mercoledì 18 giugno 2025
domenica 15 giugno 2025
PRESENTAZIONI DEL LIBRO: IL NOME DI DIO NON E’ PIU' DIO (in aggiornamento)
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Libreria del Teatro |
GIUGNO
14 sabato: ore 10
Libreria del Teatro
16 lunedì: ore 18,30 Fogliano
27 venerdì: ore 20,45
Massenzatico
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Presentazione libro a Fogliano |
LUGLIO
7 lunedì ore 21: Palata
Pepoli (Bologna)
8 martedì ore 21: Cento (Ferrara)
14 Lunedì ore 21
Sacro Cuore (Reggio Emilia)
15 Martedì ore 21
Modena
16 Mercoledì Ore 18:
Brescia
21 lunedì ore 21
Castelnovo Sotto
29 martedì ore 21 Rapallo (Accademia culturale)
martedì 10 giugno 2025
domenica 8 giugno 2025
Il metodo di Gesù
Paolo
Cugini
La carità che viene da Dio e che, in modo
speciale, si è manifestata nella vita di Gesù Cristo è gratuita e si avvicina
all’altro come cura. Gesù quando cura qualcuno nel Vangelo lo rialza, gli
permette di alzarsi e camminare con le proprie gambe e così continuare il
cammino da solo. La carità di Gesù non schiaccia il povero nella sua povertà,
ma gli permette di uscirne. La carità che scaturisce dallo Spirito del Signore
non genera dipendenza. Lo si vede molto bene nella parabola del buon samaritano
(cfr. Lc 10, 29-37). La compassione è il prodotto di un vedere che mostra
attenzione per l’altro. La compassione del samaritano, che è agli antipodi
della pena, si manifesta in un movimento di avvicinamento, di una serie di
gesti che rendono visibile il desiderio di riportare il povero sfortunato
incappato nei briganti e malmenato, alla situazione di autonomia. Il denaro che
il samaritano offre all’albergatore avviene dopo tutta una serie di gesti che,
come abbiamo visto, manifestano cura, attenzione, in altre parole: amore. In
questo breve passaggio del Vangelo diviene evidente che il denaro in sé e per sé
non risolve il problema dell’indigenza.
É
necessario un vedere il povero e non solo un passarci vicino. Un vedere che
provochi l’interessamento all’altro, un cammino di reprocità, che ci metta in
condizione di condividere il tempo, l’intelligenza per capire che cosa occorre
fare e poi, anche ciò che abbiamo di materiale. La condivisione materiale
dev’essere sempre preceduta dalla compassione con l’altro, da un cammino di
empatia con chi soffre, altrimenti l’incontro con il povero si riduce alla
pena. Gesù tutte le volte che entra in contatto con il povero è mosso dalla
compassione, che è il contrario del sentimento di pena. Mentre, infatti, il
sentimento di compassione ha come centro d’interesse l’altro nella sua
situazione di povertà e s’interessa per farlo uscire da questa situazione, il
sentimento di pena è centrato su se stesso. Chi è mosso da un sentimento di
pena non è interessato a risolvere il problema dell’indigente, ma a soddisfare
un bisogno personale, che nel caso in questione significa mettere a posto la
propria coscienza compiendo un gesto immediato con scarsissime conseguenze sul
futuro.
C’è
tutto un modo di fare carità che dice chiaramente da che percorso spirituale
veniamo. C’è un altro testo che ci può aiutare a cogliere il metodo di Gesù nel
suo relazionarsi con i poveri. È il famoso testo della moltiplicazione dei pani
e dei pesci. Con i poveri non si scherza, quando li si incontra non li si può
semplicemente imbambolare con delle parole, ci vuole del pane, cioè, bisogna
inventare qualcosa. Questi versetti del vangelo di Matteo (14, 13-21) insegnano
che il cammino che i cristiani percorrono per aiutare i fratelli e le sorelle
più poveri non è lo stesso di quello che percorre il mondo. C’è un metodo che è
differente. Da una parte, allora, non si può stare con le mani in mano dinanzi
a tante situazioni di miseria; dall’altro l’azione sociale che il cristiano è
chiamato a realizzare procede in un modo tutto speciale. Difatti, se il mondo
entra nel mondo dei poveri dando le cose, il cristiano, sull’esempio di Gesù,
se le fa consegnare. C’è da compiere un lungo cammino d’ incarnazione, che è
allo stesso tempo un cammino di morte, per farsi consegnare dagli stessi
poveri, il pane da spazzare con loro, per restituirglielo benedetto. Il mondo
entra nelle realtà dei poveri con l’arroganza di colui che sa già tutto e che
tutto deve dare e insegnare.
