domenica 8 febbraio 2015

FUGA DALLA RELIGIONE MATERIALE





Paolo Cugini

C’è un testo nel Vangelo di Marco (Mc 1, 29-39) che narra, una giornata tipica di Gesù, un periodo che va dal pranzo del sabato alla mattina della domenica. Che cosa fa Gesù in queste ore? Cura la suocera di Pietro e molti malati, indemoniati e afflitti da varie malattie. E’ quindi una giornata pesante, fatta di relazioni esigenti, che tendono a svuotare più che a riempire, relazioni quantitativamente numerose e qualitativamente povere. Quello che Gesù vive in questa sua giornata tipica è uno spaccato simbolico della giornata tipica dell’adulto, di quegli adulti che vivono una paternità e una maternità, immersi, quindi, in relazioni nelle quali sono chiamati continuamente a dare, sollecitati ad uscire da se stessi per andare incontro alle esigenze degli altri. E’ vero che, come c’insegna Gesù, c’è più gioia nel dare che nel ricevere, ma è anche vero, però – e la vita ce lo insegna tutti i giorni – che una vita fatta solo di risposte alle esigenze degli altri svuota e, alla distanza, diventa frustrante. Il vuoto esistenziale, che tanti adulti sperimentano come conseguenza di relazioni frustranti, spesso e volentieri crea lo spazio per quelle carenze che implicitamente esigono di essere riempite con qualcosa, qualcuno. A me sembra che questo quadro esprima significativamente la condizione di tanti adulti oggi, di tante madri e padri che, ad un certo punto della loro vita, dopo tanto dare e poco ricevere, si sentono persi in un vuoto esistenziale e spirituale che genera ansie e apre la strada alla ricerca di surrogati. Che cosa è successo? Come mai una vita iniziata nell’amore si trasforma in un vuoto angosciante?
Nella giornata che Gesù vive con grande passione e intensità, sembra che alla gente non interessi chi sia Lui, ma che cosa possono ricevere da Lui. La volgarità della gente, accompagnata da quella sfrontatezza tipica di chi vive solo in funzione di sé, pochissimo preoccupata per gli altri, raggiunge in queste poche righe del Vangelo, livelli parossistici. I versetti emanano una certa solitudine di Gesù: è solo con se stesso, con il suo potere di curare che, anche se deve essere segno di qualcosa d’altro, rischia di chiudersi nell’elemento materiale, esterno. Gesù ha un problema: come aiutare le persone a compiere il cammino che va dai propri bisogni immediati, materiali, chiaramente necessari a uno sguardo più elevato, spirituale. Forse per questo se ne va quando lo cercano, perché sa benissimo che lo cercano non per quello che Lui vuole proporre, ma per quello di cui hanno bisogno. In altre parole: la gente non cerca Gesù per conoscerlo, ma per soddisfare i propri desideri, non cera Gesù per quello che è, ma per quello che ha. Com’ è simile questa situazione a quella che viviamo noi ogni giorno nelle nostre famiglie e nelle nostre parrocchie! E’ questo un bellissimo squarcio su quella che potremmo chiamare: “La religione della pancia”, quella religione, cioè, fatta di coloro che cercano Dio non per conoscerlo, ma per soddisfare i propri bisogni.
Gesù non è venuto per soddisfare le esigenze immediate della gente. Quando lo fa è per lasciare un segno di qualcosa di più grande che de v’essere cercato. Gesù pone delle distanze, dei vuoti affinché siano riempiti con una riflessione, con delle domande. Sicuramente le persone si saranno chieste il perché dell’uscita di scena di Gesù.  Non sempre la presenza è necessaria e significativa. Ci sono delle assenze, dei vuoti che riempiono di senso molto di più della presenza, soprattutto quando si tratta di aiutare a cogliere l’essenza delle cose.
Questa uscita di scena di Gesù aiuta a comprendere un altro aspetto significativo della sua personalità. Gesù non si attacca alle persone per vivere. Poteva sfruttare la situazione positiva, ma non l’ha fatto. Per vivere non aveva bisogno di riempirsi la vita con la fama, con sentimenti passeggeri: era già pieno. Il suo sguardo era altrove perché pieno di qualcosa che dava senso e completezza alla sua vita. Gesù non aveva carenze da soddisfare, perché era già soddisfatto. Insisto su questo aspetto perché è fondamentale nel nostro contesto sociale e culturale. Molti adulti si perdono proprio a causa di queste carenze, sintomo di una perdita di senso della vita, di un vuoto che lentamente occupa l’esistenza e conduce le persone ad attaccarsi a qualcosa, a qualcuno, divenendo schiavo di se stesso e degli altri. Per Gesù non è così. E’ in mezzo ad un mondo carente che lo cerca per soddisfare i propri vuoti, ma Gesù non cade nel loro gioco. Lui è soddisfatto, non ha bisogno di riempire dei vuoti; è pieno e quindi non ha bisogno di riempirsi con le carenze della gente: sa dove deve andare e cosa è chiamato a fare. Probabilmente, da un punto di vista esistenziale è questo l’aspetto più significativo di un cammino spirituale: sapere che cosa si deve fare, coscienza del proprio posto nel mondo.
Come faceva Gesù ad essere così libero da non attaccarsi alle persone o alle cose? Come faceva ad essere così pieno da non aver bisogno di riempirsi l’anima con le passioni del mondo? La risposta possiamo trovarla in quel versetto centrale del brano che stiamo analizzando nel quale si parla della preghiera di Gesù. “Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava” (Mc 1,35). Se Gesù era pieno nonostante le tante relazioni frustranti e svuotanti che quotidianamente viveva era perché si trovava il tempo ogni giorno per riempirsi di Dio, del suo amore, alla continua ricerca della sua volontà. Gesù, senza dubbio, non viveva una religione della pancia, non cercava Dio per soddisfare i suoi desideri e colmare le sue carenze. Gesù si alzava di notte non per farsi guarire, ma per cercare Dio, per conoscerlo, per riempirsi del suo amore. Per questo Gesù era un uomo libero e non aveva bisogno di riempirsi l’anima con il successo o con le persone. Siccome era pineo dell’amore di Dio al: “Tutti ti cercano” risponde: “Andiamocene altrove!”. Che uomo Gesù! Che libertà! Gesù c’insegna che la vera religione non si attacca alle persone o alle cose, ma chi cerca Dio con tutto se stesso ha continuamente lo sguardo altrove, e sa condurre dentro questo sguardo tutta l’umanità.

Nessun commento:

Posta un commento