La casa parrocchiale |
Paolo Cugini
Martedì 5 marzo. Partenza alle 8 da Tabatinga con il battello e arrivo alle 17 a santo Antnio di Iça. Viaggio tranquillo con il fiume Solimoes calmo in una giornata serena. All’arrivo ci ha accolto calorosamente il vescovo Adolfo e i frati della parrocchia.
Alla sera messa in un quartiere della città – Indipendente – con la cappella gremita di gente per l’occasione: era la prima volta che un vescovo celebrava nella comunità. Celebrazione molto ben preparata con la partecipazione della comunità.
Alla notte confusione pazzesca. Festa di carnevale nella piazza adiacente alla chiesa e alla casa parrocchiale.
Mercoledì 6. Partenza alle 8 per la visita a due comunità poste sulla riva del fiume Iça. Dopo due ore circa arrivo alla comunità San Giovanni. Sulla barca a più riprese confronto con don Gabriele e il vescovo Adolfo sulla Chiesa. “L’anno scorso ero in visita pastorale ad una parrocchia e, ad un certo punto, sono arrivato con la barca in una comunità dove si vedevano tante canoe ferme sulla piccola spiaggia. Mi sono fermato e sono entrato nella cappella della comunità. È stato bellissimo vedere queste persone riunite alla domenica per celebrare il giorno del Signore. È vero che non c’era l’Eucaristia, ma c’era la Parola, che dice della presenza del Signore! Bisogna accompagnare le comunità con la formazione, per mettere in grado i laici di celebrare la Parola”.
Pe Gabriel condivide anche lui una piccola esperienza. “Ad Utinga, la parrocchia delle diocesi di Ruy Barbosa che ho servito per molti anni, alla domenica mattina celebravamo l’Eucaristia dove venivano distribuite dei pani che i ministri dell’eucaristia portavano nelle comunità di base per realizzare la celebrazione nelle comunità. La cosa interessante è che i ministri dell’eucarestia spezzavano il pane e lo distribuivano nelle comunità dicendo: il corpo di Cristo”. Il vescovo annuisce e sorride. Mentre li ascolto penso che il male della Chiesa sia mettere vescovi a capo delle diocesi che non hanno mai avuto alcuna esperienza pastorale, vale a dire che non sono mai stati parroci, non hanno mai dovuto sporcarsi le mani con i problemi quotidiani della gente, non hanno mai accompagnato da vicino il cammino di una comunità con i suoi problemi, la creatività che lo Spirito opera in mezzo al popolo di Dio. Per questo, quando si tratta di prendere qualche decisione pastorale, è difficile trovare un vescovo che la prenda ascoltando il popolo di Dio, proprio perché non viene dal popolo, ma da un ufficio curiale.
Arriviamo alla comunità di San Giovanni di Japacuà, del gruppo indigena Tikuna, che è una delle popolazioni indigene più numerose del territorio amazzonico (si parla di circa 40 mila persone). Da quello che ci dice una signora nella comunità ci sono 8 famiglie con un totale di 93 persone. Ciò significa che ogni famiglia è composta da più di 10 persone. In effetti, appena scesi dalla barca nella prima casa incontrata abbiamo incontrato un gruppetto di una decina di bambini con alcune mamme giovani presenti. Sono case sulle palafitte per riuscire a viere anche nei momenti di alta del fiume Iça. Una signora ci ha mostrato il segno sulle pareti della casa di una delle ultime piene. In questi periodi di acqua alta la gente si organizza mettendo delle tavole tra il pavimento (chiamiamolo così!) e il tetto. È il metodo detto “maromba”, nell’attesa che l’acqua scenda e tornare a vivere nella situazione normale. Immaginatevi come si deve stare in una casa così a un metro dal tetto!
Siamo rimasti poco nella comunità san Giovanni: il sufficiente per conoscere chi era presente e dare la possibilità a frate Gino di avvisare l’orario della prossima messa.