Noi
cristiani dovremmo entrare nel mondo dei poveri così come Gesù ha fatto con
noi, e cioè in silenzio, aspettando molto tempo prima di dire una Parola e
rivestire continuamente di silenzio questa parola. Se il mondo entra con
arroganza nel mondo degli altri non ascoltando nessuno e credendo che ogni
proprio gesto, ogni proprio dono sia il giusto necessario che i poveri stanno
aspettando e che quindi devono senza dubbio ringraziare, il cristiano al
contrario entra nel mondo dell’altro in punta di piedi, mettendosi in ascolto,
per cercare di aiutare il povero ad aprirsi, a consegnare i suoi problemi e da
quel punti di partenza, iniziare a rispondere. La relazione con i poveri deve
precedere la materialità delle cose da dare. Può essere un discorso semplicistico,
ma corrisponde alla realtà che Gesù ha indicato. Certamente la relazione come
priorità non significa che dobbiamo esaurire il nostro rapporto con i poveri
nelle chiacchere. In ogni modo Gesù ci insegna che tutto dev’essere preceduto
dall’attenzione all’altro, dalla cura delle relazioni. L’atro dato importante
nel cammino verso i poveri consiste nella capacità di coinvolgere le persone
che ci sono vicine, così come ha fatto Gesù che h coinvolto i suoi discepoli:
date loro voi stessi da mangiare. È un imperativo che rivela un dato
importante, vale a dire che è la comunità la prima responsabile dei poveri che
vivono sul suo territorio. Ciò significa che il cammino verso i poveri non può
essere delegato a qualcuno e, allo stesso tempo, che la bontà e la sensibilità
di qualcuno non possono mai sostituire la comunità, che dev’essere sempre
coinvolta. Troppe volte il discorso caritativo è vissuto come un atteggiamento
isolato di qualcuno che si sente realizzato con questo. Aiutare le persone
della comunità a vivere la carità come un dono del Signore e non come una
soddisfazione personale per soddisfare la propria coscienza è la prima carità
che possiamo realizzare all’interno della comunità stessa.
CALENDARIO GIUGNO-LUGLIO ITAIA 2025
GIUGNO
- Sede di residenza nel periodo: Seminario di Reggio Emilia
- 12 giovedì
- 17: Arrivo a Bologna
13 venerdì
-
vedere per la residenza.
-
Visita medica
-
15: Bologna da Valentino Bulgarelli
-
A
Cavriago
14 sabato
- 10 Presentazione libro Libreria del Teatro Reggio Emilia
- Sera cena da amici
15 Domenica
Messa 10,30 Fogliano
Pranzo: Fogliano
16 Lunedì
- 18,30:
presentazione del libro a Fogliano
17
Martedì Giornata a Carpi per festeggiare 30 anni di
prete
18 mercoledì
·
Pranzo con amico
Edizioni san Lorenzo
19,30: cena con amiche
19
giovedì
· ore 15: Parama
·
ore 20: pizza a santo
Antonio e incontro con i campisti
20 Leeds (partenza da Bologna alle 6)
21 ritorno
da Leeds (arrivo a Bologna alle 16,40)
Ore 19,30: cena con amici (Modena)
22 Domenica
10: messa a Codemondo
11,15: messa a Regina Pacis
13 h. pranzo con la 4 A
19: Cristiani LGBT
23 Amsterdam (Milano Linate alle 9,05)
24
Amsterdam
25 Amsterdam (arrivo 13,30 Linate)
18,30 h: messa al Sacro Cuore
26 giovedì
ore 12 Giacomo vescovo e poi pranzo
27 venerdì
· pranzo Adolfo
20,45 Presentazione libro a Massenzatico (Biblioteca)
