Paolo Cugini
David Martin è un sociologo e pastore
anglicano, è stato il primo a formulare una critica alla secolarizzazione in un
saggio, "Towards Eliminating the Concept of Secularisation" (1965),
la prima teoria empirica comparata della secolarizzazione in "Notes for a
General Theory of Secularisation" (1969).
Questo primo lavoro è stato ampliato e pubblicato in forma di libro
come A General Theory of Secularisation (1978), un testo storico nella
storia degli studi di secolarizzazione. Ha continuato a contribuire al
dibattito sulla secolarizzazione e sulla resilienza della religione al
presente.
Nei suoi primi lavori sociologici,
Martin specifica l’ambito della sua indagine, ritenendo che il concetto di
secolarizzazione, oltre ad ostacolare il progresso della sociologia della
religione, è ricolmo di ideologie, soprattutto l’esistenzialismo, il marxismo e
il razionalismo. Significativo è il fatto che la posizione di Martin è
contemporanea al successo delle analisi sociologiche sulla secolarizzazione. C’è
una sorta di miopia nei sostenitori della secolarizzazione che, secondo Martin,
non permette di cogliere le aporie del nesso tra modernizzazione e declino
della vitalità religiosa. L’accusa del sociologo britannico ai teologi della
secolarizzazione è quella di basare i loro studi esclusivamente sul piano
teorico, mettendo in secondo piano la reale situazione della religione. Ebbene,
è proprio il contatto con l’esperienza religiosa che svuota l’analisi proposta
dai teorici della secolarizzazione. In primo luogo, non è possibile analizzare
il variegato mondo religioso con un solo concetto, vale a dire, la
secolarizzazione. Non esiste un processo unitario chiamato secolarizzazione,
che nasca in relazione a un insieme di caratteristiche definite religiose”. Questo processo non esiste perché le istituzioni
religiose nascono e declinano per svariati motivi non riconducibili ad un unico
denominatore comune. Per questo motivo, allo stesso modo, non è possibile
parlare in modo unitario di cause della secolarizzazione. Proprio per questi
motivi, secondo Martin, è facile intravedere le precomprensioni ideologiche
della teoria della secolarizzazione, ideologie tutte interessate a decretare la
fine della religione. Tra queste, Martin ne individua tre: razionalismo,
marxismo ed esistenzialismo. La prima, considera il declino della religione
come inevitabile perché la concepisce come una teoria falsa. Il sociologo
britannico confuta questa tesi sostenendo la necessità per il buon
funzionamento della società, di strutture mitiche “che è più dell’assurdità
alla quale è indissolubilmente unita, poiché è in grado di ricondurre tutti gli
eventi della vita, i più importanti e i meno importanti, all’interno di una
struttura di significato profondamente coerente”. Il
marxismo, a sua volta, spiega il declino della religione riconducendola alla
sua funzione ideologica di sostegno del dominio di classe esistente. Secondo
Martin solo una visione deterministica della storia può escludere che le
condizioni della fioritura della religione non si ripropongono anche
all’interno di una società a socialismo realizzato. Infine, l’adesione alla
tesi della secolarizzazione da parte dell’esistenzialismo, poggia sul rifiuto
della dimensione sacramentale e comunitaria della religione. È dunque,
necessario, conclude Martin,
che la situazione religiosa, nella
sua estrema varietà, sia studiata separatamente dalla spinta a illustrare una
posizione filosofica […]. La parola secolarizzazione è troppo intimamente
legata alle distorsioni ideologiche per essere mantenuta. Il suo uso favorisce
le generalizzazioni nebulose a discapito, per esempio, di studi rigorosi
sull’influsso della mobilità geografica e sociale sulla pratica religiosa. La
parola secolarizzazione dovrebbe essere cancellata dal dizionario sociologico.
Sottofondo culturale della critica di Martin alla secolarizzazione è il rifiuto categorico alle visioni lineari della storia che, per definizione, lasciano nel cammino della ricerca storica, molti aspetti considerati marginali o per niente considerati. La religione, di conseguenza, paga lo scotto di avere una visione trascendente dell’uomo, della società e della natura, che visioni materialistiche della storia che non viene presa minimamente in considerazione. Martin percepisce come necessario lo smascheramento di questi tentativi semplicistici di riletture storiche a servizio dell’ideologia di turno. “Dovevo smascherare l’illegittimo trasferimento di un télos o una direzione immanente di matrice ideologica nell’ambito delle scienze sociali. Molta sociologia, in effetti, non è altro che storia iperorganizzata.
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