo, come ci suggeriva il numero 32 della Lumen Gentium, è il dato importante da riprendere per costruire comunità in cui tutti e tutte si siedono attorno allo stesso tavolo con il diritto di parlare e di esprimere la propria opinione. Occorre fare di tutto per recuperare il dato fondamentale del principio di uguaglianza, che in molte comunità già si vive, ma che diventa complicato quando al tavolo si siede qualcuno che pensa di avere più diritti degli altri. Questa dissonanza, che spesso si traveste di prepotenza, rivela un cammino ecclesiale fatto di clericalismo, di autoritarismo senza alcun fondamento evangelico. Gesù aveva detto che tra noi discepoli e discepole lo stile è quello del servizio umile, della ricerca dell’ultimo posto e non del primo, come avviene nelle logiche del mondo. “Tra di voi non è così” (Mc 10,43). Democratizzare le relazioni dentro la Chiesa sarebbe un segno profetico di grande valore, in questo tempo segnato dalla nostalgia dei totalitarismi.



Progetto Luminose crepe

 




Una rete di  associazioni/gruppi/singole  ha dato il via al Progetto  Luminose crepe,  un ciclo di incontri on line e in presenza su libri (saggistica, narrativa, poesia), articoli,  film/docufilm, testi su cui sostare come stimolo per approfondimenti sulle tematiche in cui l’OIVD è impegnato. 

Il focus del ciclo è infatti il tema “donne e fedi/religioni/spiritualità”. 

Le associazioni/gruppi che hanno aderito sono: 


1. FDEI - Federazione donne evangeliche in Italia

2. Donne per la chiesa

3. Religions for Peace- Italia  sezione Donne di fede

4. Alcune donne dei Gruppi donne Cdb e molte altre (comunità di San Paolo- Roma)

Il materiale verrà letto o visto precedentemente da chi lo desidera. È importante sottolineare che il progetto non è orientato ad una comunicazione di tipo pragmatico, semplicemente informativa, che lascia spesso passive le persone che partecipano all’evento. 

Il progetto mira piuttosto ad un coinvolgimento attivo, con la creazione di uno spazio dove le soggettività e la intersoggettività sono elementi essenziali, dove ognuna/o metterà in gioco il proprio parere/ sentire/ punto di vista anche discordante da quello di altre/i e potrà esprimere le proprie idee/impressioni non omologate. 

L’obiettivo è che la singolarità soggettiva di ciascuna/o possa trovare in questa attività (dove l’attenzione è più al processo che al risultato) l’ambiente per incontrare la singolarità soggettiva dell’altro/a e sentire di trovare agio nelle dinamiche dialogiche.   

 

Partiremo con il libro Donne Religioni in Italia, analisi tra teoria ed empirismo. Studio su cattolicesimo, islam, e altre fedi. A cura di Stefania Palmisano e Alberta Giorgi. Ed. Il Mulino,  2024-  24,00 € . 

Il libro sarà visitato da noi in più appuntamenti,  il primo dei quali è per il giorno 11 giugno alle ore 18:00.

https://us06web.zoom.us/j/88683916731?pwd=xg62MRq2fBwZTUDY66s3I 


Vi aspettiamo

Paola, Gabriella, Floriana 


martedì 15 aprile 2025

IL NOME DI DIO NON E’ PIU’ DIO: recensione di un caro amico

 



         



Una recensione ruspante, firmata da un inguaribile bibliofilo non teologo.


“Una recensione e non un riassunto!”



Quel “piu” in piu’ rispetto al titolo “Il nome di Dio non e’ Dio” che Don Paolo, di seguito A.,  mi aveva proposto in origine (o “in principio”…?) devo dire che mi ha spaesato in prima battuta: cosa voleva dire? Che dapprima il nome di Dio era Dio e poi aveva smesso di esserlo?! E perche’ mai ??

Poi, una volta ricompostomi, ho deciso di andare oltre il titolo; e di applicare una tecnica recensoria gia’ sperimentata in passato con altri tomi o articoli, magari di Medicina, materia piu’ attinente alla mia professione: una sorta di tecnica inversa consistente nel prima leggere tutto e tutto d’un fiato, ma parola per parola, e solo dopo skimmare ossia rileggere, scorrendo il testo e saltellandoci dentro, soffermandomi soprattutto sui passaggi evidenziati nella prima lettura ( di solito faccio il contrario).

E l‘ho fatto.


Prima ancora di rimboccarmi le maniche per analizzare lo scritto mi sono ovviamente dovuto chiedere, conoscendo A.:”Chissa’ cos’altro di sovversivo avra’ escogitato stavolta il Nostro?!”.

Nessuna escogitazione, invece, piuttosto un profluvio di “incogitazioni”, mai contorte, sempre dannatamente energiche e purtuttavia dannatamente accettabili, incogitazioni incardinate si badi bene nel pivot noetico centrale che sorregge tutto cio’ che A. scrive fin dai tempi del suo percorso formativo seminariale: il paradosso, certamente intrippante e per alcuni imbarazzante, del prete che dice male, senza pero’ “male-dirla”, della Chiesa alla cui struttura egli stesso appartiene!


Ed eccola qui la mia libera ANALISI TESTUALE.


I refusi sono ubiquitari nelle produzioni letterarie di A.: non e’ infatti il suo primo libro che leggo. Ce ne sono parecchi qui, specie all’inizio.  Refusi veniali, intendiamoci, ma sempre refusi.

I refusi sono la sua firma.

Dunque sopprimo ed archivio l’impulso ad offrirmi volontario per la correzione di bozze del prossimo libro che son sicuro A. ci sfornera’ tra non molto tempo se e ‘ vero che l’altro suo distintivo personologico e’ l’incontenibile graforrea: perche’ mai impedire la sua firma ?!


Le citazioni dei versetti biblici arrivano subito e lasciano un segno diverso ( oggigiorno citare la Bibbia e’ divenuto un “esercizio letterario diffuso” tra intellettuali, vedi Massimo Recalcati con la sua comunque interessante uscita “bibbiofila” in questi giorni nelle edicole) perche’ capisci bene che qui esse sgorgano dal di dentro della sua esperienza “in trincea”. Citazioni viscerali e collaudate; non libresche, insomma.

Idem per le metafore che “attaccano” nel senso di fare presa perche’ anche loro sono DENTRO il racconto. Sono citazioni e metafore  a mio avviso provviste di uno stile  e finanche di una sostanza di gran lunga piu’ convincenti rispetto ad altri Biblisti e divulgatori di chiara fama. Mi viene in mente il Mons. Ravasi ad esempio della sua comunque splendida “Breve storia dell’anima” : li’ la metafora del fiume non funziona e le citazioni delle Sacre Scritture risultano appropriate ed incontestabili si’, ma un po’ freddine.