28 Sabato
Pranzo Castelnovo
29 D Messe Rosta nuova.
12: pranzo Regnano
L 17:
incontro a san Martino mandato campisti quest’anno (in macchina con don Marco)
30
LUGLIO
1 martedì: pranzo in campagna con amici
19,30: cena con amici e amiche
2
3 Misano Lettura Popolare della Bibbia
4 Misano: lettura Pop0lare della Bibbia
5 Sabato ore 18 messa a Galeazza
Sera: pizza a Dodici Morelli
6 Domenica
9,30: messa a Dodici Morelli
ore 11: messa a Bevilacqua
ore 18 messa a palata Pepoli
sera cena a Palata Pepoli
7 Lunedì Dodici Morelli
-
Mattina:
dentista
-
Pranzo:
Dodici Morelli
-
Presentazione del libro a Palata
-
Dormo a Palata
8 Martedì Palata
-
M. Palata Caffè Palata
- Pranzo Palata:
-
Presentazione
libro a Cento (?)
9 Mercoledì: Bevilacqua
-
Pranzo:
-
17 messa a Galeazza?
-
Cena Bevilacqua (?)
10 Giovedì
Parto per
Reggio
G. Cena a Reggio con i brasiliani
11 Venerdì ore 11: incontro con il cardinale Zuppi
12 Sabato: Pranzo Parenti
13 D Messe a Castelnovo Sotto e dintorni
14 Lunedì Presentazione libro al Sacro Cuore (Reggio Emilia)Inizia il secondo semestre alla Facoltá Cattolica dell-Amazzonia
15 Martedì Presentazione libro a Modena
16 Mercoledì Ore 18: Presentazione del libro a Brescia
17Giovesì
18 Venerdì
19 Sabato camminata con i foglianesi
20 D Messe Sacro Cuore,
Preziosissimo Sangue, ecc.
Sagra Codemondo
21 Lunedì alle ore 21: pewsentazione libro a Castelnovo Sotto
22 Cena a Castelnovo
23
24 Cena con amici a Reggio
25
26 Rapallo
27 D Rapallo
28
Rapallo
29 Rapallo Presentazione del libro all'Accademia Culturale
24,30: lezione di antropologia
30 Rapallo
31 Milano
AGOSTO
1 Milano
2
Toronto
3 D
Toronto
4
Toronto
Lezione di Filosofia medievale
5
Toronto
Lezione di antropologia filosofica
6
Toronto
7
Toronto
Lezione di metafisica
8 á 9 h. Partenza per Manaus
13,32: chegada a Panama
21,40: partenza per Manaus
9 ás 2,35 h. chegada em Manaus
martedì 27 maggio 2025
LA CARITA’ CHE UCCIDE
Paolo
Cugini
C’è un dato di fatto importante che riguarda il modo del mondo Occidentale intervenire per aiutare i paesi più poveri. Infatti, progetti sociali realizzati nei paesi poveri, gestiti anche da entità legati alla Chiesa, sono marcati da una dipendenza radicale dai soldi che vengono da fuori, cioè dall’Occidente. Se i progetti sociali che sono messi in piedi dall’Occidente nei paesi poveri, non stimolano la collaborazione del potere locale e il coinvolgimento diretto dei poveri, sono dannosi perché creano dipendenza. Divengono, infatti, un incentivo di quegli stessi meccanismi di dipendenza messi in atto dai sistemi assistenzialisti dei politici corrotti, che si servono di ciò per mantenere i poveri alle loro dipendenze. E allora ecco il paradosso: facendo la carità collaboriamo nel mantenimento di sistemi corrotti. La giornalista africana Dambisa Moyo, nel suo famoso libro: La carità che uccide. Come gli aiuti dell’Occidente stanno devastando il Terzo Mondo (Rizzoli, 2009) sostiene, con una ricca documentazione che, chi ha devastato e impoverito l’Africa sono stati gli aiuti così detti umanitari. Tante donazioni umanitarie, sostiene la Moyo, vanno a finire nelle mani dei governi corrotti, incentivando in questo modo, i sistemi politici di corruzione. Questi aiuti hanno solo contribuito alla diffusione di uno stato di perenne dipendenza alimentando corruzione, violenza il cui obiettivo, sempre secondo l'autrice, non è aumentare la consapevolezza di ciò che provoca la fame e la povertà, ma "lisciare il pelo" all'emotività superficiale che porta all'elemosina. La Moyo critica anche gli accordi bilaterali che permettono trasferimenti