mercoledì 14 agosto 2019

LE MENSE DELLA LITURGIA DI GESÙ





FRATERNITÀ DI BOSE

 LA LITURGIA È UNA CONTINUAZIONE DEI VANGELI
14 AGOSTO 2019
Relatore: Goffredo Boselli
Sintesi: Paolo Cugini


L’abitudine di Gesù di sedersi alla tavola dei peccatori è anche la tavola della Chiesa. Dall’alba del cristianesimo fino ad oggi l’elemento fondamentale di noi cristiani è un pasto a tavola per fare memoria di Lui. I racconti della risurrezione attestano che la condivisione della tavola è uno dei gesti che Gesù continua a fare. Aver mangiato insieme al risorto è elemento essenziale nella testimonianza degli Apostoli. R. Williams: quando il Cristo risorto mangia con i discepoli è un modo per dire che ciò che Gesù ha fatto durante la sua vita terrena, continuerà anche dopo. Come Gesù ha plasmato la sua comunità continua nell’oggi della Chiesa, sedendo alla tavola del Signore.
Atti 2, 42s: i cristiani si riconoscono anche per la loro perseveranza nel pasto insieme. Relazione conviviale e gioiosa: è la Chiesa.

I vangeli raccontano la convivialità di Gesù con i peccatori. Il sedersi a tavola con i peccatori è il luogo in cui Gesù rivela il suo progetto di umanità. Nella vita di Gesù, come nel tempo della Chiesa, non si dà mai una tavola del Signore che non sia anche tavola di peccatori.

Quattro tavole.

1.        La tavola Dei peccatori. Nel ministero pubblico di Gesù la tavola è un luogo epifanico. Solidarietà con le folle anonime. Gesù si mette in fila con i peccatori per farsi battezzare. Gesù è crocefisso con due briganti: Is 53: è stato annoverato tra gli empi. Gesù si lascia avvicinare e toccare dai peccatori. Questa situazione non è mai disgiunta dall’autorità di Gesù. La tradizione sinottica narra Gesù che si fa commensale con i peccatori, scandalizzando i farisei e gli scribi. Gesù siede alla tavola dei peccatori dopo la chiamata di Matteo. Mt 13,9: Gesù chiama Matteo a seguirlo e Matteo lo invita alla sua tavola. Chiamata e convivialità, vocazione e comunione, condivisione. Matteo invita anche gli esattori: affinché anche loro incontrassero Gesù. Questo gesto scatena mormorazioni. Accade anche a casa di Simone. Sono i commensali a mormorare. Anche da Matteo i farisei mormorano. I farisei pensano di santificarsi separandosi dai peccatori, dimenticando le figure profetiche. La tavola rappresentava per i farisei un elemento fondamentale per osservare le norme relative alla purezza rituale. Da qui la domanda che i farisei rivolgono ai discepoli: come mai il vostro maestro mangia con i peccatori? Gesù risponde: io sono venuto… “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”.

Gesù ha coscienza della propria missione. La mensa esprime le relazioni umane più ampie: segno e volontà d’incontro, di conoscenza, dell’alleanza di Dio con il suo popolo. La tavola è il segno più profondo di condivisione
. La tavola per Cromazio di Aquileia è segno della Chiesa. Matteo è l’unico autore cristiano che cita Os 6,6: “misericordia io voglio e non il sacrificio”. Gesù identifica la sua missione con la profezia di Osea. Gesù sta alla tavola dei peccatori perché questa è la volontà di Dio. Gesù a questo punto non si limita a citare Osea, ma lo introduce: andate ad imparare cosa significa… Gesù invita i farisei a confrontare il suo agire con i versetti di Osea. Quella di Gesù assomiglia ad un’altra formula: uscite dalla casa di studio e imparate dalla vita. La realtà è superiore all’idea (Papa Francesco). Matteo si rivolge direttamente ai farisei e quindi è come se dicesse: perché vi scandalizzate se conoscete la Parola?

 Preferisco la compassione ai riti. Non sono venuto a chiamare la gente per bene, ma i marginali” (è una traduzione di un’esegeta francese). Gesù siede alla tavola dei marginali e così rifiuta il potere di rifiutare, di escludere. La tavola è espressione dell’incarnazione: Dio con noi, Dio è seduto a tavola con noi. Con intelligenza spirituale si può discernere il significato che Gesù dava al suo mangiare con i peccatori, la sua offerta di amicizia, come parabola non predicata, ma praticata. Queste tavole sono il segno che il Regno di Dio è in mezzo a noi. La cena di Gesù è santità contagiosa. Gesù siede alla tavola dei peccatori perché sa che l’amore misericordioso di Dio è più contagioso del peccato.



2.      La tavola dell’ultima cena. È una tavola che ricapitola il significato dello stare a tavola di Gesù e annuncio dello stare a tavola pasquale. Per questo è al tempo stesso l’ultima, ma anche la prima. Quell’ultima tavola è stata annuncio della disgregazione imminente della comunità. Gesù annuncia ai suoi discepoli che il suo traditore è all’interno della comunità. Giuda con la non verità delle sue parole fa della tavola dell’ultima cena il luogo della menzogna. Il tradimento dell’amico avviene durante l’ultima cena.

