Incontro com i centri missionari della
regione Emilia Romagna – Bologna 19/10/2010
Paolo
Cugini
L’esperienza
missionaria in America Latina é stata un vero e proprio dono del Signore, dono
che in ogni momento sento la necessità di condividere con i fratelli e le
sorelle che il Signore mi pone dinnanzi nella vita di ogni giorno. Esperienza
vissuta alla guida di parrocchie composte da molte comunità ha provocato in me
un cammino di conversione a differenti livelli.
1. Decentralizzazione. Il
contatto con parrocchie costituite da tante comunità provoca come conseguenza
immediata, alla necessità di modificare il proprio ruolo, solitamente
accentratore della figura del sacerdote. Il servizio pastorale svolto nelle
parrocchie italiane e totalmente accentrato nelle mani del sacerdote: tutto
deve passare al vaglio del parroco di turno. In che modo il modello di
pastorale delle parrocchie come comunione di comunità può influenzare il
modello italiano di parrocchia? Credo che lo stimolo che ci proviene dalla
chiesa brasiliana sia quello d’incentivare la lettura e la condivisione della
Parola di Dio in piccoli gruppi di famiglie. Decentrare la lettura del vangele
nelle case della gente sarebbe già un grandissimo passo verso la scoperta di
carismi nuovi dentro la comunità. È il contatto con la Parola in un contesto di
vita nuovo e, allo stesso tempo, semplice e quotidiano, che può provocare un
interesse, un desiderio di impegno in un particolare settore della comunità.
Questo stile pone anche il problema del laicato e del suo impegno nella
comunità in un’ottica nuova. Infatti, il laico no n viene convocato per
svolgere un compito, ma é l’ascolto della parola, condiviso in famiglia e
assieme ad altre persone del quartiere che stimola un interesse e il desiderio
di mettersi a disposizione. C´’e un testo del Vangelo che rafforza questo stile
di realizzare la pastorale, ed è il famoso testo della moltiplicazione dei
pani. Gesú dopo aver trascorso la giornata annunciando la Parola alle folle
sente compassione e interroga i discepoli sulla possibilità di sfamare le folle
sino al punto di coinvolgerli direttamente: “date voi stessi da mangiare”. Gesù
sente il problema, ma non lo risolve da solo: coinvolge i discepoli e li pone
in condizione di esporsi in prima persona assumendosi le loro responsabilità.
Una parrocchia decentrata nel territorio in piccole comunità di famiglie che
settimanalmente meditano il Vangelo e apprendono ad affrontare i problemi della
vita alla luce della Parola, permette anche alla stessa parrocchia di non
puntare per svolgere il proprio servizio pastorale nelle strutture. Oltre a
ció, la distribuzione sul territorio di piccole comunità più informali che il
formalismo della parrocchia, permette senza dubbio più facilmente un Aggancio
con i cosiddetti lontani, con coloro che non sono abituati a frequentare gli
spazi parrocchiali ma che, non per questo sono bisognosi di un’attenzione
spirituale.
2.