miliardari o attraverso la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale. Sessant’anni di politiche finanziare scriteriate hanno inondato l’Africa di denaro creando una classe politica inefficiente e incompetente, abituata ad adagiarsi sul denaro facile proveniente dalle istituzioni Occidentali. Secondo la Moyo gli aiuti provenienti dai singoli stati occidentali o dalla longa manus del capitalismo occidentale hanno soffocato sul nascere la possibilità di favorire lo sviluppo agricolo o una classe di piccoli e medi imprenditori locali, diventando così gli aiuti stessi la principale causa della tragedia africana.
Anche la giornalista keniota June Arunga, nel suo
documentario "The Devil's Footpath”, aveva mostrato come all'origine del sottosviluppo vi sia la
corruzione delle élites locali, l'opacità dei diritti di proprietà, l'assenza
di ruleof law e
l'abbondanza di barriere poste al libero operare dei mercati. Le cifre,
sostiene il giornalista Waldemariam Abdé,
le danno ragione, stando ai dati più recenti. Gli aiuti - che costituiscono il
15% del PIL nell'Africa subsahariana - anziché convergere in progetti di
responsabilizzazione delle Istituzioni locali hanno troppo spesso finito per
innescare uno sciagurato circolo vizioso: alimentano la corruzione, la
deptocrazia, le guerre civili che rafforzano i regimi dispotici scoraggiano
gli investimenti, inibiscono la classe imprenditoriale autoctona, incrementano
l'inflazione e creano dipendenza e povertà, rendendo indispensabili ulteriori
aiuti. Ogni anno l'Africa brucia 20 miliardi di dollari per rimborsare il
debito estero e oltre 150 miliardi sono inghiottiti dalla dilagante corruzione.
Come giustamente sostiene lo scrittore indiano Zakaria Fareed, nessun paese al mondo è mai riuscito a ridurre i
livelli di povertà e a sostenere la crescita economica grazie agli aiuti.
Tutto ciò avviene per il modo d’intendere la carità, così come si è formato nella cultura Occidentale, e cioè come un gesto che soddisfa principalmente il nostro egoismo, che mette a posto le nostre coscienze, più che un effettivo aiuto alle persone povere. È più facile, infatti, dare dei soldi a chi non si conosce e non si fa il minimo sforzo per conoscere, che mettersi in ascolto di colui o colei che chiede un aiuto. C’è una carità, che carità non è, perché invece di liberare l’uomo e la donna li rende e li mantiene nella schiavitù. Ci sono degli aiuti umanitari, ci insegna Dambisa Moyo, che in realtà sono disumani, perché incentivano percorsi di disuguaglianza, mantengono i sistemi di corruzione, lasciano milioni di persone in situazione di estrema indigenza e tutto questo in nome della carità. Si potrebbe obiettare che chi dona dei soldi per i poveri spesso no sa dove vanno a finire. È proprio questo il problema. A cosa serve una carità che non s’interessa di colui che la riceve? A che cosa servono i sostegni a fantomatiche agenzie umanitarie che spesso e volentieri diventano complici dei governi corrotti, o che utilizzano la maggior parte delle donazioni per le spese interne? È necessario, allora, per noi cristiani, ritornare all’insegnamento di Gesù, sfogliare il Vangelo per ascoltare la sua Parola, cogliere quello che potremmo definire il suo metodo di approccio con i poveri, approccio che non umiliava, ma al contrario, animava le persone incontrate e le stimolava a sollevarsi dalla situazione d’indigenza nelle quali si trovavano.
sabato 17 maggio 2025
ANCHE NOI SIAMO SUE PECORE
La lettera di capitano
Ibrahim Traoré, presidente della transizione, Burkina Faso a papa Leone XIV.