Frate Gino è una figura che bisognerebbe conoscere. È dal 1972 che periodicamente scende il fiume di350 km per visitare le circa 40 comunità che vivono sulla riva del fiume. Per realizzare questo viaggio che dura circa un mese, si è fatto donare una barca attrezzata di cucina, bagno e camera. Con lui nel viaggio sono sempre presenti il pilota, un cuoco o cuoca, e qualcuno della città che lo aiuta nella catechesi.
Nelle comunità c’è l’energia. Non è un dato scontato, visto la distanza. Abbiamo impiegato due ore e mezza per giungere alla comunità più vicina, in un giorno soleggiato. Chissà cosa com’è il viaggio nei giorni di pioggia. Ho chiesto a frei Gino se viaggia anche nei giorni di pioggia e mi ha risposto: “è chiaro”. A posto. Che sia arrivata l’energia ha i suoi lati positivi e negativi. Positivi perché adesso le famiglie possono permettersi un frigorifero. Negativo, perché il rischio è spappolarsi daventi alla tv. Assieme a due ragazzine della comunità ho fatto un rapido giro per salutare le persone delle famiglie raggiungibili e, nelle tre case incontrate, la gente che era in casa era sdraiata davanti alla tv alle 10,30 del mattino. L’alternativa quale sarebbe? Non lo so. Pescare, cacciare, lavori domestici sono le attività delle comunità del fiume. Come diceva una persona incontrata in città, i benefici elargiti dal governo alle famiglie povere – qui si chiama borsa famiglia, che corrisponde al reddito di cittadinanza che sta iniziando in Italia – hanno rammollito le persone. “Nessuno vuole più lavorare – diceva il signore incontrato la sera prima in piazza di Santo Antnio do Iça - . Adesso che ricevono il beneficio, nessuno vuole più fare nulla., Se andiamo avanti così i popoli indigeni non sapranno più cacciare o pescare”.
Al centro con la camici azzurra il vescovo Adolfo durante l'incontro nella comunitá Nazaré |
Salutiamo le persone e i bambini della comunità san Giovanni per dirigerci verso la comunità Nazaré-Içaquera. È una comunità del popolo kokama. Da quello che è emerso nei vari incontri, i kokama non parlano più la lingua originaria, ma solo il portoghese. C’è un progetto dei kokama che vivono in Perù di recuperare l’idioma. Dopo i primi saluti, il cachiqui Dejandir (capo della comunità) ha invitato tutti i presenti nel salone. La nostra comitiva è composta di dieci persone: il vescovo Adolfo, i tre frati della parrocchia, due novizi di passaggio, il pilota, la cuoca (che è sua moglie), don Gabriele e il sottoscritto. Il cachiqui ha ringraziato per la nostra presenza perché la ritiene un dono di Dio visto i problemi che dovranno affrontare nella riunione. Nell’ordine del giorno Dejandir ha posto una lista di sette punti. Il caso più grave è l’invasione del loro territorio da parte di un tizio- che poi abbiamo scoperto essere suo cugino che abita nella comunità san Vincenzo, vicino alla loro – e l’accusa che la loro comunità non è registrata dall’organo competente (FUNAI).
Molto interessante è stata la dinamica dell’incontro, molto democratico, lasciando spazio a chiunque volesse intervenire. Erano presenti anche il maestro della comunità San Giovanni e il capo (cachiqui) che, in diverse occasioni hanno preso la parola. Siccome che sta invadendo il loro spazio per pescare è un loro parente, si è deciso di realizzare un incontro tra le due comunità coinvolte, mostrando anche che in questo incontro erano presenti il vescovo della diocesi e i frati con alcuni preti (per questo hanno raccolto le nostre firme). Se non sarà ascoltato nemmeno questo appello si è deciso di passare per le vie legali. Tra i consigli che le persone della comunità hanno suggerito, c’è stato quello di un signore che ha invitato il vice cachiqui a non agire da solo quando ci sono dei problemi, ma di coinvolgere la comunità, per non esporsi eccessivamente ai pericoli. il cachiqui Dejandir ha posto all’ordine del giorno anche la sua delicata situazione di salute. Da alcuni anni, infatti, soffre di epilessia e ogni tre mesi deve andare a Manaus – tre giorni di barca- per curarsi, perché nelle città vicine (si fa per dire) non ci sono cure adeguate. Dejandir ha messo a disposizione della comunità il suo mandato di cachiqui, chiedendo se qualcuno si offriva per sostituirlo, ma nessuno ha accettato. Ci è sembrata una persona giovane, molto preparata, adatta al ruolo di responsabile di una comunità.