La parola “cammino” ricorrente piu’ e piu’ volte in tutto il testo non trova a mio avviso corrispondenza con il RITMO del testo, un ritmo house con rewind tanto improvvisi quanto bruscamente godibili; sono rewind o sterzate che ti fanno sentire su di una bicicletta piu’ che a piedi. Una bici muscolare, sibbene ( e questo richiama il suo peculiare dato biografico di prete pedalante fuor di metafora in qualunque strada del Mondo terreno … e pedalera’ siam sicuri anche nell’Aldila’, tra molti decenni …). Una bici non certo elettrica, ma caso mai “eclettica”, rigorosamente adoperata rifuggendo la pedalata normale e prediligendo l’impennata.

Sempre dritti, su di una ruota sola.

Ma il libro in parola a ben vedere e’ tutto un’impennata !

Anche quando A. ci tiene per mano, all’inizio , sulla riva del fiume e nel camminare sente sul suo volto il fruscio del vento, quel fruscio lo sente si’, ma non perche’ cammina, ma perche’, e noi lo sappiamo, lui  sta pedalando, veloce, inarrestabile…


Nel capitolo 2  eccoci regalata un minimo di alfabetizzazione; e allora e’ preziosa la definizione dell’Intuizione come “partecipazione alla forza creatrice” (e qui a me non puo’ non tornare in mente C.G. Jung ed il suo conoscere prima di sapere). A seguire qualche discrasia: a pagina 39, nona riga, quel “visoni” non piacera’ agli animalisti, ok (!). E poi alla pagina successiva, in fondo, ho sperato davvero (solo per pochi secondi perche’ ho capito ben presto che non sarebbe arrivato) nell’aneddoto, che avrebbe certamente spezzato una dissertazione teoretica credo un po’ troppo lunga. Dopo quel promettente “un giorno” sarebbe bastato insomma un aneddotino,  una metaforina... e invece niente di niente! Sigh!!

A pagina 41 l’invocazione implicita: i limiti non solo non maltrattiamoli, ma ...AMIAMOLI! Caspita: ce ne vuole di coraggio, pero’!

E poi la magia irrompe al paragrafo successivo con la scommessa di “sopravvivere alle ferite mortali”, impresa per definizione inesorabilmente impensabile perche’ se e’ mortale muori, punto!

Di seguito colpisce il caveat pedagogico sull’allevare giovani “smidollati “ “nel mondo della borghesia” ed altre immagini forti cone le “idee anchilosate”; e poi il warning sui social che, gioco di parole, “non ti fanno stare nel sociale”.

Il Capitolo 4 tratta delle sovrastrutture sociali e lo fa pero’ con una brutta partenza laddove ad A. scappa l’espressione eccessivamente pantoclastica e un pelino birichina del “perdersi nell’entusiasmo della demolizione”. Poi A. si ravvede ed usa opportunamente la diplomazia camuffando le parole demolizione/distruzione con “decostruzione”, lemma che riprende e sviluppa egregiamente piu’ avanti: ok, perdonato !

E’ nel Capitolo 1 della II parte che si raggiunge l’acme della profondita’ teologica almeno per chi teologo non e’, io penso. Li’ si giunge alla negazione della negazione: “la negazione della dimensione personale di Dio non conduce all’ateismo”.

D’accordo.

E’ da pagina 88 a 93 che troviamo il nucleo del libro: sono pagine dense, da leggere 2 volte se si eà digiuni di Teologia (io le ho lette 3 volte). Ma se lo fai poi vai in discesa.

Qui la  crisi inarrestabile del clero viene ben descritta, senza pieta’ ne’ peli sulla lingua, da chi di clero ne sa qualcosa, anzi di “cleri” ne sa qualcosa per averne girati ed abitati, tra gioie e sofferenze, di tutti i colori: cleri occidentali e cleri latino-americani, a volonta’. Viene descritta detta crisi da chi non inorridisce affatto di fronte all’ipotesi di potenziare le “guide di comunita’”, di eleggere direttamente i Vescovi partendo dalla base ossia dal Popolo di Dio, ecc. ecc.

Il Capitolo successivo, il “Mondo Interconnesso”, cala la Teologia nel mondo reale.

Vi sono recuperati e posti l’uno accanto all’altro pensatori classici Ellenici, Autori innovativi come Leonardo Boff e si cita, per me a sorpresa, il grande (e cinico) “non Teologo” Eduardo Galeano (pagina 160, cit.2); sempre li’, spinti dall’amore per un sapere (la filosofia) che e’ anche sapere scientifico-astronomico-fisico, si toccano argomenti affascinanti come l’infinitezza dell’Universo.

Ci si avvia, con qualche ripetizione di concetti teorici pero’ cosi’ potenti e cosi’ dirompenti che la loro ripetizione non solo giova, ma piace pure, verso il secondo ganglio vitale del libro, quello che dalle pagine 202 in avanti tratta dei concetti di sinodo e di misericordia in chiave dichiaratamente Bergogliana.

Ed e’ a questo punto, conoscendo Don Paolo, che aumenta la suspence: quanto sara’ grande  e nel contempo acuminata la sua sintesi, o meglio  il superamento alias “momento speculativo” Hegeliano (l’Aufhebung) del dilemma sollevato finora ?

Quale esattamente sara’ in concreto la sua proposta di riforma della Chiesa Cattolica, una riforma che indoviniamo sara’ ponderata, ma inevitabilmente concreta nonche’ fortemente innovativa ?

Beh, diciamolo subito e a gran voce: nessuna delusione, perche’ la soluzione eco-teologicamente sostenibile, esposta energicamente alla fine del testo, insiste niente di meno e niente di piu’ che nel raccoglimento, nel ritorno alle origini.

Bisogna leggerle bene le ultime pagine del libro e beninteso  avendo prima assimilato il distillato ideico di quelle precedenti per poter cogliere appieno una proposta “altro che dirompente” ! Francamente deflagrante, esplosiva se letta nel senso del modello alternativo al modo di fare Chiesa e possibilmente di essere Chiesa oggi nel nostro paese; e comunque conturbante ed impegnativa  se considerata invece solo come stimolo non a sostituire, ma a curare, arricchendola, umanizzandola ed integrandola, una Chiesa stanca e davvero, come A. ripete fino all’ultimo, in via di estinzione.

La declinazione “nel nome di Dio” del cambiamento della Chiesa che alberga nella testa di A. non e’ utopistica: rivoluzioni come l’abolizione da una parte della gerarchia ecclesiastica e delle relative  cointeressenze , direi, con le Istituzioni “materiche” e con le leve del potere politico, e dall’altra dei divieti di includere frange marginali di un Popolo di Dio che comunque non puo’ piu’ essere recintato solo nelle Parrocchie comunemente intese, sono rivoluzioni realizzabili.

Lo sono e lo saranno, e pare di intendere che sia questo il messaggio che Don Paolo Cugini ci chiede di portare a casa, a patto che ci convinciamo profondamente, e questo suo libro col faticoso, ma proficuo rovistamento nel profondo della nostra coscienza che ci impone ci da’ una grossa mano  a farlo, che la nostra Chiesa piu’ che di una stampella ha un bisogno sanguinante di una solida e  nuova architrave.



