Relatore:
Enzo Bianchi
Sintesi:
Paolo Cugini
La
liturgia è eloquenza della comunità cristiana. Non
si può dire che la crisi della liturgia ha causato la crisi della vita
ecclesiale: le due cose vanno insieme. Occorre riflettere sull’assemblea
cristiana, che è la vita cristiana che diventa soggetto di comunione nello
spezzare il pane. Leggendo le problematiche dell’assemblea possiamo interrogarci
sul futuro della liturgia.
Tentazioni: clericalizzazione
del laicato, laicizzazione del clero. L’assemblea è il luogo dell’Altro e dell’altro,
il luogo dell’esperienza di Dio, dell’alterità, dell’incontro con il suo
mistero; ma anche il luogo dell’esperienza dell’incontro con le persone, di chi
ci è accanto. L’assemblea cristiana va vista nella sua realtà di assemblea
umana, raduna uomini e donne e dev’essere capace di vivere la fraternità e la
sororità. Se un’assemblea liturgica non è capace di esprimere ciò, allora non è
abilitata ad essere assemblea cristiana. Il Signore non vuole solo un insieme
di riti religiosi, o un’auto celebrazione intimistica o collettiva. Nell’assemblea
domenicale va cercato lo stile della fraternità e della comunione. La
giusta posizione di uomini e donne che non si riconoscono, che nell’assemblea
liturgica non s’incontrano, rimanendo estranei gli uni agli altri, causa lo
svuotamento dei gesti, che si vorrebbero di accoglienza reciproca. Sono ferite
inferte all’assemblea eucaristica.
La liturgia
eucaristica deve permettere il costituirsi della fraternità e della sororità.
Convenire nello stesso luogo, pregare insieme, dev’essere un esercizio di fraternità,
nel riconoscimento dell’umanità dei gesti. Quando manca lo spessore umano, l’assemblea
fa fatica ad essere tale. È il dramma che vive la comunità alla messa
domenicale: manca spesso l’umanità. C’è il rito senza l’umanità, il coinvolgimento
attivo delle persone presenti che restano estranee le une alle altre. Così
non si costruisce la Chiesa, che non si costruisce con dei riti. C’è un
problema più radicale del linguaggio liturgico, che è la qualità umana dell’assemblea,
delle persone che si trovano attorno alla mensa eucaristica. Se tutto è
anonimo, se non c’è condivisione e corresponsabilità nella liturgia, come si fa
a parlare di assemblea?
Diamo
troppo per scontato che l’assemblea domenicale sia cristiana anche quando manca
lo spessore dell’umanità per viverla. C’è gente solitaria in
chiesa, giustapposta, ad assistere la messa celebrata dal sacerdote, in un
consumo spirituale privato. Se la liturgia non s’incarna nel vissuto dei
partecipanti, che cosa significa? Che cosa servono le posture ieratiche, le
manifestazioni imperiali. I pontificali? Gesù non aveva nessuna preoccupazione
di abiti liturgici. Anche le prime comunità non avevano queste preoccupazioni:
c’era molta cura delle relazioni umane. I riti sono necessari all’uomo,
ma sono strumentali all’interno del cristianesimo. I iriti non salvano:
lo dicevano i profeti. La qualità cristiana di un’assemblea è data dalla
conformità all’umanità di Gesù. La liturgia saprà parlare all’uomo e alla donna
di oggi se assomiglia all’umanità di Gesù.
È
decisivo che noi cristiani riusciamo ad avere una fede cristiana e non semplicemente
appartenere ad una religione. La nostra fede cristiana
dice che Dio si è fatto carne, terra, uomo. La carne è molto più del corpo: è
il respiro, i dolori, le fatiche, tutto ciò che viviamo è la nostra carne. Il
corpo è l’umanità. Il vero attentato che c’è stato nella storia cristiana è
nell’incarnazione, nel farsi carne di Dio. Il grande problema è riconoscere
Gesù nella carne. Dio si è fatto carne, si è fatto la nostra umanità. Nella
liturgia dobbiamo trovare l’umanità di Gesù nella nostra. Non è vero
che tutto ciò che è religioso è spirituale. Dobbiamo guardare la terra e non il
cielo, perché Dio si è fatto carne, si è fatto Gesù di Nazareth. È la carne che
è salita in cielo, cioè tutta la vita dell’uomo.
Ippolito
di Roma: il vero mistero cristiano è che il verbo
si è fatto uomo come noi uomini. Se non fosse così invano ci avrebbe chiesto di
imitarlo.
Tertulliano: caro
cardo salutis (la carne è il cardine della salvezza).
Dobbiamo abbandonare ogni spiritualismo. Cercare nella
carne di Gesù la resurrezione che vince la morte. La nostra fede cristiana deve
vivere la vita umana di Gesù. Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi più
umano.