Al ritorno, sulla barca, assieme al vescovo Adolfo riflettevamo sul fatto che ci siamo venuti a trovare coinvolti in questa comunità con problemi concreti di politiche pubbliche, proprio nel giorno in cui per la Chiesa inizia la quaresima e, per la Chiesa brasiliana, la Campagna della Fraternità che quest’anno ha per tema proprio: fraternità e politiche pubbliche.
Se avevo qualche dubbio sulla mia venuta in questa realtà, dopo questo primo viaggio sono svaniti tutti. Chi verrebbe, infatti, ad aiutare questa gente sperduta nel fiume Iça? Chi potrebbe essere voce di queste persone abbandonate al loro destino, con scarsissima possibilità di salute, educazione? Essere voce di chi non ha voce, essere presenza costante in mezzo a coloro che non sono visitati da nessuno: è questa la mia missione nel nome del Vangelo. La missione sul fiume Iça prima di essere un atto religioso, è un gesto di umanità.
Venerdì 8. Alla mattina visita ad un laboratorio in una fattoria in cui si prepara il pesce da vendere e poi incontro con i frati sulla realtà delle comunità nella città. Ce ne sono dieci, di cui cinque sono fornite di cappelle e in altre tre c’è già il terreno. Abbiamo cercato di capire com’è organizzata la parrocchia sia dal punto di vista del cammino delle singole comunità, che dal punto di vista economico.
Nel pomeriggio visita alle comunità nei quartieri della città. Visita più che altro all’infrastruttura e ai luoghi in cui si trovano le comunità. L’impressione che abbiamo avuto è che si tratta di una città con territorio molto ampio. Dal punto di vista puramente esterno la città non è tenuta bene: strade fatiscenti e, in generale, un senso di abbandono. Eppure, a detta di frate Assilvio (sic!), l’attuale parroco che ci ha accompagnato in questo primo giro di ricognizione, è la città che nella regione sta crescendo di più. Non oso immaginare come sono conciate le altre!
Una bella impressione ci hanno lasciato le persone incontrate nelle comunità che ci aspettavano: accoglienti e con un forte senso di appartenenza. Bello è stato vedere molta gente coinvolta nei preparativi della festa del patrono nella comunità san Giuseppe. C’erano gli uomini intenti ai lavori manuali per sistemare la cappella che è in via di costruzione. Le donne intente a preparare il pesce per la cena comunitaria e, i tanti bambini, a preparare le decorazioni. Frei Arnaldo, un frate giovane, in parrocchia da due anni e in partenza nella casa madre di Manaus per svolgere la funzione di economo, ci diceva: “qui vi troverete molto bene. La gente è accogliente e buona. Se, oltre alla messa, in occasione delle feste avrete la pazienza di stare un po' con la gente, conquisterete la loro simpatia e stima”.
Sabato 9. Alla mattina verso le otto, assieme a Gabriele, abbiamo accompagnato al porto il Vescovo Adolfo, che si deve imbarcare per visitare un’altra parrocchia: san Paolo di Olivenza. Sono tre ore di barca. “Ho deciso che svolgerò il mio ministero episcopale non chiuso in un ufficio, ma rimanendo in contatto con le comunità, visitando le parrocchie, stando vicino ai preti, frati e suore che, con tanta dedicazione, so donano al Regno di Dio”. In questi giorni che abbiamo trascorso assieme a Santo Antonio do Iça, ci ha ripetuto varie volte che ritiene un miracolo la nostra presenza in Amazzonia, per il fatto che siamo preti diocesani che sanno già il portoghese e che vengono da una prolungata esperienza in Brasile. Ci ha ripetuto in diverse occasioni il seguente ritornello: “Per lavorare pastoralmente da queste parti occorrono tre cose fondamentali: pazienza, ancora pazienza e poi molta pazienza”.