Reggio Emilia 15 aprile 2025                                         Fulvio Fantozzi

                                                              esperto in Medicina Legale e Medicina delle Dipendenze

                                                                               flu_fantibus@libero.it






giovedì 10 aprile 2025

PERCHE’ È COSI’ DIFFICILE ACCETTARE LA DIVERSITA’? In cammino per un mondo accogliente



Paolo Cugini

Tutti i giorni assistiamo non solo nei dibattiti pubblici sul tema delicato dell’accoglienza dei migranti, ma anche nelle discussioni quotidiane tra persone amiche o conoscenti, ad una recrudescenza dell’intolleranza nei confronti di chiunque si presenti come diverso dai modelli stereotipati che abbiamo in mente. Sembra difficile pensare ad un mondo in cui ci sia spazio per tutti. Soprattutto, però, sembra difficile pensare nella costruzione di un mondo in cui chi è povero sia percepito con la stessa dignità di chi è ricco. 

Uno dei maggiori problemi che l’occidente sta vivendo in questo delicato passaggio epocale consiste nella difficoltà non solo di convivere con la diversità, ma di considerarla naturale. Sfogliando le pagine dei libri di storia si comprende molto bene l’origine di questo malessere, di questa incapacità. Veniamo da molti secoli in cui c’è sempre stato qualcuno – un re, un popolo, una tribù, ecc. – che ha voluto imporsi sugli altri. La storia dell’Occidente la si può leggere come una sequenza in cui si sono alternati imperi, usurpatori, imperatori e re. Questa successione è avvenuta attraverso violenze, guerre, imposizioni di qualcuno sugli altri. In questo processo storico di violenze e soprusi, tutte le realtà sono state coinvolte: economia, arte, educazione, politica e religione. 

La proposta di Gesù consiste nel riportare ad una dimensione umana il progetto di un’umanità in cui la diversità più che essere un problema da affrontare è un valore, anzi è il senso della storia. Il Regno di Dio, che è il centro del messaggio di Gesù, è l’umanità in cui chiunque trova spazio accogliente e in cui nessuno viene escluso, perché tutti siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio. Il cammino che Gesù ha tracciato nella sua vita è il cammino dell’amore, che si manifesta nella relazione con gli altri, nell’accoglienza di tutti. 

Il desiderio è discutere su questi temi e dei contenuti di alcuni libri pubblicati in questi ultimi due anni:

1. La fuga di Elia. Riflessioni postmoderne sulla religione e il senso della vita. Reggio Emilia: Edizioni San Lorenzo 2020.

2. Visoni postcristiane. Dire Dio e la religione nell’epoca del cambiamento. Bologna: Edizioni Dehoniane 2019. 


I testi sono disponibili in Internet (Feltrinelli, IBS, Amazon, ecc.)




martedì 1 aprile 2025

IL VERGOGNOSO ASSENTEISMO DEI CONSIGLIERI COMUNALI DI MANAUS

 


 

Camera Municipale di Manaus

 


Paolo Cugini

La settimana scorsa si sono svolte due udienze pubbliche presso il Consiglio comunale di Manaus. La prima, il 27 marzo 2025, in occasione della presentazione della Campagna di Fraternità sul tema: Ecologia Integrale. Tra le varie autorità presenti e i rappresentanti di alcuni movimenti sociali che operano nella città, c'era anche il cardinale di Manaus Mons. Leonardo Steiner. In questa occasione erano presenti solo due consiglieri su 41: José Ricardo e Pai Amado. 

Il secondo evento tenutosi il 31 marzo è stata un'udienza pubblica organizzata dal consigliere José Ricardo, per discutere la riscossione delle tariffe fognarie. Si tratta di un tema di grande importanza per la popolazione che, in molti casi, come segnalato da alcuni residenti presenti alla Camera, riceve la fattura per il pagamento della quota, ma senza usufruire del servizio. Erano presenti cinque consiglieri: José Ricardo, Pai Amado, Rodrigo Guedes, Paulo Tayrone, Sergio Baré. 

Nelle ultime elezioni comunali, svoltesi lo scorso anno, sono stati eletti 41 consiglieri. Come affermato sul sito web della Corte Elettorale Superiore del Brasile: “ Ogni consigliere è eletto direttamente tramite voto, diventando un rappresentante della popolazione. Pertanto, deve proporre progetti che siano in accordo con gli interessi e il benessere delle persone.” Questo è il punto delicato su cui voglio richiamare l'attenzione. 

Alcuni membri del Movimento Fede e Cittadinanza presenti agli eventi realizzati
nella Camera Municipale di Manaus


Tutti ricordiamo il grande lavoro svolto lo scorso anno dai candidati consiglieri, che hanno fatto di tutto per essere eletti. Durante i raduni sono state fatte molte promesse. Ci sono state anche tante strette di mano, sorrisi e abbracci. Molte persone, in un modo o nell'altro, hanno contribuito a far sì che, i candidati da loro sostenuti, venissero eletti. Gruppi di strada e persino gruppi religiosi si sono riuniti per vedere il proprio candidato sedere in uno dei 41 preziosi seggi del Consiglio comunale di Manaus. Ciò è encomiabile perché, se l'assessore, come afferma la Costituzione, rappresenta il popolo ed è chiamato a proporre progetti nell'interesse e nel benessere del popolo, per poi redigere le leggi – altro compito importante del Consigliere Comunale –, è di fondamentale importanza che qualcuno del popolo sieda nel Consiglio comunale, per lavorare a favore del popolo.

La sensazione che abbiamo avuto questa settimana, partecipando a questi due eventi pubblici è che, in realtà, alla maggior parte dei Consiglieri eletti, non importa nulla delle persone. Sembra che abbiano fatto di tutto lo scorso anno, non per lavorare quattro anni  vicini alla gente,  pensando con la gente a come migliorare le loro vite, ma il loro unico interesse sembra essere stato quello di intascare una buona somma di denaro senza fare assolutamente nulla. A proposito di soldi, vale la pena ricordare che, l'8 gennaio 2025 è stato pubblicato un articolo sul quotidiano Globo in cui si afferma che, a partire dal 2025, i consiglieri di Manaus riceveranno lo stipendio più alto tra i legislatori comunali del Brasile, a pari merito con i parlamentari di San Paolo. Il sussidio, come ricorda sempre Globo, è stato fissato a 26.080 reais al mese (circa 4500 euro), in linea con il tetto massimo stabilito dalla legge per la città più popolosa. A ciò si aggiungono altri benefici che, sempre secondo i calcoli riportati nell'articolo del Globo, raggiungono la sbalorditiva cifra di 98.000 reais al mese (circa 16 mila euro). Questo fatto accresce ancora di più la nostra (dei membri del Movimento Fede e Cittadinanza) delusione e indignazione. 

Striscioni di protesta della popolazione di un quartiere di Manaus 


Non essere presenti a un evento in cui i Consiglieri comunali sono chiamati a rappresentare il popolo, pagati oltre ogni immaginazione, per dimostrare la propria solidarietà con la povera gente, che subisce ingiustizie, rivela la mancanza di impegno e di responsabilità della maggioranza dei consiglieri di Manaus.