A Sua Santità Papa
Roberto Francesco
Non le scrivo da un
palazzo, né dalle comodità di ambasciate straniere, ma dal suolo della mia
patria, la terra del Burkina Faso, dove la polvere si mescola al sangue dei
nostri martiri e gli echi della rivoluzione sono più forti del ronzio dei droni
stranieri sopra le nostre teste. Non le scrivo come un uomo in cerca di
approvazione, né come uno invischiato in convenevoli diplomatici. Le scrivo
come un figlio dell’Africa, audace, ferito, indomito. Ora lei è il padre
spirituale di oltre un miliardo di anime, inclusi milioni qui in Africa. Lei
eredita non solo una chiesa, ma una missione. E in questo momento di
transizione, mentre il fumo bianco aleggia ancora sui tetti del Vaticano, devo
inviare questa lettera attraverso mari e deserti, oltre guardie e cancellate,
direttamente al suo cuore, perché la storia lo esige, perché la verità lo
impone, perché l’Africa, ferita e in rivolta, ci sta guardando.
Santità, noi africani
conosciamo il potere della croce. Conosciamo gli inni, le preghiere, le
litanie. Abbiamo costruito chiese con mani callose e abbiamo difeso la nostra
fede con il nostro sangue.
Ma conosciamo anche
un’altra verità, una verità che troppi hanno preferito seppellire: che la
Chiesa a volte ha camminato al fianco dei colonizzatori, che mentre i
missionari pregavano per le nostre anime, i soldati profanavano le nostre
terre, che mentre voi predecessori parlavate del cielo, i nostri antenati erano
incatenati sulla terra. E anche ora, in questa cosiddetta era moderna, subiamo
ancora le catene non del ferro, ma del silenzio. Dell’indifferenza di giochi
geopolitici che si svolgono in sacre oscurità.
Quindi chiedo, in nome
delle madri che pregano sui pavimenti di terra battuta e dei bambini che
frequentano il catechismo a stomaco vuoto: il suo papato sarà diverso? Sarà lei
il Papa che vede l’Africa non come una periferia, ma come il centro profetico?
Sarà il Papa che non si limita a visitare le baraccopoli per fotoricordi, ma
che osa parlare con rabbia contro le forze che rendono permanenti quelle
baraccopoli? Vede, Santità, io sono un uomo forgiato dalla guerra, non dalla
ricchezza. Non sono stato rovinato dalle istituzioni occidentali per uso
politico. Non mi hanno insegnato la diplomazia a Parigi. Ho imparato la
leadership in trincea, tra la gente, dove il dolore è maestro e la speranza è
resistenza.
Guido una nazione che è
stata emarginata dal mondo finché non ci siamo rifiutati di stare zitti. Ci è
stato detto che eravamo troppo poveri per essere indipendenti, troppo deboli
per essere sovrani, troppo instabili per resistere. Ma glielo dico con il tuono
degli antenati nella voce: abbiamo smesso di chiedere il permesso di esistere. Abbiamo
smesso di implorare validazione da parte dei poteri che sfruttano i nostri
minerali mentre predicano la moralità. E abbiamo smesso, assolutamente smesso,
di accettare che i leader spirituali globali distolgano lo sguardo dalle grida
dell’Africa perché la politica è scomoda.
Santità, [non] parlo ora
solo per il Burkina Faso, ma per un continente troppo a lungo dominato.
L’Africa non è un continente da compatire, siamo un continente di profeti.
Profeti che sono stati incarcerati, esiliati e assassinati per aver osato
sfidare l’impero. E lei, ora che porta l’anello di San Pietro come simbolo,
seguirà la via dei profeti? O sarà anche lei prigioniero della politica?