Nella
liturgia dobbiamo smettere di essere sedotti dal divino, dal potere, ma
dobbiamo tornare al Vangelo, che narra di Dio fatto uomo, terrestre, fatto
carne. Ridare qualità umana alle nostre assemblee: è il compito più urgente.
In
Francia, Belgio, Germania: per rifare l’assemblea cristiana occorre rifare il
contesto dell’assemblea. Accanto alla chiesa sempre c’è una sala.
Prima di andare in assemblea, si ritrovano in una sala con il prete e poi
insieme si va alla messa. Alla fine ci si ritrova per un caffè, per un momento
di fraternità: è una disposizione delle conferenze episcopali locali. Diventa
un’assemblea in cui non consumiamo qualcosa di religioso, ma si lavora per fare
comunità.
Un’assemblea liturgica dev’essere sinodale.
Papa Francesco sta cercando di avviare processi che portino alla sinodalità,
che è il termine chiave del ministero di Papa Francesco. O ci sarà una Chiesa
sinodale, o non ci sarà più la Chiesa. Sinodo significa camminare insieme. Quando
il papa parla di sinodalità non sta parlando dell’assetto istituzionale, di un
particolare sinodo. Quello che chiede papa Francesco è la sinodalità come
stile, facendo camminare tutto il popolo di Dio con i suoi pastori, in
una corresponsabilità che sia reale, concreta, È un compito che richiede tempo,
ma soprattutto una conversione profonda nel vivere la Chiesa. È possibile
pensare una Chiesa sinodale senza un’assemblea liturgica che non sia sinodale?
Il legame tra sinodo e liturgia è fondamentale. Nella Chiesa antica il sinodo
era sempre un atto liturgico. Ratzinger: il Concilio tende all’unità
che viene dalla parola di Dio. Il sinodo è sempre riferito all’eucarestia.
Un popolo di Dio che cammina sinodalmente, deve corrispondere ad un’assemblea eucaristica
sinodale. La liturgia eucaristica deve avere come soggetto l’assemblea
celebrante e non il presbitero, che semplicemente presiede. Dossetti: non solo comunità, ma comunità
tutta gravitante nel suo porsi in atto e manifestarsi nell’assemblea.
L’ecclesia
e la koinonia devono avere una manifestazione eucaristica. L’assemblea
deve attuare un ascolto sinodale. Oggi abbiamo assemblee fervorose, ma lontane
dalla partecipazione in atto come voleva il Concilio. Ci vorrà audacia e creatività,
ma il cammino è ineludibile. Siamo ancora lontani da assemblee sinodali.
Altra
urgenza. Oggi dev’essere prevista dalla chiesa normata,
dalla Chiesa a chi è riconosciuto portatore del dono della parola, di esprimere
la qualità profetica del popolo di Dio con interventi nell’omelia. All’estero
si fa. Dare la parola ai laici nell’omelia. Poi ci sono gli
eccessi quando c’è la clericalizzazione del laicato. Il vero problema è
che ci sia la possibilità di un’omelia partecipata. La comunità di
Dossetti e a Bose si è sempre praticato la possibilità di esprimersi sul
Vangelo. Non si può sentire sempre la stessa persona per anni e anni. Sarebbe
bello sentire la buona novella al femminile! Nella Chiesa ci sono delle
patologie che bloccano il fermento liturgico del Concilio. Il problema è come
esprimere la sinodalità nella liturgia. La sinodalità deve diventare uno stile
liturgico.
Un’assemblea
liturgica ospitale. C’è urgenza di questo. La tavola del
Signore: 1 Cor 10,21. La tavola è la forma primaria dell’eucarestia,
e chiede la commensalità tra fratelli e sorelle attorno alla tavola. Atti
2,42s: l’eucarestia è un sedersi alla tavola della cena del Signore. I
cristiani battezzati senza distinzione di sesso, etnia, livello culturale e sociale
sono gli invitati alla cena del Signore. La dimensione della condivisione è
celebrazione dell’alleanza del Signore con la sua Chiesa, come partecipazione
del corpo unico. La tavola del Signore è la tavola dell’incontro di Gesù
e tutti gli uomini e le donne. Gesù ha voluto sedere alla tavola dei
peccatori, ha condiviso la tavola con gli esclusi. Quando pensiamo alla tavola
del Signore dobbiamo pensare alla tavola della misericordia. Rischio di essere
come i farisei che si scandalizzavano di Gesù. Le nostre liturgie sono capaci
di accogliere cristiani battezzati di confessione diversa dalla nostra?
La nostra assemblea eucaristica deve diventare tavola
ospitale verso i poveri e verso i peccatori.
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