Il Movimento Fede e Cittadinanza della Chiesa Cattolica, presente nella parrocchia di San Vicente de Paulo, manterrà uno sguardo aperto e attento, registrando tutto ciò che di buono e di cattivo sta accadendo e accadrà nella casa del popolo, con i Consiglieri come nostri rappresentanti. 

L'obiettivo del nostro lavoro è quello di accumulare materiale sufficientemente documentato per orientare meglio le persone nella scelta dei nostri rappresentanti nelle prossime elezioni, affinché siano realmente al servizio delle cause popolari, e non alla ricerca dei propri interessi.


domenica 23 marzo 2025

UNA GIORNATA IN MISSIONE NEL QUARTIERE COMPENSA DI MANAUS

Veduta del quartiere san Vincenzo de Paoli



Paolo Cugini

Venerdì, 21 marzo. Mi piace iniziare il giorno all’alba, immergendomi nel Mistero: orienta positivamente tutta la giornata. Nel silenzio della cappellina alla luce di due candele contemplo il crocefisso e medito sul mistero dell’amore che è il senso della vita. Amore gratuito, disinteressato, amore che conduce verso l’altra, l’altro. Mi chiedo se vivo questa prospettiva. Vengono alla mia mente situazioni, volti, storie d’amore, di donazione. Eventi che m’interpellano e che, allo stesso tempo, indicano un cammino che esige fermezza, scelte e, a volte, rotture. Per questo invoco lo Spirito e mi faccio aiutare dai salmi perché, a volte, non trovo le parole. “Cerco il tuo volto, Signore”; “l’anima mia anela a Te”. Oggi è il compleanno di mia cognata Anna: una preghiera va anche per lei.

Nel silenzio della cappellina della casa parrocchiale

Dopo la preghiera del mattino verso le 6,10 mi dirigo alla comunità santo Ignazio per il caffè Caritas. Mentre vado mi fermo per compare dei pezzi di torta che, senza dubbio, saranno utili. Arrivo sul posto alle 6,20 e Nete e Wanilda stanno sistemando due tavoli e portando le cose per la colazione dei poveri. Dopo alcuni minuti, arrivano anche altre due signore e Antonio, il ministro della Parola della comunità per dare una mano. La cappella è in via di riforma e, quindi, ci mettiamo sul ciglio della stradina, che è la strada principale della comunità. Pian piano cominciano ad arrivare persone dalle zone povere anche di altre comunità. Antonio si allontana dicendo che va nel punto dei taxi perché a che la ci sono dei senza tetto. Infatti, dopo circa venti minuti in un solo colpo ne arrivano 10 molto affamati. Con Antonio e sua moglie lasciamo la colazione dei poveri per dirigerci al secondo evento della giornata.

Preparando la colazione per i poveri del quartiere Santo Ignazio


Verso le 7,45 siamo nella piazza do  Leme, l’unica piazza del quartiere. Da alcune settimane stiamo organizzando un evento in linea con la Campagna della Fraternità 2025 che ha come tema Ecologia Integrale. Abbiamo coinvolto l’associazione degli abitanti della Compensa e il comune nel servizio di pulizia. L’obiettivo consiste nel sensibilizzare le persone a non buttare la plastica nei canali, nel fiume o per strada, ma a raccoglierlo nei specifici contenitori. Un gruppo di circa 50 persone, per lo più giovani, che lavorano per il comune sono arrivati sul posto verso le 8,30 per passare in tutte le case orientando i cittadini sull’importanza di imparare a raccogliere la plastica negli appositi contenitori. In piazza, oltre ad alcuni rappresentanti dell’associazione del quartiere e del Municipio, c’era anche una ventina di rappresentanti del Movimento fede e cittadini della parrocchia. Proprio la parrocchia si è incaricata di fornire una merenda che l’amica Lene ha portato in piazza verso le 10. Mattinata, dunque, molto positiva, anche perché ha permesso di conoscere persone nuove del quartiere e anche di creare alcuni legami con gli organi del Municipio. 

Un gruppo del Movimento Fede e Cittadinanza con alcuni rappresentanti del Municipio
Per la giornata dedicata alla pulizia del quartiere




Verso le 14,45 assieme a Raimundo e Israele siamo andati nella favela Meu Bem e meu Mal, vicino alla comunità si san Pietro. Era quasi un anno che non riuscivo ad entrare in questa realtà dominata dal traffico. Il contato l’ho avuto attraverso Fernanda, una giovane che sabato scorso è venuta ad iscriversi per il percorso ella cresima e, quando mi ha detto che abitava nella favela, immediatamente gli ho chiesto se mi aiutasse a ritornare. “Don Paolo, sono Fernanda: la prossima settimana se hai tempo puoi venire. Hanno detto che puoi anche mettere in agenda una messa”.  Detto e fatto. Con Raimundo e Israele abbiamo girato per le stradine della favela che descriverla come situazione allucinante è poco. Mentre scendevamo lo scalone che dalla comunità san Pietro verso la favela mi chiedevo come si faccia vivere in un posto come questo fatto di palafitte, case fatiscenti. Ho notato che dentro la favela ci sono anche alcuni piccoli negozi e questo è positivi, perché evia agli abitanti di fare delle rampe di scale ripidissime. Arrivati da Fernanda gli abbiamo chiesto di portarci in alcune case dove c’erano dei bambini e adolescenti. La scusa era quella di mostrare il foglio che riporta i progetti di Margens – chitarra, danza, inglese -; l’intento principale era quello di riprendere contatto con una realtà che merita tutta la nostra attenzione. Visitando le case, passando da una stradina all’altra pensavo che fosse difficile incontrare un posto così, che sembra abbandonato da tutti. Chi domina questa area è il traffico di droga che garantisce la sicurezza degli abitanti ma, allo stesso tempo, detta una legge ferra e, chi disobbedisce paga con la morte. “E’ meglio che stai attento a fare le foto: se ti vedono possono intervenire in modo duro”. È Raimundo che mi allerta, nonostante stessi prendendo tutte le precauzioni possibili per non farm vedere. Non c’è da scherzare: è questo il messaggio sotteso di Raimundo. Incontriamo un gruppo di bambini che giocano su uno spazio di cemento tra alcune case. Li chiamiamo per parlare loro dei progetti. “Dove si fanno?” mi chiede uno di loro. “Nella parrocchia di san Vincenzo” risponde Israele. Gli sguardi dei bambini diventano tristi perché per loro è impossibile salire lo scalone alla sera. Per questo pensavo di proporre all’equipe di Margens di provare a pensare un progetto specifico per la favela. Vediamo.