Non abbiamo bisogno di altre banalità. Non abbiamo bisogno di altri auguri e preghiere mentre le multinazionali occidentali estraggono uranio dal Niger, e oro dal Congo, sotto scorta armata. Non abbiamo bisogno di neutralità diplomatica mentre i giovani africani annegano nel Mediterraneo fuggendo da guerre cui essi non hanno dato inizio, con armi che essi non hanno fabbricato. Non abbiamo bisogno di dichiarazioni sdolcinate mentre la sovranità africana viene messa all’asta a porte chiuse a Bruxelles, Washington e Ginevra.
Ciò di cui abbiamo
bisogno è un Papa che nomini l’Erode moderno, che tuoni contro gli imperi
economici con la stessa audacia con cui la Chiesa un tempo tuonò contro il
comunismo. Un Papa che dica senza indulgenze che è peccato per le nazioni
trarre profitto dalla distruzione dell’Africa. Lei conosce gli insegnamenti di
Cristo. Sa che Lui rovesciò i tavoli dei cambiavalute. Sa che Lui disse “Beati
gli operatori di pace” ma non disse mai “Beati i pacifinti”. Quindi le chiedo
personalmente: parlerà contro il silenzio della Francia e le sue operazioni
segrete nel Sahel? Condannerà i traffici di armi che alimentano guerre per
procura nei nostri deserti e nelle nostre foreste? Smaschererà l’avidità che si
ammanta di carità? La diplomazia che maschera l’imperialismo con colloqui di
pace, perché lo vediamo succedere, lo viviamo.
Sua Santità, non le
chiedo di essere africano.
Le chiedo di essere
umano, di essere morale, di essere coraggioso, perché il coraggio, il vero
coraggio, non è benedire i potenti. E’ difendere i deboli pagandone il costo. Mi
permetta di parlare chiaro. Il Vaticano possiede ricchezze inimmaginabili, arte
senza prezzo, accesso oltre ogni confine. Ma il vero potere non si misura in
tesori nascosti dietro mura di marmo, il vero potere si misura nel coraggio di
affrontare l’ingiustizia. Anche quando si presenta vestito con un abito su
misura, con credenziali diplomatiche e sorridendo nonostante i suoi peccati,
Sua Santità, il mondo è sull’orlo del precipizio e l’Africa, questo continente
martoriato e bellissimo, non si limita a guardare dal basso: ci stiamo
sollevando.
Stiamo sanguinando,
stiamo risalendo e osiamo porre domande che risuonano più forte del diritto
canonico.
Dov’era la Chiesa quando
i nostri presidenti sono stati rovesciati da mercenari spalleggiati
dall’estero? Dov’era la Chiesa quando i nostri giovani sono stati rapiti e
indottrinati in guerre finanziate da nazioni che pretendono di essere forze di
pace? Dov’era la Chiesa quando le nostre valute sono crollate, quando il Fondo
Monetario Internazionale ha soffocato le nostre economie? Quando i nostri
leader sono stati puniti per aver scelto la sovranità anziché la sottomissione?
Non ci dica di perdonare mentre la frusta è ancora nella mano del carnefice. Non
ci dica di pregare mentre le nostre preghiere vengono ricambiate con attacchi
di droni. Non parli di pace senza nominare i profittatori della guerra. Perché il silenzio, Santità, non è più santo
e la neutralità non è più nobile. Se lei deve essere il pastore di questo
gregge globale, allora ascolti questo grido dalla polvere di Uagadugu.
Anche noi siamo sue
pecore. Ma non pascoliamo in silenzio nei campi, marciamo per le strade,
moriamo in prima linea. Risorgiamo dalle ceneri con il fuoco nelle ossa e le
Scritture sulla lingua. Non chiediamo carità, esigiamo giustizia. E la
giustizia deve iniziare dalla verità. La verità è che il cristianesimo in
Africa è stato sia un balsamo che una spada. La verità è che la Chiesa ha
nutrito i nostri spiriti senza riuscire a proteggere i nostri corpi. La verità
è che la redenzione senza riconoscimento è una mezza verità e le mezze verità
non hanno mai guarito le nazioni.
