martedì 10 marzo 2015

COMUNIONE E CORRESPONSABILITÀ

ARCHIVIO BRASILE




Incontro com i centri missionari della regione Emilia Romagna – Bologna 19/10/2010

Paolo Cugini

L’esperienza missionaria in America Latina é stata un vero e proprio dono del Signore, dono che in ogni momento sento la necessità di condividere con i fratelli e le sorelle che il Signore mi pone dinnanzi nella vita di ogni giorno. Esperienza vissuta alla guida di parrocchie composte da molte comunità ha provocato in me un cammino di conversione a differenti livelli.

1.     Decentralizzazione. Il contatto con parrocchie costituite da tante comunità provoca come conseguenza immediata, alla necessità di modificare il proprio ruolo, solitamente accentratore della figura del sacerdote. Il servizio pastorale svolto nelle parrocchie italiane e totalmente accentrato nelle mani del sacerdote: tutto deve passare al vaglio del parroco di turno. In che modo il modello di pastorale delle parrocchie come comunione di comunità può influenzare il modello italiano di parrocchia? Credo che lo stimolo che ci proviene dalla chiesa brasiliana sia quello d’incentivare la lettura e la condivisione della Parola di Dio in piccoli gruppi di famiglie. Decentrare la lettura del vangele nelle case della gente sarebbe già un grandissimo passo verso la scoperta di carismi nuovi dentro la comunità. È il contatto con la Parola in un contesto di vita nuovo e, allo stesso tempo, semplice e quotidiano, che può provocare un interesse, un desiderio di impegno in un particolare settore della comunità. Questo stile pone anche il problema del laicato e del suo impegno nella comunità in un’ottica nuova. Infatti, il laico no n viene convocato per svolgere un compito, ma é l’ascolto della parola, condiviso in famiglia e assieme ad altre persone del quartiere che stimola un interesse e il desiderio di mettersi a disposizione. C´’e un testo del Vangelo che rafforza questo stile di realizzare la pastorale, ed è il famoso testo della moltiplicazione dei pani. Gesú dopo aver trascorso la giornata annunciando la Parola alle folle sente compassione e interroga i discepoli sulla possibilità di sfamare le folle sino al punto di coinvolgerli direttamente: “date voi stessi da mangiare”. Gesù sente il problema, ma non lo risolve da solo: coinvolge i discepoli e li pone in condizione di esporsi in prima persona assumendosi le loro responsabilità. Una parrocchia decentrata nel territorio in piccole comunità di famiglie che settimanalmente meditano il Vangelo e apprendono ad affrontare i problemi della vita alla luce della Parola, permette anche alla stessa parrocchia di non puntare per svolgere il proprio servizio pastorale nelle strutture. Oltre a ció, la distribuzione sul territorio di piccole comunità più informali che il formalismo della parrocchia, permette senza dubbio più facilmente un Aggancio con i cosiddetti lontani, con coloro che non sono abituati a frequentare gli spazi parrocchiali ma che, non per questo sono bisognosi di un’attenzione spirituale.

2.      De-potenziamento. La parrocchia decentrate nelle piccole comunità che aiuta a scoprire i carismi e a valorizzare meglio il laicato, provoca conseguenze immediate sul modo di vivere il ministero. Accompagnare i responsabili delle comunità, curare la loro formazione, condividere con loro la responsabilità delle comunità significa depotenziare il ruolo assoluto e centrale del parroco. Questo processo, che richiede un vero e proprio cammino di conversione che, senza dubbio, non è indolore, perché passa a scontrarsi con mentalità che si sono costruite nei secoli, aiuta il sacerdote a vivere il ministero nella sua dimensione autentica di servizio, a recuperare una dimensione piú umana del prorprio ruolo dentro la comunità, permettendo di attivare relazioni più umane con i laici della parrocchia. Quando il sacerdote vive il ministero in una parrocchia sentendosi il garante assoluto della verità – ed è proprio questo purtroppo quello che si vede – diventa difficile costruire relazioni autentiche, che esigono il mettersi allo stesso livello dell’interlocutore. Il de-potenziamento del ruolo del sacerdote che distribuisce la responsabilità tra laici della comunità debitamente preparati e accompagnati dovrebbe condurre anche, come conseguenza di questo cammino di conversione, ad abbandonare i segni esterni del potere sacerdotale. Mi riferisco a tutti quegli apparati burocratici o a quei titoli quali: monsignore, eccellenza, eminenza, che pongono una distanza, mettono sul piedistallo. Se un tempo questi accessori facevano parte di tutto un modo di fare chiesa che poteva essere anche giustificabile, nella prospettiva che sto presentando mi sembra chiaro che dovrebbero essere abbandonati. Era questo, d’altronde, il grido che alcuni vescovi – tra i quali possiamo ricordare il cardinal Lercaro di Bologna e il brasiliano dom Helder Camara – lanciavano durante il Concilio Vaticano IIº, invitando i vescovi ad abbandonare le case lussuose per scegliere di vivere in piccole case umili, vicino ai poveri. Oltre a ció, un servizio ministeriale più umile e depotenziato, permetterebbe allo stesso ministro ad avere più tempo per sé, per curare la propria formazione spirituale e culturale. Spesso e volentieri nelle nostre parrocchie incontriamo parroci che non si concedono un giorno di riposo o di ferie a causa dell’eccessiva autoreferenzialità del modo d'intepretare il proprio ruolo. Vivere il ministero al servizio delle comunità coinvolgendo il più possibile il laicato locale affinché assuma con sempre maggiori responsabilità spazi importanti della pastorale aiuta il ministro ordinato a sentirsi dentro la comunità non come garante indispensabile delle verità dogmatiche della chiesa, ma come servo umile bisognoso lui stesso di misericordia del Signore, in un continuo cammino di conversione, di cambiamento, di spogliazione dei toni arroganti e autoreferenziali per vestire sempre più i panni semplici del servo.

3.     Democratizzazione. La chiesa decentrata nelle piccole comunità provocando il processo di de-potenziamento della figura del sacerdote aiuta alla stessa chiesa ad essere più democratica. È il cammino del coinvolgimento effettivo dei laici nella vita dell chiesa anche sul piano delle decisioni importanti. Troppo spesso noi parroci ricordiamo ai nostri fedeli, spesso con tono sprezzante segno di un autoritarismo di ritorno, che i consigli parrocchiali sono consultivi, lasciando implicitamente ad intendere che in fin dei conti chi decide alla fine siamo noi. La vita della chiesa decentrata nelle piccole comunità animata dal laicato che, spesso e volentieri é femminile, dovrebbe sempre più avere una parola significativo nel cammino della parrocchia. Democrazia significa apprendere a camminare assieme per decidere assieme. Questo stile di chiesa che nasce dall’ascolto della Parola nelle piccole comunità dovrebbe provocare anche relazioni nuove, più autentiche; relazioni che poi si ripercuotono nello stile e nel modo di celebrare la liturgia nella comunità.

Per quello che ho potuto vedere in questi anni d missione, credo che solamente dal basso, dall’ascolto attento della Parola di Dio nelle piccole comunità di persone povere la chiesa può convertirsi, diventando così più fedele al suo Signore che, da ricco che era si fece povere e servo dell’umanità. La chiesa che si pone in umile ascolto della parola di Dio é tenta di rispondere a questo annuncio senza dubbio produce uno stile di vita più umano di quello frenetico del mondo nel quale viviamo. Vivere meglio: é questo che il Signore ci chiede. Aiutare le persone che incontriamo a a vivere meglio, cercando stili di vita piú evangelici e meno legati alla logica del denaro e del consumo.


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