Uno squarcio della drammatica situazione della Favela Meu bem e meu Mal

Alle 19,30 studio biblico nella comunità santo Antonio. È un cammino molto profondo e interessante. Vedere adulti che con il Vangelo cominciano ad avere attitudini nuove, perché scoprono proposte nuove, evangeliche, che modificano prospettive antiche. Vedo gli occhi di Maria Irene, una signora di settanta anni attenti su quello che si legge, si commenta: è come se scoprisse ora la bellezza della proposta di Gesù proprio adesso. E poi ci sono i ragazzi dei gruppi giovani quasi sempre presenti. In ogni parrocchia che entro faccio la proposta dello studio biblico settimanale ed è sempre una proposta che incontra il favore dei fedeli. Ed è camminando con le persone delle comunità meditando insieme la Parola che le nostre scelte quotidiane assumono lentamente una sintonia, parlano la stessa lingua: la lingua del Vangelo. 

Un momento dello studio biblico



sabato 22 marzo 2025

Il Water Forum amplia la sua presenza nei dibattiti sulla gestione delle risorse idriche in Amazzonia

 




Paolo Cugini (a cura di)


Il collettivo partecipa alla V Conferenza Ambientale Statale (CEMA) e a Convergenza Amazzonia 2025, rafforzando la lotta per il diritto umano all'acqua e la preservazione delle risorse idriche nella regione

Il collettivo Fórum das Águas si è distinto nella lotta per la preservazione delle risorse idriche in Amazzonia, espandendo le sue attività in diversi spazi di dibattito e mobilitazione sociale. Di recente, il gruppo ha partecipato alla V Conferenza Ambientale Statale (CEMA), tenutasi tra il 12 e il 14 marzo presso la Corte dei Conti dello Stato di Amazonas (TCE-AM). Inoltre, partecipa anche a Convergenza Amazzonia 2025, un evento che si svolge dal 17 al 22 marzo a Manaus, nell'ambito del programma della Settimana mondiale dell'acqua. La presenza del Water Forum a questi incontri rafforza la lotta per il diritto all'acqua e la gestione sostenibile delle risorse idriche nella regione.

Performance alla 5a Conferenza Ambientale Statale

Il V CEMA ha riunito rappresentanti della società civile, autorità pubbliche e organizzazioni socio-ambientali per discutere le sfide ambientali dell'Amazzonia e presentare proposte per l'elaborazione di politiche pubbliche volte alla sostenibilità. Da sottolineare anche la presenza del Servizio Amazzonico per l'Azione, la Riflessione e l'Educazione Socio-Ambientale (Sares), della Compagnia di Gesù, che ha partecipato attivamente all'evento.

In questo processo, il Forum dell'Acqua ha avuto un ruolo fondamentale, venendo eletto come rappresentante della società civile attraverso una conferenza gratuita organizzata dal collettivo stesso. Durante l'evento statale, il gruppo ha garantito voce e voto nella discussione sulle politiche ambientali, principalmente nell'area relativa al cambiamento climatico. Il rappresentante del Forum parteciperà anche alla Conferenza nazionale sull'ambiente, in programma all'inizio di maggio, durante la quale le problematiche amazzoniche saranno affrontate in una prospettiva più ampia.

Per padre Sandoval Rocha, SJ, membro del collettivo, la partecipazione al Forum dell'Acqua è essenziale per garantire che si dibatta la realtà dei fiumi, dei laghi e dei corsi d'acqua dell'Amazzonia. “Il nostro obiettivo è denunciare gli impatti della privatizzazione dell'approvvigionamento idrico e del sistema fognario di Manaus, che sta causando difficoltà dal 2000. Inoltre, vogliamo portare alla luce la contaminazione dell'acqua da parte di pesticidi, l'inquinamento industriale e la cattiva gestione dei rifiuti scaricati nei fiumi e nei corsi d'acqua", ha sottolineato.

Convergenza Amazzonia 2025

In occasione delle celebrazioni della Settimana mondiale dell'acqua, il Forum dell'acqua è presente anche a Convergenza Amazzonia 2025, un evento che riunisce diversi settori della società per promuovere un ampio dibattito sulla tutela ambientale e lo sviluppo sostenibile nella regione. Il programma comprende conferenze, workshop, fiere culturali, mostre artistiche e immersioni, creando uno spazio di dialogo e articolazione tra comunità, organizzazioni, imprenditori e dirigenti pubblici.

L'evento offre anche opportunità di volontariato agli studenti delle scuole superiori e delle università, incoraggiando la partecipazione dei giovani alla lotta per la sostenibilità.

Ispirandosi all'incontro dei fiumi Negro e Solimões, che formano il Rio delle Amazzoni, Convergenza Amazzonia nasce dall'esigenza di unire gli sforzi a favore della governance ambientale nella regione. L'iniziativa ha avuto la sua prima edizione nell'agosto 2024 e si sta consolidando come uno spazio strategico per la costruzione collettiva di soluzioni alle sfide socio-ambientali dell'Amazzonia.


Fonte: https://paamsj.org.br/forum-das-aguas-amplia-presenca-em-debates-sobre-a-gestao-da-agua-na-amazonia/ 


giovedì 20 marzo 2025

IL PROGETTO DELLA FACOLTA’ CATTOLICA DELL’AMAZZONIA A MANAUS

 

Con un gruppo di studenti dopo un esame




Paolo Cugini


È iniziato in queste settimane il primo semestre 2025 della Facoltà Cattolica dell’Amazzonia con sede a Manaus, in cui insegno da circa due anni. Dal punto di vista generale non posso che ringraziare il Signore per l’opportunità che mi è stata data. Mi trovo, infatti, nel centro formativo cristiano più importante dell’Amazzonia. Nella Facoltà Cattolica ci sono studenti delle diocesi e delle congregazioni religiose di tutta l’Amazzonia divenendo, dunque, un punto d’incontro e di dialogo significativo. Oltre a ciò, grazie alla creatività del Vescovo Hudson che, oltre ad essere uno dei tre vescovi ausiliari dell’archidiocesi di Manaus, è anche il direttore della Facoltà e dei tre coordinatori laici: Elisangela, George e Roseane, ogni semestre vengono offerte diverse opportunità anche per laiche e laici. È questo un aspetto importante della Facoltà Cattolica, vale a dire, il legame stretto con l’archidiocesi e gli organismi ecclesiali attivi sul territorio amazonico, in modo particolare la REPAM (Rete ecclesiale Panamazzonica) e la CEAMA (Conferenza Episcopale Amazzonica). Altro aspetto importante della Facoltà Cattolica, che la differisce dalle Facoltà teologiche italiane, è la possibilità di essere riconosciuta dallo Stato. Proprio lo scorso anno, a due anni di distanza dalla fondazione, la Facoltà Cattolica dell’Amazzonia ha avuto il riconoscimento ufficiale del MEC (Ministero dell’Istruzione del Governo Federale) con nota massima, sia per i corsi di Teologia che di Filosofia. Ciò significa che, i titoli che escono dalla Facoltà Cattolica, hanno valore sul mercato brasiliano e, in questo modo, la Facoltà attira studenti che non necessariamente sono legati ad un cammino ecclesiale. Altra caratteristica importante, che la diversifica rispetto al percorso proposto in Italia per coloro che si avviano al sacerdozio, è data dal tipo di proposta culturale. Infatti, mentre in Italia il biennio filosofico è inserito nel percorso teologico, in Brasile è separato. Filosofia e teologia sono due percorsi diversificati al termine dei quali si ottiene una laurea. Ci sono laici e laiche che prima hanno ottenuto la laurea in teologia, frequentando i quattro anni del corso, e poi hanno iniziato il percorso triennale per ottenere la laurea in filosofia. 