Santità, ora lei siede
sulla cattedra di San Pietro. Ma ricordi, Pietro rinnegò Cristo tre volte prima
che il gallo cantasse. Non permetta alla Storia di scrivere che la Chiesa ha
rinnegato l’Africa ancora una volta. Faccia sì che il gallo canti forte e
chiaro in Vaticano. Che svegli la coscienza di cardinali e re.
Che echeggi nei corridoi
del potere, dove uomini in toga e uomini in uniforme barattano il silenzio con
l’influenza. Che annunci una nuova alba, non solo per la Chiesa, ma per il
mondo. Perché qui in Africa non temiamo le albe, le creiamo. Siamo figli e
figlie di Sankara, Lumumba, Nkrumah e Biko. Portiamo le Scritture in una mano e
l’onore, il ricordo dei rivoluzionari nell’altra. Abbiamo imparato a pregare e
protestare con lo stesso respiro. E chiediamo: il suo papato camminerà con noi?
Ci verrà lei incontro nel nostro dolore, non solo tra i banchi delle nostre
chiese? Riconoscerà Dio nella nostra fame? Cristo nel nostro caos, lo Spirito
Santo nelle nostre lotte?
Perché se non è questo il
tempo, è quello di Giuda, e se la Chiesa continua a predicare la pace ignorando
la macchina dell’oppressione, in quale Buona Novella ci resta da credere? Non
lo dico con rabbia, ma con sacra urgenza. Siamo un popolo al crocevia tra
profezia e politica, e il tempo dell’Africa non si sta avvicinando, è qui.
Stiamo riscrivendo la narrazione, rimodellando il futuro, rivendicando la
dignità che ci è stata negata da secoli di dominazione straniera e di manipolazione
spirituale. E la Chiesa deve decidere da che parte stare: con i poteri forti
qui, o con le persone che sanguinano.
Non scrivo questa lettera
per condannare. La scrivo per invitarla, Santità, a una solidarietà più
profonda, a una solidarietà che cammini a piedi nudi con i poveri, che osi dire
la verità a Roma con la stessa audacia con cui lo fa in Ruanda, che ricordi i
santi non solo per i miracoli, ma per il loro impegno per la giustizia.
Aspettiamo le vostre
voci, non dai balconi, ma dalle trincee e dalle favelas. Dai campi profughi, da
dietro le sbarre delle prigioni politiche dove la verità è incarcerata. Perché
solo quella voce, la vostra voce, può riscattare il silenzio. E se oserete
pronunciarla, non solo l’Africa vi ascolterà, ma il mondo intero.
Firmato: capitano Ibrahim
Traoré, presidente della transizione, Burkina Faso, figlio dell’Africa,
servitore della sovranità
venerdì 9 maggio 2025
L’EMOZIONE DI UN UOMO SOLO, GUIDA SPIRITUALE DEL MONDO
Paolo
Cugini
Mi piace vedere il nuovo
Papa così: montato su un asinello. Proprio come Gesù mentre entra in
Gerusalemme. È una fotografia che dice del nuovo Papa molto di più che il suo
curriculum accademico, o i compiti assunti nella Chiesa. C’è molta semplicità
che traspare da quell’immagine e della quale noi tutti ne abbiamo estremamente
bisogno.
È stata visibile la sua
emozione quando si è presentato davanti al popolo. Si vedeva che faceva fatica
a contenere l’emozione. C’è molta umanità in questi piccoli dettagli, ed è di
questo che il popolo di Dio ha bisogno: di umanità. Una persona che si emoziona
vuole dire che lascia spazio ai sentimenti, che nelle decisioni importanti non
farà riferimento solamente alle connessioni razionali di causa ed effetto, ma
ci sarà spazio per quello che proviene dal cuore e, in questo particolare
frangente della storia, non è poco.