Grazie Paolo, la condivisione di quanto accade in luoghi così diversi è per certi versi più liberi, mi fa pensare che davvero in occidente ci sia rimasta poca aria di umanità. Ci si dimentica di ciò che sarebbero le qualità umane. E il passaggio al non umano è dietro l'angolo.
RispondiEliminacarissimo Paolo, per quello che conta, cioè quasi nulla, ci tengo ad inviare un forte abbraccio fraterno a te e a Gabriele (Burani immagino, un grande come te!) da parte mia e di e di tutta la mia famiglia. chi l'avrebbe detto che Cristo si è stancato del cristianesimo occidente per vivere lungo i fiumi dell'Amazzonia?!?!
RispondiEliminaCredo tu abbia ragione: il mondo che stai visitando è il tuo mondo, fatto di Fede, relazioni, semplicità, occasioni per far crescere e crescere a tua volta. Sei nel Regno di Dio, con un vescovo davvero vescovo! I miracoli sono tali per tutti: per chi li riceve, per chi ne è vettore, per chi ha la grazia di esserne testimone. Facciamo il tifo per tutti voi! Ora vado al lavoro....
RispondiEliminaPe. Paolo, muito legal esta esta partilha,percebe_se que essas comunidades necessitam de missionários como vocês. Que Deus ilumine essa missão, uma realidade um pouco diferente das já vivenciadas.
RispondiEliminaRacconto vivido e fine,sembra di essere lì anche grazie alle foto e a come ci tieni aggiornati,tanta passionalità e fede e futuro nelle tue parole,è già casa tua caro don Paolo.Non vediamo l'ora di rivederti a fine mese e conoscere il Vescovo Adolfo
RispondiEliminaAdeus!
Sono troppo contento di questa vostra esperienza! Sono queste narrative e vicissitudini che ci fa ancora credere nella vita e nelle azioni di Dio. Grazie per condividere queste belle cose. Ci fa rianimare la fede e la missione.
RispondiEliminaQue sublime e necessário exemplo de D. Adolfo, Deus conserve. Que a presença de vocês nessas terras possam render muitos frutos de justiça e de paz para esse povo oprimido e que o Espírito Santo de paciência e perseverança vos impulsione a cada dia. Somos sempre chamados a avançar para águas mais profundas. Contem com as nossas orações. Que a Virgem Mãe Maria caminhe convosco. Um abraço fraterno.
RispondiEliminaDesta sempre vivo stupore e genuina meraviglia constatare come lo Spirito Santo continui ad operare in modo originale e creativo ancora oggi, grazie alla generosa azione di carità di sacerdoti “fidei donum” come don Paolo e don Gabriele. Non può e non deve mancare il sostegno dell’intera Diocesi, in nome della quale i nostri missionari portano l’amnuncio della Buona Novella nelle più estreme periferie esistenziali del Mondo. Signore, rendici amore più strumenti della tua misericordia e della tua pace!
RispondiEliminaGrazie Paolo per la condivisione e il racconto del tuo cammino, è molto bello che queste persone possano sentire il Signore attraverso di voi, don Paolo e don Gabriele. Un enorme augurio affinché possiate stare accanto e aiutare queste persone, seguendo gli insegnamenti di Gesù, andando a sostenere quelle persone che hanno più bisogno di voi. Grazie, perché le vostre azioni ci fanno ancora, al giorno d'oggi credere in Dio, nel "Dio è amore".
RispondiEliminaQue sublime e necessário exemplo de D. Adolfo, Deus conserve. Que a presença de vocês nessas terras possam render muitos frutos de justiça e de paz para esse povo oprimido e que o Espírito Santo de paciência e perseverança vos impulsione a cada dia. Somos sempre chamados a avançar para águas mais profundas. Contem com as nossas orações. Que a Virgem Mãe Maria caminhe convosco. Um abraço fraterno.
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