Al centro il cardinal Steiner e il vescovo ausiliare Hudson, direttore della Facoltã
I tre laici coordinatori Roseane (seconda da sinistra), Elisangela e George


La Facoltà Cattolica, voluta fortemente dal Cardinale Leonardo Steiner sin dal suo insediamento nell’Archidiocesi di Manaus, avvenuto nel gennaio del 2020, dopo solo due anni di vita ha già dei numeri significativi, che dicono dell’impegno profuso dai suoi coordinatori. Attualmente, infatti, gli studenti dei corsi di filosofia e teologia sono circa 150, mentre più di 600 sono gli studenti che frequentano i così detti corsi di estensione universitaria. Oltre a questi, ci sono anche 25 studenti che stanno frequentando un corso di specializzazione biblica e una decina sono entrati nel percorso del dottorato di ricerca, in collaborazione con la Pontificia Università Cattolica con sede a san Paolo. 

La presenza della Facoltà Cattolica a Manaus la rende attenta e sensibile alle problematiche che appaiono sul territorio. L’equipe coordinatrice tutti gli anni organizza settimane culturali, coinvolgendo sia professori che studenti in percorsi interattivi, per affrontare quei temi che rendono il territorio amazzonico affascinante e ricco di prospettive. È impossibile passare per Manaus e non rimanere incantati dalla quantità impressionante di acqua dolce, dalla ricchezza della foresta amazzonica che, proprio per questo, da decenni è depredata e sfruttata dalle multinazionali, che entrano nel territorio amazzonico con il solo obiettivo di prendere tutto ciò che possono, alla faccia dei divieti e del rispetto della natura e delle popolazioni indigene. Questo è un altro tema molto importante, che viene affrontato nelle settimane culturali e anche all’interno di corsi specifici. Proprio sull’attenzione a ciò che di specifico offre il territorio amazzonico la Facoltà Cattolica ha elaborato un progetto ben articolato e che vale la pena conoscere. 

Aula inaugurale dell'anno accademico 2025


Uno dei progetti più importanti che la Facoltà Cattolica sta cercando di realizzare è il progetto denominato Anello di Tucum. Tucum è una palma che cresce formando densi cespi. Raggiunge un'altezza compresa tra i 10 e i 12 metri. Ha steli ricoperti di spine, il che lo rende molto ornamentale. Questo anello ebbe origine in Brasile nell'epoca dell'Impero, quando i gioielli potevano permetterseli solo le ricche élite imperiali. Gli schiavi e gli indios crearono questo anello per poter dare ufficialità ai loro matrimoni. Era, praticamente, un simbolo clandestino per i ricchi che non riuscivano a comprenderne il significato, visto che il suo colore naturale è scurissimo. Negli ultimi decenni, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II e la seconda e terza Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-Americano, che hanno messo in luce l'opzione preferenziale per i poveri, l'anello di tucum si è diffuso largamente fra i fedeli cristiani, con il significato di sancire l'alleanza fra le varie chiese del mondo e ...i poveri, la pace, il rispetto della madre Terra e della causa indigena. Nel corso dei secoli, l’Amazzonia è stata bersaglio di colonizzazioni, genocidi e depredazione delle sue risorse naturali, causando innumerevoli sfide e lotte a favore della preservazione della vita nelle sue varie dimensioni. La sua diversità di culture e biomi costituisce un potenziale immenso e, prendersi cura dell’Amazzonia, significa prendersi cura della Casa Comune e generare sempre più alternative di qualità della vita.

L'entrata della Facoltà Cattolica


   L'anello di tucum ci riporta alle problematiche dell'Amazzonia, dei suoi popoli, delle sue terre, delle sue lotte, simboleggiando l'alleanza con la causa dei Popoli Originari, con la causa dei piccoli, e tutta la lotta in difesa della vita: è per questo che il nostro progetto ha ricevuto questo nome. L’Anello di Tucum si presenta come un progetto ombrello che racchiude quattro progetti, che promuovono studi e approfondimenti, dibattiti e azioni, che coinvolgono le dimensioni amazzoniche.  In primo luogo, il progetto Scuola di Formazione Socio-Ambientale, che mira alla formazione sistematica in difesa della vita, della biodiversità, della flora, della fauna, degli ecosistemi, dei biomi, della biosfera, oltre a promuovere la giustizia sociale e difendere la dignità umana nella regione Amazzonica. In secondo luogo, il progetto Borse di studio, che mira a finanziare borse di studio per i Corsi di Laurea in Filosofia e Teologia della La Facoltà Cattolica dell’Amazzonia. In terzo luogo, il Progetto Eventi Accademici, che mira a rafforzare la didattica, la ricerca e la divulgazione. Infine, la Facoltà Cattolica mira a valorizzare la formazione nel contesto amazzonico, per diversi gruppi, comunità e leader dei comuni di Amazonas e Roraima, che cercano percorsi di dialogo, inserendosi, inculturandosi e incarnandosi nella vita amazzonica. La Facoltà Cattolica mira a promuovere una formazione teologica sistematica e integrale, in un contesto multietnico, multiculturale e multireligioso. Il processo di formazione teologico-pastorale si svolge attraverso attività di insegnamento, ricerca e divulgazione, mirando alla formazione professionale e integrale di teologi e leader in e per l’Amazzonia.

Lavori di guppo


L’obiettivo del progetto Anello di Tucum consiste nel promuovere, produrre e diffondere la conoscenza teologica attraverso l'insegnamento, la ricerca e la divulgazione, formando professionisti critici, solidali e creativi, capaci di contribuire alla costruzione di una società giusta e fraterna. La Facoltà Cattolica si dedica allo studio della realtà amazzonica cercando di creare uno spazio di dialogo interdisciplinare, interreligioso, interculturale ed ecumenico, alla ricerca di nuovi percorsi verso un'ecologia integrale, in linea con le indicazioni fornite da Papa Francesco nella Querida Amazonia. 



sabato 15 marzo 2025

Lettura di qualche riga del mio nuovo libro

 


Oltre il patriarcato nelle religioni


 


Invitiamo tutte e tutti a partecipare all' iniziativa online 
OLTRE IL 25 NOVEMBRE
organizzata dal sindacato pensionati CGIL di TARANTO, con la partecipazione dell'OIVD 

L’appuntamento sul tema 
Oltre il patriarcato nelle religioni: riletture dei testi sacri in chiave di genere  
si terrà il 25 MARZO ore 17,30.

giovedì 13 marzo 2025

DECOSTRUIRE LA RELIGIONE PER INCONTRARE DIO

 




Paolo Cugini



È come la cipolla o come una fodera. La cipolla vista da lontano, sembra compatta, una cosa unica, ma non è. Quando la vedi da vicino ti accorgi che è stratificata, che la puoi pelare, le puoi togliere le stratificazioni che, per quanto riguarda la cipolla – e non solo – è un processo che ci fa piangere.