Massimo Recalcati: la notte del tradimento; si chiede perché Giuda tradisce nell’ultima cena? L’ultima cena è ultima perché qualcuno ha tradito. Il tradimento avviene nell’intimità del convivio, mentre si spezza il pane. In quella tavola c’è anche Pietro che dice durante la cena: darò la mia vita per te. Pietro rinnegherà Gesù di fronte ad una giovane serva. A quella tavola sono seduti anche gli altri discepoli che poi l’abbandonarono. Nel momento in cui quella comunità stava andando a pezzi, ha assunto il tradimento, l’abbandono, il rinnegamento. A Gesù non è stato risparmiato il fatto che compagni di vita negano di conoscerlo, per paura, codardia. È la cosa più drammatica. È questa la prima eucarestia della Chiesa, che è sempre perdono. Nel Vangelo di Matteo Gesù dice: tu l’hai detto (non fa finta di niente).  Ai discepoli dice che per tutti voi sarò motivo di scandalo. A Pietro dice: proprio tu mi rinnegherai tre volte. Nonostante questo, dona a loro i segni del suo corpo e del suo angue. Consegna la sua vita nelle mani di coloro che indirettamente lo consegnano nelle mani di coloro che lo avrebbero ucciso. Gesù continua a mettersi a tavola con i peccatori. Quell’ultima tavola mostra la verità delle parole: non sono venuto a salvare i giusti, ma i peccatori. Gesù perdona l’imperdonabile. Gesù rimodella la situazione tragica, evangelizzandola.

 Nel gesto del dare sono superati tutti i futuri tradimenti e contraddizioni. La tavola dell’ultima cena è tavola della misericordia, banchetto che celebra la gloria di chi ama sino alla fine. Giovanni 13,28 chiama i discepoli commensali. Non ci deve sorprendere che il giorno della risurrezione Gesù siede a tavola con i suoi discepoli. Restaurazione di una comunione infranta. La tavola del risorto è di riconciliazione e perdono e non l’ora del rimprovero e del giudizio.




3.       La tavola eucaristica. Il magistero che Gesù rivolge dalla sua tavola rimanda a noi credenti di oggi al magistero della tavola eucaristica. Efficacia purificante dell’eucarestia. Chi riceve il pane eucaristico non morrà della morte dei peccatori. L’eucarestia è remissione dei peccati.
J. Ratzinger diceva da giovane nel ’70 nel libro Idee fondamentali del rinnovamento eucaristico: la comunione non è un premio per chi è virtuoso, ma è invece il pane del pellegrino che Dio ci porge dentro la nostra debolezza.

Nel 2013 Papa Francesco scrive: l’Eucarestia non è un premio per i perfetti ma un alimento per i deboli. La chiesa non è una dogana. Papa Francesco ha più volte ripreso questo discorso. L’eucarestia è il perdono. La coscienza della propria miseria porta in se stessa il desiderio di perdono, che Gesù ha visto in tanti peccatori che ha incontrato a tavola e ha riconosciuto nella peccatrice.
 Kierkegaard sperava he le parole: “colui a cui si perdona poco, ama poco” fossero scritte dentro la chiesa.

4.      La tavola del cristianesimo che ci attende. Sin dalle sue origini neotestamentarie la tavola è chiamata tavola del Signore. Ciò significa che non è la nostra tavola: è il Signore che invita, non noi che siamo suoi ospiti e invitati. Per questo, accostarsi alla tavola eucaristica significa che saremo sempre degli invitati, tutti a pari titolo. Anche nell’oggi della Chiesa è il Signore che decide chi deve sedersi a tavola. Non siamo noi e i nostri criteri a stabilire chi è degno a sedersi alla sua tavola. L’invito è rivolto nel segreto della coscienza del cristiano. Alla tavola del Signore si sono sempre seduti i peccatori e le peccatrici. Questa verità appartiene all’essenza della Chiesa.

 Il cristianesimo che ci attende dovrà essere capace di viere questa verità in modo nuovo e inedito. Dovrà essere un cristianesimo capace di discernere le profonde trasformazioni. Dobbiamo prepararci a riconoscere la diversità dei cammini di fede, capacità di conoscenza dei cuori. Per questo sarà necessario far vivere la fiducia nella vita nelle nostre celebrazioni.

La fede nella vita è il nucleo del messaggio pasquale. Discernimento di appartenenza alla Chiesa e ricezioni a modalità di appartenenze deboli. Per questo, serve un’assemblea liturgica che si riconosca nel Gesù narrato dai vangeli. Questo modo diverso di essere uniti nella celebrazione del mistero va riconosciuto. Capaci di ascolto profondo, e di avere una Parola non rigida, ma condita di sapienza. Gesù quando si sedeva alla tavola aveva questa capacità di ascoltare, esperto delle fragilità umane.

Coniugare il Vangelo con la vita faticosa delle persone. Serve una comunità eucaristica capace di accogliere senza giudicare. Solo una comunità misericordiosa saprà spezzare per tutti il pane del perdono. Alla tavola del Signore incontriamo il Dio padre di tutti. Se non c’è una comunità della misericordia l’eucaristia fa fatica ad esprimersi.

1 commento:

  1. Certo che Gesù ha proprio messo insieme una bella “conventicola”. Tutti determinati, coraggiosi, coerenti e sopratutto... fedeli! Ma questo dà speranza anche a noi: Lui sa che non siamo perfetti. Quello che ci chiede è la disponibilità a seguirlo, a fidarci di lui, a rialzarci dopo ogni caduta, ad accogliere e condividere la sua Parola e il suo Amore.
    “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. (Ap 3, 20)

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