De-potenziamento. La
parrocchia decentrate nelle piccole comunità che aiuta a scoprire i carismi e a
valorizzare meglio il laicato, provoca conseguenze immediate sul modo di vivere
il ministero. Accompagnare i responsabili delle comunità, curare la loro
formazione, condividere con loro la responsabilità delle comunità significa
depotenziare il ruolo assoluto e centrale del parroco. Questo processo, che
richiede un vero e proprio cammino di conversione che, senza dubbio, non è indolore, perché passa a scontrarsi con mentalità che si sono costruite nei
secoli, aiuta il sacerdote a vivere il ministero nella sua dimensione autentica
di servizio, a recuperare una dimensione piú umana del prorprio ruolo dentro la
comunità, permettendo di attivare relazioni più umane con i laici della
parrocchia. Quando il sacerdote vive il ministero in una parrocchia sentendosi
il garante assoluto della verità – ed è proprio questo purtroppo quello che si
vede – diventa difficile costruire relazioni autentiche, che esigono il
mettersi allo stesso livello dell’interlocutore. Il de-potenziamento del ruolo del
sacerdote che distribuisce la responsabilità tra laici della comunità
debitamente preparati e accompagnati dovrebbe condurre anche, come conseguenza
di questo cammino di conversione, ad abbandonare i segni esterni del potere
sacerdotale. Mi riferisco a tutti quegli apparati burocratici o a quei titoli
quali: monsignore, eccellenza, eminenza, che pongono una distanza, mettono sul
piedistallo. Se un tempo questi accessori facevano parte di tutto un modo di
fare chiesa che poteva essere anche giustificabile, nella prospettiva che sto
presentando mi sembra chiaro che dovrebbero essere abbandonati. Era questo,
d’altronde, il grido che alcuni vescovi – tra i quali possiamo ricordare il
cardinal Lercaro di Bologna e il brasiliano dom Helder Camara – lanciavano
durante il Concilio Vaticano IIº, invitando i vescovi ad abbandonare le case
lussuose per scegliere di vivere in piccole case umili, vicino ai poveri. Oltre
a ció, un servizio ministeriale più umile e depotenziato, permetterebbe allo
stesso ministro ad avere più tempo per sé, per curare la propria formazione
spirituale e culturale. Spesso e volentieri nelle nostre parrocchie incontriamo
parroci che non si concedono un giorno di riposo o di ferie a causa
dell’eccessiva autoreferenzialità del modo d'intepretare il proprio ruolo.
Vivere il ministero al servizio delle comunità coinvolgendo il più possibile il
laicato locale affinché assuma con sempre maggiori responsabilità spazi
importanti della pastorale aiuta il ministro ordinato a sentirsi dentro la
comunità non come garante indispensabile delle verità dogmatiche della chiesa,
ma come servo umile bisognoso lui stesso di misericordia del Signore, in un
continuo cammino di conversione, di cambiamento, di spogliazione dei toni
arroganti e autoreferenziali per vestire sempre più i panni semplici del servo.
3.
Democratizzazione. La
chiesa decentrata nelle piccole comunità provocando il processo di
de-potenziamento della figura del sacerdote aiuta alla stessa chiesa ad essere
più democratica. È il cammino del coinvolgimento effettivo dei laici nella vita
dell chiesa anche sul piano delle decisioni importanti. Troppo spesso noi
parroci ricordiamo ai nostri fedeli, spesso con tono sprezzante segno di un
autoritarismo di ritorno, che i consigli parrocchiali sono consultivi,
lasciando implicitamente ad intendere che in fin dei conti chi decide alla fine
siamo noi. La vita della chiesa decentrata nelle piccole comunità animata dal
laicato che, spesso e volentieri é femminile, dovrebbe sempre più avere una
parola significativo nel cammino della parrocchia. Democrazia significa
apprendere a camminare assieme per decidere assieme. Questo stile di chiesa che
nasce dall’ascolto della Parola nelle piccole comunità dovrebbe provocare anche
relazioni nuove, più autentiche; relazioni che poi si ripercuotono nello stile
e nel modo di celebrare la liturgia nella comunità.
Per quello che
ho potuto vedere in questi anni d missione, credo che solamente dal basso,
dall’ascolto attento della Parola di Dio nelle piccole comunità di persone
povere la chiesa può convertirsi, diventando così più fedele al suo Signore che,
da ricco che era si fece povere e servo dell’umanità. La chiesa che si pone in
umile ascolto della parola di Dio é tenta di rispondere a questo annuncio senza
dubbio produce uno stile di vita più umano di quello frenetico del mondo nel quale viviamo. Vivere meglio: é questo che il Signore ci chiede. Aiutare le
persone che incontriamo a a vivere meglio, cercando stili di vita piú
evangelici e meno legati alla logica del denaro e del consumo.
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