Anche le coperte sembrano un corpo unico e invece ci sono delle cuciture che uniscono i pezzi e poi ci sono dei rivestimenti per nascondere le cuciture. La coperta sembra un corpo compatto, ma non è. Come, del resto, tante cose nella vita: sembrano compatte, ma non lo sono. Ci abituiamo a vivere nell’apparenza delle cose, sino al giorno in cui un incontro, un volto, un sentimento forte ci aiuta a svegliarci e a scoprire che non è tutto compatto come sembra, che c’è qualcosa di diverso, che c’è dell'altro. 

C’è tutto un sistema di cose che fa di tutto affinché la realtà risulti compatta, bella, simpatica. C’è tutto un mondo che lavora al mascheramento della realtà, soprattutto, al mascheramento delle manipolazioni del reale. E, poi, intervengono degli eventi che incrinano la compattezza, che aprono degli spiragli, che provocano una riflessione, una crisi e aprono, in questo modo, il cammino della decostruzione che ci conduce alla realtà, vale a dire, alla verità sulle cose. La decostruzione delle strutture messe in atto per coprire la manipolazione della realtà è, allo stesso tempo, un cammino di liberazione e di disvelamento . È di liberazione perché, finalmente, la persona vive con libertà il proprio rapporto con la realtà. Di disvelamento perché la rivelazione del processo di decostruzione ci conduce alla comprensione che, le intuizioni che percepivamo nel periodo della manipolazione del reale, erano autentiche. Questa è già un’importante indicazione di metodo. Ci dice, infatti, che ogni persona è dotata per cogliere la verità delle cose, la loro realtà e, quindi, è in grado di percepire ogni tentativo di manipolazione, di distorsione, di dissuasione. 

Ad un certo punto nella vita dobbiamo decidere se sbucciare le cipolle o lasciarle così; dobbiamo decidere se togliere le fodere e controllare le cuciture, oppure continuare a coprirci come se la coperta fosse un corpo unico. Infine, ad un certo punto della vita dobbiamo decidere se continuare a credere a santa Lucia e a Babbo Natale, o se collocarli al loro posto. Dobbiamo, cioè, ad un certo punto della vita, che sarebbe bello essere il più presto possibile, deciderci se vale la pena soffrire un po’, smascherando i miti che ci stanno offuscando la vista del reale, o fare finta di nulla e pagare il prezzo salatissimo di una vita falsa, di correre il rischio cioè di non vivere mai la realtà. 

Quando questo succede, cioè quando ritardiamo ad attivare i processi di decostruzione e di smascheramento stiamo male perché viviamo male. La coscienza si ribella quando qualcosa o qualcuno ci soffoca, tarpa le nostre ali, c’impedisce di volare, di essere noi stessi. La nostra coscienza si arrabbia con noi nel profondo del nostro cuore, quando ci vede pigri, remissivi, un po' meschini perché ci rifugiamo dietro le nostre paure. Siamo come arrabbiati, quando ci accorgiamo che la vita non è come l’avevamo pensata o come qualcuno l’ha pensata per noi. E allora c’è dentro di noi una voce, un sentimento che ci spinge a prenderci in mano, a prenderci sul serio, a smetterla di piagnucolare e tirarci su le maniche per smascherare tutto e vivere così finalmente liberi. 

È il contatto con la realtà che smaschera le sovrastrutture false che ci stanno impedendo di vivere in modo autentico. È la realtà che provoca l’incresparsi di quelle idee, di quelle filosofie e teologie che rivestono la nostra vita non permettendoci di vivere in modo autentico. La cosa peggiore, che purtroppo accade spesso, è quando le filosofie e le ideologie incontrano come alleati i genitori che, non hanno tempo per controllare se tali ideologie sono aderenti o meno alla realtà. Povera quella giovane anima che trova dentro di casa l’alleanza diabolica dei propri genitori con gli spacciatori di ideologie devitalizzanti e castranti! Sarà dura uscire da questa gabbia di matti, ma ce la si può fare. C’è sempre, infatti, un giorno in cui incontriamo qualcosa di reale, in cui percepiamo che il mondo non è come ce lo stanno spacciando. C’è sempre un giorno in cui la giovane anima respira aria di libertà e, quando questo succede, possiamo esserne certi, che farà di tutto per scrollarsi di dosso il marciume delle filosofie e delle teologie, che, come catene, la tengono in gabbia. Chi sente profumo di libertà, soprattutto quando questo profumo viene verso di noi nella giovinezza, difficilmente lo scorderà. 

Il primo elemento fondamentale di questo processo di smascheramento, che è allo stesso tempo un processo di decostruzione, consiste nel prendere le distanze dai maghi, dai ciarlatani, dai venditori di fumo, imbroglioni da due soldi che, per tante ragioni, abbiamo incontrato nel nostro cammino e ci hanno riempito la testa di fandonie. Credo che sia impossibile questo salutare addio ai ciarlatani, senza incontrare qualcuno che ci sia già passato, qualcuno che si sia già liberato dal mondo di fandonie, dal mascheramento del reale. Ormai lo sappiamo che molti di questi ciarlatani vestono delle sottane nere e camminano nelle chiese. C’è tutta una religione che prima di essere cammino di libertà. è strumento satanico di schiavitù e di morte. Quanta gente incontriamo che, ingenuamente, segue qualcuno o un gruppo, pensando di camminare nella via del Signore e invece sta percorrendo il sentiero di satana. 

Il secondo elemento del processo di decostruzione è l’amore alla libertà che, allo stesso tempo, è amore alla vita. Chi ama la vita non accetta le prigioni di qualsiasi genere esse siano e allora, quando sente la propria libertà minacciata scalpita, si ribella, cerca di capire. Chi ama la vita, chi desidera una vita piena e libera non si rassegna mai. È l’amore alla vita o, come direbbe Nietzsche, l’amore alla terra che ci spinge a buttare all’aria tutte quelle strutture formatesi nel tempo che la vita più che liberarla, la soffocano . È la forza interiore che proviene dal profondo delle nostre viscere, che anelano alla libertà, che non accettano una vita di morte, una vita soffocata da sovrastrutture formatesi nel tempo e che non hanno più nessuna aderenza con la realtà vissuta nell’oggi. È l’amore e il rispetto che abbiamo di noi stessi che, ad un certo punto del cammino, ci conduce a buttare all’aria tutte le rassegnazioni, tutte le ingiunzioni ingiustificate, per guardarci dentro meglio, per non dover trascorrere tutta la vita sottomessi a imposizioni senza senso.

