mercoledì 18 agosto 2021

SENZA DIO?

 



Paolo Cugini

 

     Un aspetto sembra emergere nell’attuale contesto culturale post-secolare, consiste nel fatto che non è più in questione l’identità della religione, ma la sua funzione, sia in riferimento all’individuo che alla sfera sociale. Questo aspetto sta provocando una nuova situazione che consiste nella libertà di appropriarsi della simbologia religiosa senza un percorso di appartenenza e i di collegarla ad altre simbologie religiose, creando in questo modo una specie di “terzo spazio” nel quale si generano “condizioni discorsive di enunciazione che si sottraggono al significato e ai simboli della cultura qualunque unità o fissità primordiale” traducendoli e reinterpretandoli a piacimento. Il teologo Dotolo ha fatto notare che questo nuovo fenomeno, che potremmo definire di contaminazione culturale e religiosa, è indizio di “una cresciuta consapevolezza antropologica: la reinvenzione costante del concetto del Sé nella sua relazione con l’Assoluto, cui la tradizione del pensiero orientale sembra offrire orizzonti ermeneutici più congrui e convincenti”.

    Questo cammino di contaminazione culturale che le tradizioni religiose stanno vivendo nell’epoca post-secolare, non solo rimette in gioco lo specifico della stessa religione, non tanto nei suoi contenuti, la cui rigidità costituisce un ostacolo alle contaminazioni, quanto sulle sue potenzialità creative rispetto al mondo della vita, alla dimensione simbolica della realtà. Questo aspetto è probabilmente uno dei motivi della disaffezione attuale nei confronti del cristianesimo, perché segnata pesantemente da un apparato dottrinario venutosi a formare nei secoli, considerato obsoleto e incapace d’interpretare le questiono vitali del vissuto contemporaneo.

    C’è chi ha fatto notare tra le grandi religioni, sia il buddismo a recitare nell’attualità, il ruolo di protagonista nello scenario della ricerca religiosa, per il fatto che in esso il legame tra soteriologia ed etica costituisce le coordinate di riferimento per un itinerario di riappropriazione da parte dell’uomo del proprio sé. C’è infatti, nel buddismo, la proposta di una possibilità di mutamento sperimentabile nel corso dell’esistenza, di un “nirvana” qui ed ora, che provoca un certo fascino nell’uomo occidentale, deluso dalle religioni dottrinali le cui promesse sembrano solamente destinate ad un al di là mai verificabile. In questa prospettiva, la religione dà prova della sua possibilità se i suoi contenuti sono esperibili nella concretezza del cammino di trasformazione.  Anche il cristianesimo ha una simile offerta di trasformazione durante la vita, ma attraverso strumenti che mediano con il soprannaturale. Per questo, secondo Dotolo, “è proprio la particolare configurazione religiosa del buddismo il punto di partenza di una riflessione sul dinamismo dell’esperienza religiosa che sembra indipendente da una relazione con Dio”.

Il riferimento al buddismo mostra uno degli sviluppi più significativi che il dibattito attuale sulla religione sta verificando, vale a dire la possibilità di una proposta religiosa senza Dio, che si concentri essenzialmente sull’importanza del vivere bene, che chiama in causa la responsabilità di ogni persona. Simile proposta la troviamo anche nell’elaborazione di alcune religioni indigene che praticano il Sumak kawsay, vale a dire, il Ben Vivere che è una filosofia, con riflessioni molto concrete, che sostiene e dà senso alle diverse forme di organizzazione sociale di centinaia di popoli e culture in America Latina. Sotto i principi della reciprocità tra le persone, dell'amicizia fraterna, della convivenza con altri esseri della natura e del profondo rispetto per la terra, i popoli indigeni hanno costruito esperienze veramente sostenibili che possono guidare le nostre scelte future e garantire l'esistenza umana. In altre parole, mentre la prospettiva teista esige un Dio per la fondatezza dei valori referenziali dell’esistenza, per l’ateismo religioso vivere bene è motivo sufficiente dell’esistenza umana. Proprio per questo tipo di proposte secondo Dotolo quello che viene definito ateismo religioso, vale a dire la religione che non fa riferimento a Dio, ad un essere trascendente, ma che si basa esclusivamente sul piano immanente, non è in conflitto con lo specifico della religione, anzi è capace di ridare senso a contenuti che il discorso teista ha reso confuso nel contesto culturale post-moderno. “Se la religione contribuisce alla biologia e biografia della condizione umana è perché introduce un valore trascendente, il cui peso non dipende da un’alterità rivelativa, ma dalla sua stessa capacità di incrementare la qualità della vita. Il problema di fondo tra posizione teista e ateista consiste nella fondazione dei valori assunti. Mentre, infatti, il teismo ha come punto di riferimento un’entità trascendente, alla quale delega le risposte del suo sistema di valori, il punto di riferimento della visione atea consiste la positività degli stessi valori. La qualità dei valori della vita non dipende, nella posizione atea della religione, da forze esterne alla dimensione immanente della stessa vita, perché “ciascuno ha la responsabilità etica innata e inalienabile di cercare di vivere il meglio possibile data la propria situazione”.

 L’esistenza umana, dunque, può essere organizzata sulla base di un’oggettività valoriale basata sulla riconoscenza universale degli stessi valori, che può variare di epoca in epoca, ma che diventa significativa per l’epoca che li assume, senza il bisogno di proiettare lo schema valoriale in una realtà trascendente di opinabile verificabilità. C’è la possibilità di una vita degna e piena di significato, senza bisogno di far riferimento a Dio e, dunque, senza il bisogno di dottrine, dogmi, elucubrazioni teologiche. Ciò che è indispensabile, sostiene sempre Dworkin, non è l’opinione di Dio, ma il giudizio previo “che esiste una verità etica e morale oggettiva di cui si può ritenere che qualcuno sia esperto. Questo giudizio previo non dipende da alcun assunto teista: è disponibile tanto a un ateo quanto a un ateista. A patto, cioè, che l’ateo sia un ateo religioso”.

 

Nessun commento:

Posta un commento