Il nuovo Papa avrà
bisogno molto di questa sua umanità, per accompagnare un mondo devastato dagli
odi e dalle guerre, dal disprezzo nei confronti delle masse di poveri da parte
del ristretto gruppo di ricchi. Non saranno i suoi titoli di studio a fare la
differenza come guida spirituale di questo mondo travagliato, ma la pazienza,
la mansuetudine, la capacità empatica, la voglia di tessere un dialogo con
tutti. Il fatto che abbia parlato di ponti da costruire è una bella indicazione
di come intende accompagnare la Chiesa nelle dinamiche di un mondo
conflittuale, che costruisce muri, respinge chi cerca una vita migliore,
disprezza i poveri. La chiesa che costruisce ponti: mi sembra sia una bella
immagine che dice tante cose piene di speranza.
C’è stato un momento, nei
minuti in cui il nuovo Papa è stato annunciato al mondo, in cui si è crato un contrasto
stridente. Da una parte le grida scomposte, quasi da stadio, da tifosi
agguerriti della gente che era in piazza san Pietro, dall’altra il volto tirato
di un uomo emozionato che, guardando quel popolo così caloroso, sente tutto il
peso della responsabilità spirituale che gli è stata appena affidata. Forse,
più che di grida e di tifo da stadio, che ricordano tanto l’entrata di Gesù in Gerusalemme,
prima osannato e poi insultato, c’è bisogna di un po' di calma, di spiritualità
dell’attesa, quel tipo di spiritualità che sa accompagnare in silenzio gli
eventi della storia e della vita, cercando di non caricare troppo di aspettative
colui che ha appena assunto un incarico così importante.
sabato 3 maggio 2025
SOTTO LO STESSO CIELO -VEGLIE DI PREGHIERA PER IL SUPERAMENTO DELL'OMOTRANSBIFOBIA
Sotto lo stesso cielo, chiese cattoliche, valdesi, metodiste, battiste, luterane e molte altre si raccoglieranno insieme ai gruppi di cristiani LGBTQ+ in un momento di preghiera che si estenderà dall’Italia alla Spagna, fino a Malta. Saranno guidati dalle parole dell’apostolo Pietro: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone” (Atti degli Apostoli 10,34-35)
Parole che ci ricordano che nessuno è escluso dall’amore di Dio. Ogni vita è degna, amata, voluta. Non esiste condizione, identità o orientamento che possa separarci dalla sua misericordia. Per questo, come credenti, non possiamo tacere.
Le veglie vogliono essere segni profetici, che testimoniano la possibilità di una Chiesa che sa farsi prossima, che ascolta, che consola. Una Chiesa che desidera diventare, sempre più, un santuario di accoglienza e sostegno verso le persone LGBTQ+ e verso chiunque subisca discriminazioni.
Anche quest’anno, la Commissione Fede, Genere e Sessualità delle chiese battiste, metodiste e valdesi, insieme alla REFO (Rete Evangelica Fede e Omosessualità), ha preparato una proposta di liturgia per le veglie. Il testo è disponibile anche in inglese per tutte le comunità che desiderano partecipare a questo tempo di preghiera, ascolto e speranza.
Durante le veglie che si terranno in Italia, sarà inoltre possibile ricevere gratuitamente copie del libretto “TRANSLUCENZA. Storie di fede transgender”, realizzato da La Tenda di Gionata. Il libretto raccoglie le testimonianze profonde e coraggiose di sette credenti transgender – storie di ferite e rinascite, di fede e identità. Per richiedere delle copie gratuite (inviate solo in Italia), scrivere a: tendadigionata@gmail.com
È il tempo di vegliare. Di camminare insieme. Di farsi luce. E tu, veglierai con noi?
- Per scaricare la proposta di liturgia della Commissione Fede, Genere e Sessualità delle chiese BMV clicca qui.
- Per scaricare bozze di manifesti e locandine da utilizzare per le veglie clicca qui.
- Per informazioni visita www.gionata.org/
inveglia/ - Per segnalare una veglia o un culto domenicale, scrivi a: tendadigionata@gmail.com
- Per l’elenco delle città dove si veglierà a maggio per il superamento dell’omotransbifobia (elenco in aggiornamento) clicca qui.