Il più grande maestro di ogni cammino di decostruzione che, come abbiamo visto è, allo stesso tempo, un cammino di smascheramento, è Gesù. È proprio Lui, infatti, che in diverse circostanze ha smascherato l’ipocrisia dei farisei, che manipolavano la Parola di Dio per controllare il popolo e mantenere il potere. “Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte” (Mc 7,13). Sostituire la Parola di Dio con la tradizione degli uomini: è questo che è avvenuto nei secoli, portando migliaia di persone a sottomettersi a delle leggi umane, pensando che fossero Parola di Dio. Lo ha scoperto Gesù negli anni della giovinezza, trascorsi nel silenzio, nell’attenzione a ciò che avveniva intorno a Lui, a come si muovevano i farisei e a come il popolo soffriva. Senza dubbio, ad un certo punto avrà colto la contraddizione tra coloro che avevano in ogni momento in bocca la Parola di Dio e quello che questa così detta parola stava producendo nel popolo, vale a dire miseria, povertà, ingiustizia, sofferenza. È stata la realtà ascoltata con attenzione che ha condotto Gesù a capire l’inganno, capire che coloro che parlavano in nome di Dio, in realtà parlavano per loro stessi e per i loro loschi interessi. E allora, un giorno ha deciso di aiutare gli uomini e le donne a liberarsi di tutte le fandonie degli uomini del potere, di smascherare l’inganno dei farisei, di decostruire tutte quelle leggi che soffocavano la libertà degli uomini e delle donne per mostrare loro il vero volto di Dio che è Padre e Madre, il senso profondo della sua Parola che è misericordia, il vero desiderio del cuore del Padre che consiste nel dare vita e vita in abbondanza .

È questo il grande compito della Chiesa in quest’poca post-cristiana: aiutare gli uomini e le donne a liberarsi delle fandonie della religione, ad offrire strumenti affinché ognuno possa toccare con mano l’amore di Dio, la sua giustizia, la sua libertà. 


domenica 9 marzo 2025

QUARESIMA E LA PROPOSTA SOCIALE DELLA CHIESA BRASILIANA: LA CAMPAGNA DELLA FRATERNITA' 2025

 


Paolo Cugini

Ogni anno la Chiesa in Brasile promuove durante la Quaresima una Campagna di Fraternità – CF. Così come siamo chiamati alla conversione personale (conversione del cuore), siamo chiamati anche alla conversione sociale (trasformazione della società). La CF richiama l’attenzione sulla dimensione sociale del peccato, che si incarna nella rottura della fraternità, nell’ingiustizia sociale e nella distruzione della nostra casa comune. E la consapevolezza del peccato sociale ci invita a una conversione sociale che si realizza nelle relazioni di fraternità e di cura tra le persone, nella difesa della dignità e dei diritti dei poveri e degli emarginati e nella cura della casa comune.

Il tema della CF di quest'anno è "Fraternità ed ecologia integrale" e il suo motto è "Dio vide che tutto era molto buono" (Gen 1,31). È un invito a riflettere sui sintomi e sulle cause della crisi socio-ambientale (vedere/ascoltare), a contemplare l’opera creatrice di Dio e meditare sulla missione affidata all’essere umano (illuminare/discernere) e a cercare alternative per superare la crisi socio-ambientale e prendersi cura della nostra casa comune (agire/proporre).

Non ci vuole molto per riconoscere che stiamo vivendo una profonda crisi socio-ambientale, con conseguenze tragiche per gran parte dell'umanità. I sintomi sono lì, proprio accanto a noi: siccità, inondazioni, tempeste, frane, uragani, caldo, incendi, pesticidi, malattie, pandemie, ecc. La pandemia di Covid-19 e la tragedia verificatasi nel Rio Grande do Sul nel 2024 sono ancora ben vive nella nostra memoria e nella nostra carne. Ma riconoscere i sintomi non basta. Dobbiamo interrogarci sulle cause della crisi. E in larga misura è il risultato dell'azione umana. Ciò trasforma la crisi ecologica in una crisi socio-ambientale. Papa Francesco insiste da tempo sulle “radici umane della crisi ecologica”. Il pianeta non può sostenere o tenere il passo con lo sfruttamento della natura e il consumismo sfrenato delle élite. Come sottolinea giustamente il Testo fondamentale della Costituzione federale, “il modello di sviluppo capitalistico, basato sullo sfruttamento delle risorse naturali, sulla combustione di combustibili fossili, come quelli derivati dal petrolio, sull’espansione sfrenata dei consumi e sul rapporto mercantilista con la natura, ha contribuito a una serie di problemi ambientali, come il degrado del suolo, la deforestazione, l’estrattivismo predatorio, l’inquinamento, la scarsità d’acqua, il compromesso della biodiversità con l’estinzione di alcune specie e il cambiamento climatico”.

La fede cristiana ci fa vedere ancora più lontano. La rottura della fratellanza, l'ingiustizia e la disuguaglianza sociale, nonché la distruzione della natura sono, in ultima analisi, un attacco all'opera creativa di Dio e al suo piano per l'umanità. Ciò che è in gioco è la creazione di Dio e la missione che Egli ha affidato agli esseri umani: prendersi cura del creato. Come ricorda Francesco, «dire creazione è più che dire natura, perché si tratta di un disegno d’amore di Dio, nel quale ogni creatura ha un valore e un senso» (LS 76). I racconti della creazione presentano tutti gli esseri come opera di Dio e in armonia tra loro e presentano gli esseri umani come parte della creazione e con la missione di "coltivare e custodire" il giardino della creazione. E l’espressione ecologia integrale richiama l’attenzione sia sul valore di ciascun essere e sulla relazione tra essi, sia sul «valore peculiare» dell’essere umano che implica una «tremenda responsabilità» verso la casa comune. I beni della creazione non possono essere ridotti a semplici “risorse” da sfruttare a piacimento dall’avidità umana. Né si può pensare all'essere umano come a qualcosa di separato dalla creazione o come al proprietario assoluto della creazione. La rottura della fratellanza degli esseri umani con la natura è un attacco alla creazione di Dio. Come afferma il Patriarca Bartolomeo: «un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio» (LS 8).

La consapevolezza del peccato socio-ambientale (distruzione del creato) è una chiamata alla conversione ecologica (cura del creato) e ci porta ad assumere la missione che Dio ci ha affidato di «coltivare e custodire» il giardino della creazione (Gen 2,15). Ciò implica un cambio di mentalità: la natura non è una mera “risorsa” di cui appropriarsi; l'essere umano è parte della natura; la distruzione della natura è la distruzione dell'essere umano stesso è un peccato contro Dio; molti progetti di sviluppo arrecano più danni che benefici alla società, ecc. Ma implica anche un atteggiamento personale e sociale: 1) superare il consumismo, non sprecare l'acqua, fare attenzione ai rifiuti, ecc.; 2) sostenere l’agricoltura familiare e la sua lotta contro i pesticidi, la deforestazione e la distruzione della biodiversità; 3) prendere posizione contro i progetti politici che distruggono la nostra casa comune, come l'irrorazione aerea, l'attività mineraria, la distruzione delle leggi sulla protezione ambientale per favorire gli interessi del capitale, ecc.; 4) Difendere e sostenere le comunità e i movimenti che lottano per la salvaguardia dell'ambiente e la giustizia sociale; 5) ascoltare e lasciarsi commuovere dal «grido dei poveri e della terra», attraverso il quale Dio ci chiama alla conversione sociale e politica.